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Autore: Elayne_1812    17/03/2017    4 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Allora prima d’iniziare ho alcune cose da dire:
1 mi scuso per l’immenso ritardo, è davvero un periodo pieno ed i prossimi mesi saranno anche peggio, inoltre la mia mancanza di sintesi non aiuta >.<
2 mi scuso perché mi sono accorta che nello scorso capitolo non ho fatto i consueti ringraziamenti. Forse nessuno l’ha notato, o magari non vi interessa, ma mi sento comunque in dovere di scusarmi. Purtroppo tra le mille cose da fare volevo solo darmi una mossa a pubblicare, visto che ero in ritardo, e questo dettaglio mi è sfuggito.
Rimedio subito ringraziando tutti i lettori, chi ha inserito la storia tra le preferite, seguite e da ricordare. In particolare chi mi ha lasciato i suoi commenti, vi ringrazio molto per il sostegno! Ricordo che le opinioni altrui sono sempre gradite e stimolano la creatività dell’autore.
Venendo al capitolo come noterete é abbastanza lungo e ho anche tagliato una scena che non mi convinceva XD Da qui in poi ci saranno dei cambiamenti importanti ed entreremo nella “fase finale” della storia (forse ci saranno ancora circa una decina di capitoli).
Spero di essere riuscita ad eliminare tutti gli errori di battitura, o quasi.
Buona lettura!
 
 
 
Capitolo 27
Opera
 
 
 
“My show, my show, opera
Singing opera, dancing opera
It’s so good, the answer is this
My show, my show, opera
The opera that I made
The best opera in the world
This is so good, everyone feels good”
Super Junior, Opera
 
 
 
Kibum si umettò le labbra, sbatté le palpebre ed osservò guardingo il sentiero che serpeggiava davanti a lui nella foresta. Appiattito tra i cespugli, represse uno starnuto arricciando il naso quando una foglia gli stuzzicò le narici.
Gli efficientissimi informatori di Jinki sparpagliati nei villaggi all’intorno avevano lasciato trapelare la notizia che vi era una carrozza, forse due, in arrivo da Soul e che presto sarebbero entrate nel raggio d’azione dei Ribelli. Una prospettiva allettante per le loro casse ed un piacevole sorpresa dopo mesi d’inattività
Per Kibum non era stato facile convincere Jinki a farlo prendere parte a quella missione che voleva inaugurare la nuova stagione d’assalto alle carrozze nobiliari. Se solo poche settimane prima il Leader meditava una missione suicida, ora era molto più cauto e apprensivo. Ciò significava che Jinki stava meglio e, piano piano, tornando sé stesso. Tuttavia, il principe non aveva resistito all’idea di prendere parte a quel saccheggio e, nonostante le resistenze iniziali, convincere Jinki era stato più semplice del previsto dato che Jonghyun, notoriamente l’elemento chiave di quella operazioni, era costretto al Rifugio.
Ovviamente, Kibum aveva dovuto rassicurare il Leader che, alla fine, aveva ceduto.
– E va bene, ma devi fare molta attenzione, non voglio che tu ti esponga inutilmente. –
Quindi niente abilità, quella dava certamente nell’occhio. Non solo, aveva anche dovuto camuffarsi per bene indossando un mantello dal cappuccio talmente voluminoso da nascondergli totalmente il viso.
Il principe si passò una mano sulla fronte; lì sotto stava sudando nonostante l’aria fresca che scuoteva le chiome degli alberi.
Kibum corrugò la fronte. Jonghyun non aveva preso per niente bene quella situazione ed il più piccolo se lo aspettava. Rassegnarsi all’idea di rimanere al Rifugio non era cosa da poco per Jonghyun, tanto meno sapere Key all’esterno. Oltre alla frustrazione doveva fare i conti anche con una non indifferente dose di preoccupazione.
-Non è giusto! – aveva sbottato Jonghyun, -finalmente si possono riprendere le attività e io devo starmene qui! Yah! Come posso farmi scappare tutte quelle carrozze? –
-Smettila di agitarti, non ti porterà proprio a nulla -, gli aveva detto Key.
In tutta risposta Jonghyun aveva sbuffato. – Loro mi aspettano! –
-Loro chi? –, aveva domandato il più piccolo portando le mani ai fianchi e squadrando l’altro.
-Tutti quei nobili, pronti a frasi rapinare e ridurre in mutande da me! Io sono il loro idolo, è per me passano su quella strada, non posso deludermi! –
-Kim Jonghyun smettila di fare l’idiota! –
Kibum aveva ruotato gli occhi e sospirato rassegnato. Nonostante tutte le promesse ed i pericoli, Jonghyun non voleva proprio darsi per vinto.
-Oltre a rinunciare a tutto il divertimento, devo pure starmene qui con l’ansia per te -, aveva detto Jonghyun fissandolo con gli occhi grandi. –L’ultima volta che hai messo piede fuori, da solo…-
Intenerito, Kibum l’aveva baciato dolcemente. – Tornerò e ti racconterò tutto, promesso. -
Kibum tornò al presente e posò lo sguardo sugli altri Ribelli appostati all’intorno.
Minho sembrava un lupo pronto ad avventarsi sulla preda, i suoi occhi brillavano di determinazione mentre la sua mano accarezzava l’elsa della spada. Alternativamente lanciava occhiate a Kibum e a Taemin come se si aspettasse di doverli riprendere da un momento all’altro per qualche azione imprudente.
Kibum gli era molto grato per l’apprensione che stava dimostrando, tuttavia gli sembrava di essere costantemente osservato da una balia. Lo stesso doveva pensare Taemin perché, nonostante gli occhi vispi e carichi di aspettativa, ogni volta che Minho gli rivolgeva la propria attenzione arricciava il naso e, appena il ragazzo più alto distoglieva lo sguardo, gli faceva una boccaccia. Kibum dovette più volte reprimere una risata.
Altri cinque ribelli erano posizionati tra gli alberi e attendevano l’arrivo della carrozza in trepidante attesa.
Il principe non era da meno. Percepiva l’adrenalina scorrergli nelle vene e provava una strana eccitazione all’idea dell’atto illegale e potenzialmente pericoloso che stava per compiere. Considerato il temperamento talvolta sfrontato Jonghyun, Kibum non dubitava che il più grande considerasse quello snodo della strada sud alla stregua di un parco giochi.
Era una giornata luminosa e il sole splendeva sopra di loro filtrando tra i rami e diffondendo un piacevole tepore, mentre una brezza leggera portava il profumo dei ciliegi in boccio.
I petali rosati posatisi sul sentiero danzarono nell’aria, sospinti da una folata di vento improvvisa che portò con sé il suono dello scricchiolare di ruote e lo scalpiccio di zoccoli sulla ghiaia.
Minho scattò sull’attenti.
-State pronti, arriva. –
 
 
***
 
Forse, e solo forse, altri avrebbero considerato quella mossa azzardata e una possibile falla in quella che, sin ad allora, era stata una trama perfetta e priva di sbavature, ma non Heechul. Il lord di Busan sapeva bene che per attirare una grossa preda era necessaria un’esca altrettanto grossa e lui era indubbiamente un’esca allettante.
Percorreva la strada sud a bordo della sua lussuosa carrozza in direzione di Haehwan, un secondo veicolo al seguito con beni e soldati. Una comitiva ed un bagaglio sufficienti ad attirare l’attenzione dei Ribelli, senza però rischiare d’intimorirli.  Heechul non aveva alcuna intenzione di renderli reticenti, al contrario era molto ansioso d’incontrarli per ottenere nuove informazioni e, forse, fare anche incontri interessati.
Potrebbe essere una piacevole riunione di famiglia, pensò sorridendo tra sé.
Con gli occhi chiusi, le dita affusolate che picchiettavano sugli avambracci incrociati, Heechul si godette il canto degli uccellini ed i profumi della primavera imminente respirando a pieni polmoni. Quel profumo era come una droga, portatore di ricordi e desideri. Forse stava di nuovo vaneggiando, ma quella dolce fragranza di ciliegi lo stordiva. Si leccò le labbra con la punta della lingua.
-Siete certo che sia una mossa saggia? –
I muscoli del volto del lord si contrassero delineando un sorriso sprezzante non appena la voce di quel piantagrane di Kyuhyun giunse alle sue orecchie. Spezzato il perfetto idillio in cui si stava lasciando cullare, Heechul aprì gli occhi e sbatté piano le palpebre, mettendo a fuoco il cavaliere davanti a lui. Roteò gli occhi e sbuffò.
Perché è così irritante?, si domandò.
-No -, rispose semplicemente.
Era una mossa astuta, ma di certo non saggia e, dal canto suo, Heechul si era sempre ritenuto più scaltro che saggio.
I saggi sono noiosi, pensò stiracchiando le gambe intorpidite dal viaggio.
Kyuhyun inarcò un sopracciglio.
-Siete spregiudicato. –
Heechul represse una risata. Spregiudicato, gli piaceva quella parola, ma lo irritava il fatto che il cavaliere avesse appena espresso in totale libertà un’opinione su di lui. Kyuhyun non aveva alcun senso della gerarchia. Avrebbe dovuto prenderlo a frustrate più spesso ma, in fondo, per quanto irritante trovava la sua irriverenza divertente. A conti fatti, Heechul riteneva d’aver fatto bene a sceglierlo.
-Ho appena ucciso un uomo, quanta spregiudicatezza pensi che serva, a questo punto, per percorrere una strada potenzialmente pericolosa? –
Kyuhyun sogghignò. – Vi ricordo che quell’uomo respira ancora. –
Heechul fece un gesto annoiato con la mano. – Questione di giorni, ore…che importanza vuoi che abbia? –
-Quindi devo chiamarvi vostra altezza? O forse per questo dobbiamo attendere gli ultimi dettagli? –
Heechul lo fulminò. Il cavaliere stava passando il segno. – Taci, sei irritante. –
Il lord si massaggiò le tempie. Aveva troppi pensieri nella testa, troppi, necessitava di giungere a capo di uno dei fili che aveva intrecciato in quella trama perfetta o, davvero, rischiava d’impazzire. A dirla tutta, udire il suono delle campane funebri ad annunciare la morte dell’imperatore poteva già essere una grande conquista. Il resto, come diceva Kyuhyun, erano dettagli.
Accavallò le gambe ed incrociò le braccia, socchiudendo gli occhi, quando la carrozza si fermò bruscamente. Sobbalzò andando a sbattere contro la testata della seduta.
-Aish-, fece massaggiandosi il capo.  
Kyuhyun tossicò per celare una risata. Fortunatamente il suo lord era troppo impegnato a rassettarsi gli abiti eleganti e a passarsi una mano tra i capelli per accorgersene.
Delle voci giunsero dall’esterno ed Heechul sorrise, rivolgendo poi uno sguardo trionfante al cavaliere. Dovevano che essere loro. I Ribelli.
Kyuhyun ricambiò lo sguardo ma nessun sorriso animò il suo volto, sembrava più scocciato, come se stesse tacitamente rimproverando il suo lord per quella mossa che considerava folle. Perché complicarsi la vita quando bastava attendere ad Haehwan lo svolgersi degli eventi mandando dei soldati in avanscoperta?
O perché non dimenticarsi dell’esistenza del principe? Pensò.
Kyuhyun sapeva bene che per il lord, Kim Kibum era un pensiero costante. Lo stesso il sorrisino che sino a poco prima aveva illuminato il viso di Heechul la diceva lunga su quelli che dovevano essere stati i suoi pensieri.
Il cavaliere scosse il capo.  
Ai suoni della foresta si frappose lo stridore del metallo, infine, qualcuno picchiò con forza sul legno del veicolo.
Con un gesto del capo, Heechul ordinò a Kyuhyun di uscire per primo dall’abitacolo laccato di rosso ed impreziosito d’oro.
Kyuhyun non poté fare a meno di sbuffare, rassegnato, infine ubbidì e scese riversando all’interno del veicolo la luce del primo pomeriggio.
Heechul si schermò il viso, poi scese dalla carrozza con passi misurati ed eleganti, rivolgendo un sorriso volpino ai presenti come il primo attore che, fatta la propria apparizione sul palcoscenico, attende gli applausi del pubblico.
Dopotutto, il mondo non è un immenso palcoscenico?
 
 
***
 
A Kibum bastò vedere la carrozza laccata di rosso, scorgere il baluginio dorato dello stemma che la decorava e le punte nere e lucide degli stivali di chi vi smontò per avere l’impressione, anzi la certezza, di essere sull’orlo di un incubo. Era come essere sul bordo di un precipizio e guardarne il fondo. Buio, profondo ed impenetrabile. Si sentì gelare. Lo scricchiolio di quegli stivali sulla ghiaia fu come il suono tetro di un sogno che s’infrange. Era come essere stato volontariamente relegato, sino ad allora, in un perfetto mondo in miniatura rinchiuso in una sfera di vetro prossima ad incrinarsi ed infrangersi. Un’assordante pioggia di cristalli.
Non seppe quando trovò il coraggio di alzare lo sguardo da quegli stivali per incontrare la figura intera del loro proprietario, forse passarono solo pochi secondi perché nulla mutò all’intorno, mentre il battito accelerato del suo cuore scandiva un tempo congelato.
Alla fine alzò gli occhi accuratamente celati dal profondo cappuccio.
La figura slanciata di Heechul si stagliava davanti a lui nella tipica e naturale eleganza che sempre lo contraddistingueva. Completo porpora dai ricami dorati, spumosi merletti ai polsi e al colletto, capelli perfettamente pettinati, occhi lampeggianti e sorriso scaltro. Un grosso felino intento a valutare come giocare con la preda. Era lui. E Kyuhyun era al suo fianco, come sempre.
Fu come se non fosse passato nemmeno un istante d’allora. Era ancora nelle sue stanza, a palazzo, stordito dal lungo banchetto di corte in cui era stato annunciato il suo fidanzamento, ed Heechul era davanti a lui pronto a reclamare ciò che già considerava suo.
Percepiva ancora il polpastrello incandescente di Heechul accarezzargli le labbra ed il suo fiato caldo sul viso. Un tocco leggero ma che aveva lasciato il segno. Si era sentito in trappola, spaventato, ferito nell’orgoglio dalla sua stessa debolezza e dall’umiliazione. Tutto il calore che il corpo e gli occhi dell’altro avevano emanato erano stati per lui più simili ad una doccia fredda. A mesi di distanza provava la stessa paura e gli stessi brividi.
Perché, si chiese, perché riesce ad esercitare tutto questo potere su di me? Come siamo arrivati a questo punto?
C’era una punta di amarezza nei suoi pensieri e forse anche di tristezza.
Da sotto il cappuccio, Kibum assottigliò gli occhi e, nonostante fosse certo di essere rigido quanto un gatto di marmo, vide la sua mano che reggeva la spada tremare.  Fu tentato d’afferrarsi il braccio, ma fu Minho a farlo.
Il ragazzo più alto si chinò per sussurrargli all’orecchio.
-Torna al Rifugio, adesso. –
Nonostante Minho stesse parlando con lui i suoi occhi erano puntati su Kyuhyun che lo fissava a sua volta in cagnesco.
Lo ha riconosciuto, pensò Kibum.
Non c’era da stupirsi, dopotutto era la terza volta che s’incontravano e le due precedenti Kyuhyun si era guadagnato sonore botte in testa. Se lo conosceva bene, e lo conosceva abbastanza, secondo Kibum Kyuhyun meditava vendetta d’allora.
Nonostante le parole di Minho, Kibum rimase immobile tornando a rivolgere la propria attenzione ad Heechul. Perché aveva la fastidiosa sensazione che lo fissasse come se sapesse od intuisse che vi era lui nascosto sotto quel cappuccio ed avvolto in quel mantello?
No, rifletté schernendosi, non essere sciocco Kibum, non può riconoscerti.
Era praticamente invisibile lì sotto, una figura esile avvolta in un mantello, un ammasso di stoffa, null’altro. Eppure, quella sensazione fastidiosa gli prudeva quanto la puntura di un’ape sulla pelle. 
Ti stai facendo suggestionare, si disse.
Minho lo scosse leggermente e Kibum staccò gli occhi da Heechul. Questa volta l’attenzione del ragazzo più alto era totalmente rivolta a lui.
-Devi andare – ripeté Minho.
-Umma? –
Taemin gli si fece vicino.
-E’ lui – sussurrò Key, la voce tremante.
Taemin non ebbe bisogno di nient’altro per capire, conosceva abbastanza bene la sua umma da sapere a chi si riferiva con quel “lui”. Oltretutto la paura di Kibum era palese, una paura che si mostrava in tale stadio avanzato solo quando c’era di mezzo il suo promesso.
Taemin lanciò un’occhiata al lord. Dunque, pensò, è lui quel tizio. Bhe, non gli avrebbe permesso di fare del male alla sua umma! Taemin strinse i pugni facendosi più vicino a Kibum.
La voce di Heechul risuonò tra gli alberi. –Vedi -, disse disinvolto lanciando uno sguardo divertito a Kyuhyun, -abbiamo fatto bene a prendere questa strada per raggiungere Haehwan. –
Kyuhyun s’impose di non roteare gli occhi.
-Speravo proprio d’incontrarvi – disse Heechul facendo scorrere uno sguardo interessato sui presenti.
I Ribelli si guardarono, perplessi.
-Curiosità –sussurrò Heechul rispondendo alle loro domande inespresse.
Kyuhyun arricciò le labbra.
-Perché? – fece uno dei ribelli, - volete forse fare la strada di ritorno in mutande? –
Heechul si portò due dita tra le sopracciglia, scosse il capo e rise e, quando rialzò lo sguardo, i suoi occhi luccicarono fissandosi sul ribelle che aveva parlato.
-E saresti tu a dilettarti in questo genere di passatempo? – domandò interessato.
Il ribelle incrociò le braccia e sbuffò, spostando il peso da una gamba all’altra. –No, quello è Jonghyun, ma oggi non c’è, siete fortunato. –
-Fortunato davvero – fece Heechul. Le labbra carnose di Heechul s’inclinarono in un sorriso e si umettò le labbra.
Kibum conosceva bene quell’espressione e strinse con forza l’elsa della spada. Heechul stava cercando tra i volti dei presenti quello sconosciuto del fratellastro. Stava tastando il terreno di caccia.
Maledetto, pensò il principe.
Questa volta la sua mano tremò ma non per la paura, bensì per la rabbia.
-Umma- sussurrò Taemin dandogli una leggera gomitata, - devi andare. –
-Scaricate i bauli – disse uno dei ribelli.
-Oh ma certo, prego, se riuscirete a prenderli sono tutti vostri. – Heechul incrociò le braccia e continuò a sorridere.
A quel punto accadde tutto velocemente, troppo perché si rendessero conto della situazione. Dei soldati scesero dalla seconda carrozza gettandosi su di loro e, subito, il cozzare delle lame spezzò la quiete della foresta ed il cinguettio delle rondini si perse.
Kibum non si era mai ritrovato nel bel mezzo di una battaglia, tanto meno quella poteva definirsi tale, una scaramuccia, forse…ma per il principe faceva poco differenza.
-Key, va via! – lo incalzò Minho spingendolo tra gli alberi.
Kibum barcollò e rivolse uno sguardo spaesato a Minho. Per quanto fosse tentato di mettere più distanza possibile tra lui ed Heechul, l’idea di fuggire mentre gli altri erano impegnati nel combattimento lo metteva a disagio facendolo sentire un codardo. Tuttavia, rimanere lì era rischioso e le possibilità si essere smascherato molto alte, così come quelle di essere trascinato a Soul.
Un cappuccio ed un mantello non potranno nascondermi in eterno, rifletté.
Gli tornò in mente la sua fuga da palazzo e quello che era accaduto ad Hanamsi solo pochi mesi prima. La sola idea di ritrovarsi nella medesima situazione gli fece perdere un battito ed avvertì un senso d’oppressione e soffocamento, come se gli alberi si stringessero intorno a lui.
Ma se resto, pensò, potrei affrontarlo.
Corrugò la fronte. Era in grado di affrontare Heechul? Non era mai stato in grado di valutare chi dei due fosse più forte e anche se negli ultimi mesi si era sottoposto ad allenamenti intensi non era certo di farcela. Affrontarlo poteva essere una mossa azzardata, ma se fosse servita a salvare Jonghyun?
-Key! – lo richiamò nuovamente Minho. –Vai! –
-Ma…-
-Ho detto vai! –
Kibum sobbalzò per la veemenza nella voce dell’altro e, senza farselo ripetere ulteriormente, rinfoderò la spada ed iniziò a correre tra gli alberi.
Minho guardò Kibum allontanarsi e, al suo fianco, la spada snudata, Taemin fece lo stesso. Il cozzare del metallo e l’animosità dei combattenti li riportò in breve alla realtà dove ogni ribelle era impegnato con un soldato, solo loro erano in ancora in disparte ed osservavano come spettatori solitari. Tuttavia, Minho era tutt’altro che rilassato. Quella semplice operazione rischiava di tramutarsi in un totale disastro per la sola semplice presenza di Kibum, e anche se il principe si era deciso a darsi alla fuga l’apprensione di Minho non era calata. Lo spazio ed il tempo che separavano Kibum dal Rifugio erano tutt’altro che brevi e nel mentre poteva accadere qualunque cosa. D’altra parte Minho non poteva abbandonare il resto dei Ribelli dato che la guida della missione era stata affidata a lui e, sino ad ora, l’unica cosa che era riuscito a fare era stato esattamente niente. Troppo impegnato a valutare le implicazioni di quel pessimo incontro e ad ingaggiare una lotta di sguardi all’ultimo sangue con quel cavaliere.
Se lo perdo una seconda volta, s’appunto mentalmente pensando a Kibum, Jinki e Jonghyun mi uccideranno.
-Aish. –
Non si poteva mai stare tranquilli. Anche una semplice imboscata rischiava di trasformarsi in un inferno.
E’ già un inferno, convenne osservando lo scontro.
Allo stesso tempo, Minho era preoccupato per Taemin e si chiese se non fosse il caso di mandarlo indietro con l’altro. In una normale occasione il più piccolo si sarebbe adirato, ma se avesse usato la scusa della umma…
Minho scacciò quei pensieri egoistici e meschini. Per quanto apparentemente fragile il più piccolo dei fratelli Lee era tutt’altro che debole, al contrario.
Se lo rimandi indietro, si disse, finirai per trattarlo di nuovo come un bambino e s’arrabbierà.
-Guarda un po' chi si rivede. –
Minho sbatté le palpebre mettendo a fuoco la figura davanti a lui che, fattasi strada tra i corpi in movimento, l’aveva raggiunto. Il ragazzo grugnì.
Strinse l’elsa della spada puntandola in avanti, subito imitato da Taemin.
-Di nuovo tu – ringhiò tra i denti.
-Già- sogghignò Kyuhyun. –
Nonostante impugnasse la spada, Kyuhyun non sembrava intenzionato ad ingaggiare battaglia. Il suo braccio armato, infatti, risposava lungo il fianco, mentre la mano libera si picchiettava le labbra con l’indice.
Tuttavia, nè Minho né Taemin accennarono ad abbassare la guardia.
-Dov’è? – domandò Kyuhyun senza troppi preamboli.
-In un posto dove non lo troverete mai. -
Kyuhyun scoppiò a ridere. – -Andiamo, non ne vale la pena per quel ragazzino capriccioso ed insolente. Vi conviene consegnare sua grazia al mio lord, non è una persona paziente. –
D’istinto Minho e Taemin spostarono l’attenzione alla carrozza dove, soli pochi secondi prima, era appostata la figura rosso vestita del lord di Busan, ma non lo videro. I due si guardarono con crescente timore. Dov’era finito, era lì a godersi la scena sino a due secondi prima?
Kyuhyun tossicò e con un gesto disinvolto del capo accennò alla boscaglia.
-Credo che qualcosa abbia attirato la sua attenzione – disse divertito.
Minho e Taemin intercettarono qualcosa di rosso scivolare tra gli alberi dietro di loro ed impallidirono. Stava andando esattamente nella stessa direzione in cui era fuggito Kibum e procedeva veloce.
No, fece Minho, non può sapere che è lui. Perché lo segue?
Prima che Minho se ne rendesse conto Taemin corse tra gli alberi.
-Minnieee!! – tentò di fermarlo Minho.
Stava per inseguire a sua volta il più piccolo, quando la lama luccicante di Kyuhyun gli tagliò la strada ferendogli di striscio il braccio. Una sottile linea rossa s’aprì sulla camicia di Minho, imporporandola.
-Oh no, noi abbiamo dei conti in sospeso. –
-Che cosa vuoi? – ringhiò Minho ignorando il braccio ferito e lanciando occhiate fugaci e angosciate al fogliame.
Prima Kibum ed ora Taemin. Nemmeno nei suoi incubi peggiori Minho sarebbe stato in grado d’immaginare uno scenario simile.
-Fossi in te mi preoccuperei più per me stesso che per i tuoi amichetti. –
 Kyuhyun accennò alla manica macchiata di sangue di Minho, poi fece mulinare la spada e prese posizione.
-Coraggio, ti lascio un margine di vantaggio. –
Minho rise. – Vantaggio a me?-
Nonostante Minho si preparasse ad affrontare il suo avversario con il sorriso sulle labbra era tutt’altro che calmo. Lanciò un’ultima occhiata fugace agli alberi: di Taemin non vi era traccia.
Aish, imprecò tra sé.
Se fosse successo qualcosa al più piccolo non se lo sarebbe mai perdonato. Taemin aveva un’abilità forte dalla sua, ma anche quel lord non doveva essere da meno. Nonostante la preoccupazione non poteva permettersi di lasciarsi distrarre, così focalizzò la propria attenzione sul cavaliere valutandone la posa accademicamente perfetta. Gambe leggermente flesse e braccio alzato, ma Minho non aveva intenzione di lasciarsi ingannare, il luccichio negli occhi dell’altro la diceva lunga su quello che doveva essere il suo stile di combattimento. Sleale.
Minho lo imitò. Aveva tutta l’intenzione di dimostrare che anche la sua preparazione non era da meno, anzi, a differenza di quell’insopportabile cavaliere che faceva da spalla all’altrettanto irritabile damerino che serviva, Minho aveva imparato da solo tutto ciò che sapeva. Da solo e dalle situazioni avverse in cui si era trovato. Tuttavia, non appena alzò il braccio fu attraversato da una fitta. Strinse i denti.
Il cavaliere sogghignò e Minho ringhiò tra i denti. A dispetto del tempo, era decisamente una pessima giornata.
Deciso a togliere quel sorrisetto sprezzante dal viso dell’altro, Minho attaccò per primo. Ormai stava diventando una questione personale e non intendeva permettere al cavaliere di prendersi nuovamente gioco di lui. Si flesse sulle gambe e scattò in avanti, pronto a colpire l’avversario.
Kyuhyun alzò la spada e parò il colpo scivolando di lato con un passo ampio ed elegante, quasi stesse volteggiando in punta di piedi. Ora, le posizioni ai lati del campo di battaglia si erano invertite e Kyuhyun si concesse uno sguardo alla boscaglia dietro di lui, spostando il peso da un piede all’altro con una disinvoltura che ebbe il potere d’irritare Minho.
Quel cavaliere intendeva combattere o prendersi semplicemente gioco di lui? Forse stava solo temporeggiando.
-Chissà -, fece Kyuhyun, quasi distratto, - come stanno i tuoi amichetti. Sai, il mio padrone è una persona eccentrica, non si sa mai quello gli passa per la testa. Mi domando cosa abbia attirato la sua attenzione. –
Minho serrò le labbra e corrugò la fronte. Già, se lo stava chiedendo anche lui, ma non aveva intenzione di lasciarsi sfuggire la minima informazione o permettere all’altro di stuzzicarlo, perché era quello che intendeva fare.
Come a dar credito ai pensieri di Minho, Kyuhyun si passò la spada da una mano all’altra, mettendo così in evidenza la sua abilità con entrambi gli arti.
Minho si ritrovò a sorridere tra sé. Anche lui possedeva la medesima destrezza, ma non aveva alcuna intenzione mi scoprire così le proprie carte.
-Non devi essere molto sicuro di te se perdi tempo in chiacchere -, disse Minho.
Kyuhyun lo fissò terreo ed attaccò con un lungo movimento di gambe, volteggiando su sé stesso e calando la lama sul capo di Minho.
Minho s’abbassò, parò il colpo alzando a sua volta la spada sopra la testa e fece compiere ai piedi, saldi, un movimento di rotazione sorpassando così l’avversario.
Dopo una serie d’occhiate ed un mulinare di spade che produsse nell’aria un eco metallico, si gettarono l’unico contro l’altro, generando un intreccio di movimenti simili a quelli d’un duetto in punta di piedi sulle note cristalline del metallo cozzante.
Le lame tagliarono l’aria leggera e profumata d’inizio primavera, danzando sotto i riverberi del sole che filtrava tra i rami ed i petali rosati dei primi fiori in boccio. Destreggiandosi in movimenti fluidi ed eleganti, ma non per questo privi di veemenza, disegnarono nell’aria e sul terreno figure complesse. Ruotarono, in perfetta sincronia, l’uno intorno all’altro con ampi movimenti dei mantelli che fluttuarono nell’aria satura del profumo dei ciliegi e del cinguettio delle rondini che, ignare di quanto stava accadendo sotto le fronde degli alberi, tracciavano ampie parabole nel cielo azzurro.
In breve, Minho si rese conto che quella danza perfetta e mortale lo stava conducendo in un vortice in cui il minimo passo falso poteva rivelarsi fatale. Così per quanto mosso dall’adrenalina e dall’eccitazione che quel duello gli stava provocando, scartò di lato cogliendo di sorpresa l’avversario che, sbigottito, rimase fermo giusto il tempo d’intuire la prossima mossa di Minho e correre ai ripari.
Minho tentò una finta, poi scivolò nuovamente di lato e ancora più veloce raggiunse le spalle di Kyuhyun che intercettati i suoi movimenti si voltò a sua volta pronto ad attaccare, e così fece. Minho s’abbassò all’instante, rotolò sul terreno e si rialzò di scatto, premurandosi di mettere qualche metro tra lui e Kyuhyun.
Ansimante e con il volto imperlato di sudore, MInho si passò una manica dell’hanbok sulla fronte, poi tornò in posizione pronto a respingere il prossimo colpo che, tuttavia, non giunse.
Kyuhyun gli rivolse un sorriso soddisfatto e al contempo indispettito. Abbassò la lama lungo il fianco e si passò l’altra tra i capelli sudaticci.
Nonostante i modi dell’altro, Minho non aveva alcuna intenzione di rilassarsi. Poteva essere un modo per depistarlo e perdere tempo in chiacchere prima d’assestargli un colpo alle spalle. Vigile, Minho tenne gli occhi fissi su Kyuhyun, pronto ad ogni suo possibile movimento.
Alla fine, Kyuhyuh rinfoderò la spada in un raschiante suono metallico e si tamponò la fronte con un fazzoletto.
-Bhe, è stato divertente, te lo concedo. –
Minho rimase di stuccò. Lo stava prendendo in giro?
Kyuhyun simulò uno sbadiglio e s’avvicinò alle carrozze. – Siete fortunati -, disse voltandosi di nuovo verso Minho, - il mio lord voleva un semplice incontro amichevole. –
Minho guardò tra gli alberi aspettandosi di veder rispuntare il nobile, ma di lui non vi era traccia. Imprecò tra sé.
-Oh -, fece Kyuhyun portandosi le braccia al capo e camminando all’indietro, - lui tornerà quando avrà finito di giocare. Ma – aggiunse quasi ridendo, - il futuro imperatore di Chosun può permettersi questo ed altro. -
Minho corrugò la fronte. Che cosa voleva dire con quella frase sibillina, cosa tentava di suggerirgli? Quel tipo aveva l’aria troppo furba per parlare a vanvera.
Ad un gesto della mano di Kyuhyun i soldati di Busan abbassarono le armi. I Ribelli si fissarono spaesati e Minho ordinò loro di fare altrettanto.
-Scaricate i bauli – disse Kyuhyun.
I soldati eseguirono e il cavaliere montò in carrozza. Non appena i veicoli ripartirono, Kyuhyun lanciò un saluto disinvolto con la mano.
Minho digrignò i denti. Quanto poteva essere insopportabile quel tizio? Quel gesto sembrava stare a significare che si sarebbero rivisti molto presto.
Il ragazzo osservò la macchia rosseggiante della carrozza sfumare all’orizzonte portando con sé i lo scricchiolare delle ruote e degli zoccoli dei quadrupedi sul sentiero. La quiete tornò nella foresta, così come il cinguettio gioioso delle rondini, come se quella breve e violenta parentesi non fosse mai stata reale.
-Guardate! Seta e oro! Questo sì che è un vero bottino. –
Al grido dei Ribelli, Minho s’avvicinò e sbirciò l’interno dei bauli colmi di oro e sete pregiate a giudicare dalla finezza del tessuto e dai colori luminosi.
Perché?, si chiese.
Tuttavia la sua era una domanda retorica. La situazione sembrava assurda, eppure ai suoi occhi vi era un senso terribilmente sottile. Tutto era stato perfettamente calcolato e valutato. Il passaggio sulla strada sud, le domande lasciate cadere a vuoto, le frasi gettate come sassolini nello stagno e pronte a tramutarsi in infiniti dubbi concentrici sulla superficie dell’acqua.
Quei bauli di meraviglie erano il riscatto per un principe, un doppio accordo di fedeltà ed alleanza o un’esca? O, forse, tutto questo e molto di più?
 
 
Mentre correva tra la boscaglia, Kibum fu attraversato da mille pensieri, ricordi e situazioni che s’accavallarono nella sua mente, stordendolo. Sembrava che tutto si stesse ripetendo in un tempo compatto ed indefinito che prendeva forma tra le chiome rosate dei ciliegi che, mentre discendeva la collina avvicinandosi dell’Han, digradavano in boschetti di bambù umidi e stretti, rendendo difficile la corsa. Strinse i pugni ed aumentò l’andatura, rimproverandosi mentalmente per aver lasciato indietro gli altri, pur sapendo che per evitare danni peggiori non poteva fare altrimenti.
Nel suo inconscio i rami degli alberi mutarono nelle pareti marmoree del palazzo, nella boscaglia graffiante e che aveva attraversato la notte cui aveva perso Siwon. Più correva, più si sentiva soffocare come se pareti immaginarie si chiudessero intorno a lui sino a schiacciarlo. L’umidità aumentò così come il suono dello scorrere del fiume. Le canne di bambù si tramutarono nelle stamberghe sudicie e traballanti di Seungil, il fragore del fiume nello scrosciare della pioggia che quel giorno l’aveva bagnato sino alle ossa.
Strinse gli occhi accecati dal sudore che gli colava dalla fronte.
Era come procedere alla cieca inseguito da una tigre affamata, mentre tutte le esperienze peggiori degli ultimi mesi si accallavano l’uno sull’altra generando quella patetica fuga, accompagnata da un unico pensiero coerente e costante. Jonghyun.
Ogni passo era un passo verso il più grande, verso quelle braccia forti e protettive dalle quali temeva di essere nuovamente strappato. Non poteva permettere che accadesse di nuovo. Alle sue spalle percepiva la presenza di un inseguitore invisibile, così correva, ormai con il fiato corto, e scivolava sinuoso e veloce tra le canne di bambù.
Lanciò uno sguardo oltre le spalle, ma non vide nessuno. Era assurdo, il suo stesso buonsenso gli suggeriva che era impossibile. Chi mai avrebbe potuto seguirlo e perché? Era solo un ribelle con indosso un mantello, null’altro. Eppure nella sua mente delle mani lo afferravano e trascinavano indietro, non solo nello spazio ma anche nel tempo. Il ricordo della voce di Siwon si fuse con quella di Minho, intimandogli di fuggire e riecheggiando tra la vegetazione. Gli sembrava di procedere in direzione di un baratro.
Si fermò. Non poteva continuare in quelle condizioni mentali e doveva ritrovare la calma o quella corsa si sarebbe tramutata in una maratona verso la follia. Dopotutto, il fantomatico inseguitore esisteva unicamente nella sua fantasia. S’appoggiò ad un ramo di bambù e riprese fiato portandosi una mano al petto. Il suo cuore batteva all’impazzata e le gambe tremavano per l’adrenalina. Odiò sé stesso e provò una profonda umiliazione. La sola presenza di Heechul era stata sufficiente a gettarlo nel panico. Diede un calcio ad un tronco, si morse il labbro e strizzò gli occhi per ricacciare indietro il fastidioso pizzicare di lacrime di frustrazione.
Come riusciva ad avere tutto quel potere su di lui?
Sentì dei passi dietro di sé, stivali che spezzano rametti, e si voltò di colpo trovandosi di fronte il lord di Busan.
Il viso leggermente imperlato di sudore, gli abiti appena scomposti da quella che doveva essere stata una camminata veloce e, certamente, non una corsa, Heechul era a pochi metri da lui. La sua espressione era quasi indecifrabile, sembrava incuriosito e divertito ma anche deluso, come se qualcosa avesse suscitato la sua disapprovazione.
Dunque, Kibum non si era immaginato nulla, non erano occhi e mani immaginarie quelli che aveva percepito su di sé. Erano reali. Troppo reali.
Tuttavia, quella conferma ebbe il potere d’infondergli calma, come se sino ad allora ad agitarlo fosse stata l’incertezza, il timore di qualcosa d’indefinito che alitava sul suo capo, senza però acquistare forma concreta. Forse, dopotutto, affrontare qualcosa di materiale, anche se terribile, è più rassicurante che avere a che fare con fantasma.
Tenendo sempre la mano al petto, Kibum udì i battiti del suo cuore riprendere regolarità. Era entrato in una bolla o, quanto meno, ci stava provando. Sottile e quasi inconsistente, ma seppur minima era comunque una protezione. Non poteva e non voleva mostrarsi debole, il suo orgoglio bruciava ancora con troppa forza e sapeva che se si fosse lasciato andare avrebbe perduto il poco contegno che aveva.
Heechul avanzò con passi lenti e misurati e, di nuovo, Kibum ebbe l’impressione che stesse tastando il terreno di caccia.
-Fermo – disse Heechul.
Fermo, ed i piedi di Kibum rimasero incollati al terreno, eppure lui desiderava correre come mai aveva fatto in vita sua. Strinse i pugni maledicendo sé stesso. Non era solo da Heechul che voleva fuggire, ma da ciò che rappresentava: una vita che aveva deciso di lasciarsi alle spalle benché continuasse ad inseguirlo con insistenza, impressa come una macchia indelebile sulla sua pelle.
Perché mi ha seguito? si chiese. Non può sapere che sono io.
Mosso da un istinto di sopravvivenza, Kibum si ritirò ancora di più sotto il cappuccio, ma la sensazione che l’altro l’avesse fissato per tutto il tempo divenne più vivida, quasi una certezza. Di certo, ora lo guardava intensamente, come se quegli occhi da tigre a caccia potessero scrutare le ombre del cappuccio con la stessa facilità con cui i raggi del sole trafiggono le nubi dopo una tempesta.
Heechul si umettò le labbra e rimase fermo a fissare quella figura che tanto l’aveva incuriosito, domandandosi come vi fosse riuscita al punto da condurlo lì. A rigore di logica poteva essere il semplice fatto che l’altro si era dato alla fuga non appena era scoppiato il tafferuglio, ma la verità era che Heechul era stato calamitato verso quella figura insondabile dal momento stesso in cui vi aveva, inavvertitamente, posato gli occhi. Non sapeva perché, ma percepiva una tensione nell’aria ed un profumo che non doveva trovarsi lì.
Heechul sorrise, trovando l’atteggiamento difensivo dell’altro divertente.
-Calma – disse piano.
Mosse dei passi studiati tra l’erba piegandosi leggermente in avanti nel tentativo di sondare le ombre del cappuccio che celavo il viso dello sconosciuto. Heechul ebbe l’impressione di avere a che fare con un piccolo animale selvatico che poteva essere indotto alla fuga da un semplice movimento brusco.
Kibum mosse all’istante un passo indietro e deglutì quando la sua schiena andò a sbattere contro un tronco. Era davvero tutto come l’ultima volta.
Heechul rise, forse anche lui aveva la stessa scena in mente. Una fortuna per Kibum che l’altro non sapesse che anche i protagonisti erano i medesimi.
-Calma, calma non voglio farti del male– ripeté suadente.
Come a dar credito alle proprie buone intenzioni, Heechul alzò le mani ed aprì i palmi.
Kibum lo sapeva. Kim Heechul non era mai stato tipo da usare la forza, le sue armi erano molto più sottili, come un veleno letale che consuma la vittima dall’interno. Lentamente.
Tuttavia, Kibum estrasse di nuovo la spada e la tenne alta davanti a sé.
-Lo sai che con quella puoi fare ben poco? –
Heechul rise divertito e sul palmo delle sue mani fece apparire una fiammella.
Kibum arricciò il naso. Quell’odore era fastidioso, gli stessi bagliori rossi che il fuoco di Heechul disperdeva all’intorno gli ferivano gli occhi. Da tempo immemore aveva imparato a temere il fuoco, finché non aveva incontrato Jonghyun scoprendone un altro lato. Aveva imparato che il fuoco, per quanto pericoloso, era anche il calore in inverno, il profumo di una calda notte d’estate. Era imprevedibile, come l’amore. Tuttavia, quello di Heechul rimaneva la fiamma incandescente capace di bruciare la carne viva, l’odore stantio della cenere, era vermiglio, follia e paura.
-Sai, hai un’aria famigliare. Perché non mi fai vedere chi si nasconde lì sotto? –
Kibum rimase in immobile. Quale strana forza aveva avuto il potere di condurre l’altro lì, davanti a lui, come calamitato?
Kibum scosse il capo sotto il cappuccio.
-Andiamo, non mi dirai che sei timido, uhm?-
Heechul avanzò e Kibum scivolò di lato liberandosi dell’impiccio del tronco.
-Non parli? - lo incalzò.
Preferirei sputarti in faccia, pensò il principe.
Nonostante il desiderio di sfoderare la sua lingua tagliate, Kibum s’impose di rimanere zitto o si sarebbe tradito con le sue stesse mani. Era frustrante. Nemmeno le armi che era sempre riuscito ad utilizzare contro Heechul ora gli potevano essere d’aiuto. Tuttavia, la situazione era più che precaria e rischiava di dover ricorrere alla sua abilità per disfarsi di Heechul.
Da sotto il cappuccio, Kibum fissò il più grande valutandone le mosse. Gli sembrava di essere in bilico su un filo sospeso nel vuoto; rimanere fermo era rischioso tanto quando procedere. Un’improvvisa folata di vento poteva coglierlo in qualunque momento e farlo precipitare. Respirò piano, rendendosi conto che quella bolla sottile che aveva eretto intorno a sé era sempre più traballante. Fremeva prossima a scoppiare. Ma, di nuovo, s’impose di essere forte. Se fosse stato costretto ad utilizzare la propria abilità avrebbe fatto i conti con le spiacevoli conseguenze.
Perderò tutto, sì disse Kibum, dovessi anche uscirne vincitore scoprirà ogni cosa e allora diventerà ancora più pericoloso.
Quasi per uno scherzo del destino, lo stesso che probabilmente aveva deciso di muovere l’intero corso di quella giornata, Heechul si fece ancora più vicino ed allungò una mano al cappuccio di Kibum.
Heechul non riusciva a trovare una spiegazione coerente, ma moriva dalla curiosità di conoscere l’identità di quella figura incappucciata al punto che la semplice idea lo eccitava. Era assurdo e razionalmente inspiegabile. Ora che erano più vicini percepì con chiarezza quel profumo dolce e leggero ed annusò l’aria.
Kibum si strinse nelle spalle e strizzò gli occhi sentendosi una preda braccata. Heechul annusava l’aria come se annusasse la sua stessa presenza. Un grosso felino cieco che percepisce l’odore della vittima designato pregustandosi un lauto banchetto.
Un brivido percorse il corpo del principe come colto da un’improvvisa folata di vento freddo, ma prima che quel traballante filo sospeso potesse gettarlo nel vuoto scartò di lato.
Fulmineo, Heechul l’afferrò per il polso e, con la mano libera, Kibum si calò maggiormente il cappuccio sul viso. Era in trappola. Se voleva fuggire non gli restava altra scelta che usare la sua energia ed essere inevitabilmente scoperto.
Non è giusto, pensò.
Stava per mandare in fumo la vita che si era costruito negli ultimi mesi e forse non sarebbe nemmeno uscito vincitore da quello scontro, prevaricandosi così la possibilità di tornare al Rifugio.
Mi trascinerà ad Haehwan e poi a Soul o a Busan.
Mentre tentava di divincolarsi dalla presa dell’altro fu invaso dal consueto formicolio che lo coglieva ogni volta che si preparava ad usare la sua abilità, ma, per quanto determinato, tutto ciò che riuscì a pensare fu l’incubo di tornare al punto di partenza. Non solo. Pensò alla sua vita al Rifugio, a Jinki che lo aveva accolto, a Taemin, a Minho e soprattutto a Jonghyun. Gli aveva promesso che sarebbe tornato, proprio come quel giorno ad Hanamsi, ma forse non ci sarebbe riuscito. Non solo, questa volta le possibilità di una fuga s’assottigliavano. Kibum sapeva che l’unico in grado d’affrontare Heechul poteva essere Jonghyun, l’unico in grado di salvarlo, ma non poteva permetterglielo. Jonghyun doveva stare lontano dal Heechul, Kibum non intendeva permettere al suo promesso di sfiorare il più grande nemmeno con un dito.
Jong, riecheggiò il nome dell’altro nella sua mente. Se il prezzo da pagare per te sono io, allora va bene.
La sola idea di separarsi ancora da Jonghyun, di essere strappato a lui da lui, gli sconquassava le viscere. Era come provare di nuovo quella sensazione terribile di soffocamento e del sangue che si gela nelle vene. Le luci che si spengo ed il fluttuare solitario ed insensato in un universo freddo e buio. I colori che sbiadisco ed i suoni che s’attenuano. L’assenza dell’altro, quale l’assenza della vita stessa.
Il semplice tocco della mano di Heechul sul suo polso aveva risvegliato in lui una paura viscerale appena assopita. Le sue dita sulle sue labbra…
Kibum aveva paura, sì, ma il solo pensiero dell’altro riuscì ad infondergli coraggio. Se doveva perderlo di nuovo, Jonghyun, se doveva perderlo per sempre allora sarebbe stato solo una bambola. Tanto bella e perfetta quanto insensibile e vuota.
Forse così, pensò, proverò meno dolore.
Se avesse potuto avrebbe vomitato, lì, direttamente sugli stivali lucidi di Heechul. Tanto questo si meritava.
Tuttavia, proprio mentre si preparava a colpire la voce di Taemin risuonò tra le canne di bambù.
-Lascia stare la mia umma! – gridò il più piccolo.
Heechul si voltò di scatto, infastidito per essere stato così bruscamente interrotto.
-Ragazzino cosa…-
Il lord non fece in tempo a terminare la frase perché una forza invisibile lo scaraventò tra i bambù.
Kibum rimase di stucco. Tutto si era aspettato e a tutto era stato pronto, ma non a quel fortuito colpo di scena. L’arrivo di Taemin era paragonabile a quegli stracci che l’avevano salvato dalla caduta rovinosa dai tetti di Seungil, o alla sola presenza rassicurante di Jinki tra quei vicoli sucidi incastrati tra edifici traballanti.
Riverso a terra ed intrappolato tra le canne di bambù, Heechul si dibatté senza risparmiarsi agli altri due minacce e sguardi irati. Nessuno era mai riuscito ad umiliarlo a quel mondo, figurarsi un ragazzino insolente spuntato dal nulla!
Senza perdere tempo, Taemin strascinò Kibum tra la boscaglia mettendo più strada possibile tra loro ed Heechul che, per quanto momentaneamente stordito, si sarebbe ripreso abbastanza presto da raggiungerli. Inoltre, lo sguardo d’odio del lord era più che palese, simile a quello di una bestia rinchiusa in una gabbia e prossima a sfondarla.
Finché avevano un minimo di vantaggio era meglio filarsela.
-Grazie – fece Kibum correndo trafelato, trascinato per il polso dal più piccolo.
Correndo, Taemin gli lanciò un’occhiata da oltre la spalla.
-Stai bene, umma? –
Sebbene ancora scosso, Kibum annuì. Aveva rischiato molto, ma ora era salvo.
-Mi dispiace -, proseguì il più piccolo, - pensavo di raggiungerti prima, ma credo di essermi perso tra gli alberi. –
Kibum cercò di sorridere e scosse il capo. -Sei arrivato giusto in tempo. –
-Mettiamoci sulla strada di ritorno, sono sicuro che ritroveremo gli altri. -
 
 
***
 
Jonghyun aveva atteso con impazienza il ritorno degli altri al Rifugio. Aveva sempre provato un profondo stato d’eccitazione ogni volta che si prospettava un saccheggio come si deve, ma quel giorno, oltre ad essere frustrato per l’impossibilità di parteciparvi, era anche animato dall’ansia. Ansia per Key. Per il più piccolo quella era la prima volta, il battesimo del fuoco, e Jonghyun aveva tanto desiderato essere al suo fianco in quell’occasione. Aveva così tanti trucchetti da insegnargli. Più volte aveva corrugato la fronte passeggiando nervoso. L’ultima volta che il più piccolo aveva messo piede fuori dal Rifugio, ovvero senza di lui, Jonghyun, era stato un disastro. Il ragazzo non riusciva proprio a darsi pace. Come volevasi dimostrare anche quel giorno l’epilogo non era stato dei più idilliaci. Quanto meno per Kibum. Il bottino, infatti, era stato dei migliori, anche se giunto nelle loro casse in modo a dir poco inspiegabile.
Jonghyun scosse il capo allontanando il pensiero di tutto quell’oro e quella seta. Aveva cose ben più importanti a cui pensare.
Soppesò Key dall’alto in basso, mentre questi sedeva sprofondato in una grossa poltrona nella loro stanza. Il più piccolo teneva lo sguardo basso e sembrava perso in uno stato d’apatia, relegato in un costante mutismo che non desiderava spezzare.
Jonghyun di portò due dita in mezzo alla fronte, massaggiandosela, mentre l’altra mano risposava sul fianco. Scucire qualcosa a Key, ottenere una qualunque reazione, al momento sembrava impossibile.
S’inginocchiò davanti al più piccolo prendendogli le spalle. Quanto desiderava conoscere ogni suo pensiero più recondito…
-Key –
Lo voglio, pensò Jonghyun, voglio quel dannato e stupido legame.
Ma desiderava anche fare le cose per bene, dopotutto si trattava di lui e di Key, tutto doveva essere perfetto. Ecco perché voleva prendersi ancora del tempo per riflettere.
Kibum strinse le mani sulle cosce artigliando i pantaloni e si morse il labbro sino a farselo sanguinare. una goccia rossa e dal sapore metallico gli scivolò in gola, fastidioso come l’incessante battere ritmato e frenetico del suo cuore.
Lo odiava, odiava Heechul ed odiava sé stesso perché gli permetteva di avere tutto quel potere su di lui. Ne era sempre stato spaventato, ma in qualche modo era sempre riuscito ad armarsi di una corazza inviolabile capace di tenere a freno le sue paure rispondendo con frasi taglienti e sguardi piccati. Aveva fatto del suo sarcasmo e delle sue espressioni stizzite armi di difesa che, sino ad allora, l’avevano sempre protetto. Ora, sembrava che quella corazza speciale fosse crollata. Come era stato possibile?
Forse era l’assenza di Siwon al su fianco, una presenza silente ma che gli aveva sempre garantito una protezione costante mossa da una devozione incondizionata. Forse, perché prima aveva tutto ma nulla da perdere, ora aveva solo ciò di cui aveva bisogno e non voleva perderlo. Mai.
Alzò gli occhi su Jonghyun. Il più grande era animato da una preoccupazione crescente, Kibum la leggeva chiaramente negli occhi gradi e acquosi dell’altro, nella presa salda ma tenera e protettiva che esercitava sulle sue spalle ancora scosse da lievi tremori. Heechul era ad un passo da loro, simile ad un grosso felino acquattato nell’erba alta pronto a balzare sulla preda ignara. Per lungo tempo il lord di Busan era stato una delle sue peggiori paure ma, ora, la paura che provava non era solo per sé stesso, ma anche per Jonghyun. Strano a dirsi, stando così le cose trovava un barlume di coraggio all’idea di affrontarlo.
Per Jong farei qualunque cosa, pensò.
Il principe tirò su col naso.
-Cos’è successo? – chiese il più grande.
Kibum scosse la chioma corvina. –Nulla, mi sono solo spaventato. –
-Yah, non dire idiozie! Non staresti così se non fosse accaduto qualcosa. –
Jonghyun gli prese le mani adagiandole sui propri palmi come a valutarne il peso. A Jonghyun parvero estremamente leggere, sottili, fredde e tremanti. Le strinse avvolgendole in un bagliore dorato ridando loro calore e colore, poi le baciò piano.
-Guardati, sei pallido e tremi. Non mentirmi, Key, non dirmi che non è successo niente perché non crederò ad una tua parola. –
Calò il silenzio.
Jonghyun s’alzò di scatto passeggiando nervoso e mettendosi le mani tra i capelli. – Aish -
Infine, Kibum lasciò fuoriuscire un sospiro fioco dalle labbra a cuore.
-Ho avuto paura, pensavo di essere più coraggioso ma mi sbagliavo. Ti ho deluso. –
Non poteva dire cos’era successo realmente, ma quanto meno poteva essere sincero sul suo stato d’animo. Aveva davvero creduto di essere più forte ed aveva fatto un buco nell’acqua. Si sentiva umiliato, deluso da sé stesso e avvilito.
Lo odio, pensò di nuovo. Lo odio perché di fronte a lui divento una bambola inerme, il suo giocattolo…
-Sciocchino. –
Jonghyun emise una risata, stupendolo, e gli alzò il mento con l’indice. – L’assenza di paura non è una dimostrazione di coraggio. Tu sei coraggioso e forte, non devi dubitare di questo.  –
Key lo fissò, dubbioso. – Tu hai paura? –
-Certo che ho paura, ogni volta. -
-E cosa fai? –
Jonghyun alzò le spalle. – L’idiota – rispose semplicemente.
Kibum sgranò gli occhi, poi si portò una mano alla bocca reprimendo a stento una risata che, tuttavia, non riuscì a trattenere.
Di fronte alla risata del più piccolo, Jonghyun sorrise radioso.
-Quando ho paura, faccio l’idiota, ecco. – Disse di nuovo. –La prima volta che ho partecipato ad una missione sono stato un totale disastro. - Si schernì, poi gonfiò il petto. –Lo so che sembra impossibile a vedermi ora. –
Key gli rivolse un’occhiata di sbieco.
-Ma ho quasi mandato a monte l’intera operazione mettendo in pericolo la mia vita e quella di altri Ribelli. Credimi, se Jinki fosse tipo da usare metodi di tortura, ora non avrei questo fisico mozzafiato. Una terribile perdita per te. –
Jonghyun picchiettò il naso di Key con la punta dell’indice ed il più piccolo represse uno starnuto.
-Cos’è successo? – chiese Kibum.
Jonghyun si grattò il capo, poi sogghignò. – Bhe, ho avuto troppa paura e ho fatto troppo l’idiota. –
Kibum si ritrovò a sorridere. Era impressionante come l’altro riuscisse sempre a fargli tornare il sorriso anche nei momenti peggiori. Con Jonghyun tutto diventava più semplice, poteva essere triste, spaventato ed un secondo dopo ridere a crepapelle, era assurdo e naturale al tempo stesso. Solo lui gli donava quel dolce tepore anche quando il buio prendeva forma intorno a lui ed il gelo s’impadroniva delle sue membra. La paura era ancora palpabile, non era svanita, né tutte le implicazioni che l’apparizione di Heechul, simile ad un fantasma del passato, aveva portato con sé erano meno vivide, tuttavia i modi dell’altro riuscirono a tranquillizzarlo e a risucchiarlo, di nuovo, in quella sfera di vetro miniaturizzata. In quel piccolo mondo perfetto staccato dalla realtà. Kim Heechul non faceva parte di quel mondo e, come tale, non poteva sfiorarlo. Non ora, non lì.
Il principe sospirò. -Ora hai paura? – chiese.
Kibum ne aveva, tanta. Forse quel vetro non si era rotto, ma lui poteva udirlo distintamente incrinarsi. Un suono fastidioso simile allo stridore di zanne nella notte quando ogni luce è spenta. Piccole crepe pronte ad esplodere in un tripudio di schegge.
Jonghyun annuì. – Ho già provato sulla mia pelle cosa significa la vita senza te e non voglio che si ripeta. Senza te è follia. È la primavera senza i ciliegi in boccio ed il mare senza il suo profumo od il cullare delle onde. –
Kibum lo abbracciò. Davvero fuori da quel mondo perfetto era pura follia. O, forse, era il loro mondo una follia utopica prossima a crollare.
Nelle ultime settimane il fantasma di Heechul aveva aleggiato prepotente su di lui, sino a diventare reale. Ed ora era lì, ad un passo da lui, ad un passo da loro.
Kibum sentiva che la resa dei conti era vicina. Si stava alzando il vento, minaccioso e violento. Dovevano solo sperare di sopravvivere.
Affondò il viso nel collo di Jonghyun respirandone il profumo e crogiolandosi nel calore che gli stava donando, un calore molto diverso da quello che aveva percepito solo poche ore prima. Jonghyun era il dolce tepore dell’estate, il profumo delicato dei peschi ed il suo fuoco era oro, follia e amore.
Lo strinse a sé e si strinse a lui.
Solo i tuoi baci sono i responsabili del mio respiro e solo il tuo calore dello scorrere del sangue nelle mie vene.
 
 
***
 
-Come stai? –
-Bene. –  Rispose secco Kibum alla domanda di Jinki, facendo poi piombare il suo studio nel silenzio.
Bene, pensò Kibum, io sto benissimo!
Sei solo isterico, gli sussurrò una fastidiosa vocetta nella sua testa.
Seduto a gambe incrociate su un cuscino, Kibum arricciò il naso, stizzito, e si mordicchiò il labbro inferiore. Il frusciare delicato del pennello che scorreva sui fogli era l’unico suono a fare da sottofondo e l’aria sapeva di carta e inchiostro, appena contaminata del profumo piacevole del raffinato tè bianco che Jinki aveva posato sul tavolo.
Il principe lanciò uno sguardo fugace alla teiera fumante e alle due tazzine ancora vuote. Ripose il pennello, incrociò le braccia e sbuffò sonoramente.
Chi voleva prendere in giro? Non stava per niente bene! Era isterico, nevrotico e frustrato. Le ultime ventiquattrore poteva essere classificate come tra le peggiori della sua vita! Era come la corda tesa di un kayagun[1] pronta a spezzarsi, producendo così note irrimediabilmente stonate. Nonostante ora fosse al sicuro aveva l’impressione che la situazione potesse precipitare da un momento all’altro. Anche mentre camminava per i corridoi i suoi sensi erano all’erta, come se l’adrenalina che si era impadronita di lui nella foresta non l’avesse mai abbandonato. Si sentiva una preda braccata. A nulla erano servite le rassicurazioni di Taemin, l’apprensione di Minho o le braccia di Jonghyun.
Al pensiero del più grande, le guance di Kibum acquistarono sfumature rosate. Sopirò. La notte precedente non era nemmeno riuscito a fare l’amore con lui. Le carezza di Jonghyun, le sue effusioni dolci ed appassionate non erano valse a distendere i suoi nervi. Lasciarsi trasportare dai suoi baci e dai suoi tocchi si era rivelato impossibile.
Sei un fallimento, Kibum.
Con un gesto infastidito della mano, il principe allontanò quei pensieri sulla sua vita intima. Non era il caso di perdersi in tali riflessioni mentre il Leader l’osservava accigliato dall’altro lato del tavolo.
Innervosito, Kibum si versò una tazza di tè e subito la portò alle labbra, gustandone il contenuto. Jinki aveva un ottimo fiuto per i tè.
Ma Kibum ne aveva abbastanza.
-Mi ha trattato come merce di scambio, come se valessi un baule d’oro e sete pregiate! Ma io valgo molto di più! –
Il principe picchio la tazza sul tavolo dando sfogo a tutta la frustrante umiliazione che provava.
Jinki si massaggiò le tempie. –Kibum…-
-Yah! Maledetto schifoso! –
-Kibum, stai delirando -, disse Jinki con la sua proverbiale pacatezza.
Sto delirando? Si chiese mentalmente Kibum, probabilmente sì!
Jinki si massaggio le tempie. – So di non essere stato molto presente negli ultimi tempi, non come avrei dovuto, almeno, ma ti assicurò che terremo la situazione sotto controllo. –
Kibum non aveva dubbi in proposito. Nonostante i suoi modi calmi e misurati, Jinki era tutt’altro che tranquillo, tanto meno aveva motivi per esserlo. La sola presenza di Heechul nelle vicinanze, ad Haehwan, equivaleva ad una minaccia silente per tutti loro.
-Ha in mente qualcosa di grosso – disse Kibum.
-Mi pare evidente – fece Jinki sorseggiando il tè.
Kibum scosse il capo. – No, hyung, non si tratta solo di me. –
-Kibum comprendo il tuo stato d’agitazione, ma riprendersi un principe mi sembra già “qualcosa di grosso”. –
Kibum si stropicciò le mani. Jinki aveva ragione, eppure lui percepiva una spiacevole sensazione.
Heechul era il mago degli intrighi. Doveva avere altro in mente.
-Aveva un sorriso troppo soddisfatto per qualcuno che ha passato gli ultimi mesi ad arrancare nel fango. – Disse alla fine.
-Uhm. –
Jinki si portò una mano sotto il mento e tamburellò le dita dell’altra sul tavolo.
-Manderò degli esploratori nei dintorni di Haehwan e metterò in allerta gli informatori lungo la strada per Soul. –
Kibum annuì. Jinki era sempre stato molto geloso in merito al funzionamento della sua rete di spionaggio ed informatori, ma Kibum non dubitava che il definirla semplicemente efficiente fosse puro eufemismo. Probabilmente aveva una staffetta pronta in ogni villaggio di Chosun, o quasi, e un numero cospicuo lungo la strada per Soul, dato che le informazioni raggiungevano il Rifugio quasi in tempo reale.
Tutto ciò che potevano fare era aspettare.
Il principe si versò altro tè e soffiò.
 
 
***
 
 
Lo scivolare del vino rosseggiante nella coppa di cristallo produsse un suono piacevole e, altrettanto piacevole, si rivelò il sapore corposo della bevanda. Heechul schioccò le labbra, gettò indietro il capo ed emise un sospiro appagato, allungò le gambe accavallate sul divanetto foderato di velluto blu ed adagiò la schiena sui cuscini di seta dai riflessi perlacei.
Haehwan era davvero una residenza magnifica, comoda e lussuosa, un piccolo gioiello tra le colline tondeggianti a soli pochi chilometri dalla capitale. Il luogo ideale in cui cercare ristoro nei mesi più caldi. Non era la prima volta che il lord di Busan si recava lì, ricordava di avervi passato delle estati o parte di esse quando ancora era un ragazzino, ovviamente su invito della famiglia reale.
I colori dei Kim di Soul, blu ed argento, risplendevano ovunque insieme ai marmi dalle tonalità chiare. Ogni ambiente era arredato con gusto e raffinatezza, non vi erano nulla di troppo pesante o eccessivo, ma semplicemente perfetto nella sua eleganza sottile. Dopotutto, quella era la residenza privata dell’erede al torno e, in quei semplici dettagli, Heechul ne riconosceva la mano. Aveva passato diverse ore ad esplorare il palazzo lasciandosi condurre dai ricordi di estati lontane. Era curioso, la prima volta che aveva incontrato Kibum era stato proprio lì, tra quelle pareti. Ricordava quell’avvenimento molto bene.
Nel suo vagabondare, gli appartamenti privati del principe erano stati per lui come una calamita, ammalianti e magnetici quanto gli occhi scuri dell’assente proprietario, dove l’essenza di quella sottile eleganza era ancora più evidente e rispecchiava inequivocabilmente la mente raffinata che li aveva concepiti.
Heechul aveva sfiorato con le mani affusolate i mobili preziosi intarsiati di madreperla e rifiniti da fili d’argento, i vasi di bianca porcellana su cui erano ritratti paesaggi onirici in monocromi blu, le sete ed i velluti lisci e perfetti.
Come deve essere la sua pelle, le sue labbra…
Heechul sospirò. Per quanto piacevoli, quelle riflessioni potevano rivelarsi pericolose. Non era il momento opportuno di abbandonarsi a tali fantasie che, ultimamente, gli facevano visita sempre più spesso. Era come se, per quanto distante e sfuggevole, Kibum non potesse fare a meno di esercita un forte potere d’attrazione su di lui. Una sensazione che generava in lui un piacevole tepore che, tuttavia, non aveva modo d’appagare. E questo era frustrante, terribilmente frustrante.
Era lì da un paio di giorni e la sua situazione non era cambiata molto. Certo, l’incontro con i Ribelli era stato divertente, ma nulla di più. Scarse erano state le informazioni e altrettanto scarsi i risultati.
Per ora, s’appunto mentalmente accompagnando i suoi pensieri con un sorriso appena accennato.
S’accarezzò il mento, pensoso. Qualcosa non gli tornava.
Quel ragazzino, pensò corrugando la fronte. Anzi quei ragazzini.
Fece oscillare il calice di cristallo apprezzando i riflessi cremisi del contenuto.
Il tipo con il cappuccio aveva davvero un’aria famigliare, come non ne aveva idea dato che non l’aveva visto in volto, ma c’era qualcosa, una sorta di sensazione viscerale che aveva provato…non sapeva spiegarla e questo lo metteva a disagio. In quanto all’altro, quello che aveva l’abilità, era decisamente una scoperta curiosa.
La sua mano si strinse intorno al calice.
Era forte quel giovane, davvero molto forte giacché era riuscito a metterlo fuori gioco.
Solo perché mi ha colto alla sprovvista, rifletté, in un regolare duello sarei stato io a vincere.
Su questo, Heechul non aveva dubbi.
Si alzò muovendo passi silenziosi sui tappeti, sino a raggiungere la vetrata a tutto sesto che dava sul paesaggio sottostante. Il suo sguardo si perse tra i dolci declivi modellati dalle luci del tramonto, rosate e arancioni. Il cielo era appena venato da pennellate grigie che lasciavano presagire una fresca pioggia d’inizio primavera e, qui, le luci acquistavano sfumature violette.
Era strano, ma aveva la sensazione di potersi permettere di oziare, di attendere semplicemente in totale tranquillità che Kibum si presentasse davanti alle porte di Haehwan per gettarsi tra le sue braccia, desideroso di conforto ed attenzioni dopo mesi di prigionia.
Sorrise mordendosi l’angolo della bocca carnosa. Una visione decisamente assurda sotto molto punti di vista ma, perché no, una speranza molto vivida in lui. Forse il ricordo residuo di un sogno.
Bevve un altro sorso di vino.
-Mio signore –
Kyuhyun, pensò.
-Sì? – fece tenendo lo sguardo fisso sull’orizzonte.
Era avanti che voleva e doveva guardare, oltre quelle colline verdi e tonde e le chiome rosate dei ciliegi dove il sole rosseggiante del crepuscolo stava andando a morire.
Volse leggermente il capo, giusto per prendere la missiva che Kyuhyun gli porgeva.
-Kang – disse il cavaliere.
Heechul si umettò le labbra, aprì la lettera e lesse. Le sue mani tremarono. Poteva il successo essere così eccitante da farlo fremere? Evidentemente sì.
-Kang ha preso il palazzo. – disse.
Kyuhyun si fece attento. –Ma l’imperatore…-
Perché non avevano ancora annunciato la sua morte?
Heechul si voltò finalmente a guardarlo. – Usa la testa. Avranno mantenuto il segreto per evitare eccessivo scompiglio a Soul, mentre prendevano il controllo del palazzo reale. Kang non è uno stupido. -
Il lord stava per aggiungere altro quando sobbalzò. Delle campane risuonarono in lontananza scandendo tempi lunghi e tetri, una melodia che Chosun aveva udito un’ultima volta anni addietro quando l’imperatrice Kim Myungso era deceduta. Presto quello scampanellare avrebbe invaso ogni angolo del regno per far sapere, anche ai villaggi più remoti, che l’imperatore era spirato.
Ecco, puntuale e metodico il nostro Kang, pensò.
Heechul fu colto da un’irrefrenabile risata.
Il cielo era rosso, non come il sangue che era stato versato, giacché era stata una semplice goccia di veleno a sancire a fine dell’imperatore, ma come quello del sipario che cala sulla scena.
L’imperatore era morto, il consiglio reale ed alcuni dei nobili più influenti del regno legati a lui a doppio filo, così come la fazione vincitrice dell’esercito imperiale. Aveva il controllo del palazzo reale e di Soul, il suo stendardo e quello dell’erede al trono sventolavano sulle mura della capitale giocando nel vento gravido del profumo dei ciliegi, uniti come era giusto che fosse. Mancava solo Kibum. L’ultima chiave d’accesso al trono.
L’immagine di lui seduto sullo scranno imperiale affiancato dal principe si fece sempre più vivida.
Alzò il calice, come a brindare a quella visione maestosa, poi prese un ultimo lungo sorso.
-Lunga vita all’imperatore di Chosun. -
 


Spero che il capitolo vi sia paiciuto. Se vorrete alsciami in commenti vi ruberà solo due minuti del vostro tempo! 
Alla prossima!

 
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[1] Strumento tradizionale
   
 
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