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Autore: 9dolina0    26/02/2017    2 recensioni
«Il futuro di Chichi è drammaticamente avvolto da una coltre di nebbia attraverso la quale i miei poteri non possono penetrare. Vedo i malvagi incombere sul suo regno; vedo il sangue scorrere lentamente lungo le terre di Furipan e contaminare il vostro fiume; ma non posso vedere cosa ne sarà esattamente di vostra figlia. Perderà, usurpata dai malvagi, il controllo delle sfere del drago, ma che lei sopravviva o meno alla venuta di quegli esseri non posso in alcun modo saperlo. Tuttavia, riesco distintamente a scorgere accanto a lei la figura di un giovane forte e valoroso. Non so chi sia, né da dove venga, né se sarà davvero in grado di proteggerla. Cerca quel giovane e spera che possa davvero fare qualcosa. Ma sta’ attento a non confondere il designato con un malintenzionato: il destino di tua figlia potrebbe essere nelle sue mani.»
Amore, lotta, usurpazione e sentimenti...
Un destino da cambiare e una principessa da salvare.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bulma, Chichi, Goku | Coppie: Bulma/Vegeta, Bulma/Yamcha, Chichi/Goku
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Il nascondiglio delle sfere

Capitolo XIV – Il nascondiglio delle sfere


Raramente al grande generale Bardack era capitato di sentirsi tanto a disagio come in quel maledetto momento. La sconosciuta che gli era davanti lo fissava da diversi secondi con un’aria inebetita e lo sguardo sognante, come se non avesse mai visto un uomo in vita sua.
D’accordo, Bardack non era così modesto da non rendersi conto di essere un tipo molto piacente, ma la sfrontatezza di quella donna era un qualcosa di talmente molesto e disturbante che quasi il valoroso saiyan si sentiva in imbarazzo.
E, soprattutto, perché mai quella strana signora non aveva fatto una piega pur vedendolo arrivare dal cielo?


«Hai per caso detto principe?»


Bardack non riusciva a capire se quella donna fosse veramente stupida o se lo stesse volutamente provocando.


«Sì. Ho detto proprio principe. Dove sono lui e la scienziata? Non ho tempo da perdere.»


«Oh, ma quanta fretta, giovanotto! Anche Bulma e il suo amico andavano così di corsa! Non fa bene a nessuno tutta questa ansia. Comunque, mia figlia e il principe – pronunciò con aria sognante – sono in casa a parlare con mio marito. Se vuoi un consiglio, sta’ alla larga da quella benedetta ragazza! Oggi pare proprio di pessimo umore.»


Bardack superò la signora e si avviò verso il portone di casa, noncurante dei continui sguardi che l’eccentrica donna riversava su di lui. Sperava di aver capito male ma, a quanto pareva, quella tipa era la madre della brillante scienziata Bulma Brief.
Roba da non credere.
Come diavolo aveva fatto una donna del genere a partorire una figlia con cotanto cervello?
Be’, in effetti, quell’idiota di Kakaroth non sembrava avere un minimo del buonsenso del generale Bardack, segno che non sempre la prole somigliasse ai genitori.
Ah, maledetti figli!
Venivano messi al mondo per rendere orgogliosi i loro genitori e poi si cacciavano in un mucchio di guai!
Il saiyan giurò a sé stesso che se fosse uscito vivo da quella dannata situazione, avrebbe dato a suo figlio una lezione che non avrebbe dimenticato facilmente.


In quel momento, Vegeta e Bulma varcarono il portone di casa.
La scienziata ebbe un fremito di terrore nel constatare che fuori ad attenderli c’era Bardack.
Che fine aveva fatto Crilin?
Perché ancora non si decideva a raggiungerli?
Lo sgomento e la rabbia, però, durarono giusto il tempo di rendersi conto che lo sguardo del generale era tutt’altro che sereno.
E, oltretutto, era puntato su quello altrettanto stupito e nervoso di Vegeta.
Possibile che quei due fossero in rotta?
No, accidenti, ci mancava solo quello!
Bulma negli ultimi giorni era stata talmente concentrata sul suo lavoro che non era riuscita a cogliere appieno le dinamiche di corte. Aveva intuito che c’era qualcosa di strano – e la stessa richiesta di Vegeta di fare studi sulla Luna lo dimostrava – ma non aveva assolutamente idea di cosa ci fosse dietro a tutti gli strani movimenti nel castello. Probabilmente stava succedendo qualcosa di grosso.
Da quel poco che poteva intuire leggendo tra gli sguardi dei due saiyan, Bardack non si trovava lì con l’intenzione di aiutare il suo principe nella ricerca delle sfere del drago.
Voleva ostacolarlo; o, quantomeno, convincerlo a desistere dal suo proposito.
Raramente la scienziata si era sentita realmente in trappola e inerme, ma in quel momento sembrava proprio che ella si trovasse tra due fuochi.
E l’inquietante silenzio sceso su quel dannato cortile sembrava preannunciare una catastrofe.


«Oh, Bulma, non dirmi che già volete andare via? È quasi ora di pranzo. Perché non rimanete a mangiare qui? Sono sicura che i tuoi amici apprezzerebbero.»


Vegeta fece finta di non aver udito le parole della signora, ma aveva colto l’espressione implorante della scienziata che le chiedeva tacitamente di non aprire bocca.
Il principe abbozzò un mezzo sorriso, carico di astio e di sfida verso il suo generale.
Il fatto che Bardack fosse lì era per lui una sorta di tradimento. Vegeta aveva sempre nutrito una grandissima stima nei confronti di quel saiyan – a ragione ritenuto il migliore dopo di lui – e il solo trovarselo davanti in quella circostanza era il chiaro segno che egli volesse in qualche modo parare il sedere a quell’ingrato di suo figlio.
Doveva aspettarselo, in fondo.
Era lecito che Bardack tentasse di riabilitare Kakaroth, ma gli dava terribilmente noia il fatto che ciò significasse mettersi contro di lui.
No, questo non lo avrebbe mai accettato.


«Sono grato agli dei di averti trovato in tempo, principe


«In tempo per cosa? Per impedirmi di andare a prendere ciò che mi spetta? Sai benissimo che non te lo permetterò.»


Bardack chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un sospiro di frustrazione.
Già, era chiaro che non glielo avrebbe permesso. D’altra parte, sarebbe stato giusto andare contro la volontà del suo principe? Perché mai avrebbe dovuto, in fondo?
A lui non era mai importato nulla delle sorti degli altri e i suoi figli non facevano di certo eccezione. Tra l’altro, su Kakaroth non aveva nemmeno mai riposto chissà quali aspettative visto il bassissimo livello di combattimento rivelatogli alla nascita, ma era chiaro che, per qualche assurdo motivo, vivendo su un pianeta insulso come la Terra il suo potenziale era decisamente migliorato.
Il generale non aveva alcun interesse nel mettere i bastoni tra le ruote al potente Vegeta e, oltretutto, era fermamente convinto che le sfere del drago spettassero davvero al principe dei saiyan.
Già.
Ma come diavolo avrebbe dovuto metterla con Kakaroth?
Quale padre avrebbe voltato le spalle al figlio – seppur dimostratosi un perfetto imbecille – senza tentare quantomeno una sorta di difesa?
Per la verità, tra i saiyan questa pratica era molto comune.
Anche troppo.
Ma lui non era certo diventato il generale più potente della storia del pianeta Vegeta perché uguale a tutti gli altri.
No: lui ragionava con la sua testa. La sua accidenti. Ed egli sapeva fin troppo bene che se la situazione era precipitata, se Kakaroth aveva commesso un grave errore, la colpa non era certo esclusivamente di suo figlio.
Anche lui ne era responsabile.
Avrebbe dovuto occuparsi di quel ragazzo diversamente, prima impedendo che da neonato venisse spedito su quel dannato pianeta, e poi preoccupandosi di educarlo alle rigide regole dei saiyan.
Sarebbe stato troppo facile voltargli le spalle e lasciare che Vegeta sfogasse su di lui la sua ira. Tanti lo avrebbero fatto, certo; ma lui non era un vigliacco. Lui si sarebbe assunto davanti al principe le proprie responsabilità, al costo di dover affrontare in duello il guerriero più potente dell’universo.


«So benissimo che tenterai con ogni mezzo di trovare quelle dannate sfere, Vegeta. È per questo, in fondo, che hai deciso di rimanere qui, giusto?»


«Giusto,» ribatté il principe sorridendo, «ma suppongo che tu voglia in qualche modo mettermi i bastoni fra le ruote, Bardack. Dico bene?»


Quello scambio inopportuno di domande superflue non faceva altro che mettere in luce un certo imbarazzo da parte di entrambi i saiyan.
A Vegeta non piaceva quella situazione, innanzitutto perché sapeva perfettamente che Bardack era il guerriero saiyan più potente dopo di lui, e poi perché, in un certo senso, era sempre stato il generale a occuparsi di lui dopo che egli stesso aveva eliminato il re. Bardack era un grande stratega, un uomo forte, una persona di valore. Anche se Vegeta non lo avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stesso, per lui quel dannato saiyan era un punto di riferimento non da poco.
Averlo in contrasto in quella circostanza non gli faceva di certo piacere: sapeva che avrebbe dovuto attaccarlo e, seppur a malincuore, non avrebbe rinunciato ai suoi propositi di dominio solo perché quel vile di Kakaroth era suo figlio.


«Mi dispiace tanto, Vegeta. Non avrei mai voluto trovarmi in una situazione del genere, ma sono costretto a chiederti di temporeggiare.»


«Ah, questa è bella! Spiegami per quale assurdo motivo dovrei fare una cosa del genere.»


«Perché sono io a chiedertelo e non ritengo di essere un suddito qualunque. Non pretendo certo che tu abbandoni il tuo proposito, ma mio figlio è coinvolto in questa dannata storia e devo pur tentare di farlo redimere. Non so cosa gli sia passato per la testa quando ha permesso a quella ragazzina di nascondere le sfere del drago, ma non è certo scatenando un conflitto che si troverà una soluzione ai nostri problemi.»


«Nostri?» ripeté beffardamente Vegeta. «Casomai tuoi e di Kakaroth.»


«Uno scontro ai vertici più alti della corte che ti vedesse coinvolto sarebbe un grosso guaio anche per te, tanto più se si venisse a sapere che un tuo suddito ha remato contro il tuo potere e la tua autorità nascondendoti le sfere del drago. Daresti adito ad altri tentativi di ribellione.»


Il principe dei saiyan indurì l’espressione del volto e strinse gli occhi in segno di sfida.
No, non gliel’avrebbe data vinta, anche se Bardack aveva ragione.
Da quando aveva messo piede sulla Terra, Vegeta aveva volutamente lasciato correre fin troppi comportamenti ambigui, convinto che, a breve termine, avrebbe sistemato ogni cosa a suo vantaggio. Tra l’altro, era sul punto di farlo davvero dato che Bulma gli aveva messo tra le mani un radar in grado di localizzare i preziosi oggetti del desiderio.
Il vero problema – e ciò non avrebbe potuto negarlo nemmeno a sé stesso – era che egli aveva sottovalutato la situazione.
Tutta la situazione.
Non aveva previsto che la Terra potesse ospitare creature tanto simili agli esseri umani.
Non aveva indagato fin da subito circa le reali intenzioni di Kakaroth.
Non aveva permesso a Bardack di passare più tempo con quell’idiota di suo figlio, facendo sì che invece quest’ultimo si sollazzasse dietro alla gonnella della principessina.
Dannate femmine.
Erano sempre loro la causa di tutto.
Bastava che una di queste mostrasse un po’ di carattere in più e gli uomini finivano con lo sbavare loro dietro. E la cosa peggiore era che neppure lui, il grande Vegeta, si era rivelato immune da questa debolezza.
La scienziata che lo guardava di sottecchi con volto terrorizzato ne era la prova.
Quanto ci aveva messo a decidere di portarsela a letto e di renderla sua futura sposa?
Forse una settimana a partire da quando l’aveva conosciuta.
Per la verità, Bulma non era ancora al corrente di quanto i piani futuri del principe la riguardassero da vicino, ma per il momento non c’era alcun bisogno che lei sapesse che Vegeta voleva legarla a sé per sempre. In quel momento, oltretutto, non voleva nemmeno pensarci. Aveva altre questioni di cui occuparsi.
Altri dannatissimi guai.


«Nessun altro saiyan a parte noi verrà a sapere della bravata di Kakaroth, quindi io non rischierò alcun tentativo di ribellione. Ho tra le mie mani il radar cerca sfere: metterò le mani su ciò che mi spetta e poi darò una bella lezione sia a te che a tuo figlio.»


«E come pensi di cavartela con le sfere del drago? L’unica a sapere come utilizzarle è Chichi. Da’ retta a me: se anche ne entrassi in possesso, non potresti realizzare alcun desiderio. Vale davvero la pena mettersi contro di me o contro Kakaroth?»


Bardack aveva ragione.
Di nuovo.
Le sfere del drago, senza l’intervento della principessa, erano soltanto delle inutili palle. Questo però non significava di certo che avrebbe mollato la presa tanto facilmente. Avrebbe trovato, prima o poi, un fottuto modo per attivarle, con o senza quella stupida ragazzina.
Abbassarsi a fingere di chiudere un occhio non era certo nel suo stile.
Che cosa si aspettava da lui il generale? Che continuasse a far finta di niente e lasciasse la partita in mano a Kakaroth?
Perché, ne era sicuro, quel vile traditore avrebbe convinto Chichi a rivelargli il segreto sull’utilizzo delle sfere. Poteva davvero starsene lì buono ad aspettare?
E ad aspettare cosa, poi? Che il figlio di Bardack esprimesse il suo desiderio?
O magari avrebbe dovuto tendergli un’imboscata, attendendo il momento opportuno per farlo fuori?
In ogni caso, Vegeta non capiva se Bardack puntasse o meno a una risoluzione pacifica del problema. Magari, egli sperava di convincere il figlio a non fare cazzate e a consegnare volutamente le sfere al principe.
Già; ma Chichi?
Chi mai avrebbe potuto convincerla a cedergli le sfere?
Kakaroth, certamente; ma egli non era affatto convinto che l’influenza di quel saiyan sulla giovane custode fosse così forte. Piuttosto, gli pareva l’esatto contrario.
E comunque lui non avrebbe voluto per alcun motivo scendere a compromessi.
Vegeta non era un saiyan qualunque, accidenti: lui era il principe di quei dannati guerrieri.


«Troverò un modo per farle funzionare. E adesso levati di torno se non vuoi che ti attacchi.»


Il saiyan più giovane fece per oltrepassare il più anziano, ma quest’ultimo lo trattenne per un braccio.


«Non fare cavolate, Vegeta. Potrebbe non andarti così bene stavolta


Il principe ebbe un sussulto.
Era la prima volta in assoluta che Bardack faceva un riferimento esplicito al fatto che Vegeta, in passato, avesse compiuto una grande sciocchezza. Egli sapeva bene a cosa si riferisse il generale, ma non voleva di certo che quella dannata storia riaffiorasse proprio in quel momento.
In fondo, la morte di Re Vegeta non era stata poi così dannosa per il popolo saiyan: il principe era molto più forte, autorevole e intelligente di suo padre. Da quando aveva preso lui le redini del regno, i saiyan erano diventati ancora più temibili e potenti ed erano riusciti a sottomettere popolazioni che prima avevano doto loro del filo da torcere.
Ucciderlo non era stato un male.
No.
No,
accidenti.
Eppure, chissà perché, le parole di Bardack
avevano comunque smosso la sua sporchissima coscienza.


«Va’ al diavolo.»


Il principe liberò la presa e proseguì verso l’elicottero con cui era giunto fin lì.


«Muoviti, Bulma. Dobbiamo andare a recuperare le sfere del drago


La scienziata rimase in silenzio, alternando il suo sguardo prima su quello sbigottito della madre e poi su quello nervoso e preoccupato di Bardack.
Ma che diavolo stava succedendo?
Kakaroth aveva davvero voltato le spalle al suo principe e a suo padre?
Quando quel giovane guerriero, presentatosi a tutti sotto le mentite di spoglie di Son Goku, aveva fatto il suo ingresso trionfale nella fiabesca sala da pranzo del castello di Furipan, Bulma non ebbe il benché minimo dubbio che quel ragazzo fosse una persona per bene.
Si era sbagliata, ovviamente; ma Kakaroth era riuscito a ingannare tutti, o quasi, dimostrandosi perfettamente a proprio agio tra i terrestri. Era cresciuto su quel pianeta, dopotutto. Da quel che aveva avuto modo di appurare, quel giovane non aveva mai vissuto sul pianeta dei saiyan e questo, in un certo senso, poteva aver costituito un limite nella sua ortodossa formazione.
Anzi, doveva.
Kakaroth, oltre che i suoi commensali, aveva ingannato anche sé stesso: lui non sentiva affatto il senso di appartenenza al suo popolo o, per lo meno, non lo percepiva in maniera tanto forte come invece era per Bardack.
La forza interiore, la sfrontatezza e l’indubbia caparbietà di Chichi lo avevano messo in crisi, convincendolo, a quanto pareva, a rivedere i propri interessi e le proprie priorità.
E anche a nascondere al principe le sfere del drago.
Con quali intenzioni, poi?
Voleva forse utilizzarle personalmente?
Possibile che, non riconoscendo del tutto l’autorità di Vegeta, volesse in qualche modo spodestarlo attraverso il potere misterioso di quei preziosi oggetti?
Se davvero fosse stato così, Bardack aveva ragione nel dire che l’autorità del principe era in pericolo.
Ma, in fondo, Vegeta lo aveva intuito già da molto tempo, pur non volendolo ammettere esplicitamente: non per niente, aveva convinto lei stessa a fabbricargli le potenti onde Bluetz.


Bulma trasse un profondo sospiro e fece per seguire il principe.
Guardò di sottecchi Bardack, scoprendo che il suo sguardo era ricambiato.


«Mi dispiace,» sussurrò rivolgendosi al generale, «purtroppo non sono nella posizione adatta da potermi opporre al suo volere.»


Bardack chiuse gli occhi in segno di resa e tornò a rivolgersi a Vegeta.


«Vengo con voi.»


«Che c’è? Speri forse di convincermi strada facendo a non ammazzare tuo figlio?»


«Esattamente. Tanto sei consapevole almeno quanto me che, eventualmente, faresti una sciocchezza.»


***


«Un radar… un radar in grado di localizzare le sfere del drago? Sei sicura di quello che dici?»


«Sicurissima, come è vero che mi chiamo Chichi.»


Kakaroth si sentiva come se gli fosse appena piombata sulla testa una tegola pesante qualche tonnellata.
Ora capiva tutto.
Finalmente era chiaro come mai il principe fosse apparentemente tanto disinteressato nei confronti suoi e di Chichi e come mai fingesse di non accorgersi dei loro movimenti inequivocabilmente sospetti.
Vegeta sapeva come entrare in possesso delle sfere bypassando totalmente lui, la principessa e quell’idiota del Supremo.
Ma come diavolo era saltato in mente a Bulma di collaborare con lui?
Possibile che fosse vigliacca a tal punto da mettere in pericolo il suo pianeta pur di accontentare il principe dei saiyan? Kakaroth si era fatto un’idea completamente diversa di lei: credeva che la scienziata fosse un tipo tosto, una donna con la testa sulle spalle, e che soprattutto avesse a cuore il destino dell’umanità.
Si era sbagliato, per l’ennesima volta.
Quella sciocca non aveva esitato minimamente ad accontentare tutti i capricci di Vegeta. Possibile che non si rendesse conto di quanto fosse pericoloso quell’uomo? Possibile che non sapesse che mettere tra le mani di Vegeta le sfere del drago avrebbe significato la fine dell’umanità, compresa la sua?
Non che a Kakaroth importasse qualcosa delle sorti dei terrestri, ma pensava quantomeno che almeno loro stessi ci tenessero alla pelle.
Bulma, con il suo gesto sconsiderato, aveva ampiamente dimostrato di non curarsene affatto.
Forse era convinta che Vegeta, alla fine, l’avrebbe risparmiata?
Probabile; in fondo, pensandoci bene, se quella donna era riuscita a costruire cotanti marchingegni, era più che probabile che il principe dei saiyan avrebbe continuato a usufruire delle sue potenzialità a prescindere dal destino che aveva in mente per gli altri esseri umani.
Peccato che la bravata di Bulma avesse messo in seri guai anche lui: Vegeta gliel’avrebbe fatta pagare, in un modo o nell’altro, dato che considerava le sfere del drago di sua legittima proprietà.
E lui, scioccamente, aveva contribuito a farle sparire.


«Sai dove si trova di preciso la dimora della scienziata?»


«No, mi dispiace.»


«Io sì.»


Yamcha, nonostante lo choc e le ferite subite per mano di Kakaroth, aveva comunque trovato la forza – e il coraggio – di intromettersi nella discussione tra Chichi e il suo protettore.
Non sapeva neanche lui perché l’avesse fatto: forse era semplicemente troppo sconvolto da ciò che la ragazza aveva appena detto da volerci a tutti i costi vedere chiaro.
Perché mai Bulma aveva messo al corrente Vegeta dell’esistenza di uno strumento del genere?
E perché, soprattutto, non aveva mai detto nulla a lui?
Egli non poteva credere che la sua donna avesse fatto tutto di sua spontanea volontà. Quel tipo doveva averla minacciata o ingannata.
Già; certo, se fosse stata vera la seconda ipotesi, quella sarebbe stata la prima volto in assoluto che qualcuno fosse riuscito a beffare la geniale Bulma Brief.
Impossibile.
Vegeta doveva averle estorto la verità a suon di minacce e di violenza.
Non poteva esserci altra spiegazione.
Proprio non poteva.


«Sei sicuro di quello che dici, terrestre?»


«Certo. Bulma è la mia fidanzata: so benissimo dove abita.»


Kakaroth lanciò uno sguardo minaccioso al suo interlocutore, poi si voltò verso Tensinhan.
Il tipo che aveva ingannato terrestri e saiyan era immobile, in un angolo, a fissare la scena incredulo.


«A quanto pare,» gli disse Kakaroth, «il principe è riuscito a fregarti. Se avrò la fortuna di uscire vivo da questo guaio, ti farò fuori.»


Tensinhan non rispose.
Replicare a una simile minaccia sarebbe stato inutile.
Ormai era fottuto: nessuno avrebbe potuto salvarlo.


«Goku, non sarebbe meglio andare a recuperare le sfere piuttosto che raggiungere la casa di Bulma? Tanto il principe starà sicuramente puntando verso il nascondiglio.»


«Infatti a casa di Bulma ci andrà il suo presunto fidanzato


Chichi e Yamcha si guardarono in faccia perplessi.


«Co… come, scusa?»


«Hai capito bene, Chichi: ci andrà lui. Magari c’è la remota possibilità che la scienziata sia ancora lì e che soprattutto nasconda qualche altro marchingegno utile.»


«Credi che Vegeta la lascerebbe a casa, dopo aver messo le mani sul radar?»


«Non lo posso escludere. E comunque, se anche lei non fosse lì, ci sarebbe suo padre. A quanto ho capito, è una specie di genio anche lui. Magari può disattivare il radar a distanza. Insomma, dobbiamo tentare ogni possibile via.»


Chichi cercò di regolarizzare il suo respiro e di mettere a fuoco tutta la situazione.
Il modus operandi di Goku era tipico di chi le stava tentando tutte perché non sapeva che pesci pigliare. Ella non era affatto convinta che mandare Yamcha alla celeberrima Capsule Corporation sarebbe servito a qualcosa; tuttavia era certa del fatto che meno persone avesse avuto il suo protettore tra i piedi e meglio sarebbe stato. Yamcha era già stato preso di mira ingiustamente una volta: la principessa non voleva che egli restasse coinvolto anche in un ipotetico scontro tra Goku e Vegeta.


«Va bene, ho capito. In effetti questa cosa ha un senso,» ribatté la giovane. «Yamcha, vola il più in fretta possibile e raggiungi la Capsule Corporation.»


«Io… Io...» balbettò il terrestre, «e va bene. Farò come dici. Anche se l’idea di essere di aiuto a Kakaroth non mi alletta per niente.»


Lo sguardo inviperito che ricevette dalla principessa in quel momento fu inequivocabile: non era certo quella l’occasione adatta per mettersi a fare l’eroe. Ne aveva già prese abbastanza, in fondo. Perché indispettire ancora di più quel pazzo del protettore?


«D’accordo. Non dire niente. Vado da Bulma.»


Prima di alzarsi in volo e lasciare definitivamente l’isola di Muten, Yamcha guardò per l’ultima volta Tensinhan. Quel vile aveva approfittato della sua fiducia e della sua ingenuità per raggiungere i propri scopi. Che diavolo di intenzioni aveva, oltretutto? Che cosa sperava di fare con le sfere del drago? Il guerriero sapeva benissimo che, se Tensinhan fosse sopravvissuto a tutti quei dannati eventi, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata vedersela con lui.
Yamcha decollò il più velocemente possibile.
Non voleva rimanere in quel posto un secondo di più.


«Bene, Tensinhan o come diavolo ti chiami, dove accidenti hai nascosto le sfere?»


L’allievo di Condor alzò gli occhi verso il saiyan, che nel frattempo gli si era minacciosamente avvicinato. Egli sentiva attorno alla vita la stretta sempre più forte del piccolo Jaozi, evidentemente spaventato a morte.
Tensinhan era consapevole del fatto che Kakaroth gliel’avrebbe fatta pagare cara.
Gliel’aveva anche detto esplicitamente.
In quel momento, però, doveva scegliere il male minore: meglio consegnare le sfere del drago alla principessa e al suo protettore piuttosto che rischiare che queste ultime finissero in mano a Vegeta.


«Le sfere sono a Furipan. Le ho nascoste nella stanza dell’albergo in cui ho alloggiato durante il torneo di arti marziali.»


«Benissimo, seguimi fino laggiù.»


«D’accordo, Kakaroth; ma ti chiedo il favore di permettere al mio amico Jaozi di rimanere qui. Lui non c’entra niente in tutta questa storia.»


Il saiyan rivolse uno sguardo veloce e fuggevole verso il piccoletto avvinghiato attorno a Tensinhan. Quel nanerottolo, apparentemente innocuo, nascondeva dei potenti poteri psichici. Kakaroth lo sapeva benissimo, dato che aveva avuto modo di assistere ai suoi incontri durante il torneo e aveva notato, forse più di chiunque altro, il potenziale di quello strano terrestre.
Certo, in quel momento pareva proprio che Jaozi fosse davvero terrorizzato.
Magari in quelle condizioni non avrebbe nemmeno potuto usare i suoi misteriosi poteri.
Certo era che, qualora ci fosse riuscito, quella sarebbe potuta essere un’arma in più contro Vegeta – perché, ne era certo, il principe lo avrebbe attaccato.


«No, il tuo amichetto viene con noi.»


Kakaroth, infine, si rivolse alla principessa.


«Ovviamente, vale lo stesso per te. Salta sulla tua nuvola e seguimi.»


***


Giumaho non riusciva a capire dove accidenti volesse andare a parare Condor.
Che cosa c’entrava la scomparsa della Luna con la morte del suo amico Son Gohan?
Quel farabutto stava farneticando.
O voleva confonderlo.
D’accordo, da quando i malvagi erano giunti sulla Terra, lui aveva perso parecchi passaggi. Non poteva incolpare nessuno di ciò – neppure Condor – poiché di fatto egli aveva deciso autonomamente di isolarsi nella sua stanza. Questo però non significava certo che il suo vecchio rivale potesse permettersi il lusso di prenderlo in giro.


«Condor, non arrampicarti sugli specchi. Volevi rubare i progetti di Bulma, punto.»


«Per farmene cosa, secondo te? Se sono venuto qui è stato solo per vederci chiaro in tutta questa storia. Non ti rendi conto che ci sono delle coincidenze inquietanti? E poi,che fine ha fatto la scienziata? Come mai non è qui?»


«Questo… Questo non lo so, ma...»


«Appunto.»


Condor era colmo di rabbia.
Diversi anni prima, seppur a malincuore, era stato costretto a frequentare Giumaho. Da storico rivale del grande maestro Muten, egli aveva avuto modo di conoscere, affrontare e inimicarsi anche lo stregone del Toro e l’ormai misteriosamente defunto Son Gohan. Sebbene non nutrisse alcuna simpatia per quei due guerrieri, aveva sempre dovuto ammettere con sé stesso quanto fossero in gamba.
La morte di Son Gohan lo aveva lasciato al quanto perplesso, sebbene, prima di conoscere i saiyan, egli non si era minimamente preoccupato di come fosse avvenuta.
Errore gravissimo.
Giumaho, invece, si stava rivelando un’autentica delusione: che cosa era successo a quel giovane forte e coraggioso di tanti anni fa? Come mai un uomo come lui non riusciva a trovare il coraggio di guardare in faccia la realtà?
Era assolutamente evidente che i saiyan fossero coinvolti in tutto ciò.
Se era vero che Son Gohan aveva fatto da maestro a Kakaroth, era molto probabile che fosse stato proprio quest’ultimo a ucciderlo.
Non ci voleva di certo un genio per arrivare a una simile conclusione.
Condor, per la verità, ancora faticava a capire quale fosse il nesso tra Kakaroth, la morte del suo maestro e la scomparsa della Luna, ma se con l’arrivo dei Saiyan la geniale Bulma Brief aveva ripreso in mano gli studi di suo padre sul satellite naturale della Terra, un collegamento doveva pur esserci.


Lo sbattere violento e improvviso della porta del laboratorio distrasse Condor dai suoi discorsi e dalle sue elucubrazioni.
Sia lui che Giumaho si voltarono di scatto, scorgendo davanti a sé la figura irata e minacciosa di Napa e quelle meste e preoccupate di Crilin e Mamanu.
Mamanu, per la verità, sembrava anche mortificata.


«Ma che diavolo...»


Le parole di Condor gli morirono in gola quando Napa sbatté un pugno contro il tavolo che aveva di fronte, distruggendolo con un solo colpo.


«Ho sorpreso questi due sciocchi nella stanza del generale Bardack e si rifiutano di dirmi che accidenti ci facevano lì dentro. Ma, a quanto pare, le sorprese non sono finite. Come mai voi due vi trovate nel laboratorio della scienziata? E dove sono lei e il principe?»


Napa era su tutte le furie.
Aveva costretto i due terrestri a seguirlo fin lì convinto di poterli consegnare direttamente nelle mani di Vegeta. Invece, del suo sovrano non c’era alcuna traccia.
Stava succedendo qualcosa di grosso, accidenti; qualcosa che il suo principe gli aveva volutamente tenuto nascosto.
Perché?
Che cosa aveva fatto di sbagliato da giocarsi in quel modo la fiducia di Vegeta?


«Rispondete, accidenti!»


«Non lo sappiamo!» rispose Condor a gran voce. «Non abbiamo la più pallida idea di dove siano finiti quel megalomane e la sua scienziata pazza.»


«Che cosa ci fate qui, allora?»


«Ah, per quel che mi riguarda, sono venuto a indagare, dato che ci sono parecchie cose che non mi tornano nel comportamento di Vegeta e di Kakaroth. Giumaho credo si sia semplicemente svegliato da poco dal suo lungo sonno e si sia imbattuto casualmente nel laboratorio.»


Napa esplose di rabbia di fronte alla sfrontatezza con cui il terrestre gli si era rivolto.
Ma con chi diavolo credeva di avere a che fare quell’idiota? Non sapeva, forse, di essere al cospetto del guerriero più potente dopo Vegeta?
Il saiyan afferrò Condor per il collo riducendo a qualche millimetro la distanza tra le loro facce.


«Vedi di fare poco lo spiritoso, terrestre. Se credi che io stia giocando, ti stai sbagliando.»


«Faccio sul serio anch’io, che cosa credi? Non intendo certo lasciare a voi saiyan il controllo totale del mio pianeta. Punto a diventarne il sovrano, se proprio ci tieni a saperlo; ma temo che il tuo adorato principe, anche a tua insaputa, stia pensando bene di distruggerlo… O qualcosa del genere.»


Napa si sentì punto sull’orgoglio.


«Io non sono all’insaputa di niente! È logico che Vegeta voglia distruggere questo stupido pianeta: che cosa dovrebbe farsene di questo ammasso di roccia e degli stupidi esseri che ci vivono sopra?»


Lo sguardo del saiyan, però, in quel momento cadde sui carteggi che il vecchio stringeva tra le mani.


«Che accidenti è quella roba?»


«Appunti della scienziata.»


«Come ti sei permesso di prenderli? Non sai che tutto ciò a cui sta lavorando quella donna è di interesse del mio sovrano?»


«Certo, proprio per questo li ho presi.»


Il guerriero fece una smorfia stizzita e glieli strappò dalle mani.
Dannato terrestre! Ma come gli era saltato in mente di mettersi contro il grande Napa? Lo avrebbe ammazzato, senza ombra di dubbio. Avrebbe ammazzato lui e tutti i terrestri che si trovavano in quella stanza.
Certo; ma non in quel momento.
Il saiyan d’élite sfogliò con una certa leggerezza iniziale i carteggi che aveva sottratto a Condor e, sebbene non ci capisse un granché di scienza, quegli strani calcoli avevano attirato la sua attenzione, a tal punto da mollare definitivamente la presa sul terrestre.
Nella stanza calò un silenzio inquietante, avallato in primis dallo stesso Napa.
Crilin si avvicinò di soppiatto a Giumaho, cercando di capire cosa stesse succedendo, ma lo stregone del Toro non sembrava avere occhi che per Mamanu, sebbene non fosse assolutamente ricambiato.
Condor, invece, continuava a fissare il colosso che poco prima lo aveva minacciato e lo sguardo che quest’ultimo aveva non gli piaceva per niente.


«Allora? Hai perso la lingua, saiyan?»


Napa, dal canto suo, non si preoccupò minimamente di rispondere al terrestre, continuando a guardare esterrefatto quei dannati appunti.
Ma che accidenti aveva in mente di fare Vegeta?
E, soprattutto, come era possibile che una semplice terrestre fosse riuscita a identificare e a studiare le onde Bluetz?


CONTINUA


Angolo dell’autrice

Ciao a tutti!
Eccomi qui con il nuovo aggiornamento, arrivato, come preannunciato, in tempi relativamente brevi. Mi fa molto piacere che, nonostante la mia lunga assenza, la storia continui ad avere un certo seguito: questo mi dà lo stimolo per portarla avanti e per farlo nel modo migliore.
In questo capitolo sono venuti a galla tanti segreti e gli animi dei nostri protagonisti iniziano a essere parecchio turbati.
I dubbi stanno assalendo un po’ tutti.
Come ho sempre detto fin dall’inizio, non voglio che i miei personaggi risultino piatti, né che i saiyan in particolare siano ridotti soltanto ad assassini, stupratori e vili. Tutti, e dico tutti, hanno dentro di sé quel minimo di umanità che di tanto in tanto li fa dubitare della propria forza e delle proprie idee. Allo stesso modo, una perfidia più o meno accentuata può albergare nel cuore di chiunque, anche dei terrestri. Il comportamento di Condor ne è un chiaro esempio, anche se il suo atteggiamento può far aprire gli occhi a Giumaho, Crilin, Mamanu e Napa sull’intenzione di Vegeta di utilizzare le onde Bluetz.
A proposito di Vegeta, pare proprio che il nosro bel principe voglia convolare a nozze...
Detto questo, spero che nei prossimi aggiornamenti riuscirò a dare un po’ di spazio a Goku e a Chichi – da soli! – e a dare una spinta in più alla loro relazione.
Grazie di nuovo a tutti!


9dolina0

   
 
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