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Autore: Selevia    11/03/2017    0 recensioni
« Ragazzi non mi piace molto questa storia, il proprietario di quel quaderno è morto per caso?» Chiese Alice a Derek
« si » rispose lui con uno sguardo intenso e uno strano sorriso sulle labbra. Forse voleva solo impressionare quei giovani ragazzi, o forse no.
« Allora non potete portarlo fuori, se la storia appartiene a qualcuno che ha avuto una tragica fine non penso sarebbe saggio, non li guardi i film horror? Non si spostano mai le cose dal posto in cui sono state lasciate» Disse Alice
« secondo me non vale niente, e poi non avevi detto che avevi solo iniziato a leggerlo? Ti sta prendendo in giro Alice tranquilla va tutto bene » Logan si mette a scuotere la testa come fosse esasperato « sinceramente credi che un quaderno possa ucciderti? Dai sei troppo impressionabile, è solo una storia e in ogni caso un po’ di avventura non ci guasta mai io ci sto amico»
« tu dici che non valga niente? Una presa in giro » Derek alzò un sopracciglio prima di sorridere e fare spallucce. Guardava il gruppo con un aria così concentrata da apparire lontano mille miglia da quel posto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2: Una dolorosa verità
 
(Ebbene si ho avuto impegni improrogabili e non ho potuto postare prima il capitolo sorry.)

Si era fatto più tardi di quello che poteva sembrare all’inizio ma alla fine ero riuscito a riportarla a casa entro le due ore.  Chissà perché proprio due ore…
«Bè da uno a dieci quanto è stato disastrosa la serata? » la vidi sistemarsi i capelli dietro l’orecchio mentre rientrava in camera, io rimasi fuori dalla ringhiera con una mano sulla scaletta nascosta.
«Bè non direi che è stata disastrosa a me è piaciuta in verità » sorrise e mise le mani nelle maniche della piccola felpa che aveva indossato. Non faceva freddo ma, chi le capiva le ragazze, alcune si scoprivano in pieno in verno e altre si coprivano anche se stava per iniziare la stagione calda.
« Quando ci riandiamo? Cioè volevo dire quando sei libera e ne hai voglia mi puoi fare un fischio e ci riandiamo volentieri… » okay avvolte anche io mi impappino non sono mica infallibile.
« bè… ti contatto io va bene? » annuì e poi la vidi chiudere la porta della sua stanza e salutarmi con la mano. Sospirai risalendo le scale fino al mio balcone, avevo la fronte sudata e mi sentivo leggermente stanco. Quella notte, gli incubi tornarono, sogni neri che non facevo da tempo. Il piccolo schiaccia sogni che stava appeso alla mia porta finestra tintinnò  e una nera figura la oltrepassò. Nel sonno la percepì e aprì gli occhi, non saprei descriverla con precisione, stava ferma davanti la finestra e mi fissava. Fui colpito dal panico ma questo venne immediatamente sostituito dalla comprensione, la morte era vicina.
Così trascorsero i giorni, portai Anna più e più volte alla casa museo, sia per visitarla come turisti che di nascosto, l’avevamo anche un po’ pulita, una delle cose più divertenti che abbia mai fatto. Al ritorno verso casa ero sempre stanco, e la nera figura compariva tutte le notti, si muoveva lenta nella stanza, con quegli occhi chiari che scrutavano il mondo, sapienti e profondi. Sapevo chi fosse, la conoscevo bene. Ed ero stata io a chiamarla, io a invocarla così tante volte nelle notti solitarie alla casa museo. Adesso però era il momento sbagliato, egoisticamente non ero più pronto, non volevo perdere quelle splendide giornate, volvo ingannare la morte, ritardarne la mia stessa invocazione, ma sapevo che non sarebbe stato possibile, avrei vissuto intensamente, perché… non puoi sfuggirle una volta che sei stato segnato.

« sei tutta impolverata come farai a casa a giustificarti? »
« non preoccuparti ho detto che sarei andata a un picnic è normale sporcarsi… e poi ho portato un cambio e delle salviettine per pulirmi quel tanto che basta tu piuttosto…» disse indicandomi prima di ridacchiare
«come lo giustificherai? Sei ancora in punizione o sbaglio » alzai le spalle « bè si ma non preoccuparti farò in qualche modo » la vidi alzare gli occhi al cielo esasperata e le lanciai la mia pezza in piena faccia tossicchiò ma ridacchiando mi rilanciò la pezza e anche la sua. Mentre le afferravo entrambe mi sorprese schizzandomi di acqua. Dovettero piegarsi entrambi per non ridere troppo forte, e rischiare così di farci scoprire, era come stare in biblioteca, dovevamo essere silenziosi. Quella sera tossimmo entrambi per non so quanto tempo.
Qualche settimana dopo finalmente la mia punizione finì, Anna mi dava ripetizioni alla casa museo e in cambio io, bè non so realmente cosa facessi io per lei, tenerle compagnia non sarebbe il termine giusto, quindi diciamo che accumulavo il mio debito fino al giorno in cui mi sarei sdebitato. Furono queste le parole che le dissi « il mio debito aumenta e un giorno dovrò sdebitarlo »
« non preoccuparti lo farai molto presto» disse ridacchiando.
 Appena mi fu possibile la portai in tutti i luoghi che mi venivano in mente,  uscivo con lei ogni settimana, cosa che infastidì non poche persone, mia madre e mio padre erano felici che i miei voti fossero migliorati, che uscissi con una sola ragazza, e che fosse sempre la stessa e soprattutto che avesse la mia stessa età; in più dovendola riportare a casa a un orario più che decente anche io non potevo mettermi nei guai. Bè almeno ci provavo. Insomma la mia vita era apparentemente cambiata radicalmente, ma non era così ne per me ne per Anna in realtà solo che non ancora non ne posso essere sicuro.
« non rientri a casa? » mi chiese An dopo che eravamo andati a fare un giro e a prendere un gelato « no oggi mi vedo con alcuni miei amici, sai com’é sono rimasto chiuso in casa per molto tempo »
« quindi adesso ti reclamano a gran voce, dico bene? » disse con calma
« sei arrabbiata? » le chiesi perplesso
« no ma secondo me non frequenti una gran bella compagnia, ti metterai di nuovo nei guai e.. »
La interruppi « ehi non sei mi a madre chi sei tu per giudicare chi frequento, detto da te poi che non esci mai con nessuno » okay lo so sono un coglione ma in quel momento non potevo che rispondere così, i miei amici sono importanti per me. Si molti sono delle vere teste di c***o ma alcuni sono brave persone, si sballano un po’ ma nessuno è perfetto e a parte questo non fanno bravate pericolose e non sono dei bulli. Certo qualche litigata, qualche zuffa, ma non eravamo mai noi i primi a iniziare…
«bene penso sia chiaro allora cosa pensiamo l’uno dell’altro» disse mentre estraeva le chiavi dalla tasca senza più voltarsi
«dai non era quello che intendevo » cercai di giustificarmi, ma perché non riuscivo semplicemente a dirle scusa? Aveva solo espresso un pensiero, dannato me e il mio orgoglio.
« buona notte » disse con la stessa freddezza e si richiuse la porta alle spalle senza guardarmi una sola volta. Passandomi la mano fra i capelli diedi un calcio al vaso della grande pianta dell’atrio del palazzo. Era finta e non si sarebbe rotta ma mi lasciò quasi deluso di non essersi frantumata.
La serata fu inconcludente, mi ritrovai in mezzo a un mucchio di discorsi che mi tennero impegnato fino alle prime luci dell’alba, tutti avevano qualcosa da dirmi su ciò che era successo in mia assenza nelle ultime settimane, io parlavo e davo i miei pareri, una birra e un giro, niente di diverso dal solito, qualche tiro ma nulla di pesante ne di eccessivo… ma tra una conversazione e l’altra qualcosa, uno strano senso di inquietudine non faceva altro che pervadermi. Stavo sempre peggio, mi sentivo così stanco spossato come se le energie fluissero via da me, desideravo solo la pace della stanza che condividevo con Anne e anche la sua voce, era così rilassante, ipnotica mentre mi spiegava la storia. Avvolte mi assopivo mentre parlava, mi rimproverava così spesso per questa cosa…
Chiusi gli occhi, ecco ero di nuovo nella stanza, con lei che con le mani nel fianco mi rimproverava *che stai facendo Ian? Si può sapere che succede?*
« IAN…. IAN CHE STA SUCCEDENTO TUTTO BENE? » no non era Anne era… tentai di aprire gli occhi e di mettere a fuoco la cosa ma mi girava la testa, non capivo dove stavo e mi sentì mancare, stavo sudando e respiravo male, poi si fece tutto nero.
Come se il mondo mi stesse punendo, mi risvegliai in ospedale, ero in pigiama e avevo una flebo attaccata, non ho idea di come ci sia arrivato, ne di chi mi abbia messo il pigiama o perché sia qui, e il panico mi coglie. Cosa stava succedendo? Cosa erano quei tubicini, quei macchinari? Certo sapevo cosa fossero, sapevo perfettamente cosa stava accadendo e la costatazione mi colpì come una frustata di acqua gelata in piena faccia. E rabbrividì… lo sapevo ,lo sapevo da tempo che quel momento stava arrivando ma avevo sperato di avere più tempo.
«ehi si è svegliato! » vedo qualcuno uscire un istante con la testa fuori dalla porta della mia stanza, poi rientrare « amico ci hai fatto prendere un bello spavento.. » era il mio migliore amico Lucas, alto, capelli ondulati, biondi, lunghi fino al mento, il classico bello da copertina. Se qualcuno mi avesse chiesto, chi verrebbe a cercarti in capo al mondo se glielo chiedessi, avrei detto Lucas. Non eravamo sempre insieme, andavamo in due licei diversi perché lui si era trasferito nella città vicina qualche anno prima ma ogni volta che potevamo uscivamo insieme, era il mio migliore amico, quello che ti fa incazzare così tanto da farti venire il desiderio di prenderlo a pugni, be in effetti ci eravamo presi seriamente a pugni una volta, per via di una ragazza, morale della favola? Alla fine entrambi siamo finiti a chiederci perché? Perché fare a botte per una persona che non piaceva a nessuno dei due? Si va bene era stata invitata a ballare da Lucas e poi era finita a ballare con me ignorando lui, non mi sono comportato molto bene, ma avevo avuto la mia dose di punizione credetemi. Dopo la zuffa siamo andati a giocare e a divertirci.
Vederlo mi tranquillizzo « cosa è successo? » gli chiesi infine. Lo vidi sedersi accanto a me.
« be non… » ma fu interrotto dall’aprirsi della porta di mia madre seguita da mio padre e da Germana mia sorella.
« tesoro mio stai bene?! » Non capì se era una domanda o un affermazione.
Alzai le spalle.
« ma certo che stai bene adesso » disse mentre si avventava su di me con le sue mani attorno al mio viso
« si mamma sto bene per favore smettila di carezzarmi ovunque. »
« il dottore arriverà tra poco »
«Ehi campione vuoi che vada a prenderti qualcosa? » scossi il capo verso mio padre, prima di ripensarci e annuire « si vorrei una caramella se possibile sento tutta la bocca amara e impastata » lo vidi uscire e la cosa mi fece uno strano effetto come se non potessi fermare quella paura che cresceva e serpeggiava in me… li stavo perdendo, si allontanavano da me e io li avrei persi per sempre.
«sarà per via delle schifezze che hai in corpo, i medici ti hanno imbottito di flebo e non so che altro » riportai la mia attenzione su germana « tutti i miei compagni di classe ti fanno i loro auguri fratellino, grazie a te ho parlato anche con il ragazzo che mi piace »
«Genny» la rimproverò mia madre
« che c’è è ovvio che non desideravo che finisse in ospedale cerco solo di farlo sentire meglio dicendogli che è utile anche quando non fa niente per esserlo » non potei non sorridere, era la mia irritante ma preziosissima sorella
« grazie Ge» mente le sorridevo venendo ricambiato con un occhiolino.
Dopo un istante vidi una piccola testa spuntare da dietro le figure dei miei genitori, si stava affacciando timidamente alla porta. Se si potesse fermare il mio cuore, come avviene nei libri che legge mia madre, si fermerebbe per un attimo, fortunatamente per me però non ho problemi cardiaci e non si fermò.
Rimasi lo stesso paralizzato nel vederla, ricordai improvvisamente come l’avevo trattata la sera prima
“ aspetta che giorno era, è stato davvero solo la sera prima che l’avevo trattata male?”
A quanto pare il mio sguardò fu notato non solo da Anna, che ricambiò con fermezza prima di chiudere la porta e fare qualche passo, ma anche da mio sorella, che prese mia madre per un braccio e dopo averle sussurrato qualcosa all’orecchio disse.
« Noi andiamo a prenderti qualcosa di dolce come hai chiesto, papà è capacissimo di perdersi,  non stancarti troppo. »
« e come faccio sono inchiodato a letto… » dissi sbuffando « dalla casa a letto sto peggiorando con le reclusioni »
Lucas scoppiò  ridere, riuscendo a trattenersi solo fino a quando i miei non furono usciti dalla stanza. « amico dovresti vedere che faccia ai, sta tranquillo ti tengono in osservazione solo stanotte se non è niente di grave. »
« c’è il rischio che lo sia? »  chiede Anna a Lucas. Aspetta quei due si conoscevano?  
« amico sta tranquillo hai la faccia di uno che sta per vomitare, tutto a posto? Devo chiamare un medico? Scossi la testa, dovevo stare calmo.
« No ecco, rispondi alla domanda? »  lo vidi annuire, chissà forse pensava che era quello il problema ero preoccupato di quello che potevo avere, e Dio lo sa che era pienamente vero. Specialmente perché sospettavo la risposta.
« stando a quello che ho sentito dagli altri ieri hai iniziato a tossire e sputare sangue e infine ti sei accasciato a terra. Penso svenuto, non so. »  “Allora era passata davvero solo una giornata” pensai tra me e me « hanno chiamato un ambulanza e ti hanno portato qui, stamane tua madre mi ha detto cosa è successo, avevo chiamato a casa tua e così ho saputo il tutto, ovviamente mi sono precipitato qui di corsa, ma vedo che stai bene. A proposito»  disse dopo un breve istante facendo spazio ad An che si sedeva su una sedia « non mi avevi detto che ti eri trovato una ragazza così carina, gentile e a posto, mi piace approvo, puoi frequentarla ma non puoi sposarla prima che io mi sia trovato una ragazza»  era ironico e serio al tempo stesso
«COFF, COFF cosa? Tu COFF»  Non riuscì a parlare e iniziai a tossire un po’ per coprire il mio imbarazzo un po’ perché mi venne davvero un attacco, riuscì solo a vedere il viso di An diventare scarlatto e poi pallidissimo mentre cercava freneticamente un tovagliolo per pulirmi.
«okay voi due avete bisogno di restare da soli e io vado a cercare un medico per riferirgli che tossisci ancora sangue»
Non so se si dileguò perché voleva davvero cercare un medico o se voleva solo lasciarmi con An a chiarire alcune cose, mi sentii stranamente rincuorato nel sapere che era stato quel giorno che si erano incontrati per la prima volta, ma mi infastidiva che si fosse fatto quest’idea di me e lei, non che non ci sperassi un po’ e in effetti ci frequentavamo ma non avevamo mai approfondito il rapporto fino a quel punto, eravamo amici, però…  chissà di cosa avevano parlato, forse della nostra litigata? Era un modo per darmi la possibilità di chiarirmi? Se era così avrei dovuto ringraziarlo dopo.
«Ero sicuro che fossi infuriata con me»  alzai di poco le mani in avanti « comprendimi lo so ne hai tutto il diritto quindi sono stupito di ritrovarti qui in ospedale»  La vidi alzare lo sguardo solo per poco prima di riabbassarlo e sospirare, non aveva ancora spiccicato una sola parola « allora è vero che non tutto il male viene per nuocere. »  ecco adesso sembrava furibonda « è una reazione almeno» dissi ad alta voce con quello sguardo fiero, io però avrei preferito indossare una maschera per la vergogna, ero stato veramente un verme « non è vero che non hai amici, io che sono altrimenti? E anche se non li avessi,  vorrebbe solamente dire che sono tutti idioti a non sapere cosa si stanno perdendo.»  ancora silenzio « io sono stato un idiota a parlarti in quella maniera » ancora niente non parlava, ero esasperato « e va bene cosa devo fare ancora per farmi perdonare, sei venuta qui quindi non sei ancora arrabbiata o lo sei ma non così tanto da ignorarmi allora accetta le mie scuse per favore »  sorrise un attimo prima di scoppiare a piangere
« sono stata così in pensiero ero preoccupatissima, mi sono sentita così in colpa, non sono mica tua madre ne la tua fidanzata e io invece mi sono comportata come se potessi decidere della tua vita mi dispiace, ti prego perdonami » okay non era la reazione che mi ero aspettato, stava piangendo come una fontana sul mio petto, letteralmente e non si fermava più.
«Ehi ma che stai dicendo tu che centri, sono io ad aver sbagliato, non certo tu» le carezzai i capelli come fosse una bambina « eri solo preoccupata per me e invece io da ingrato non ho accettato le tue premure e mi sono anche offeso ma credimi mi sono pentito subito di quelle cattiverie mentre le dicevo. Perdonami»
« no ho sbagliato io ho conosciuto Lucas oggi, è un bravo ragazzo è un buon amico, non avevo diritto di giudicarlo. »
« veramente ieri non era con me, a noi due piacciono di più le serate a casa innanzi i videogiochi»
La vidi annuire « ma anche i ragazzi che erano ieri con te, sono venuti e sono stati tutti gentili e premurosi e ti salutano »
aggrottai la fronte « Li hai conosciuti? Ma quanto sei rimasta qui? »
«dal momento esatto in cui sei stato portato in ospedale ed è giunta la chiamata. »
okay ora ero sconcertato, e lo ero davvero, forse era una mossa azzardata ma le misi una mano dietro al collo e la sospinsi verso di me per baciarla, non le chiesi il permesso che probabilmente un gentiluomo avrebbe chiesto, ne aspettai che lei comprendesse le mie intenzioni, la baciai e basta, con un desiderio puro e semplice.

“Ian mi sta baciando? Perché mi ha baciato?” Mi staccai leggermente
«Non avresti dovuto » mi disse guardandomi con un fare serio che non avevo ancora visto sul suo volto, chi diamine era quel ragazzo. E poi io cosa non avrei dovuto fare? Mi sconcertava a dir poco, mi aveva baciata, così senza un motivo… alzai la mano sulla bocca come se stessi recependo solo adesso questa cosa e in effetti..
Arretrai di un passo prima che la sua mano con il tubo della flebo scattasse in avanti e mi fermasse.
«lo so , ho la bocca impastata di medicinali e ho tossito sangue solo un secondo fa ma non ti chiederò perdono, anche se ti concedo di vomitare » era apparentemente serio ma scherzava al contempo, okay probabilmente aveva una specie di crisi nervosa 
«la colpa è tua che agisci in maniera così sconsiderata con me, non lo sai che sono un cattivo ragazzo? »
Con la lingua strofinai il mio labbro inferiore, non mi aveva schifato  «non hai intenzione di chiedermi scusa quindi »
«no»
«ed è qualcosa che pensi di fare spesso? »
«ogni volta che il respiro me lo permetterà e ti avrò vicina»
«dovrò guardarmi le spalle quindi»
«no, io non ti starò mai alle spalle, ho intenzione di guardarti ben fisso negli occhi»
Sbattei le palpebre con fare confuso, credo che fosse un mio tic quello di sbattere le palpebre così, me lo avevano già fatto notare  e cercai di fermarmi e guardarlo nella maniera più fissa possibile.
«tutto bene? Hai una faccia strana credo che dovrei chiamare un dottore per te invece che per me»
Non potei che mettermi le mani in faccia per nascondermi, presi un forte respiro.
«okay aspetta cerchiamo di riassumere tu hai intenzione di metterti con me e prendermi in giro quante più volte ti viene possibile? »
«direi di si »
«bene adesso lo so»  dovevo essere offesa per il bacio ma non lo ero, anche se mi assalì una strana inquietudine « le tue ragazze non ne sarebbero felici »
Spostò la mano sulla mia e la accarezzò con un movimento così naturale che probabilmente non se ne era neanche accorto. « non mi interessano le altre ragazze »
« non sono la ragazza giusta per te Ian» lo vidi scuotere la testa
« sei esattamente la ragazza per me »
Lui non capiva, faceva il cattivo ragazzo ma era buono e io non ero esattamente quella che lui pensava.
« ascolta devo dirti una cosa importante »
« non possiamo parlarne in un altro momento? »
«no ascolt…»
TOC, TOC « posso entrare o disturbo? »
« tempismo perfetto, grazie Lucas  » vidi Ian guardare Lucas con uno sguardo che avrebbe potuto fulminare Zeus in uno scontro per niente alla pari, Dietro di lui si scorgeva un camice bianco.
«scusate ragazzi devo chiedervi di uscire, l’orario delle visite è quasi finito, c’è qualcun altro che deve passare a salutarlo? » Era un dottore sulla trentina passata da poco. Molto alto, dai capelli leggermente ondulati ma non molto lunghi, dalla targhetta del camice si leggeva “Dottor Jeson Raitch”.
Lo avevo conosciuto, e da quello che avevo capito nel corso delle mie ore in ospedale, lui era una specie di medico curante della famiglia di Ian.
« i miei genitori  » Disse Ian
« vado a chiamarli io » dissi prendendo al palla in balzo, mi sentivo confusa e anche abbastanza imbarazzata.
« no aspetta noi due dobbiamo ancora parlare  »  lo vidi muoversi come se volesse alzarsi e il dottore fermarlo nello stesso attimo
«okay vi ho interrotto in un momento sbagliato, ci vediamo domani , anche noi due dobbiamo parlare Ian » disse Lucas
«hai intenzione di metterti con me? » Sentii dire Ian da dietro la porta probabilmente a Luca
 « no, direi di no » 
« allora non è così importante  »
Quando Lucas uscì mi vide appoggiata al muro. « tutto apposto? »
Annuì « si solo.. sai lui.. io  » okay stavo delirando, mi sentivo le mani sudate, avevo voglia di spaccare qualcosa e contemporaneamente volevo rientrare in quella stanza e abbracciare Ian che mi aveva guardato con uno sguardo da “non andartene”.
« Ascolta.. non so bene come funziona tra voi però conosco Ian da tantissimo tempo »
O no stava per arrivare il discorso «senti non….  »
« no ascolta… sappiamo tutti cosa ha Ian…  »
Lo guardai confusa « non ho capito tutti chi? »
«lui…  »
 a quella parola lo guardai intensamente “Ian sapeva che cosa aveva?”
 «…la sua famiglia e io siamo TUTTI  » fece una pausa perfetta, di quelle che avrebbe dato la giusta suspense  in un film thriller all’arrivo di una notizia sconvolgente. « e se ho capito adesso rientri nella cerchia per lui importante anche tu, e sei la prima ragazza che ci rientra quindi mi sembra giusto che anche tu lo sappia»
okay la notizia doveva essere davvero sconvolgente.  « mi stai spaventando »
« Ian è malato di tumore» l’aria attorno a noi sembrò fermarsi « è già successo quando era più piccolo, ha dovuto affrontare la chemio e un operazione, sapevamo che sarebbe potuto ricomparire, ma abbiamo sempre sperato che non accadesse»
«Aspetta io ho sentito che tossire sangue è un segno di molte patologie persino causate dalle gengive o dalla rottura di capillari per un eccessiva tosse non può essere…»
«ragazzi siete fuori vuol dire che dentro c’è il dottore? »Il padre di Ian, il signor Abrahams, era comparso con in mano una busta piena di cibarie varie.
« si signore è appena entrato» disse Lucas più prontamente di quanto non fossi stata in grado di fare io.
« cara» sospingendo delicatamente sua moglie entrarono nella stanza dove il medico stava facendo dei controlli di routine e parlava con Ian di qualcosa di molto serio a giudicare dalle loro espressioni.
« Scusatemi » dissi poco prima di andarmene, lasciando Lucas e la sorella di Ian da soli nel corridoio.
Correvo il più lontano possibile da quelle persone. Non so cosa mi stesse prendendo ma qualsiasi cosa fosse non mi piaceva, un ansia, un terribile senso di panico mi faceva dolere lo stomaco e sentire la nausea salire… 
 
  
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