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Autore: girlmoon    13/03/2017    0 recensioni
E' il diciottesimo compleanno di Clary. Simon e Renèe, i suoi migliori amici, le organizzano una festa a sorpresa nel locale Pandemonium in città, ma tutto quella notte cambierà per le due amiche. Verità nascoste, un mondo nascosto ed invisibile agli umani. Sarà solo grazie all'aiuto di Jace, che Clary riuscirà a ritrovare sua madre; e solo grazie a Renèe, se Alec riuscirà a capire il vero valore dei sentimenti umani.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Clary Fairchild, Isabelle Lightwood, Jace Wayland, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Afferro un abito color panna che mi ritrovo davanti.
E’ molto semplice e adatto alla situazione.
Lungo, con uno scollo a V modesto e delle bretelline sottili dello stesso colore.
Indosso dei sandali argentati, alti, molto eleganti, anche se il vestito li copre.
Raccolgo i capelli in uno chignon disordinato, lasciando due uniche ciocche rosse boccolose ai lati del viso.
Un rossetto scuro, un filo di trucco e sono pronta.
Alle dieci meno dieci sono all’uscita dell’istituto. Non ho il coraggio di raggiungere gli altri, ma devo.
Sono tutti vestiti rigorosamente in bianco, non ne capisco il motivo, teoricamente per i mondani ci si veste di nero, perché qui tutti indossano vesti candide, me compresa?
A parte queste domande superficiale, il tocco delicato di una mano fin troppo familiare, mi riporta con i piedi per terra.
-“Ce la fai? Sei ancora in tempo a dire di no.”- mi chiede dolcemente Clary, prendendomi sotto braccio.
Scuoto la testa freneticamente, anche se poco convinta, mandando giù la saliva in eccesso. –“Glielo devo.”-
Mi sorride teneramente, guardandomi con quei suoi occhi color smeraldo, talmente caldi, da sciogliere persino un ghiacciaio.
Mi prende la mano e insieme percorriamo il breve tragitto di strada che separa i pochi gradini per uscire dall’Istituto allo spiazzo verde del giardino dove vi è una specie di gazebo adibito a posta per l’occasione.
Gli occhi di tutti si puntano su di me e sulla mia amica.
Il disagio è enorme, ma quasi passa in secondo piano non appena mi ricordo del motivo per cui tutti mi guardano.
Faccio un profondo respiro e mi avvicino agli altri, che sono in piedi ai primi posti.
Noi, facendo parte tutti della stessa squadra ci disponiamo su un'unica fila.
Mi ritrovo in mezzo, fra Izzy e Clary. Alla mia destra, dopo la mora ci sono Alec e Simon; alla mia sinistra,  subito dopo la rossa, c’è Jace.
Dietro di me, Magnus e Hodge, insieme ad altri cacciatori di cui non conosco neppure il nome.
Maryse Lightwood si fa avanti, iniziando un lungo discorso, ricordando Dorothea e elogiando la sua bontà per aver aiutato noi cacciatori a riportare sano e salvo Jace all’Istituto, privandosi della vita.
-“Renèe Forbes, cara, vorresti dire qualcosa?”- aggiunge alla fine Robert Lightwood, invitandomi a parlare.
Tiro un respiro enorme, annuisco impercettibilmente e avanzo verso i due capi dell’Istituto che mi osservano mortificati.
-“Dunque.. Madame Dorothea o come io preferivo chiamarla; Dot, è stata una persona speciale per me. Non era mia madre, non una zia, né tantomeno una nutrice. Di preciso non so cosa sia stata quella donna per me. So solo che mi ha accolta a braccia aperte quando la mia vera madre le ha chiesto di tenervi al sicuro mentre lei fuggiva da Valentine Morgenstern insieme a mio padre. Mi ha cresciuta, mi ha viziata, mi ha amata come nessuno aveva mai fatto. Mi sentivo vera quando ero con lei, era il mio punto di riferimento, lei..”- inizio a balbettare e mi sento ridicola.
-“Continua cara..”- mi sprona Robert.
-“L-lei era.. u-unica.”- balbetto, per poi asciugarmi le lacrime che mi scendono a rivolo lungo le guance.
-“Forza, coraggio..”- insiste la donna accanto a me.
-“Mamma adesso basta.”- interviene Alec, imponendosi, ma rimanendo nel suo.
La donna gli lancia uno sguardo assurdo, per poi tornare a guardare me.
-“Mi dispiace.”- sussurro lentamente.
Il signor Lightwood mi fa segno gentilmente di ritornare al mio posto e eseguo subito il consiglio, rintanandomi tra le braccia della mia migliore amica e scoppiando in un pianto silenzioso ma disperato.
Maryse Lightwood conclude con altre poche parole il suo discorso e dopo aver ringraziato i presenti per aver omaggiato Dorothea, lascia a me e gli altri un po’ più di intimità.
-“Probabilmente è solo colpa mia, ma giuro che..”- Jace mi prende in disparte e inizia a scusarsi.
-“Jace fermati. Non devi nemmeno pensarle certe cose, chiaro? Non è stata colpa tua.”- alle mie parole mi sorride e mi stringe in un leggero abbraccio; sincero.
Subito dopo Izzy mi fa un lunghissimo discorso, dicendomi quanto io sia forte, quanto mi stima e mi vuole bene, tutto questo stritolandomi in un abbraccio pieno d’affetto.
Clary e Simon, che mi conoscono meglio di chiunque altro si limitano a darmi un bacio e stringermi in un abbraccio semplice. Sanno che in queste situazioni, odio la gente che cerca di consolarmi e preferisco invece essere lasciata in pace, da sola, a morire dentro.
Nonostante questo, apprezzo però il gesto dei ragazzi, si vede che, a quanto pare, ci tengono.
-“Noi rientriamo, hai bisogno di qualcosa?”- mi chiede gentilmente Clary.
-“No grazie, resto un po’ qui e poi vi raggiungo.”- le sorrido di rimando, mentre annuisce e si allontana insieme agli altri.
 
Poggio i gomiti sulla recinzione decorata con dei lunghi nastri bianchi, a contemplare il cielo chiaro in questa terribile giornata, cercando di trovare la mia meritata pace.
-“Dev’essere parecchio interessante, per meritarsi tutta la tua attenzione.”- la voce improvvisa e dura di Alec, quasi mi perfora i timpani. Ruoto leggermente la testa, solo per accertarmi che sia lui, ed in effetti è proprio così.
Avanza a passo lento verso di me, poggiandosi con la schiena sulla trave in legno che sostiene la ringhiera del gazebo.
-“Non ho intenzione di darti fastidio, né tantomeno di rubarti tempo prezioso, vorrei solo che tu mi dessi la possibilità di dirti che mi dispiace per quello che ti è successo.”- confessa, facendosi estremamente serio.
-“Ti concedo dieci minuti.”- ironizzo, sorridendogli, cercando di fargli capire che apprezzo la sua dolcezza, ma il mio sorriso non è dei migliori.
-“Non te lo meriti.”-
-“In queste situazioni, nessuno se lo merita mai veramente.”-
-“Invece no, alcuni si. E’ una fase importante per fortificare il proprio carattere, ma ad una persona già fragile come te, spezza solo ulteriormente le ossa.”-
-“Come darti torto..”- appoggio il suo pensiero, condividendolo pienamente.
-“Dimmi un po’, a cosa pensavi?”-
-“Quando?”-
-“Prima, mentre fissavi il vuoto.”-
-“Osservavo il cielo, notando quanto sia bello proprio oggi.”-
-“Prendila da un punto di vista positivo, magari significa qualcosa di buono.”-
-“Cosa potrebbe mai significare Alec? E’ solo la prova schiacciante che io, con questo mondo, non centro veramente nulla.”-
-“Con il mondo delle ombre?”-
-“Con il mondo intero. Nemmeno quando ero una normalissima mondana le cose andavano nel verso giusto.”-
-“Non puoi comandare la vita, Renèe.”-
-“No, ma cercare di aggiustarla si.”-
-“Nemmeno troppo.”-
-“Credo invece, che bisogna sempre trovare un equilibrio per sentirsi parte del proprio mondo; una propria armonia.. altrimenti, finisci per credere di vivere la vita..”-
-“Di qualcun altro.”- conclude la mia frase, continuandola proprio come avrei detto io.
-“Esattamente così.”-
-“E ora come hai intenzione di trovare il tuo equilibrio, ragazzina?”- mi sfotte, rimanendo però serio.
-“Non lo so. Sarà difficile. Ho perso la mia ancora di salvezza, dovrò cominciare tutto da capo.”-
-“Perché non ti aggrappi ad un’altra? Non è poi così difficile trovarne una nuova.”-
-“No, infatti.”- lo guardo per un istante. –“Anzi, a dirla tutta, credo di averla già trovata.”- concludo la mia frase, poggiando la mia testa sulla sua spalla e rimanendomene immobile.
Rimaniamo in silenzio per diversi minuti, mentre io osservo ancora una volta il cielo e lui mi cinge con leggerezza la schiena.
-“Forse non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto quello che fai per me, Alec.”- dico con lentezza e sincerità, rimanendo accovacciata sul suo petto.
-“Sai che non ce n’è bisogno. Sei unica e ti meriti il meglio; anche se tutto questo sacrificio da parte mia non c’è mai stato.”-
-“Appunto, è per questo che non ti dico grazie, perché ti viene spontaneo ed è qualcosa di speciale.”-
-“Non sono il tipo da dichiarazioni sdolcinate, ma voglio farti sapere che ti trovo estremamente bella quando parli con me.”-
-“Ovvero sempre?”- lo sfotto, cercando di metterlo in difficoltà.
Lui inizia a ridere e questo suono mi riscalda le ossa.
-“Ok, magari non quando mi riempi di parole..”-
-“Sarebbe a dire ventiquattr’ore su ventiquattro.”-
-“Smettila, mi metti in difficoltà.”- mi da un leggero pizzicotto sul braccio.
-“Oh.. Alec Lightwood in difficoltà, che per caso sei debole?”- lo sfotto, girandogli intorno e lanciandogli occhiatine.
-“Non ti conviene stuzzicarmi, sappiamo perfettamente che a perdere saresti tu.”- dice con aria superficiale ruotando gli occhi al cielo.
-“Ti senti in imbarazzo per caso?”- mozzo una risata e continuo a punzecchiarlo.
Lui deglutisce e si allenta il colletto della camicia bianca.
Scoppio a ridere, battendo le mani. –“Chi è che perdeva?”- non faccio in tempo a concludere la mia frase che lui si volta di scatto e mi cinge con prepotenza i fianchi, sorreggendomi.
Mi ritrovo a pochi centimetri di distanza dal suo viso e lo osservo con gli occhi sgranati e il volto che va in fiamme.
Vedo i suoi grandi occhi verdi puntarsi sulle mie labbra e poi nelle mie iridi scure, poi un sorrisetto divertito dipingersi sul suo volto e una risata soddisfatta.
-“Chi è in difficoltà adesso?”- mi sfotte, ridendo, per poi lasciare la presa.
Sorride soddisfatto, mentre si avvia verso l’entrata dell’istituto, mentre io sono ancora paralizzata e con il fuoco che divampa in ogni parte del mio corpo.
   
 
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