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Autore: SpicyTuna    15/03/2017    1 recensioni
Sullo sfondo grigio e piovoso di Sheffield si intrecciano le storie di tre personaggi alla ricerca del loro raggio di sole: Evangeline, ragazza di buona famiglia che tenta di sfuggire al futuro pianificato dai genitori in un modo tutto suo, Joel, ventottenne accecato dall'amore per lei e incurante del divario di età, e Marshall, studente senza regole che vorrebbe non aver mai incontrato la biondina sulla sua strada.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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C’era qualcosa di incredibilmente soddisfacente nel lavarsi via il vomito dalle scarpe.

Il modo in cui l’acqua della pompa ripuliva tutto in un attimo faceva sentire Marshall una persona migliore,

sebbene non potesse salvare anche i pantaloni.

« Scusa, fratello » mormorò il tristissimo Luke accanto a lui, mentre entrambi attendevano l’arrivo dell’ultimo autobus.

La cameriera aveva dato loro un sacchetto di plastica per le emergenze ed una bottiglietta di acqua tonica, con quel maledetto sorriso da santa che mandava in bestia il moro. Lo faceva apposta a tormentarlo, l’unico che non si accorgeva di nulla era l’ignara vittima di un metro e ottantacinque seduta lì vicino, che rigirava la bottiglia tra le mani come fosse un diamante inestimabile. « La terrò come ricordo del nostro primo incontro. Magari potrei farne un vaso per i fiori! ».

« Quelli che hai ricoperto di vomito? ». La sua espressione la diceva lunga sul senso di colpa che provava, al contrario di Marshall. Amanda Newport sbucò dal nulla proprio quando i fari dell’autobus illuminarono la strada, arricciando il naso nel sentire la puzza di alcool stantio sui due. « Fate proprio schifo » commentò, le mani affondate nella borsetta alla ricerca di una spazzola. Sembrava appena tornata da un rave party, con il mascara che colava dagli angoli degli occhi, il rossetto sbavato e i capelli che da mossi e vaporosi si erano ridotti ad una zazzera indefinita.

Prese posto un sedile avanti a loro ed iniziò la fase di restauro, guardando Marshall attraverso lo specchietto che reggeva.

« Era a te che piaceva la bionda insulsa? »

« No. »

« Sì! » lo corresse Luke, dandogli di gomito.

« Vi interesserà sapere che stava limonando con un tipo tutto in ghingheri. »

C’erano volte in cui Marshall contemplava l'idea di far sparire il suo cadavere sul fondo di qualche canale di scolo, altre in cui una pedata nel sedere poteva soddisfarlo. Bene, quella era la volta da canale di scolo.

Il gigante strinse la bottiglietta fino ad accartocciarla, forse senza rendersene conto, e lui gliela sfilò di mano prima che spargesse acqua tonica ovunque.

« Sicura che fosse lei? »

La rossa chiuse lo specchietto con un secco click e annuì, per poi passare al fard.

« Boh, credo. Le luci in macchina si sono spente quasi subito. »

Aveva dato a Luke informazioni sufficienti per tormentarsi da lì fino al mese successivo, e il verdognolo della sua carnagione sfumò verso un bordeaux scuro quando prese a pugni il palo dell’autobus. Difficile dire se fosse frustrato o deluso. Il viaggio proseguì in assoluto silenzio, tranne quando Amanda telefonò ad un tipo conosciuto la sera stessa per invitarlo a fare un giro al Ponderosa, un parco noto per le fughe amorose degli adolescenti.

« Potevo chiederle il numero » disse Luke all’improvviso, strappando uno sbuffo esausto all’amico.

« Ormai mi conosce. Se la aspetto fuori da scuola... »

« Ti snobberà, come ha sempre fatto. »

« Non puoi saperlo. Hai visto com’è stata gentile questa sera. »

« Ovvio, deve tenersi buoni i clienti. » Luke gettò bottiglia e sacchetto sul sedile e andò a parlare con l’autista, improvvisando un malore perchè lo facesse scendere venti minuti prima dell’effettiva fermata.

Beh, ormai si era liberato di tutto l’alcool che aveva in corpo - o almeno sperava - non correva rischi e sapeva la strada di casa. L’unico rimpianto di Marshall fu quello di non averlo seguito a ruota, perchè Amanda aveva appena spruzzato sul collo una quantità illegale di profumo alla vaniglia. Affondò il naso nel colletto della felpa per non dare di stomaco, e la ragazza sghignazzò. « Preferivi l’eau de vomitou? Senza offesa, perdente, ma le tipe che frequenti tu ne usano di peggiori. »

« Ma che ne sai » ringhiò, contando con ansia crescente le fermate che lo separavano da casa. Lei si voltò nella sua direzione con un sorriso furbesco sulle labbra lucide di glitter. « Le voci girano. Myriam usa quello da nove sterline del supermercato. Oh, e giusto perchè tu lo sappia, i bagni non sono insonorizzati ».

Diamine, peggio che avere una spia constantemente attaccata al posteriore, e il nome Myriam non gli ricordava niente.

In generale le ragazze profumavano sempre, non faceva differenza il sapore che sentiva in bocca quando baciava loro il collo, ma la vaniglia non riusciva ad affrontarla. Un po’ come non poteva affrontare Amanda all’una di notte, con la birra che vorticava nello stomaco tipo centrifuga e un gran fastidio alle tempie. Riuscì a sfuggire alle sue indagini poco dopo, schizzando via dal mezzo prima che lo placcasse con altri discorsi a vuoto.




Mentre si chiudeva il penoso teatrino fuori dal pub, Joel consumava la sigaretta da dentro l’auto parcheggiata.

Aveva reclinato entrambi i sedili sul retro, e la radio mandava una canzone degli Oasis che lui odiava, ma piacevano ad Evangeline, quindi alzò il volume a mo’ di richiamo. Accolse l’arrivo della bionda con un sorriso sinceramente sollevato.

« Hai fatto tardi » disse, soffiando fuori il fumo dal finestrino abbassato, « altri problemi con gli ubriachi? ».

La ragazza annuì, con le mani appiccicate alle bocchette dell’aria in cerca di calore e la testa a seguire il ritmo di Wonderwall. Joel accese la macchina e l’aria tiepida uscì con uno sbuffo, portando con sé il profumo fresco dell’arbre magique e quello tipico delle auto nuove, pelle e plastica insieme. L’aveva acquistata di recente, subito dopo la promozione sul lavoro, e somigliava a quei suburban americani su cui le donne dicevano di sentirsi più sicure. Non gli aveva mai chiesto se la scelta dei vetri oscurati fosse stata casuale o ben mirata, viste le volte in cui consumavano qualche minuto insieme lì dentro su sua richiesta. Evangeline continuò a canticchiare finché frugava nel borsone con il cambio di vestiti, estraendo una bottiglietta d’acqua in cui aveva spinto una fetta di limone per esorcizzare la pessima Coca-Cola sgasata che offriva il pub. « Hai bevuto. Non dovresti guidare. »

Joel fece spallucce. « Meno di quello che pensi. E poi non volevo partire subito. »

La mano dell’uomo le avvolse completamente il ginocchio, e solo allora Evangeline notò i sedili sdraiati dietro di loro, già pronti ad accoglierli.

« Vuoi... adesso? »

« Adesso. »

Il mozzicone di sigaretta scivolò fuori dal finestrino, un piccolo bagliore che si spense a contatto con lo sterrato, e Joel aveva ancora un rivolo di fumo in bocca quando la baciò. Sapeva di nicotina e birra, ciò che si sarebbe aspettata da un qualsiasi esemplare di sesso maschile della sua età, con la barba che le pungeva gli angoli della bocca e la stessa mano incriminata a vagare più su, sulla coscia, sul bottone dei jeans, sulla pelle bollente che trovò infilandosi sotto al pullover.

Il freno a mano li divideva come un muro invisibile, ma molto, molto fastidioso, ed entrambi sgusciarono sul giaciglio posteriore, la luce che da fioca si spegneva del tutto, gettandoli nel buio intimo e segreto del suv.

Forse era stato l’alcool a mettere fretta a Joel. Forse quell’unico giorno di astinenza l’aveva rovinato al punto da saltare la maggior parte dei preliminari. Evangeline poté riprendere fiato solo quando l’uomo si concentrò sulla cintura dei suoi pantaloni, che calò insieme ai boxer in un gesto spazientito prima di dedicarsi agli slip di lei.

Faceva freddo. I vestiti diminuivano, il calore febbrile del momento era illusorio. Bruciava, ma non scaldava.

Evangeline trattenne un gemito nel sentire due dita scivolare nella sua intimità, esperte, bramose, impazienti.

« Evie » sussurrò l’amante, la voce arrocchita dal desiderio. Ora era in bilico su di lei, solo un gomito a sostenerlo, mentre l’altro braccio teneva i fianchi della ragazza sollevati contro il membro eretto.

Avrebbe voluto dirgli di fermarsi, di lasciar perdere, di riportarla a casa e magari scambiare qualche parola lungo il tragitto. Non agognava a quei momenti con la stessa foga, i versi che soffocava contro la sua spalla nuda nascondevano una sofferenza che sul momento si mescolava ad ansiti di piacere, di comune accordo con le spinte invasive e crescenti.

Non provava nulla. L’apice del piacere pareva distante come un sogno.

Dalla radio Noel Gallagher cantava di strade perdute e luci accecanti, di un’unica persona che poteva salvarlo.

Le ultime parole si persero in un’imprecazione a denti stretti mentre Joel usciva da lei, liberandosi sul ventre piatto e su buona parte del pullover. « Oh, merda... scusa » farfugliò senza fiato, baciandola con trasporto nella speranza che quell’unico gesto bastasse a scagionarlo.

Evangeline scosse appena il capo, poiché davvero non le importava.

Voleva togliere in fretta tutti i vestiti impregnati di fumo ed umore, indossare qualcosa che sapesse solo di lei, entrare in una casa dove regnava sovrana, dove il cuscino aveva il profumo del suo shampoo e nient’altro.

Voleva stare da sola.


Si ripulì con un fazzoletto mentre il suv attraversava le strade deserte, una mano a tamponare il maglione e l’altra intrecciata a quella di Joel, sul cambio. A lui gli Oasis non piacevano, eppure cantava ugualmente quando era di buonumore. Non si era accorto dello sguardo spento della ragazza, della fatica con cui gli sorrideva.

Era accecato da un amore stupido, infantile, e non gli importava.

Di quella fatidica cosa importante di cui voleva parlare non se ne fece menzione, quando Evangeline si aspettava che il loro incontro vertesse unicamente su quello, anziché su del sesso frettoloso. Meglio così, non era in vena di dichiarazioni o scene drammatiche dopo la mezzanotte.

Evangeline gli chiese di lasciarla in una traversa di Fentonville Street per evitare pettegolezzi da parte dei vicini, sebbene fossero per la maggior parte giovani e menefreghisti. Le serviva un pretesto per uscire da quella macchina e sgranchirsi le gambe. Prese le cinquanta sterline che Joel le allungò, accartocciandole nella tasca posteriore dei jeans, e posò un bacio frettoloso sulla guancia dell’uomo.

« Sei una benedizione, sul serio » mormorò tra i suoi capelli spettinati, sfuggiti alla presa dell’elastico, e lei concentrò le ultime energie rimaste per sorridere di nuovo. Una volta rimasta sola sul marciapiede riprese a respirare veramente, a pieni polmoni, nonostante l’aria puzzasse di fogna e terra umida.

Ci avrebbe dato un taglio molto presto, giusto il tempo di racimolare altri soldi extra e terminare gli studi, poi sarebbe stata libera. Richiuse il cappotto per nascondere la macchia rappresa, caricò il borsone su una spalla e prese a camminare piano verso casa, con la sgradevole sensazione di bagnato tra le gambe che non se ne andava.

Prima di lasciarla, Joel si era assicurato che non vi fossero brutti ceffi nei paraggi, ma non poteva mettersi ad ispezionare ogni angolo di Sheffield. Gli era sfuggito un vicoletto adibito a deposito di rifiuti, proprio dietro al negozio di frutta e verdura, dove qualcuno rigettava i resti di una cena finita in tragedia. Niente di nuovo, i ragazzi della zona facevano spesso pub crawl* e non si aspettavano di tornare a casa sulle loro gambe, con le interiora al posto giusto, ma l’imprecazione che seguì le sembrò stranamente familiare.

Evangeline si tenne a debita distanza, usando la torcia del cellulare per far luce sul povero disgraziato che al momento era impegnato a prendere a testate il muro. Si sentiva un po’ come quelle protagoniste dei film horror - era anche bionda -

che sapeva dove risiedeva il pericolo e avanzava comunque per il bene dell’intera trama.

Doveva decidere se fosse un caso da ambulanza o da polizia, o se battere in ritirata e fingere di non aver visto nulla.

Era già pronta a fare dietro front quando il ragazzone si voltò verso di lei, gli occhi stretti per la luce diretta, e riconobbe i ricci fitti del tipo del pub. Era una persecuzione, insomma.

« Tutto bene? » chiese, intuendo la risposta. L’ubriaco elaborò la situazione in dieci espressioni diverse, fino a culminare con una faccia da miracolato a cui era apparsa la Madonna in persona.

« Io... sì, bene. Benissimo. »

Se quello era il suo benissimo non poteva immaginare in che stato si riducesse quando stava male.

« Vuoi che chiami qualcuno? »

« No no, ora mi passa! » si affrettò a dire, raddrizzando la schiena e sguasciando fuori dalle ombre del vicolo.

Beh, era oggettivamente un disastro. Ebbe giusto la decenza di non avvicinarsi troppo.

Sbronza storica a parte, sembrava raggiante come un bimbo la notte di Natale, comunque.

« Stavo venendo a cercarti. Volevo chiederti... oh no, non guardarmi così! Non sono uno stalker! »

Difficile credergli sulla parola. Evangeline aveva la chiamata pronta sul numero della polizia.

Il ragazzo sibilò una parolaccia rivolta a chissà chi, intento a stropicciarsi il viso, e più che uno stalker ricordava un serial killer psicotico indeciso sulla prossima mossa.

« Ti volevo chiedere se stavi con qualcuno, sempre per quel mio amico...»

Era sbronzo, era giovane, ed era un pessimo bugiardo. L’amico in questione l’aveva trattata da stupida per tutta la sera, non aveva letto chissà quali sentimenti tra le righe.

La bionda sospirò, mani sui fianchi e borsone a pochi centimetri da terra, dissentendo.

« No. Al momento non vorrei impegnarmi con nessuno. »

Pessimo bugiardo e pessimo attore. Gli si leggeva lo sconforto a chilometri di distanza.

Niente a che vedere con i sorrisi falsi di Evangeline, che erano roba da oscar.

« Posso... vorrei almeno sapere come ti chiami. Per il mio amico. »

« Evangeline » replicò in un respiro, « Evie va bene. So che è difficile da pronunciare. »

« Io sono Luke. Vado al Wetherby » Le porse la mano di getto, per poi ritrarla immediatamente e pulirla sulla maglietta. Non che facesse questa gran differenza, ma apprezzava il tentativo.

Era proprio vero che il Wetherby sfornava casi umani, ne aveva una prova vivente davanti, sebbene Luke paresse inoffensivo e quasi dolce nella sua insicurezza. Qualcosa le diceva che non avrebbe allungato le mani, soddisfatto di conoscere il suo nome ed averle parlato per una manciata di minuti.

« Luke, meglio se torni a casa. Io devo andare. »

L’altro annuì, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni macchiati dalla cosce in giù, il viso stravolto.

Somigliava in tutto e per tutto ad un gigante delle favole, alto, robusto, con un accenno di pancia e gli occhi tondi e lucidi come biglie. Non portava i ricci alla maniera di Joel, curati e rasati sulla nuca, sempre sotto controllo, bensì liberi di andare dove volevano, dei serpenti dotati di vita propria che con l’umidità gli grondavano sulla fronte.

Era il ritratto dell’innocenza.

Impiegò troppo tempo a rispondere al saluto che lei gli rivolse, perso fra chissà quali pensieri finché Evangeline tornava sulla strada principale e gettava occhiate nervose alle spalle. Non la stava seguendo, bene. Un punto per l’educazione. Preferiva che non si sapesse in che squallido appartamento abitava. La scuola stessa recapitava ancora la posta al collegio dell’Ellsworth, e la segretaria si premurava di tenerle il materiale da parte.

Come le diceva spesso sua madre, era stata una scelta stupida: le camere del collegio erano singole, con bagni privati e cabine armadio, un giardino dotato di piscina per il periodo estivo, un terrazzo su cui si tenevano le feste più lussuose che degli adolescenti potessero meritare, il tutto a due passi dall’istituto.

La sua vita sarebbe stata diversa, lì dentro.

Non avrebbe incontrato Joel, né lavorato nel pub per pagarsi l’affitto, ma questa era la vita che aveva scelto per lei

Nessuno poteva metterci becco, e stava bene così.


*Pub crawl: passare da un pub all'altro fino a trascinarsi in giro sbronzi.

{ Author's Note }

Mi mancava tutto di questa fanfiction. Vorrei uccidermi per averla lasciata in un angolo a fare la polvere.

Ho alzato il rating da arancione a rosso per una scelta nata così sul momento, anche se non ci sarà nulla di eccessivamente volgare o esplicito alla "50 Sfumature".

(Spero di non scadere nell'orrido com'è successo a quella serie, in realtà).

Grazie a chi si è preso il disturbo di leggerla comunque. Siete da premio oscar.

Un sentito ed immenso grazie ad herflowers che ha sempre la pazienza di recensire , e a RobertaTienee che ha aggiunto la storia tra i seguiti.

A presto, many hugs !


  
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