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Autore: The Custodian ofthe Doors    20/03/2017    0 recensioni
Will amava il Texas come niente al mondo, perché significava casa, famiglia, calore, felicità. Amava ogni cosa di quello Stato, del suo Stato, ogni piccola collina e grande prateria, le mandrie e le corse dei cavalli liberi nel caldo luminoso del Sole.
Will ha sei anni, una famiglia numerosa, una madre esuberante che gli annuncia di aver trovato un ranch tutto per loro ed una nuova avventura da intraprendere, che li porterà sulla strada polverosa della Stella di Rame, in un viaggio sorprendente ed una meta inaspettata che un poco si rivelerà un luogo concreto ed un po' solo quel lungo ed infinito correre verso il futuro, tra strade di campagna che si insinuano per l'infanzia e l'adolescenza, alla perenne ricerca di maturità che spesso i bambini ricercano senza rendersi conto di quanto sia magnifica la loro età.
Ma la verità è che ogni strada che decidiamo di percorrere porta a ciò che saremo, a ciò che ha fatto di noi quello che siamo e che sia una lingua d'asfalto o una strada di campagna, per quanto potremmo allontanarci, troveremo sempre il modo per tornare a casa.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Will Solace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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C O U N T R Y R O A D


Terza Parte.

[Gennaio]




Le giornate invernali erano diventate piacevoli e improvvisamente calde. Certo, non era il caldo vero e proprio, quello cocente della Valley che Will aveva imparato a conoscere quell'estate, ma era comunque estremamente piacevole, stretto in cappottini eleganti e giubbotti imbottiti, in sciarpe colorate e paraorecchie pelosi.
Avevano comprato un quadernone gigante, rilegato con una stoffa robusta e nera, così da sembrare proprio una guida seria, come quelle vere. Un proposito andato completamente a farsi benedire quando i bambini avevano cominciato ad attaccarci su toppe: il primo era stato Ryan, che aveva mostrato a tutti, felice, lo stemma della sua prima vera squadra di basket e, chiamato Albert con un ferro da stiro in mano, aveva chiesto all'uomo di attaccare la toppa sul quaderno.
Meraviglia delle meraviglie! Era bellissimo! Ora sul retro del quaderno, dritto al centro, spiccava il pallone arancione delle Phoenix basket squad e fu subito gara a chi trovasse per primo la prossima toppa da attaccarci su.
Un giorno come un altro il simbolo di Lione, la città preferita di Turan, era apparso sull'angolo alto della copertina; il bambino aveva deciso che un giorno sarebbero andati tutti in vacanza lì, che quella sarebbe stata la loro prima meta.

Will lo raccontò a sua madre, anche se non le disse dove stava quella toppa, ma semplicemente che l'amico gliene aveva parlato e voleva che ci andassero tutti insieme, non poteva certo rivelarle l'esistenza della “Guida Nera” - Oddio! Faceva così figo!- certo che no.
Sua zia Laura c'era andata in Francia e se non si sbagliava anche la mamma, ma non avevano visto Lione, solo Parigi, uno spettacolo diceva la donna, un vero spettacolo:
<< C'andammo un estate solo io, Laura, Benny, mamma e papà! I ragazzi erano già al college e non potevano allontanarsi nel bel mezzo delle lezioni, anche se ci fermammo poco, una settimana, ma fu una cosa magica Willy.>>
Il bambino sgranò gli occhi sorpreso, << E siete riuscite a far salire nonno su una aereo? Ma lui odia volare!>>
Summer rise divertita, annuendo per dargli ragione e girandosi verso di lui, asciugandosi le mani umide.
<< Vero, ma io e Laura abbiamo sempre desiderato visitare Parigi, era il nostro sogno e papà ha- >> Si bloccò un attimo con sguardo perso, rammentando quel giorno e lo stupore che, identico a quello del figlio, si era aperto su quello suo e di sua sorella alla notizia che avrebbero preso l'aereo, tutti e cinque.
Sospirò, << Papà lo ha fatto solo per noi, ha messo da parte la sua paura e si è buttato, per farci felici. >> Lo disse con amarezza, come se capisse appieno ciò che significasse, come se si stesse domandando se suo padre non lo avesse dimenticato, il desiderio di rendere felici i suoi figli, sopra tutto e tutti, contro ogni suo timore.
<< Nonno è uno tosto, mamy, come gli zii, anche se zio Benny è un po' un fifone. Nonna dice che è così perché è l'ultimo e quindi lo avete sempre difeso un po' troppo.>>
Annuì di nuovo senza però spostare lo sguardo dal vuoto, accettò un sorriso e si voltò di nuovo, continuando a cucinare.
<< Cominceresti ad apparecchiare Will? Così finisco qui, io.>>


[Febbraio]



Una stella di bronzo luccicava ad ogni minimo movimento, catturando la luce che gli si proiettava contro e che lei spingeva sui raggi che dietro di sé facevano la ruota come un pavone, orgogliosi delle loro sfumature oro e rosse, colorando di leggeri riflessi la terra blu su cui poggiavano i piedi della stella.
Quello era il simbolo dell'Arizona, quello che Will non aveva visto quando avevano varcato il confine perché perso nel sonno dei viaggiatori. Rise gli aveva spiegato il significato di ogni elemento, di ogni colore, sorridendogli poi e facendogli notare che alla fin fine non aveva cambiato gran che, nel suo trasferimento. Il biondo l'aveva guardata interrogativo e Alexander aveva riso piano,
<< Si Will, sei solo passato da una stella all'altra!>>
E allora, solo allora, Will si ricordò che il Texas era la Stella Solitaria, che suo nonno aveva una gigantesca stella di latta in salone e che zio Jackie aveva in camera sua una bandiera americana di cui un unica stella era colorata d'oro, proprio in onore del nome della loro terra.
<< Dovresti attaccarci sopra anche quella sai?>> lo aveva informato Arabelle, lisciando con la manina il suo stemma, << Così ci saranno due stelle sulla Guida e tu potrai guardare quella Solitaria ogni volta che ti mancherà casa e così non ti mancherà più.>>
<< E poi la Stella Solitaria non sarà più sola perché ci sarà quella dell' Arizona vicino, un po' come te che non ti senti solo perché stai vicino a noi!>> Jajeck era saltato in piedi per dirglielo, che non era più solo, e Will non poté far a meno di arrossire, abbassando lo sguardo imbarazzato ma certo anche estremamente felice.
Avrebbe telefonato al nonno e gli avrebbe chiesto di spedirgli una bella toppa adesiva con lo stemma del Texas, così anche lui avrebbe avuto il suo marchio lì sopra, la sua stella.

La toppa arrivò precisa precisa il tredici di Febbraio, la nonna aveva girato tantissimi negozi per trovarla e alla fine era riuscita ad inviargliela per il giorno prima di San Valentino, gli aveva anche scritto una lettera, come faceva da piccola per mandare i messaggi al fratello in guerra, e gli aveva detto che era il suo regalo per la festa, assieme ad un enorme sciarpa rossa con una stella gialla sull'estremità.
Will l'aveva sfoggiata a scuola il giorno dopo, proprio San Valentino, e con sua enorme sorpresa tutti e sette i suoi amichetti gli avevano regalato delle spillette color bronzo a forma di stella.
<< Normalmente i maschi non si fanno regali per San Valentino, a parte il papà di Andy che gli regala sempre una scatola bella di cioccolatini che ordina da tutte città diverse.>>
<< Ehi!>> protestò il castano imbarazzato ad imbronciato, suo cugino non si faceva mai gli affari suoi, doveva smetterla di prenderlo in giro.
<< Però Rise e Arabelle hanno tanto rotto le scatole che te la regalassimo tutti la spilla, così sarebbero state sette. Certo che ne sapevamo che tua nonna leggesse nel pensiero e ti facesse una sciarpa con un'altra stella, che poi è la tua?>>
<< Già! Sembra fatto a posta!>> trillò Jajeck stringendogli un braccio sulle spalle e sbatacchiandolo un po' a destra e sinistra, facendolo arrossire come sempre.
<< Guarda! Con la faccia rossa sembri davvero la stella di rame!>>


[Marzo]



Nella sala da ballo, sulle pareti su cui non erano attaccati gli specchi, c'erano dei quadri con delle locandine di eventi e spettacoli, solo che Will doveva ancora farci l'occhio: non c'erano delicate bamboline di cristallo in bilico su punte bianche, ma sfondi scuri e luci a cono che illuminavano ballerini di danza moderna, con i loro vestiti scuri bloccati nelle posizioni più affascinanti delle coreografie più sorprendenti. Certo, di sicuro non erano come quelli nella sala da Brack Dance, con ragazzi che volavano in aria con capriole da capogiro o dritti in piedi un una mano.

“Che poi si dice dritti in piedi su una mano?”
“ E che ne so, Will? Di certo non puoi dire -dritti in
mano su una mano-”

Una giustissima osservazione che Jajeck gli aveva fatto quando erano andati a vedere i suoi allenamenti. C'era andata anche Rise, che aveva chiesto all'istruttore di insegnarle a fare la verticale, e anche Will voleva provarci, ma come ad Arabelle e Andrew, gli era stato suggerito di metter su un po' di muscoli prima di provare.
Decisamente ingiusto.
Sbuffò imbronciato a quel ricordo, sistemandosi i pantaloni della tuta che indossava durante le lezioni; che cosa magnifica gli era sembrata all'inizio, dopo mesi di calzamaglia nera si era potuto mettere una tuta normale come tutti i bambini di questo mondo, senza sembrare Peter Pan o Robin Hood, ma adesso c'aveva fatto l'abitudine.
Stava per raccogliere la sua bottiglietta d'acqua, quella su cui Ryan aveva attaccato un etichetta su cui aveva scritto in giallo evidenziatore “DI RICCIOLI D'ORO”, - moooooolto imbarazzante- e che aveva avuto ordine di non togliere pena morte da solletico, che dei passi affrettati ma leggeri attirarono la sua attenzione e anche quella degli altri studenti, compreso il maestro.
Turan era all'incirca l'unico bambino al mondo, alto un metro e quaranta, un botto come suggeriva Jajeck, che riusciva a correre velocissimo e leggerissimo, anche se la leggerezza era d'obbligo a tutti i ballerini di danza classica.
Si fermò sull'uscio guardando in giro fino a trovare i suoi occhi, il celeste accecante del cielo primaverile dritto nel verde rigoglioso della foresta vergine.

<< Madame e Rise hanno litigato di nuovo.>> ansimò lasciando tutti con fiato sospeso.
<< Ma questa volta c'era anche il Colonnello ed è successo il finimondo.>> altra pausa, facce scioccate e curiose, quella di Will incredula ed apprensiva.
<< Ha chiuso la bocca a Madame e le ha detto che “deve smetterla di rompere l'anima a tutti”. La faccia di Madame… Madmoiselle ha temuto di dover chiamare un medico… Rise era a bocca aperta e fissava il nonno… e poi….>> si piegò in avanti, poggiando le manine sulle ginocchia.
<< E poi?>> lo incalzò qualcuno.
<< e poi un attimo che mi son fatto tutta la scuola di corsa e mo' svengo.>> rantolò piano mentre altri passi, questa volta decisamente rumorosi, risuonarono per il corridoio e annunciarono l'arrivo di Arabelle, Ryan e Jajeck.
Il rosso si fermò sulla porta con le braccia e le gambe divaricate, a bloccare i compagni che quasi gli si schiantarono contro.

<< Il Colonnello ha tappato la bocca a Madame! Gli ha detto di farsi gli affaracci suoi e di non rompere l'anima! Ha detto che Rise può fare quello che cavolo vuole! Proprio così ha detto! QUEL CHE CAVOLO VUOLE! E Madame era rossa in faccia e se ne è andata sbattendo la porta! Dovevate vederla! Dovevate vedere tutto!>> urlava felice tra le risate.
Will non poteva crederci, no, non davvero. Quindi finalmente il nonno si era svegliato e aveva difeso la nipote, davvero davvero?
<< Andy e Alex?>> si sentì chiedere senza neanche rendersene conto. Oh, doveva assolutamente vedere anche le loro di facce, già quelle dei ragazzi erano impagabili, ma il faccino sconvolto di Andrew non poteva perderselo!
<< Con Rise, credo che le sia quasi venuto un infarto.>>
<< Deve smetterla di “rompere l'anima”, di rompere l'anima! Quell'uomo è proprio un genio!>> continuava a ripetere Jajeck in preda all'euforia.

Le parole erano state proprio quelle:
<< Devi smetterla di rompere l'anima a tutti, Irina, fatti gli affaracci tuoi e lascia in pace quella ragazzina, hai rotto le palle, ficcatelo in testa una buona volta, donna. Stai dando di matto per un niente e se continui di questo passo avremmo una Tory due la vendetta, Rise può fare quel che cavolo vuole, chiaro?>>
Le aveva ripetute alla perfezione Alexander, senza fare una piega su quella brutta parola, malgrado Jajeck e Ryan ridessero come matti, e continuando a disegnare ampi cerchi sulla schiena della sorella, ancora sotto shock.
Rise non faceva altro che aprire bocca per dire qualcosa e poi richiuderla, socchiudendo le labbra e facendo fischiare l'aria tra i dentini da latte.
Cacchio. La sua faccia diceva proprio questo.
<< Vuol dire che adesso puoi fare quello che ti pare, non sei felice? >> Chiese raggiante Turan, spalleggiato da tutti gli altri che annuivano con vigore.
Ma la bambina rimaneva con lo sguardo perso nei suoi ragionamenti, la testolina che lavorava a velocità sorprendente per capire cosa mancava. La verità era che non mancava un bel niente, anzi, c'era proprio tutto, anche…
<< Una fregatura.>> fu la prima parola che disse da quando Albert aveva ripreso tutti all'accademia e li aveva portati alla Villa. Rise era seduta sul divano che quel Natale aveva accolto tutti gli adulti e finalmente aveva alzato la testa per lanciare uno sguardo d'intesa a quel fratello mancato che le stava vicino.
Alexander fece un unico cenno d'assenso con la testa e la bambina si rilassò, come felice che finalmente qualcuno avesse confermato i suoi dubbi.

<< E dove sarebbe la fregatura? A me non sembra proprio che “fare tutto quello che vuole” sia una fregatura.>>
<< Ma nonna non glielo lascerà fare, questo è il problema.>> il moro si voltò verso gli altri a fargli cenno di non esplodere in strane esclamazioni.
Cosa inutile, ovviamente.
<< Ma il Colonnello ha detto che puoi! >> Scatto subito Ryan.
<< Si, lo ha detto lui che deve smetterla!>> gridò Will indignato.
<< Basta un po'.>> Arabelle stroncò tutti gli altri commenti che stavano per nascere, spostandosi più in pizzo sul divano per parlare meglio con l'amichetta.
<< Dici che ti lascerà in pace per un paio di giorni e poi ricomincerà tutto da capo?>>
Rise scosse la testa, << Peggio, quell'arpia è capace di presentarmi un avvocato che mi faccia firmare un contratto, che rottura.>> incrociò le gambe sulla seduta di pelle e vi poggiò sopra i gomiti, schiacciando il viso rotondo tra le mani. << Quanto la odio quando fa così. Mi dirà di certo che posso ma solo a qualche strana condizione, ve lo dico io, quella non è una donna, è proprio un'arpia, c'ha ragione nonno.>>

E quando mai Rise aveva sbagliato un pronostico?

[ Aprile]



Inscritto in un cerchio blu come il cielo notturno stava la figura stilizzata di un uccello, la testa ed il becco fini, le ali spiegate merlettate di ghirigori, rossi, gialli e arancioni come le fiamme. La Fenice di Phoenix spiccava il volo vicino al gatto rosa e bianco che scompare, il sorriso largo ed inquietante che però solo i grandi classificavano come tale; gli occhi, nient'altro che due puntini neri in grandi ovali bianchi, sembravano fissarti da ogni angolazione, sempre puntati su di te, pronti a seguirti in ogni movimento.
La botta quel mese era arrivata con la Primavera, quando la Rise più arrabbiata che avesse mai visto entrò in classe a passo di marcia e non salutò nessuno, spostando la sedia con violenza, facendola stridere sul pavimento, e buttandovici di peso sopra. Nessuno aveva fiatato da quando era entrata e persino le maestre le avevano chiesto se stesse bene.

Oh, fisicamente Rise stava benissimo, i problemi erano ben altri:
Will teneva le mani pigiate sulle orecchie, così come Andrew e Arabelle, mentre Turan, più dignitosamente volgeva la testolina di lato per cercare di concentrarsi su qualcos'altro, Ryan e Jajeck a morir dalle risate, Alexander di nuovo a disegnar cerchi sulla schiena della gemella.

<< La odio! ODIO!>> Finì i suoi improperi con quell'affermazione urlata per il parco e mitigata solo dagli schiamazzi degli altri bambini, dal rumore delle fontane e da quello delle fronde degli alberi.
<< Potevi anche dirlo meglio.>> sbuffò Arabelle, togliendo finalmente le mani e dando di gomito ad Andrew perché facesse lo stesso.
Will annuì, pensando che Rise da arrabbiata era educata come zio Eric quando guardava le partite, e non aveva la più pallida idea di quanta ragione avesse, o, per meglio dire, se ne sarebbe reso conto tra qualche anno, quando avrebbe imparato che fintanto Rise fosse stata solo volgare le cose potevano sistemarsi, quando cominciava a riusare i termini da adulta la cosa era catastrofica.

<< Quindi cosa spera tu faccia? Hanno mica inventato la macchina che fa i coloni, no perché se è la voglio anche io. >>
<< Non fare lo scemo Jajek!>> Lo riprese Arabelle << E' una cosa seria.>>
<< Sono serio! Secondo te come farà a fare uno sport che vuole lei se dovrà continuare a far danza classica e pure diventare la più brava della classe?>>
<< Che poi a meno che non ammazzi Andrew e Alexander col cavolo che ci riesci.>> trovò opportuno specificare il biondo.
<< Però è l'unica condizione.>>
Rimasero tutti pensierosi per un po', come potevano riuscire a risolvere un problema così grande?

La soluzione la trovò Andrew, riferendola con fare cospiratorio a Will che si trovò subito “d'accordissimissimissimo” con lui.
Quella fu la prima volta che uno dei suoi amici andò a casa sua e Will, per un attimo, temette che non gli piacesse, che la reputasse troppo brutta, piccola o povera in confronto con quelle ddgli altri.
Ma il bambino rimase a bocca aperta, dicendogli che era proprio come i Ranch che aveva visto in Texas e da lì giù a raccontar tutte le cose che aveva visto, che aveva provato, insomma, chi se lo immaginava che Andy fosse stato in tutti gli Stati americani? Persino nel suo Texas! E non gli aveva detto niente per tutto questo tempo!
La cosa era oltraggiosa, ma Will se ne dimenticò presto, e si ritrovò a tavolino con il castano a stilare una bella lista sulla Guida, tutta incentrata sulle cose che Rise avrebbe dovuto provare. Sembrava non finire mai, erano tantissimi nomi e tutti scritti nella grafia ordinata e piccola di Andrew. Will si era proposto di scrivere lui, era una cosa importante, voleva poterla rileggere da grande e pensare “l'ho scritta tutta io” ma l'altro non era d'accordo, anzi, era stato irremovibile per la prima volta da che lo conosceva.
<< Scusa Willy, non ti offendere, ma hai una grafia orribile, come quella dei dottori. Non si capisce mai niente quando scrivi, i tuoi quaderni sembrano le ricette che scrivono i colleghi di mia madre, e non è una bella cosa.>>
Will non aveva la più pallida idea di come fosse la grafia di un dottore, ne tanto meno da quando i medici si mettessero a scrivere ricette, credeva lo facessero i cuochi, ma se quello che diceva Andrew era vero, e lui non diceva mai bugie, allora il biondino si disse che, se non fosse riuscito a diventare un Cowboy come desiderava da quando era piccolo, poteva sempre fare il medico, tanto la grafia orribile e incomprensibile già l'aveva.

Il giorno dopo arrivarono in classe con un sorriso gigantesco ad illuminargli il volto, la Guida stretta la petto e la soluzione ad ogni problema.
Fu di nuovo il parco ad ospitare le loro macchinazione, ma Will questa volta non volle sentir ragione: << Tu hai scritto, io spiego!>>
E la spiegazione, c'è da dargliene merito, fu precisa e chiara.
<< Questa è una lista di tutti gli sport che facciamo o che ci piacciono, in cima ci sono i nostri, vedi? Sono i primi che proverai, così ci sarà qualcuno che ti darà qualche dritta e ti spiegherà tutto, poi ci sono tutti quelli che ci sono venuti in mente, e non ci sono mica solo sport! Chi l'ha detto che non puoi fare giardinaggio? A mia mamma piace tanto e anche a me!>> aveva detto felice. Era semplice così!
Rise era rimasta per un attimo in silenzio a pensare, poi aveva puntato lo sguardo nel suo e semplicemente aveva detto,
<< Qual'è il primo?>>

Il primo, con grande felicità di Jajeck, fu il calcio. Non ci volle, a dir il vero, poi tutto questo lavoro di persuasione per convincere Will a cedere al rosso il primo posto della sua danza moderna, il ragazzino gli aveva solo detto che avrebbe voluto tanto che arrivasse subito il turno del pallone e l'altro aveva guardato la lista, depennato il calcio e sorriso.
Ryan l'aveva guardato indignato, Turan aveva scosso la testa e Alexander, magnanimo come sempre, gli aveva battuto una pacca sulla spalla e poi gli aveva sussurrato un “sei proprio andato” che Will non aveva capito prima e non riusciva ancora a capire.
I suoi amici correvano da una parte all'altra del parco della Baskerville, Jajeck riusciva a tenere il pallone davanti ai piedi anche correndo e non lo perdeva mai, faceva lo slalom tra i loro cestini della merenda e poi frenava di botto, cambiando direzione e tornando indietro.
Era davvero bravo, scattava come un cavallo al galoppo, solo che i suoi movimenti erano più fluidi, naturali. Faceva saltare la palla da terra con un colpo di punta, lanciandola in aria e colpendola con il ginocchio, facendola rimbalzare a ritmo. Era così bravo, l'aveva già detto?
Gli altri lo guardavano con attenzione, annuendo quando il bambino spiegava qualcosa o dava consigli, provando ad imitarlo e sbuffando imbronciati quando non riuscivano a fare subito la stessa cosa, malgrado Turan fosse abbastanza bravo e superasse gli altri, ricevendo altri sbuffi imbronciati dagli amici..
<< Se potessi prenderlo a pugni, questo brutto pallone, sarei più bravo di te!>> Protestò Ryan guardando male l'amichetto.
Jajeck in tutta risposta si strinse nelle spalle, << Mamma dice sempre che con le mani è più facile, perché siamo gli unici animali che le usano bene, ma giocare con i piedi è tutta un'altra cosa.>> era fiero e anche divertito, gongolava nel vedere il biondino gonfiare le guance diventare rosso per la rabbia.
<< Non è vero!>>
<< Si che lo è!>>
Arabelle alzò gli occhi al cielo e sospirò pesantemente, lasciando il suo posto tra Will e Andrew e puntando dritta verso la sua borsetta. Afferrò quella e l'altra più vicina, lo zainetto blu con il simbolo dei Phoenix di Jajeck, trascinandoli davanti ai due litiganti e piazzandoli ad una certa distanza l'uno dall'altro.
<< Smettetela di litigare e decidete chi deve fare il portiere.>> ordinò con l'autorità che solo una bambina di sette anni poteva avere.
Da quando aveva compiuto gli anni, in effetti, Arabelle amava ricordare a tutti che era la più grande e che aveva il diritto di metter freno ai battibecchi e di dare ordini a destra e manca.
Inutile farle notare che Turan era più grande di lei di ben un mese e che Rise e Alexander erano vicini a compiere gli anni, la bambina era irremovibile, come lo era in quel momento.

<< Bhé, visto che è tanto bravo a prendere a pugni la palla può farlo Ryan, il portiere.>> Jajeck lanciò uno sguardo di sfida all'amico, incrociando le braccia al petto e alzando il mento come il piccolo Lord spocchioso che non era. E ovviamente il biondino non se lo fece ripetere due volte.
<< Certo che ci vado io! Tu fai schifo in porta, chiunque farebbe meglio di te, anche Will.>>
<< Ehi!>>
<< Sta zitto Willy, fai schifo per davvero.>>
<< Arabelle!>>
Turan gli assestò una pacca sulla schiena, mandando quasi il bambino lungo a terra e rivolgendogli subito dopo un'occhiata di scuse, con quel bel sorriso bianco accecante che gli brillava in faccia quando tirava le labbra carnose.
<< Non prendertela Will, anzi, fagli vedere che si sbagliano, perché non provi tu per primo a tirare?>>
Di sicuro le intenzioni dell'altro erano più che buone e Will lo sapeva, ma non riuscì ad impedirsi di storcere la bocca in una smorfia contrariata, prima che un gridolino felice attirasse la sua attenzione. Jajeck era saltato sul posto, voltandosi raggiante verso di lui e correndogli incontro. Non gli chiese niente, lo afferrò per la mano e se lo trascinò dietro, posizionandolo davanti alla porta improvvisata e spiegandogli tutto ciò che doveva fare.
<< Tu non pensarci troppo, la mira è una cosa che viene dopo, ti devi allenare, ma se il portiere è bravo – e qui alzò la voce per farsi sentire bene da Ryan- prenderà la palla anche se va fuori dalla porta. Tu non ti spostare troppo, eh, rimani dritto per dritto e se lisci la palla ci riprovi. Ora ti faccio vedere come ti devi mettere, okay? Dritto per dritto Willy, metti il piede così, cerca di non colpire di punta che ti fai male se no, l'ideale è con il collo del piede, questa parte qui vedi? Da qui carichi e tiri una cannonata come un vero calciatore! Non ti risparmiare solo perché hai paura di far male a qualcuno, vai vai!>>
Si allontanò dandogli qualche pacca e sorridendogli felice come una pasqua.
Will guardò preoccupato il pallone: non che non avesse mai giocato a calcio, ci mancherebbe, ma lui era più un tipo da baseball, si, più la baskett addirittura, ma calcio proprio no. Però Jajeck continuava a sorridergli e a mostrargli i pollici alzati, aspettando solo che lui tirasse, esattamente come stava aspettando Ryan, in porta ed in posizione perso in mille borbottii.
Prese un respiro profondo e si concentrò, dopotutto doveva solo dare un calcio ad una palla, gli avevano anche detto che era normale non essere precisi….si, ora avrebbe tirato una vera cannonata, aveva deciso.
Fece qualche passo indietro e poi ripartì a molla in avanti, colpendo la palla con tutta la forza che aveva.
Vide la sfera di cuoio alzarsi in aria e… curvare verso l'alto, neanche avesse cercato di mandarla più su possibile. Il pallone disegnò un arco sopra le testoline dei bambini per finire dritta dritta su quella di Andrew e mandarlo a terra.

<< Andy!>> Ryan scattò via dalla porta e si precipitò verso il cugino, seduto a terra con la faccia di chi non ha capito cosa sia successo ma che, a conti fatti, ha capito che gli ha fatto male.
<< Scusa! Scusa, scusa, non volevo!>> Will guardò allarmato l'amico, ora ritrascinato in piedi da Turan e Rise, che scuoteva piano la testa, come ad assicurarsi che fosse ancora al suo posto. Poi si passò una mano sulla parte colpita e mugugnò qualcosa d'incomprensibile a tutti ma che Ryan tradusse in un chiaro “ Ahio, fa male”.

<< Basta, non lo faccio più.>>
<< Will, ha solo preso una pallonata in testa, non l'hai mica ammazzato.>>
<< Non toccherò mai più un pallone in vita mia.>>
<< Eddai! Non fare così, però!>>
<< Maaaaai più, parola d'onore.>>
<< Tu non ce l'hai l'onore.>>
<< Ehi!>>
<< Sei troppo piccolo per averne uno.>>
<< Ma mica si compra.>>
<< Infatti, ti viene quando cresci, come la barba.>>
<< Perché, tu ce l'hai?>>
<< Certo che si, sono grande io.>>
<< Hai la barba?>>
<< Ma no, cretino!>>
<< Arabelle, hai solo cinque mesi più di lui...>>
<< Sta zitto, Ryan! E pensa a tuo cugino. Magari ha una commozione celebrale.>>
<< Oh mamma, lo sapevo che gli avevo fatto male!>>
<< Smettila Will, hai rotto le scatole.>>
<< Cos'è una commozione celelare? Chi è che si è commosso?>>
<< Celebrale, Ryan, sei proprio senza onore.>>
<< Certo che è senza, è troppo piccolo.>>
<< Ma che centra l'onore ora!>>

<< Ma che diamine stanno dicendo?>> Rise si sedette vicino al fratello tenendo gli occhi fissi sugli altri. Alexander si strinse nelle spalle e le sorrise.
<< Parlano di onore che arriva solo crescendo.>>
<< Phff, che cavolata.>>
<< Di commozioni celebrali.>>
<< Che secondo me ce l'ha Will, non Andrew, deve essere caduto da cavallo da piccolo, se no non si spiega perché è così tonto.>>
<< E che il fatto che Ryan non sa pronunciare la parola “celebrale” sia per colpa della sua mancanza d'onore.>>
<< Beata ignoranza.>>
I due fratelli si lanciarono uno sguardo d'intesa, ridacchiando sotto i baffi e continuando a seguire il botta e risposta dei loro amici che pareva non voler finire più.

<< E dopo tutto sto' discorso, Rise che doveva provare a giocare non lo ha più fatto!>>
Turan se ne era uscito fuori così, più per disperazione, nel tentativo di bloccare quella strana discussione che lo stava confondendo che per reale interesse verso la ricerca dello sport per Rise. Ma sembrò aver l'effetto desiderato poiché improvvisamente tutti si ricordarono che quelle ore pomeridiane erano state deputate per aiutare la loro amica.
Jajeck saltò sull'attenti come faceva ogni volta che si presentava l'occasione di giocare o insegnare ad altri e porse il pallone a Rise.
<< Portiere mettiti in posizione e vedi di pararlo tu il tiro questa volta, non deve mica farlo il medico di campo!>>
I due ricominciarono a litigare su quando fosse possibile prendere il tiro di Will ma il biondo era stato attratto da tutt'altra cosa.
<< Che vuol dire che sei il medico di campo?>> Chiese rivolto all'infortunato, ora con un fazzoletto bagnato poggiato in testa.
<< Dicono così perché quando qualcuno si fa male sono io che gli disinfetto il graffio e gli metto i cerotti, o che so qual'è la pomata per i lividi.>> Andrew si tolse il panno dalla testa, strofinando i capelli ora umidi ed appiccicati, indicò con un cenno lo zainetto beige ancora nel mezzo del parco, << Mamma sa che mi faccio sempre male, e che Ryan se ne fa più di me, così mi ha insegnato a mettere i cerotti e la crema per le cot- con- contusioni, che vuol dire i lividi e le storte, quando inciampi e ti fai male, capito? Ho sempre un kit di primo soccorso, tutto mio, così posso aiutare gli altri. Mamma dice che quando cresco mi insegna più cose e potrò aiutare anche per i problemi più seri, come un medico vero.>>
Will osservò lo zainetto come incantato.
Il dottore aveva detto? Ma si, qualche giorno prima Andrew non lo aveva fatto scrivere sulla Guida perché diceva avesse una grafia da medico, che non si capisce niente.
A ben pensarci Will non aveva mai detto di voler fare il dottore, non c'era mai stato un momento in cui, tra i mille lavori che un bambino vorrebbe fare da grande, se ne fosse uscito con una delle più importanti carriere che conoscesse. No, era anche troppo facilmente impressionabile dal sangue lui, se vedeva una persona soffrire empatizzava, qualunque cosa volesse dire, e si sentiva male assieme al povero malcapitato di turno. No, no, no. Will non era decisamente portato per fare il medico, però…

<< Ma non ti fa impressione? La ferita, dico.>>
Andrew annuì, continuando a tenere lo sguardo fisso su Rise che aspettava sempre più innervosita che Jajeck e Ryan smettessero di litigare.
<< Si, un po', però non è che vedo fiumi di sangue, tranne quando mi esce dal naso, ma a quel punto c'è Rise che a lei il sangue non da' fastidio e si trascina dietro tutti gli altri.>>
<< Che vuol dire?>>
Il bambino distolse l'attenzione dagli amichetti per dedicarla tutta al biondo, inclinò la testa, come se fosse indeciso tra lo spiegargli la situazione o chiedergli se stesse scherzando.
Poi optò per la prima.
<< Quando qualcuno si fa male è brutto, vero? Lo vedi che piange o che fa le smorfie e ti viene da star male anche a te. Se sta male un tuo amichetto poi ci rimani anche peggio. >>
<< Si, però che vuol dire che Rise si tira tutti dietro?>>
<< Che se io mi faccio male Ryan corre subito da me e anche se gli fa impressione il sangue come a te, lui mi sta vicino e mi aiuta. E Arabelle odia sporcarsi ma una volta si è tolta il suo fiocco e me lo ha dato per fermare tutto quello che usciva dal naso. E Jajeck sembra uno stupido però si preoccupa da morire per tutti e corre come il vento per chiamare aiuto anche se non gli piace parlare con gli adulti perché dice che lo trattano da piccolo. Turan se ti fai male al piede o cose così ti prende in braccio e ti porta dove vuoi, anche se lo sa che non si fa, che poi c'è rischio che se cade ti fa fare ancora più male a te. E poi c'è Alexander che sembra che debba svenire da un momento all'altro e invece prende in mano la situazione e calma tutti.>>
Il bambino gli vomitò addosso quel fiume di parole senza fermarsi un attimo, senza balbettare o incespicare sulle frasi, mai un tentennamento o una correzione; credeva fermamente in quello che aveva detto, lo aveva sperimentato sulla sua pelle, in prima persona.
Quelli, in parole povere, erano i suoi amici e anche se qualcosa gli faceva paura, gli faceva schifo, li faceva arrabbiare o rischiare una punizione l'avrebbero fatto per uno di loro, per uno qualunque di loro, anche per Will, ed il piccolo Riccioli d'Oro si sentì il cuore scoppiare di gioia quando se ne rese conto: ora anche lui faceva parte di quel gruppo e Ryan avrebbe sopportato la vista del sangue per lui, Arabelle si sarebbe sporcata, Jajeck si sarebbe fatto trattare da bambino, Turan avrebbe rischiato una punizione, Rise lo avrebbe aiutato come meglio poteva, Alexander avrebbe calmato tutti anche se avrebbe solo voluto svenire e Andrew sarebbe rimasto al suo fianco a spiegargli le cose e mettergli i cerotti. Avrebbero fatto tutto questo per lui. E forse era melodrammatico e da commedia sentimentale, di quelle che guardavano le donne della sua famiglia ( più zio Eric, ma era un segreto questo) eppure Will ebbe la certezza che quei sette bambini non lo avrebbero mai abbandonato, che sarebbero stati amici per sempre.

<< WOOOO!>>
Ryan era accasciato a terra, le mani a coprire la testa, ed affianco a lui Jajeck stava in equilibrio su un piede solo, con le braccia alzate a difesa della faccia e l'altra gamba piegata a schermare la pancia, entrambi in una posa a dir poco divertente.
Rise da parte sue se ne stava ancora con la gamba alzata a mezz'aria, il pallone bianco sporco che ancora volava lontano, cadendo a terra e rotolando via da quella bambina che lo aveva colpito con più forza di quanta non ce ne sarebbe voluta.

<< Però, dar calci ad una palla è parecchio divertente.>> gridò indietro la ragazzina, spostando il treccione ramato al suo posto sulla spalla destra.
I due litiganti si scambiarono uno sguardo terrorizzato: Rise aveva tirato, letteralmente, una cannonata dritta tra loro due, che ancora discutevano, mandandone uno a gambe all'aria e l'altro in quella strana posa da cartone animato. Se solo avesse avuto una mira peggiore uno dei due starebbe con un bel livido da qualche parte, se non con in naso rotto e sanguinante.
<< Quindi ti piace, Rise?>> chiese esitante il rosso.
Lei si strinse nelle spalle e gli sorrise, << Certo che mi piace, ma mi piace di più quando voi due state zitti e non mi date fastidio. Come dice sempre mamma?>> domandò poi rivolta al fratello.
<< Che fare sport è più bello quando ti devi sfogare per qualcosa.>> rispose pronto, mentre puliva con cura gli occhiali con il bordo della camicia.
<< Esatto!>>
<< Ma dice anche che se pensi che la palla sia qualcuno che vuoi prendere a pugni è ancora più efficace.>>
Ryan e Jajeck sgranarono gli occhi e corsero lontano da Rise, a nascondersi dietro a Will e Andrew.
<< Sei stata bravissima.>>
<< Si, si, proprio brava.>>
<< Volete che provi di nuovo?>>
<< NO!>>

Con tutta probabilità quello fu il giorno in cui i bambini capirono che giocare a qualunque cosa contro Rise quando era arrabbiata era un suicidio, ma fu anche il giorno in cui Will decise una cosa molto importante: non sapeva di preciso cosa avrebbe fatto da grande, aveva ancora sei anni, forse quando sarebbe arrivato a sette come Arabelle e Turan avrebbe avuto le idee più chiare, ma era certo che qualunque cosa fosse avrebbe aiutato gli altri. Magari sarebbe diventato un maestro, per aiutare i bambini come lui, o un poliziotto, un pompiere anche! O avrebbe potuto fare il cowboy come desiderava fin da piccolissimo e insegnare alle gente ad amare i cavalli e gli animali, gli avrebbe insegnato a cavalcare e mungere le mucche!
Si, qualcosa avrebbe trovato di certo, ma questo fatto di aiutare la gente era basilare, lui voleva essere d'aiuto, voleva essere fondamentale per qualcuno, affrontare le proprie paure e fare la differenza come i suoi amici facevano l'un per l'altro. Aveva deciso.


Una mazza da baseball rotta in testa ad uno più che stordito Will che aveva chiamato un out che per Rise non c'era. Un cerotto attaccato a mo' di adesivo sul nome dello sport.
<< Però quello era un fuori campo con i fiocchi Rise!>>Aveva detto allegro Andrew, tenendo la borsa del ghiaccio in testa al biondo che, nonostante il caschetto protettivo si sentiva più rintronato di una campana.
<< Solo perché il lanciatore mi ha servito una palla perfetta.>> gli diede una pacca sulla spalla Rise, felice di essere riuscita a giocare finalmente a Baseball e anche grata all'esperto di turno per averle spiegato le regole che ben o male già sapeva a forza di vedere le sue partite e gli allenamenti.
<< Si, però la prossima volta il ricevitore lo fa Turan, che è pure più grande di me...>>
<< Si Willy, come ti pare, però adesso hai imparato una lezione importante.>>
<< Ovvero?>>
<< Se ti dico che quello non è out, non è out, punto e basta.>>


Una nuova toppa, una libellula dorata dalle ali azzurrine e verdi, quasi iridescenti.
Arabelle era in piedi davanti al bersaglio e lo fissava pensierosa, Will si domandò perché dovessero capitare sempre tutte a lui, sperando che la mora si decidesse al più presto e che gli desse indicazioni, a lui e Alexander arrampicati su quell'albero, a Turan e Rise che reggevano per le caviglie Jajeck e a Rayan che continuava a lamentarsi appeso a testa in giù.

<< E' solo una cavolo di freccia Arabelle! La maestra non ti caccerà dal corso solo perché Will fa schifo anche con l'arco!>>
<< Ehi! Quella non è la mia di freccia! La mia è qui sull'albero con me!>> protestò con veemenza, cercando per l'ennesima volta di togliere l'oggetto dalla corteccia.
<< Se Andrew si decidesse a passarci le forbici potremmo incidere il legno e tirare fuori la punta.>> valutava intanto il piccolo occhialuto, avvicinandosi di più alla freccia per cercare qualunque cosa potesse aiutarli a tirarla fuori di li.
<< Non ci riesco, lo sai che soffro di vertigini...>> il lamento lagnoso dell'altro giunse un po' spento là su.
<< Ma non la posso lasciare qui?>>
<< Assolutamente no! La maestra ha detto che devo raccogliere tutte le frecce e noi le raccoglieremo prima che torni a controllarci. Già è tanto che vi ho permesso di lanciarne una vera e non quelle di prova, ah! E Will? Non toccherai mai più un arco con me, non con una freccia con la punta, solo tu l'hai lanciata e hai fatto pure danni!>>
<< Ma la mia freccia non è finita oltre il muro!>>
<< Certo che no!>> una vocina strozzata li richiamò all'ordine, << perché se no ci sarebbe lui al posto mio qui, a testa in giù. Mi sta andando il sangue al cervello.>> con il volto rosso ed i capelli all'insù Ryan cercò di piegare la testa verso il torace per alleviare un po' la pressione che sentiva, invano.
<< Sarebbe una novità.>> il commento di Rise si perse nel suo sussulto quando Alexander le lanciò in testa un pezzo di corteccia.
<< Che c'è?>>
<< Sarcasmo infantile Risie, infantile. Sembri la nonna.>> era un insulto bello e buono e la ragazzina lo guardò scioccata, allentando la presa alla caviglia di Jajeck e facendo scivolare Ryan un po' più giù.
<< Ehi!>>
<< Non è colpa mia! E' lui che mi distrae!>>
<< Io?>>
<< Si, tu!>>
<< La volete piantare e dirmi dov'è sta' benedetta freccia che mi sto sentendo male?>>
L'urlo di Ryan fu sicuramente sentito anche da chi era fuori dal poligono, ma almeno servì a far muovere Arabelle da davanti a quel bersaglio e muovere qualche passo verso di loro. Distese il braccio e chiuse la mano a pugno, lasciando solo il pollice dritto, strizzò un occhio e cercò probabilmente di prendere le misure come le aveva insegnato la sua maestra.
Borbottò qualcosa sul vento e su quanto era tirata la corda dell'arco, calcoli che non avrebbero avuto senso neanche se avesse saputo di cosa stava parlando.
Will guardò verso il basso, distinguendo alla perfezione la faccia ed il collo paonazzi di Ryan che non sentendo nessun indicazioni lanciò un altro grido di frustrazione.
<< Adesso basta! Mollatemi! Lasciatemi cadere, fate come vi pare! Ma mettetemi giù, voglio mettere i piedi per terra, ora, adesso! Arabelle, se non mi dici dov'è quella dannatissima freccia adesso giuro che quando la trovo te la ficco in un occhio!>> si divincolò dalla presa, ondeggiando paurosamente e facendo ondeggiare così anche Jajeck, per altro appeso a testa in giù come lui che non si lamentava solo perché gli veniva da vomitare e aveva paura che aprendo la bocca l'avrebbe fatto addosso all'amico.
<< Will! Tu che stai in alto, la vedi? Vuoi stare fermo?! Ci farai cadere tutti così!>> gridò Rise.
<< E poi pulisciti la bocca, chi ti ha insegnato queste parole?>> s'informò Arabelle continuando a far i suoi strani calcoli.
<< Li ho sentiti a basket, dai ragazzi più grandi, e ho sentito pure di peggio e ti prometto che se qualcuno non mi dice qualcosa o mi tira su lo sentirai quel peggio!>>
<< Ma non possiamo aspettare la maestra?>> piagnucolò ancora Andrew.
<< William! Quella cavolo di freccia!>>
<< Perché chiedi solo a me? C'è anche Alexander qui!>>
<< Si ma lui non ci vede niente perché è una talpa!>>
<< Che c'è? Ti vendichi del commento di prima insultandomi?>>
<< Tu mi hai insultata per primo!>>
<< Urgh! Baaastaaaaaaa!!>>
Un tonfo sordo e Ryan si ritrovò a faccia in avanti nel terreno erboso. Jajeck aveva mollato la presa e ora si teneva le mani premute sulla bocca.

<< Terra! Mia amata, amatissima terra!>> cominciò a ripetere baciando il prato, mentre l'ombra del rosso si muoveva lenta sopra di lui. Alzò lo sguardo per cercare Arabelle e dirgliene quattro ma poi, d'improvviso, impallidì.
<< Ja? Amico, tutto bene?>>
Questo scosse la testa e subito dopo sgranò gli occhi: mossa sbagliata, decisamente.
Provò a mugugnare qualcosa, ma le mani distorsero il suono producendo un mormorio misto ad uno strano gorgoglio.
<< Aspetta.>> questa volta fu Turan a bloccarsi, cercando conferma nello sguardo dell'amichetta anche lei all'erta, << Era un “sto per vomitare” quello?>>
<< Oh cacchio. No! Jajeck, non su di me, aspetta almeno che mi allontano! Mira da un'altra parte, ti prego, non su di me!>>
Il silenzio si espanse per tutto il poligono, mentre Rise e Turan si domandavano se dovessero mettere giù il bambino o tirarlo su, Arabelle finalmente aveva smesso i suoi conti inutili e guardava allarmata l'amico, esattamente come stavano facendo quasi tutti.
Alexander si sporse un poco in avanti, facendo leva sulla freccia per non cadere e stringendo le gambe attorno al ramo. Sotto di lui Andrew era corso al suo zaino e stava rovistando all'interno alla ricerca di qualcosa di indefinito, quando un suono secco, uno “stok” ben distinto distrasse tutti, seguito dall'urlo sorpreso del moro, quello terrorizzato di Will che si era allungato per riafferrare il bambino, foglie che si muovevano, rami che si spezzavano e oggetti che cadevano a terra.
<< Alex!>> Rise si voltò di scatto, tirando su di peso Jajeck da sola e correndo sotto il ramo a cui il fratello era ancora miracolosamente appeso solo per le gambe, con le braccia penzoloni nel vuoto e la freccia stretta in mano.

Ci volle tutta la buona volontà e la coordinazione di cui quegli otto erano capaci per ritirare su Ryan dal muretto, far sedere Jajeck che sembrava deciso a vomitare anche l'anima, ora di una delicata sfumatura di verde malaticcio e far scendere Alexander e Will senza che nessuno dei due si facesse male.
Il biondino si era ritrovato così per la prima volta a fissare gli occhi grandi e luminosi dell'amico, di una sfumatura di blu così intensa da sembrare finta, come i colori dei pittori; rimase con gli occhiali in mano, sbalordito e quasi imbarazzato, avrebbe giurato di veder il suo riflesso, ma anche che qualcuno gli stesse sussurrando all'orecchio un segreto. Deglutì e gli passò l'oggetto, ricevendo un sorriso piccolo e accecante, poco distanti da loro Andrew stava convincendo Jajeck a bere, mentre Ryan gli passava una mano sulla schiena per calmarlo come faceva con lui sua mamma.

In piedi con le braccia conserte Arabelle osservava la scena scuotendo la testa.
<< Nessuno di voi rimetterà mai più piede nel mio poligono, fate schifo.>>


Era rotondo e scintillante, il bordo rialzato e blu, lucido come il resto dei fili sintetici che riproducevano il pianeta terra, il verde e l'azzurro s'intrecciavano nei contorni paffuti della sfera, qualche riga bianca a mostrare le nuvole. Lo spazio per le toppe stava cominciando a finire, ma i bambini non ci facevano poi molto caso. Certo, Will si domandava come ci fosse arrivato il loro mondo lì, chi ce lo avesse attaccato, forse Turan? Ma alla fin fine non gli importava molto.
Sospirò stanco lasciandosi scivolare vicino a Arabelle; la bambina, infatti, si era rifiutata di giocare a Basket con loro, era uno sport troppo violento, fatto di contatto fisico e spallate e se per il calcio aveva fatto uno sforzo perché nessuno l'avrebbe toccata, dato che non giocavano una partita vera, per questa volta tutti i maschietti le avevano “voltato le spalle”, come aveva detto lei, decidendo all'unanimità di giocare tutti una piccola partitella.
Will era stato fin troppo felice, lui il basket lo adorava, era anche bravino e per di più era uno dei pochi sport in cui aveva una buona mira. Sempre che il tiro del lazo fosse reputato uno sport…

<< Non capisco perché non potevano far semplicemente provare Rise e basta, perché dovete giocare tutti?>> si lamentò ancora guardandolo storto, come se fosse sua la colpa.
Il biondo si strinse nelle spalle, << Perché piace a tutti e Rise così può provare una vera partita. Poi Ryan è troppo felice per dirgli di no, non dopo che lo abbiamo lasciato appeso per mezzora a testa in giù. >> le fece notare bevendo una lunga sorsata dalla borraccia azzurra. Faceva davvero caldo quel pomeriggio, c'era un sole che spaccava le pietre per essere Aprile e la camicia bianca della divisa, per quanto si fosse tirato su le maniche, non lo aiutava gran ché.
<< Peccato che sia stato Jajeck quello che ha quasi vomitato, non Ryan, non dovrete dargliele tutte vinte.>> continuò imperterrita, come se questo normalmente non succedesse con lei.
Will si strinse ancora nelle spalle, in una replica perfetta dell'espressione di prima.
<< Vero, però tu sei la più grande, no?>>
<< Certo! -rispose svelta ed orgogliosa- quindi?>>
<< Quindi dovresti lasciar correre, se fai felice uno più piccolo lascia stare, così fanno i grandi no? Se non riesci a spiegare una cosa ai piccoli gliela mandi buona.>>
Suo zio Anthony diceva sempre così quando parlava di zio Eric e zio Benny, che lui che era il più grande doveva lasciar correre perché gli altri erano troppo piccoli per capire a fondo le cose, lo ripeteva anche a zia Laura e lei di solito cedeva. Magari funzionava anche per Arabelle.
La vide annuire pensierosa ed esultò dentro di sé: si, aveva funzionato.

<< WILLY! Torna in campo, traditore! Non puoi mollarci nel bel mezzo della partita per chiacchierare con lei! Siamo già in svantaggio di un giocatore, così giochiamo due contro quattro!>> Ryan si era impossessato della palla arancione e ora gli correva incontro.
Era sudato anche lui, come tutti gli altri, senza più la cravatta al collo, ma fortunatamente non aveva seguito l'esempio di Jajeck di mettersela in testa come aveva fatto Rise, per reggersi meglio i capelli e tenerli sollevati. Solo che Rise era carina così, Jajeck sembrava un deficiente.
<< Arrivo, arrivo!>> Posò la borraccia e si lasciò afferrare per un polso dal biondo, che borbottava qualcosa di non ben comprensibile su tiri liberi dovuti a falli palesi.
Il bambino lo guardò perplesso, << Rise ha di nuovo ammazzato qualcuno ma continua a dire che non è fallo?>> chiese infine già aspettandosi la risposta positiva che arrivò subito.
<< Ha dato una spallata a Turan così forte che sarebbe stato un placcaggio pulito a rugby.>> sospirò lasciandogli il braccio e guardandolo quasi infastidito da tutta quella storia, << Ma ovviamente non è fallo, siamo noi che siamo debolucci e cadiamo come pere al primo tocco, parole sue. E pensare che faceva anche danza classica, e che è pure brava… come fa ad essere tanto carina dentro un tutù e a far così paura fuori?>> scosse la testa e gli fece cenno di seguirlo.

Sul campo Turan si massaggiava una spalla, un broncio dolorante in volto e Andrew che cercava una qualche crema nella sua borsa. Gli altri erano in piedi vicino al canestro, aspettando che tornassero i due biondi e che il gioco riprendesse.
<< Se volete provare a prendervi quei cinque punti fate pure, tanto è l'unico modo in cui potreste riuscirci.>> gli ringhiò quasi contro Rise quando si avvicinarono.
<< Lo hai preso a spallate Risie! Un colpo come quello gli poteva rompere il naso!>> Andrew aveva in mano uno stick, il cipiglio accusatorio stampato in faccia e l'aria di uno che si stava trattenendo dal fargli una bella ramanzina.
<< Cosa posso farci io? Il basket è uno sport fatto di contatto fisico, non è colpa mia se non lo reggete.>>
Jajeck sospirò scocciato, << Okay, okay, abbiamo capito che Rise non deve fare sport da contatto a meno che il contatto non sia brutale e giustificato.>> cominciò spiccio, strappando la palla dalle mani di Ryan e lanciandola con un gesto preciso nella cesta con le altre, << Direi quindi di smetterla, prendiamo le cose e andiamo a fare altro. >>
<< Che poi dovresti passarla la palla, non tenerla per te, si chiama gioco di squadra apposta.>> puntualizzò Ryan.
La bambina per tutta risposta alzò gli occhi al cielo infastidita, dando a tutti le spalle e marciando verso Arabelle che invece sembrava davvero felice che quel supplizio fosse finito.

<< Cavolo Rise, potevi stenderlo prima?>> le chiese infatti l'amichetta quando l'altra l'ebbe raggiunta.
<< Prima non mi hanno dette di marcare nessuno.>> sempre più stizzita afferrò il suo zainetto e ne tirò fuori il maglioncino, già infreddolita dalla frescura dell'aria ora che si era fermata e non correva più.
<< Bhé, potevi capirlo prima che non faceva per te.>>
A Will parve per un momento che l'avrebbe presa a pugni, la posa rigida delle sue spalle era la stessa che aveva assunto quando lo aveva salvato da quei bulletti. Ma Rise strinse i denti lasciando uscire dalle labbra tirate un ringhio minaccioso e Arabelle ammutolì di colpo, evidentemente capendo l'antifona di quel gesto.
Vide la più alta girarsi, lo sguardo infuocato di rabbia probabilmente, la sua irritazione aveva raggiunto livelli così alti che poteva esser solo che diventata rabbia. Evidentemente gli altri dovevano aver già conosciuto quello sguardo perché si esibirono in una serie di smorfie e versi affranti e preoccupati che lo spinsero a seguirli veloce come un fulmine.

<< Forse non sei portata per i giochi di squadra.>> Provò Alexander per calmarla, << Ma se vuoi comunque giocarci, invece, possiamo sempre provare pallavolo, li sei obbligata a non toccare due volte di seguito la palla, quindi non ci sarebbe il problema del passarla o non passarla, lo devi fare per forza.>> provò ad avvicinarsi a lei ma si bloccò prima di toccarla, fissandola un attimo e poi sbrigandosi a prendere le sue cose.
<< Ci pensiamo domani, eh? Che ne dici?>> si sentiva in obbligo di dire qualcosa, quel clima così teso non c'era mai stato prima e non capiva perché fosse degenerato in quel modo. Questa volta però non c'era Andrew a spiegargli tutto, non trovò i suoi occhi dolci ad assisterlo, puntati invece preoccupati sulla figura alta della sua amica. Incontrò invece un paio di occhi gialli-aranciati, simili alle gocce d'ambra che suo zio Benny aveva riportato dalla colonia. Jajeck lo fissò attentamente e poi gli si avvicinò.
<< Torniamo a casa >> fece rivolto a tutti, << Io accompagno Will, che tanto sta di strada.>>

Si erano separati dopo aver atteso per una mezz'ora quasi che i loro genitori o le tate arrivassero, sorpresi del fatto che a differenza del solito nessuno fece un capriccio per rimanere di più, ma che si fossero anche salutati con una certa freddezza.
La tata di Jajeck non era una tata: era un ragazzo, tanto per cominciare, abitava alla casa vicino a quella del bambino e gli faceva compagnia quando i suoi genitori non c'erano, quindi praticamente sempre. Gli aveva raccontato di lui, che era simpatico e alla mano, che era quasi un cugino se non un fratello maggiore; perché Jajeck era figlio unico e non aveva parenti in America.
Will era rimasto di sasso: che vuol dire che “non aveva parenti in America”? Ma tutti i suoi amici stavano messi così?
Il bambino gli aveva riso in faccia, e si, in effetti si, erano tutti di origini europee o comunque del “vecchio mondo”, erano nati in America, ovvio, così come molti dei loro genitori, ma i loro nonni proprio no. I suoi erano dell'Europa del Nord, Norvegia e Finlandia, erano i più vicini alla Russia, da cui veniva la nonna di Rise.
Per un attimo Will ebbe la sensazione che il bambino avesse spinto apposta il discorso verso quel punto e la cosa non gli sarebbe neanche sembrata così assurda: i suoi amici avevano ricevuto un'educazione del tutto diversa dalla sua, erano stata abituati a portare le discussioni dove volevano, glielo aveva visto fare spesso, anche con le maestra, sviando dalle domande difficili e facendogli crede che volessero affrontare punti più interessanti.
Proprio come fanno i grandi.
Questo avrebbe spiegato perché l'amico di Jajeck, Nathan, non aveva aperto praticamente bocca se non per salutarlo, presentarsi e chiedergli dove abitasse. Aveva notato il bambino bisbigliargli qualcosa all'orecchio ed il giovane annuire comprensivo.

<< A proposito di Rise...>>
Will alzò le sopracciglia, allora c'aveva azzeccato! Fu quasi confortevole sapere di riuscire a riconoscere le varie “tecniche evasive” dei suoi amici, questo significava che ormai li conosceva. Ma non significava che il discorso che stavano per cominciare fosse reso meno leggero da questa sua conoscenza, anzi, si sentì un po' a disagio, credeva sempre di aver finalmente imparato tutto sui suoi amichetti e poi ecco li che usciva una cosa nuova.
<< Si?>> provò a sembrare tranquillo, ma non dovette risultare così credibile dallo sguardo che il rosso gli lanciò.
Jajeck si sistemò meglio la cintura di sicurezza, il blocco per bambini lo aiutava a non farsela premere contro la gola.
<< Oggi ti sarà sembrata strana, anche antipatica, ma non devi vederla male. Lei non è cattiva.>> Quella frase lo sorprese: certo che Risie non era cattiva, la conosceva da mesi ormai, se ne sarebbe reso conto, solo che…
<< Però oggi faceva quasi paura.>>
<< Togli il quasi, oggi faceva paura. Ma anche quello è normale, a volte le capita. Si trattiene tanto, ci prova davvero, la vecchiaccia le fa fare tante cose in cui deve mantenere la calma proprio per questo. Solo che poi dopo un po' si gonfia troppo e esplode.>>
Improvvisamente gli tornò in mente Andrew e la storia di Rise chewingum, la bambina che resisteva alla sgridata della nonna ma si vedeva lontano un miglio che voleva solo urlarle contro. << In quei casi, non succede mai nulla di buono. E' un po' il suo problema, sai? Tutti ne abbiamo uno, tipo te che ti metti a piangere per tutto.>>
<< Ehi! Io non piango per tutto!>>
<< Si che piangi per tutto, Willy, è il tuo punto debole. Te la ricordi la storia di Achille che la maestra ci ha letto in classe? Che era invincibile ma se lo colpivi al tallone lo potevi sconfiggere? Tutti quanti ne abbiamo uno, tu sei sensibile, come Andy. Ryan non accetta le sconfitte, io non sopporto che la gente mi tratti da stupido, Arabelle che la gente la ignori, Turan non può sopportare le cose ingiuste e Alexander si farà ammazzare da grande perché deve sempre trovare una soluzione a tutto.>>
Per un attimo stettero in silenzio, Will scorse lo sguardo attento del ragazzo seduto al volante che cercava il volto del suo amichetto, come per sincerarsi che stesse bene.
Il bambino sembrava accigliato, non gli andava di dire quelle cose e probabilmente alcune erano anche sbagliate, tipo, lui non sopportava che venissero insultati o feriti i suoi amici, molto più di quanto non sopportasse che la gente lo trattasse da stupido, questo Will lo aveva capito proprio perché gli voleva bene. Così come sapeva che i punti deboli degli altri erano di più, che tutti loro ne avevano più di uno, anche se ora il bimbo si era concentrato su quelli più eclatanti.
<< E Risie?>> chiese piano.
Il versetto che uscì dalle sue labbra era quello classico di qualcuno che si apprestava a dire una scomoda verità.
<< La gestione della rabbia.>>
Oh, era una parola grossa quella, “gestione”, come di un locale, di un ranch o di una casa.
Voleva dire che Rise non riusciva a non arrabbiarsi?
<< Vuol dire che cerca di trattenersi perché sa che se si arrabbia perde la pazienza.>>
<< Tutti perdiamo la pazienza quando ci arrabbiamo, se no non lo faremo!>>
<< Si… ma no.>> si grattò la testa e si voltò verso di lui con tutto il busto. Cercava le parole giuste per spiegarsi, ma era palese che non riuscisse a trovarle. Con tutta probabilità, a lui, lo aveva spiegato la Signora Povidence, che era una pisicoloca e sapeva dire le cose in modo chiaro e preciso anche per loro.
Lo vide tentennare sempre di più e poi far correre lo sguardo allo specchietto retrovisore, sperando di incontrare quello di Nathan.
Il ragazzo lo colse al volo e si schiarì la voce:
<< La gestione della rabbia è una cosa un po' difficile da spiegare, Will.>> cominciò tranquillo come se avesse affrontato quel discorso altre volte. Probabile. << Normalmente siamo tutti più o meno pazienti, e quando al pazienza viene meno ci arrabbiamo anche in modi diversi. In quei casi c'è chi urla, chi litiga solo, chi lancia gli oggetti e anche chi arriva ad alzare le mani. C'è chi piange per lo stress… sai cosa significa, si? Bene, però, quando questo succede, tutti quanti sappiamo come comportarci bene o male, vero?>>
Will annuì concentrato, anche il ragazzo si stava sforzando di essere chiaro e il biondino non voleva certo far passare per vane le sue intenzioni.
<< Si! Io quando mi arrabbio- >> si bloccò e guardò male Jajeck che come leggendogli nel pensiero gli sorrise tra il colpevole ed consapevole, << a me viene da piangere, così cerco di trattenermi e di smetterla di litigare.>>
<< Ecco, perché tu sai “gestire” la tua rabbia. Ci sono persone che non ci riescono, che quando si arrabbiano non capiscono più niente e diventano anche violente.>>
<< Rise è una di queste persone?>>
Jajeck annuì, << Risie si trattiene tanto, perché non può mai sfogarsi...ma poi ci sono momenti come questi, in cui per una cavolata come un fallo comincia a bollire come l'acqua per il tea e poi gli basta una parola per arrabbiarsi davvero. Non lo fa apposta, solo che non si controlla. E' come se avesse tante esplosioni dentro, le sopporta, le sopporta e poi ne arriva una troppo forte che fa riscoppiare pure tutte le altre.>>
Era un po' complicato, ma da quando aveva conosciuto quei sette lo era tutto.
In pratica Risie era una persona facile all'arrabbiatura, ma si tratteneva tanto e alla fine, quando non ce la faceva più, diventava davvero, davvero, arrabbiata e picchiava le persone?
D'improvviso gli tornò in mente Natale, lui e la bambina che parlavano e lei che gli dava un pugno sul braccio; gli aveva fatto male, certo, nulla di eccessivo in effetti, ma poi gli aveva anche detto che “lei era fatta così” e anche che quel giorno c'era andata leggera perché a Natale si è tutti più buoni. Poi un'altra illuminazione lo fece girare di scatto verso il rosso.
<< E' per questo che quando era arrabbiata con la nonna tu la stuzzicavi e ti facevi prendere a pugni?>> Era per quello? Perché Jajeck aveva capita com'era fatta Rise e che aveva bisogno di sfogarsi? Si era volontariamente offerto come punchingball solo per farla calmare? Per non farla arrivare al punto di esplodere?
Il bambino sembrò sorpreso prima della realizzazione di Will, poi del fatto che lo avesse capito e poi di ciò che aveva fatto. Si strinse nelle spalle un po' imbarazzato ed annuì, cercando di sembrare tranquillo.
<< Bhé, gli serviva, in quel momento dico. Poi io sono forte, con Rise ci faccio a pugni da quando siamo piccoli, è così che siamo diventati amici. All'asilo io e lei volevamo giocare con la stessa cosa, ce la siamo strappata di mano tante volte e poi si è rotta, solo che invece di metterci a piangere come avreste fatto tu e Andrew- >>
<< Ehi!>>
<< - noi ci siamo guardati male e poi abbiamo iniziato a fare a botte.>> concluse ignorandolo.
<< Ma Alexander non lo fa mai?>>
<< Ma te lo immagini Alex che si fa prendere a pugni da Rise? Tipo che al primo va lungo per terra e non lo rialzi più? No, no, lui è bravo con le parole, è l'unico che la calma così. Noi abbiamo tutti modi diversi. Certo, Arabelle fa pena a tranquillizzare le persone, lo hai visto no? Non si rende conto di come stanno gli altri e dice sempre la cosa sbagliata. Andy e Alex sono gli unici con cui ci parla, Turan si limita a starti vicino e a consolarti e Ryan prova a fare come gli ha insegnato sua mamma. Come al solito siamo tutti diversi, sia a consolare che ad arrabbiarci, non funziona sempre tutto con tutti.>>
Annuì Will, rendendosi conto che la macchina era appena entrata nel viale di casa sua.
<< Cosa facciamo ora?>> si risolse a chiedere preoccupato.
<< Si sfogherà a casa, ha una palestra al Maniero, ne ha anche una piccolina alla Villa, sicuramente si chiuderà lì con il Colonnello e prenderà a pugni qualcosa, tipo il sacco da box.>>
Il bambino sgranò gli occhi ancora più preoccupato di prima. Che vuol dire che ha una palestra? Cioè; non gli pare difficile da credere, ma che vuol dire che prenderà a pugni il sacco da box? Vuol dire che Rise sapeva picchiare le persone perché glielo avevano insegnato? Ma poi, cosa più importante…
<< E se si fa male? A dare i pugni al sacco.>> l'apprensione nella sua vocetta fece voltare l'amico a guardarlo.
<< Ora ti insegno una cosa Will- cominciò quello serio- fare a botte non è una cosa stupida. Non nel senso che è giusto farlo, ma che non lo si deve prendere alla leggera. Se picchi qualcuno senza saperlo fare davvero, rischi di farti male anche tu. Ma con Rise non c'è pericolo, lei lo sa fare, il Colonnello e persino i suoi genitori glielo hanno insegnato, sa come si da un pugno, come si para e pure come si fanno tante altre cose. Risie è un po' particolare, se la vedi ballare sembra un fiocco di neve, è bella e leggera, come una bolla di sapone, bravissima, ma lo vedi che manca qualcosa, quella cosa che hanno tutte le persone che fanno qualcosa che gli piace. Ma se la vedi combattere, non hai dubbi: Rise è nata per farlo, è naturale, come respirare. Lei è una guerriera Will, è la sua natura.>>

Non aveva mai sentito un discorso così profondo fatto da un bambino di sei anni e Will ne rimase affascinato, colpito e stupito. Jajeck non era il classico ragazzino bello e forte che si vantava e faceva lo spavaldo, era molto di più, sotto quel suo aspetto da star della scuola. Per un altra, ennesima volta, il bambino si chiese quanto fossero complicati e contorti i suoi amici, quanto nascondessero sotto il loro volto da infanti, quanto e cosa avevano dovuto passare per diventare così. Perché era così vero? Come nei film, quando ti facevano vedere il protagonista che faceva il bulletto e poi gli succedeva qualcosa di strano, magico o fantastico e lui cambiava, diventava l'eroe della situazione. Ma cosa potevano aver passato, in soli sei anni, quei sette?

Si trovava sotto le coperte leggere del suo letto a macchina da corsa, la mamma aveva tolto da tempo la trapunta pesante, ma in quel momento Will avrebbe tanto voluto aver il piumino che zio Tony aveva a Chicago d'inverno per potervisi nascondere sotto.
Non sapevo cosa fosse a turbarlo di più, se il modo in cui Rise si fosse arrabbiata, il silenzio che era caduto tra di loro solo guardandola o proprio lo sguardo terribile della bambina. Ne aveva viste di persone furiose, compresa sua madre di recente, al telefono con il nonno, ma una persona adulta era un conto, lei poteva far paura, un bambino no!
Vero?
Eppure al contempo si sentiva terribilmente triste per la sua amichetta, quanto doveva essere brutto essere così arrabbiati da spaventare i propri amici, il proprio fratello? Si spaventava anche da sola? Si sentiva esplodere e aveva paura? Si era mai fatta male quando stava così?
Sua madre gli aveva detto di non darci troppo peso, erano piccoli e spesso succedeva che per un nonnulla scoppiasse il finimondo, che magari già arrivata a casa le era passato tutto e Jajeck aveva esagerato perché le voleva bene e si preoccupava molto per lei. Ma Will non ne era convinto proprio per niente, aveva una strana inquietudine addosso e per la prima volta si trovò a pensare che si: quella era Katrina, la vera Katrina, quella che sua nonna aveva cercato di nascondere e domare, quella che probabilmente proprio Madame aveva aiutato a creare.
Non lo aveva detto a nessuno, né a Jajeck né a sua madre, lo avrebbero preso per pazzo probabilmente, ma quando stavano aspettando le loro mamme, mentre tutti erano così silenziosi e tesi, Will aveva riflettuto parecchio sulla scena appena vissuta e si era accorto di una cosa assurda: lo sguardo di Rise era acceso della stessa luce che gli aveva visto in volto quando litigava con la nonna, la stessa aura determinata, combattiva, invincibile.
Spietata. Gli suggerì una voce nella sua coscienza che non era neanche sua.
E Will non aveva mai sentito quella voce in vita sua, e non aveva neanche la più pallida idea di cosa significasse “spietata” ma sentì che era la parola perfetta per descrivere lo tsunami di sensazioni che la vicinanza della bambina gli aveva dato.

Quella notte per Will fu inquieta ed agitata. Sognò di uomini in armatura che combattevano, come i soldati del libro di storia, forti ed inarrestabili guerrieri che militavano sotto ad uno stendardo rosso sangue, come i capelli di Rise che, imponente, era tornata ad essere la fredda e perfetta Katrina, con l'aggiunta ora dello sguardo spietato che aveva visto quel pomeriggio.
La bambina era in piedi su delle macerie di cemento e lo scrutava impietosa, lui e i soldati, un lungo bastone dalla punta scintillante in mano, come quello di una majorette, che usava per dirigere i soldati, urlando senza posa aggressive direttive di combattimento, gestendo il plotone con la forza di un leader esperto e sicuro di sé, della vittoria.
Non importava se qualcuno cadeva, i suoi sottoposti dovevano tenere i ranghi serrati, avanzare e lottare, il nemico non doveva avanzare, non doveva arrivare alle porte della loro base, avvicinarsi troppo a ciò che stavano proteggendo, e se i soldati non ci fossero riusciti sarebbe scesa lei in campo e allora nessuno sarebbe riuscito a placare la sua ira e a sottrarvisi, neanche il gigantesco figuro che si stagliava sullo sfondo del suo sogno, circondato da una moltitudine di insetti scuri che gli vorticavano attorno.
La voce della sua coscienza gli sussurrava frasi sibilline e inquietanti.

E poco valeva che Rise non fosse così grande ed imponente come la vedeva nel sogno, che i suoi capelli non fossero color sangue ma di un marrone rossiccio cupo, non valeva nulla il fatto che lui lo sapesse che quella non era la sua amica, che quello non era il vero tono della sua voce, che Rise non dirigeva plotoni e tanto mento sarebbe mai scesa in un campo di combattimento con centinaia di soldati in armatura, minacciando un nemico invisibile e oscuro con la promessa della sua ascesa alla battaglia. Era inutile la sua consapevolezza che la sua Rise non avrebbe mai fatto una cosa simile.
Nulla aveva importanza anche perché la mattina dopo non l'avrebbe ricordato, né il sogno né la voce. Si sarebbe svegliato un po' intontito, confuso da una notte che non gli aveva portato riposo, dicendo a sua madre che aveva proprio dormito male.
Will non si sarebbe mai ricordato del suo primo sogno da semidio, il primo incubo che lo avvertiva di qualcosa che sarebbe successo in un tempo indefinito che andava da lì all'eternità. E a nulla valeva che la sua amica fosse stata messa lì solo perché fulcro dei suoi pensieri del giorno, neanche che per la prima volta suo padre gli avesse sussurrato parole di un futuro incerto e pericoloso, mostrandogli immagini di una guerra a cui lui stesso avrebbe preso parte.
Will non avrebbe mai ricordato nulla, se non fosse stato per un certo Oracolo che un giorno, malauguratamente, aveva chiesto ad un altro semidio di recuperare un ricordo del passato del figlio d'Apollo.
Ma per il momento, Will era semplicemente convinto di aver dormito male in quella notte senza sogni.


L'Arizona, per ora, era una magnifica, complessa e colorata, bolla di sapone.

[F I N E T E R Z A P A R T E]
   
 
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