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Autore: macaofe    06/03/2017    0 recensioni
"Come cancellare un ricordo? Ve lo siete mai chiesto?
Beh, me lo domandavo tutte le mattine quando al mio risveglio il suo volto riecheggiava nella mia mente..." è l'incipit di una storia romantica... I protagonisti sono stati grandi amici, poi poco più che conoscenti...ma lui è nella mente di lei la notte e lontano di giorno fino a che qualcosa cambierà tutto...
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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~~CAPITOLO 6
Incontrollabile


Alle otto precise suonò. Era lì in piedi sulla mia porta, bello come il sole, atletico come il dio Apollo, stupendo. La sua visione mi fece un po’ perdere la ragione ma non dimenticai perché era lì, allora dissi: “Accomodati, tagliamo subito la testa al toro, tu dovrai andare da lei, penso.” E mentre lui si accomodava sul divano, io gli chiesi, acidissima: “A quando il lieto evento? Avete fissato la data oppure tu sarai chiamato a sorpresa la mattina delle nozze?” lui si guardò era tristissimo, sembrava che da lì a un po’ dovesse andare al patibolo. Mi disse dolcemente: “Stai soffrendo ed è solo colpa mia, non ti posso vedere così!”. Avrei voluto correre lì vicino a lui, cullarlo, consolarlo, ma non lo avrei permesso a me stessa. Dovevo aver orgoglio, lui non aveva avuto rispetto per me ed io non mi sarei impietosita: “Sei abile a dribblare le mie domande, tu sei furbo”, e lui immediatamente: “No, non lo sono, se lo fossi, staresti tra le mie braccia e non soffriresti così.” Su questo potevo concordare ma ora doveva parlare, fuori il rospo, e lui, come sempre leggendomi negli occhi, disse: “La data è il 4 luglio, abbiamo già prenotato tutto, effettivamente a fatto tutto Carolina, è iper-nervosa. Ma non è questo il punto, tu ora devi sapere il perché.” avrei voluto interromperlo per baciarlo, tenerlo con me, implorarlo di non farlo, di non sposarla. Lui continuò. “Non è vero che non mi preoccupo per te, io pensavo che piano, piano Michele ti avrebbe aiutato a dimenticarmi e che tu ti saresti consolata con lui, per poi un giorno innamorarti magari di lui. Ecco perché non ti ho detto la verità speravo che tu ti saresti risentita del fatto che rinunciavo a te per rispetto di lei e mi avresti odiato, ma tu sei perfetta anche in questo tu non mi odi…tu accetti, soffri ma accetti per il mio bene.”  No potei più trattenermi dal dirgli: “Ma come potevi pensare che io mi sarei consolata? ma chi credi che io sia? Io preferirei stare sola che vivere un amore a metà, non potrei mai fare questo a Michele, lui è fantastico ma non sei tu”. E lui: “Infatti mi sbagliavo, tu sei ancora più stupenda di come pensavo. Tu sei diversa...da come pensavo….” Si alzò dal divano per mettersi vicino a me, che ero appollaiata sull’altra ala del divano, ma io lo bloccai, mi alzai e rimanendo in piedi impietrita gli dissi: “No! Non te la caverai così a buon mercato io merito una spiegazione e tu me la devi dare. Hai fatto una scelta ora ne paghi le conseguenze. Sono ferita dal fatto che non mi hai detto la verità, oltre che dal fatto che ti sei permesso di mollarmi anche prima di avermi permesso di amarti realmente.” Trattenevo a stento le lacrime ma continuai, mentre lui era lì che mi lasciava sfogare. Sapeva che mi ero tenuta tutto dentro e che ormai una volta esplosa dovevo finire. “Qualsiasi motivazione non farà si che io ti odi, è impossibile, perché io so che tu soffri come me. Se c’è una persona che odio è la tua futura moglie. Ma non vede che tu non stai bene? che tu stai con lei per chi sa quale motivo ma non per amore?”. Feci qualche passo indietro e presi il tovagliolo sul tavolo, mi asciugai una lacrima, sperando che lui non se ne accorgesse, ma impossibile era fisso con il suo sguardo su di me, come ad aspettare una mia inevitabile esplosione, che grazie al cielo non avvenne. Allora prese lui la parola: “Lei mi ama, o perlomeno si vuole convincere e convincere me di questo, si accontentava del mio affetto e forzata devozione, ma sapeva che non era amore, né era consapevole, credo. Ma ora è ancora diverso, lei sa il motivo per cui non la lascerei, e con questo si fa scudo.” Ma io non capivo ancora quale motivo ci potesse essere di tanto grave, per me nessun motivo mi avrebbe ostacolato dallo stare con Samuele. “Non capisco, con quale diavolo hai fatto un patto per mantenere così la lealtà verso lei?” e lui: “Non un diavolo, ma con sua madre. E’ una storia lunga forse è meglio che ti siedi.” E mi fece posto vicino a lui con la mano, togliendo le riviste ed i libri che vi erano accantonati. Mi sedei vicino a lui, il suo profumo mi trafisse, lo amavo ancora, ero proprio senza orgoglio, pensai. Lui iniziò partendo secondo me un po’ troppo da lontano: “Ti ricordi il giorno che mi sono fidanzato con Carolina?”. E come dimenticarlo, uno dei giorni più brutti della mia vita: ero uscita per dichiararmi finalmente a lui, ero decisa, sentivo che tra noi c’era qualcosa di speciale e pensavo che anche lui se ne fosse accorto. Ero assurda come mi ero vestita ma pensavo realmente di essere perfetta per quello che mi aspettava. Avevo una canottiera rosa ed una gonnellina a pieghe blu, i tacchi, una bambolina. Peccato per quei vestiti, che ho buttato nel secchio della spazzatura la sera stessa. Appena arrivata in piazza uno shock, erano lì mano nella mano mentre tutti esultavano, il momento più brutto, ancora adesso e a ragione mi fa male. Mentre io mi ero persa nel ricordo, lui stava continuando: “…insomma per me la realizzazione di un sogno, ero passato sopra tutti per lei anche su di te, scusami ancora. Per anni fui hai suoi piedi senza accorgermene faceva e disfaceva tutto. Qualsiasi cosa voleva io gli davo, tutto e credimi quando dico tutto. L’ho fatta assumere da mio padre, ho comprato casa ai suoi, gli ho comprato il diploma. Sono stato felice con lei in questi anni, credimi, ma mi sono reso conto che era solo un illusione, pensavo a te la notte e mi accontentavo di stare con lei di giorno e stavo con lei perché mi sentivo in colpa per quello che provavo per te. Sono un cretino non avrei mai dovuto continuare dovevo stoppare tutto e essere onesto con me e con te, dichiararmi a te, amore mio, non mi perdonerò mai per questo.” Entrambi sospirammo pesantemente, sapevamo cosa significava quella confessione e le conseguenze che scatenava nel nostro animo tutto ciò. “Comunque ritornando al racconto. Lo scorso gennaio, quando ci siamo lasciati, lei mi aveva tradito. Avevo un sospetto già da tempo ma dovevo scoprirla sul fatto solo così sarei stato sicuro e tranquillo per lasciarla. Lei aveva una relazione con un suo collega di ufficio, un dipendente di mio padre, ti rendi conto! Il ventitre di gennaio lei lavorava, io avevo preso qualche giorno di ferie, mi dispiaceva per lei che doveva lavorare, pensa che stupido! Le feci una sorpresa portandogli il pranzo, ma lei non era in ufficio, uscendo passai nel mio ufficio per prendere delle carte. Tu non puoi immaginare li trovai proprio nel mio ufficio, che schifo ancora mi da i brividi. Non ero geloso anzi fu per me fu un respiro di sollievo, ma sai quel senso di orgoglio che hanno tutti gli uomini, quello mi infastidiva tanto. Pensai subito di venire a parlarti, di chiamarti non potevo continuare a non dar spazio ai miei sentimenti. Provai a cercarti qualche giorno dopo ma tu eri introvabile in quel periodo.” Ero molto concentrata nel suo racconto ma poi questa ultima frase mi fece sobbalzare, lo guardai con occhi impietriti e lui: “Cosa ho detto di male. Si lo so è una storia orribile e io non lo ho ancora perdonata e mai lo farò per questo. Tu ora ti chiederai perché ora la sposo, vero?” ed io: “No, cioè si anche questo, ma non è quello che mi sconvolge più che altro la tua ultima frase. Tu ti lasci ed il mio sogno cambia, tu mi parli ed abbiamo il primo vero contatto d’amore onirico. Sapevo che il nostro amore era speciale ma questo è qualcosa di più.” Lui collegò al volo, infatti. la domenica in cui eravamo stati insieme io gli avevo raccontato tutto anche che il giorno del mio compleanno, il 24 gennaio avevo fatto quel sogno strano e coincideva con la notte successiva al giorno che si erano lasciati. Poi si avvicinò a me mi abbracciò, mi baciò sulla guancia e posò la mia testa sul suo petto. Mentre stavo nell’estasi più totale, gli dissi: “Cosa ti può spingere a continuare a stare ancora con lei?”.  Samuele non rispose ed io mi ricomposi, mentre lui continuava il racconto: “La sera che ti ho incontrato al ristorante, ricordi?” io annuii, sorridendo e lui ricambiò dicendo poi: “tra parentesi eri bellissima, no scusa sei sempre bellissima, eri stupenda, me ne sarei voluto andare con te ma lei…”. Mi sentivo il fuoco in faccia, scossi la testa e gli sorrisi timidamente, lui mi diede un buffetto sul naso, lo adoravo era così dolce: “Tu mi fai sempre perdere il filo, sei tremenda. Dai un contegno”, si accorse che sbuffavo scherzosamente e allora: “Ok vado: …Carolina mi aveva chiamato e voleva parlarmi…Beh, dopo sono andato a ballare e l’ho incontrata lì in discoteca, ci siamo dati appuntamento per la domenica pomeriggio, ma io non ci tenevo tanto, non avevo intenzione di dargli retta ma lei mi disse che doveva parlarmi di una cosa importante che riguardava mio padre. Sai come è mio padre, soprattutto ultimamente, le sue parole mi avevano impressionato. Poi tu come al solito mi hai fatto perdere il senso del tempo, ora capisci perché quando lei è arrivata e ti ha trattato in quella maniera io non potei sbatterla contro il muro? Sono un ipocrita ma la mia situazione famigliare mi ha sempre destabilizzato la vita, scusami”, poi mi accarezzò la guancia ed io: “La fai finita…se non finisci questo racconto io non credo che riuscirò a capire nulla…ok?”. Conoscevo bene la sua condizione famigliare ma ancora non collegavo. Lui si fece serio e ricominciò: “Poi, dopo che tu te ne sei andata, lei ha iniziato a scusarsi, ma io non ne volevo sapere, le ho detto che non l’amavo, che era da tanto tempo e che il suo gesto dimostrava che non mi amava neanche lei. Cercai di farle capire che spesso dopo un po’ di tempo si sta insieme per compagnia e non per amore; che l’amore è qualcos’altro. Quando non ebbe più nulla da dire dopo un bel pianto a modo, tirò fuori il Jolly. Credo che se lo fosse tenuto per ultimo perché sperava di intontirmi con le sue parole come sempre, ma non riuscendoci aveva dovuto calarlo e lo fece con un modo da professionista. Fece finta di aver capito ma mi chiese un ultimo favore quello di comunicarlo insieme a lei a sua madre. Non mi sentivo in debito con lei ma ero talmente soddisfatto di averla convinta che acconsentii. Sapevo che la madre di Carolina, Rebecca era una donna molto rigida e non avrebbe preso di buon occhio la nostra rottura così mi preparai ad una serie di attacchi, ma io sapevo cosa volevo e non ero preoccupato.” Non riuscivo a ricordare il volto di Rebecca, io l’avevo vista solo una volta ad una festa di paese. Mi aveva impressionato il suo modo altezzoso di camminare e di scrutare la gente, era anche peggio della figlia. Si era fatta mettere incinta dal padre di Carolina, un ricco commerciante di camicie ma poi quando lui era caduto in miseria, a causa del suo vizio per il gioco di azzardo, lei l’aveva mollato. Si era poi riconciliata misteriosamente con il marito, ma lui purtroppo era morto qualche hanno dopo, in circostante ancora oscure. In paese si diceva che fossero stata lei e la figlia ad ucciderlo succhiandogli tutto il sangue che gli era rimasto. Io, però, non ho mai creduto alle dicerie della gente, anche se pensandoci bene ora che sapevo più cose su di loro, questa possibilità non mi sembrava così remota. Ma cosa si era inventata per costringere Samuele a sposare la figlia, non riuscivo proprio ad immaginarmelo. Mentre raccontava, lui era sceso piano, piano nello sconforto era qualcosa di grave. Dopo una breve pausa continuò il racconto: “In realtà avrei dovuto esserlo e come. La madre mi accolse festosamente, sapeva già tutto, sicuramente ma fu falsa. Appena arrivato tagliai corto e le dissi cosa avevamo deciso, la sua risposta mi spazientì: ‘Cosa hai deciso tu, non credo che mia figlia arbitrariamente abbia deciso di rovinare questa bella coppia, e poi per uno stupido capriccio. Conosci Carolina è un po’ viziata e se non viene coccolata, beh si consola.’ Non credevo alle mie orecchie ora era colpa mia. Non solo sapeva tutto ma voleva accusare me, ci pensi, ma questo non è il peggio. Quando io provai a giustificarmi, facendole presente il tradimento della figlia, le condizioni in cui li avevo trovati, lei mi disse: ‘Credevo che i tuoi ti avessero insegnato il perdono. Anche tua madre perdona sempre i vizi lussuriosi di tuo padre, e tu non mi sembra che con loro hai questo tono così solenne?’, non riuscivo a capire a cosa si riferisse mio padre non aveva mai tradito mia madre e perlomeno non che io sapessi. Lei vedendomi abbastanza sorpreso, fece finta di scusarsi dicendomi che credeva che io sapessi e gettò la maschera. Mi raccontò che aveva sorpreso mio padre con la sua segretaria, che avrebbe distrutto la mia famiglia, che anche lei si era concessa a lui e aveva le prove. Mi disse che ci avrebbe sbattuto in tribunale che per noi sarebbe stata la fine. E poi se la prese anche con mia madre, disse che la sua salute psichica non avrebbe retto il tracollo della mia famiglia che sarebbe caduta in depressione mi chiese: ‘Vuoi correre il rischio per quella ragazza inutile di Sara. So benissimo che ci si può invaghire ma Carolina ti perdona, tu la perdoni, vi sposate ed il segreto è nella tomba, la tua, cioè la nostra famiglia, sarà felice per sempre.’ Ti rendi conto mia madre una cosa del genere non l’avrebbe retta, cosa dovevo fare?”
 Io ero allibita credevo fossero pazze ma questo è un ricatto, questa è congiura, che schifo. Lui iniziò a piangere silenziosamente, allora lo abbracciai, lo strinsi forte a me, sentivo le gocce delle sue lacrime che mi bagnavano il collo. Non sapevo cosa dirgli come consolarlo, era tutto così pazzesco. Così non dissi nulla stavo lì in silenzio cercando di calmarlo accarezzandolo e baciandogli dolcemente la fronte. Lui all’improvviso si ricompose, mi baciò teneramente sulla fronte e mi chiese: “Non potevo non accettare, Sara, capisci la mamma non reggerebbe se lo venisse a sapere. Spero che tu capirai?”. Afferrai la sua mano la intrecciai alla mia. Sua madre, Claudia, era stupenda la donna più dolce che conoscessi. Dopo la nascita di Samuele ebbe un breve periodo di depressione con crisi di pianto, stati di tristezza e di ansia, tipici della depressione post-partum. Poi si riprese ma ricadde nel baratro quando perse il suo secondo bambino. In seguito cure ormonali eccessive per rimanere di nuovo incinta la destabilizzarono inesorabilmente, mettendo anche in crisi il suo matrimonio. Samuele aveva sempre sostenuto che i suoi avevano ritrovato un armonia dopo molti anni, ma evidentemente si era solo illuso. Io gli risposi: “Certo che ti comprendo, ma tu sei sicuro che sia vero, ne hai parlato a tuo padre?”. Lui annuì, poi: “ Si è la prima cosa che ho fatto, sono andato via dalla villa delle iene per andare nel suo ufficio. Lui ha ammesso tutto e mi ha scongiurato di non dirlo alla mamma. Io ero su tutte le furie gli ho raccontato tutto e lui, senza nemmeno un minimo di pietà mi ha detto che assecondarle sarebbe stata la cosa migliore per la nostra famiglia. Non mi sono subito arreso ero in preda ad una rabbia violenta mi sono precipitato da mia madre, le ho raccontato di Carolina e del suo tradimento. Lei non rimase molto delusa, la conosceva ed evidentemente non aveva mai avuto una buona opinione su di lei e sul mio rapporto con lei. Entrando un po’ in confidenza mi disse che secondo lei dovevo decidere se ne valeva la pena perdonarla, e mi raccontò del tradimento di mio padre, sottolineando che il suo perdono era stato giusto e che lui da allora non aveva più violato il loro matrimonio. Era convinta dell’onesta di mio padre, poverina, non potevo tradirla anche io. Così chiamai Carolina e le chiesi di vederci da sua madre il giorno dopo. Ero stravolto avevo passato tutta la notte tra incubi e la tua immagine solo era riuscita per una attimo a rasserenarmi. Provai nuovamente a far ragionare quella maledetta di Rebecca ma lei non cedette, mi disse che se avessi deciso di sposare sua figlia tutto sarebbe caduto nell’oblio. Dovetti accettare, mi diedi un po’ di tempo prima di ufficializzare il matrimonio, le dissi per non lasciar insospettire te e mia madre e lei accettò, sapeva che non potevo fuggire, mi aveva ben, bene intrappolato. E così mi presi alcuni giorni per decidere cosa dirti ed il resto lo sai…Credimi non avrei rinunciato a te per niente al mondo ma mia madre, era tutta un'altra storia. Scusami… ” Io lo guardai di nuovo gli accarezzai i capelli e poi dissi: “Tu non puoi far nulla, hai fatto la cosa giusta. Sono delle vipere non credevo fino a questo punto, è pazzesco. Ho paura per te di cosa possono essere capaci, amore mio.” Mi venne un brivido al pensiero che lui potesse stare con quel essere così spietato e che lei potesse sfiorare quella purezza con la sua ripugnante pelle. Samuele si accorse del mio disgusto, mi prese la testa tra le sue mani e mi disse: “Stai tranquilla per me e poi lei non potrà avere mai quello che hai tu…il mio cuore è tuo.” Io lo scrutai, misi il broncio, volevo un po’ farlo ridere, lui era sempre stato attratto dalle mie boccacce. Ma in fondo dentro me ancora pensavo e mi venivano allucinanti immagini di lui e lei a letto, mi veniva da vomitare. Lui mi osservava confuso perché non capiva la dualità tra i miei occhi terrorizzati e la mia espressione buffa: “Cosa hai Sara? Dai ormai devi svuotare il sacco anche tu, non abbiamo più segreti noi, dai!”. Mi liberai da lui, girai lo sguardo verso le noccioline e ne presi una. Poi con calma tentennai: “niente…è solo una stupidaggine. Non ti devi preoccupare, ora per me” volevo dirgli tutto ma mi vergognavo tantissimo. Lui insistette: “Non ci sono stupidaggini nella tua mente amore, sei talmente sensata, dai dimmi, ti prego!” Ma a salvarmi squillò il campanello. Sapevo che dopo poco sarebbe tornato al contrattacco ma mi sentii un po’ sollevata, non volevo confessare, lo avrei messo terribilmente in imbarazzo. Lui mi disse guardando l’orologio sul suo polso: “Ma chi può essere sono le dieci?” d’un tratto mi resi conto di come era volato il tempo e gli risposi: “Visto l’ora credo che sia Jennifer o Michele, saranno venuti a controllare se sei ancora vivo? Gli dico che è tutto ok e se vogliono parlare con la vittima gli mando un filmato” dissi scherzando. Mi diressi verso il citofono, lo afferrai e chiesi: “Chi è?” Michele disse: “Ah, ma siete vivi, tutto ok?”, disse trattenendo la sua ansia che evidentemente lo aveva distrutto fino ad allora, si sentiva in colpa e forse temeva veramente la mia reazione. Io lo rassicurai: “No tranquillo, tutto ok, fra poco libero il tuo amico, vuoi parlargli, te lo passo?” Speravo che convincesse Samuele ad andarsene avevo paura di me, in quel momento avrei fatto qualsiasi cosa ma poi dopo sarei stata peggio. Samuele, che si era già avvicinato, prese la cornetta del citofono e disse: “Michele, senti tutto bene, scusatemi anzi di averla sequestrata. Ti dispiacerebbe se rimango un altro po’ con lei, deve dirmi alcune cose? Ti prometto che appena chiarito, ti chiamo, ok?” Mi infastidiva questo loro modo di controllarmi e gli diedi un calcio sullo stinco, lui mi prese e mi strinse forte a lui, poi coprendo la cornetta mi sussurrò: “Scusami, ma devo convincerlo, ho voglia di star con te e di sapere che ti passa per il cervello.” Michele intanto stava rispondendo e credo che avesse acconsentito, perché prima di attaccare Samuele disse: “Ok te lo prometto, ciao.” Appena ritornati in sala, ancora abbracciati, gli dissi: “Mi sento una bambola con te, tu fai di me quello che vuoi, quanto ti odio!” e lui: “No che non mi odi, hai detto che non puoi, ti contraddici”, sorrideva aveva sempre adorato prendermi in giro: “Ora però voglio sapere tutto, dai dimmi ti prego”, e mi baciò dolcemente in bocca, a stampo ma lo adoravo. Appena mi ripresi dallo stordimento, confessai: “No…è che mi turba un pensiero”, lui mi osservava serio, che pizza, non perdeva una mia parola: “Penso…beh sono infastidita da un pensiero…si io potrò avere il tuo cuore e credimi è tanto, ma lei avrà qualcosa che io non ho mai avuto e non avrò mai…ecco ora te l’ho detto, mi urta il pensiero di voi due insieme, in quel senso. Non è colpa tua, non dovevo dirtelo, ora tu ti tormenterai…ecco.” Lui mi guardò comprensivo, capiva i miei tormenti. “Anch’io ho avuto questa angoscia sospettavo che piano, piano la tua vicinanza con Michele avesse scatenato le normali pulsioni di ogni essere umano. Poi lui non mi diceva nulla, era sempre vago, mi infastidiva ma dovevo starci era sempre una conseguenza della mia scelta…Con Carolina dopo che ci siamo rimessi insieme non c’è stato nulla più, a lei non interessa gli serve soltanto un bamboccio al suo fianco, uno che paga i suoi capricci.” Mi stupii di queste sue dichiarazioni, credevo che lei si fosse subito approfittata della situazione ed invece…ben ero molto più sollevata. “Quindi sei un po’ delusa credevi che per me fosse così facile non pensarti e dare libero sfogo alle mie pulsioni?” mi disse quasi sghignazzando.
“ma lo pensavi pure tu e poi io non sapevo tutto questo pensavo che lei ti avesse sedotto con il suo fascino!” me l’ero presa, e misi di nuovo il muso. “Lei non ha fascino, tu si, soprattutto quando fai così…mi piace quando metti il broncio”, ora si stava prendendosi gioco di me, mi alzai stizzita andai alla finestra della cucina, osservai le stelle, cercando di rilassarmi per non sbottare. Lui mi seguì mi strinse i fianchi, facendomi girare su me stessa, fino ad arrivare faccia a faccia con lui. “A volte sei proprio stupidina, ti preoccupi di me a tal punto, ma poi te la prendi per una cavolata. Dai scherzavo…ma comunque è vero tu sei sempre fantastica. Non riuscirei più a sfiorarla, senza sentirmi in colpa per averti tradito. Ne ho parlato anche con lei, per ora gli ho detto che non riesco a perdonarla che se la sposo non deve credere che tutto tornerà a posto. Non le ho parlato bene di te, delle mie emozioni, quello che lei sa è quello che tutti hanno visto, non riusciamo a trattenere le chiacchiere, tutto il paese parla di quella sera di noi.” Mi accompagnò di nuovo al divano e ci sedemmo. “E cosa vogliono? Cosa dicono?” Ero sorpresa. “Pensano che tra noi ci sia qualcosa, sbagliano?” sorrise soddisfatto, in cuor suo il fatto che tutti lo avessero notato gli faceva piacere, credo soprattutto nei confronti di Carolina che passava per una volta da cornuta, come lo era stato lui per mesi, forse anni. “Mia madre, invece, ti adora, dice che tu saresti la mia compagna perfetta, lo ha sempre sostenuto. Rispetta la mia decisione, ma poi mi chiede sempre di te, di quando tornerai a trovarla. Sai dovresti fargli una visita, sarebbe contenta.”
“Si tua madre mi ha sempre sostenuto, anche quando per me non c’era nessuna speranza. Credo che lei ci vedo lungo, più di te sai?” sorrisi finalmente, e lui se ne rallegro, stava con la testa conficcata nei cuscini del divano e vidi spuntare dalla sua bocca il suo sorriso. Poi mi prese di botto, mi strinse forte, sussurrandomi: “Hai ragione, ma ora che ci vedo, non chiuderò più gli occhi. Te lo giuro.” Mi sentivo tra le nuvole, avrei voluto dirgli ancora tante cose ma non volevo perdere il momento per sentire le sue labbra sulle mie e quindi lo baciai. Lui mi strinse ancora di più e mi prese in braccio. Ci baciammo appassionatamente ma con dolcezza, sentivo il suo sapore, il suo profumo mi stordiva la mente. Le sue mani mi accarezzavano i fianchi, mi facevano venire i brividi, lo desideravo con tutta me stessa con il cuore e con l’anima. Notai anche il suo desiderio, lo baciai sul collo sentivo le sue vene pulsare velocemente, in quel istante sapevo che avrei potuto perdere il controllo di me stessa. Lui mi bloccò, mi prese la testa tra le sue mani sorridendo. “Basta, ora dobbiamo fermarci. Devo andare.” Non credo che lo volesse veramente, ma si rendeva conto che avevamo superato il limite. Non ero molto d’accordo se voleva che accettassi di separarmi per sempre da lui, lui doveva anche accettare questo, ma non volevo essere troppo insistente. “Scusami, non ti va? Non te la senti? Il problema è che…io ti desidero più di me stessa, più di qualsiasi cosa, scusa!” Mi allontanai leggermente da lui. Cercavo di rispettare la sua idea, ma effettivamente era più che altro una tattica, non mi volevo arrendere. Lui mi riprese, mi posò di nuovo la testa sul suo petto e mi disse: “Anche io ti desidero, tutte le mie cellule ti vogliono, ma poi domani, sarai sola tesoro ed anche io, sarà più difficile penso.” Io approfittai della sua tregua per avvicinarmi alle sue labbra, le accarezzai con la punta delle dita e bisbigliai: “A me va bene, resterà tra me e te. Te lo giuro…” “Non è per questo giuro, non mi interessa degli altri, solo di te…non voglio che stai male. Dopo…sarà impossibile vederci e per te credi che sarà facile poi solo ricordare…secondo me sarà più dura!”, mi guardava, più che altro scrutava le mie reazioni. “No…io voglio un ricordo nostro mi aiuterà a vivere, sapere che noi abbiamo condiviso tutto ciò che potevamo, mi aiuterà…ne sono convinta. Comunque non posso costringerti e non intendo sprecare questi ultimi momenti con te per litigare.” Mi ricacciai con la testa sul suo petto, mi ero esposta troppo e mi sentivo rossa di vergogna, lui mi accarezzò la guancia, si chinò per baciarmi. Mi sollevò poi la testa e mi disse: “Sara…io Ti amo”. “Anch’io ti amo tanto, mi mancherai da morire…Ti amo, ti amo…” ma lui mi tappo la bocca con la sua, mi bacio, la sua lingua cercava ardentemente la mia. Poi mi baciò sul collo ed io gli misi le braccia intorno al suo. In quel momento mi sentivo proprio su quella giostra dalla quale non vorresti scendere più, le emozioni che provavo mi facevano sentire finalmente viva e appagata, come mai nella mia vita. Samuele si alzò con me in braccio, e mi disse: “Andiamo in camera, se vuoi stanotte resto con te?”. Io annuii sorridendo, ero felice, lo guidai fino in camera e ci abbandonammo sul mio letto. Non, avevo provato mai quell’estasi, quella completezza, era perfetto. Non chiudemmo occhio per gran parte della notte, la paura che quei momenti non venissero più ci aveva portato a vivere ogni istante di quella notte come se fosse l’ultimo, assaporando il piacere di stare insieme, senza limiti o ostacoli. Io non dormii neanche un secondo in quella stupenda notte e mentre Samuele riposava un pochino, io ammiravo i suoi lineamenti cercando di fissare per sempre quella immagine perfetta. Sentivo ancora nelle mie mani il volume pieno di quei muscoli che avevo stretto, caldi e pulsanti, li avevo accarezzati, li avevo baciati, ne aveva provato il contatto contro la mia intimità più profonda. Lui mi abbracciava, i suoi bicipiti tesi erano come una coperta intorno a me ed il senso di protezione che sentivo in quel momento sapevo perfettamente che mi sarebbe mancato sopra ogni cosa. Quando spuntò il sole e la camera iniziò ad essere più chiara, mi prese un angoscia, mi strinsi ancora di più a lui, il suo corpo nudo e caldo accanto al mio attenuò un po’ la mia ansia. Speravo che non si svegliasse perché sapevo che sarebbe presto dovuto andar via, speravo che il tempo si fermasse, lasciandoci in un limbo eterno, escludendo la realtà così ostile. Quando lui aprì gli occhi mi abbaglio con il suo sorriso perfetto, mi strinse forte a lui sentivo la sua pelle toccarsi con la mia, era fantastico. Cercai di registrare ogni sensazione, ogni emozione mi desse il suo contatto, sapevo che presto non lo avrei più avuto tra le mie braccia e dovevo archiviare tutto. Lo osservavo da sotto al suo braccio cercando di fargli capire quello che volevo senza dirglielo non mi andava di assillarlo di parole che avrebbero rovinato quella atmosfera, lui era più bravo di me  nei discorsi difficili. Poi lui mi disse: “Amore penso che sia ora che me ne vada”. Gli misi le braccia al collo, implorandolo: “Dai sono solo le sette, rimani un altro po’. Amore dai…dai…”, e continuai quasi in lamento cantilenante. “Sara, amore mio la notte a portato via il nostro sogno ormai la realtà prenderà il sopravvento. Alle nove ho appuntamento con chi sai tu, dobbiamo andare a scegliere gli addobbi floreali…”. Mi baciò dolcemente sul collo stringendomi. Non pronunciò il suo nome, sapeva che sarebbe stata una pugnalata, ma comunque lo fu ugualmente. Piano, piano ero ritornata alla realtà e sapevo che lui se ne doveva andare ma non volevo. Dovevo trovare una soluzione, immediatamente, per evitare che la nostra vita fosse obbligata a girare come quelle vipere volevano. “Senti io ho pensato che dobbiamo trovare una soluzione ci deve essere … loro non possono costringerti…”, gli dissi all’improvviso come continuando un discorso lungo che mi ero fatta da sola. “No…questo è il motivo perché tu non dovevi sapere la verità. Non si può cambiare questa condizione!” e si alzò dal letto si rivestì rimanendo a torso nudo. “No, senti io penso che dobbiamo usare la loro stessa tecnica. Se esiste qualcosa che loro vogliono nascondere, noi la dobbiamo trovare ed usarla per proteggerci, amore”, e gli presi un braccio per riportarlo a letto. “E’ pericoloso, amore. Mia madre, ricorda, non reggerebbe”. E si abbandonò di nuovo sul letto. Mi portò sopra di lui, le mie gambe si avvinghiarono ai suoi fianchi, mi strinse a sé, stretto e mi baciò di nuovo appassionatamente. Non insistetti di nuovo sull’argomento ora avevo qualcosa di più importante da fare ma ero ormai convinta, se lui, non era d’accordo, avrei dovuto agire da sola in segreto. Restammo ancora un po’ nascosti dal mondo nel nostro incanto personale, finché poi la sveglia del suo telefono suonò, erano le otto. Samuele si voltò su di me, mi baciò dolcemente, capii che il congedo era vicino. “Sara, devo andare ma prima un ultima cosa…facciamo colazione insieme?” mi disse con il suo sorriso furbetto. “Si! dai aspetta mi metto qualcosa…ok!” e schizzai velocemente davanti all’armadio per prendere un babydoll di seta che mi aveva regalato Jennifer, sperando che l’avrei usato per la mia prima notte con Michele. Indossai anche una corta vestaglia che era abbinata. E lo seguii in cucina. Samuele stava preparando il caffè, mi accostai a lui, aprii la dispensa e presi i cornetti, la cioccolata, la marmellata, e dal frigo il succo e il latte. Disposi tutto sul tavolo prendendo due tovagliolini e due cucchiaini. Samuele si girò ed esclamò: “Ah…ma sei velocissima, che bello!...e che bella, amore” e mi prese per i fianchi, mi strinse a sé baciandomi sul collo.
“Che stupenda che sei! Ma quanto mi piaci…”, aprì la vestaglietta e osservò la mia miss, poi si allontanò andando verso il suo cappotto appeso alla sedia del salotto, ed afferrando il suo telefonino mi disse: “Ti prego posso farti una foto? Voglio tenermi questo ricordo per sempre, amore mio…ti prego!”. Ci scambiammo un po’ di foto, così da tenerle con noi, poi facemmo colazione, chiacchierando del più e del meno e delle nostre abitudini. Il discorso piano, piano andò sulla nostra imminente separazione; “Devo parlare con Michele, dirglielo, lui con me è stato leale ed anche con te. Voglio che rimanga con te, è una persona di cui mi fido”. Mi infastidì di nuovo la sua tendenza risolvere le cose senza interpellarmi. “Ti stai arrendendo ma io non lo farò mi dispiace…fai quello che vuoi con Michele. Io con lui sono stata sempre chiara, se lui si è fatto illusioni è un problema suo e tuo, che glielo hai permesso”.  Mi alzai, lo guardai in segno di sfida. “Sara fai la brava! Ti prego…”, era preoccupato, ma poi: “…So che non mi ascolterai, non voglio che ti arrendi ma neanche che ti illudi. Mi prometti che sarai attenta ad ogni tua mossa. Non è solo per mia madre, devi stare attenta per te sono pericolose, Rebecca è pericolosa, tesoro ricordatelo e ricordati che…ti amo per sempre mai nessuno mi farà cambiare idea”. Mi baciò di nuovo dolcemente, poi prese il cappotto e se ne andò lasciandomi in lacrime. Lo amavo, ma ero delusa, si era arreso. In cuor mio pensavo che dopo questa notte lui sarebbe andato contro tutto e tutti, ma sottovalutavo la sua lealtà alla madre e per questo lo ammiravo dopotutto. In fondo rinunciare a chi si ama nel rispetto e per amore di una madre era una cosa che hai giorni nostri non si concepiva, un rispetto di altri tempi. Amare una persona così mi lusingava ma mi straziava sapevo che se io non avessi fatto qualcosa lui sarebbe andato dritto verso il patibolo, senza ripensarci per un secondo. Avevo una grossa responsabilità ed anche una sola opportunità per salvare quello che ormai dalla notte scorsa era mio: quindi giurai a me stessa che avrei protetto il mio amore con le unghie e con i denti.



Nota Autrice:Ciao a Tutti!!! Cosa ne dite?

   
 
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