Aranyhíd
Wa'ada
(Arabo classico)
Un verbo che significa "seppellire la propria figlia."
Leo era certo che
il tremore della carrozza fosse interamente colpa del
continuo dimenarsi di sua sorella Elise, e non della strada
acciottolata che
conduceva al cuore di Windmire.
-Elise.- ringhiò,
portandosi le mani alle tempie: si sentiva già esausto, e
non era nemmeno mezzogiorno. -Sarebbe così terribile per te provare a
stare
ferma per cinque minuti di fila?-
-Sì!- strillò lei,
chiaramente incapace di mettere un freno al proprio
entusiasmo. Leo strinse i denti, quando la sua voce alta ed acuta gli
perforò i
timpani: poteva già sentire la morsa dell’emicrania che gli sarebbe
esplosa in
testa nel giro di pochi secondi. -Come puoi essere così calmo,
fratello? Non
sei euforico? Ileana viene a casa con noi! Staremo finalmente tutti
insieme,
come una famiglia!-
Quanto, quanto
rimpiangeva di non aver deciso di scortare la carrozza a
cavallo, assieme a Xander.
-Daaaaaaaaaaaaaaaaai,
siamo arrivati? Non può andare più veloce, questo
trabiccolo?!-
-Credo che ci
siamo.-
La voce di Ileana
fu appena un sussurro, che appannò per un attimo il
finestrino della carrozza a cui era rimasta incollata fino a quel
momento.
Era rimasta lì,
immobile, da quando erano partiti dalla Torre Nord, molto
prima che la linea dorata dell’alba spuntasse all’orizzonte, e Leo non
poteva
davvero biasimarla: aveva passato dodici lunghi anni rinchiusa in
quella
fortezza.
Era stato felice di
vedere la meraviglia accendersi sul suo volto quando il
Sole era sorto all’orizzonte: erano stati abbastanza fortunati da
trovarsi su
un passo di montagna, in quel momento, e l’altitudine le aveva permesso
di
vedere quella sottile linea di luce tra la terra e la coltre di nubi di
cui era
perennemente ammantato il cielo di Nohr – una coltre che si dissipava
solo di
notte, più un giorno ogni luna e mezzo.
Ileana forse non
l’aveva nemmeno mai vista, un’alba: era un gufo, e le
piaceva passare le mattine a letto. Era un’abitudine che avrebbe dovuto
abbandonare in fretta, se il loro padre avesse deciso di permetterle di
entrare
nell’esercito di Nohr.
Leo si morse il
labbro, sovrappensiero, combattendo con quella strana
sensazione di timore e disagio che gli stringeva il petto. Re Garon era
stato
chiaro: a Ileana non sarebbe stato permesso di lasciare la Torre Nord a
meno
che non avesse provato le proprie abilità in combattimento, a meno che
non
avesse provato di essere forte quanto i suoi fratelli e sorelle. E,
benché
fosse una maga straordinaria – e come sarebbe potuto essere altrimenti,
visto
che l’aveva addestrata lui personalmente? – non era ancora riuscita ad
attivare
una vena drago.
Eppure, il re
l’aveva comunque richiamata a Krakenburg. Leo non sapeva bene
cosa pensare di quella novità, ma non poteva nascondere a se stesso di
essere
preoccupato e, sopra ogni cosa, temeva la reazione dell’aristocrazia:
la corte
di Nohr trasudava ambizione e crudeltà, e non c’era un singolo nobile
che non
fosse pronto a spargere sangue dinanzi alla più misera prospettiva di
ricevere
l’attenzione del re.
Una principessa
misteriosa, cresciuta lontana da Krakenburg e che non
poteva nemmeno provare il proprio retaggio scatenando il potere dei
draghi, non
sarebbe durata molto in quel genere di ambiente. Il solo pensiero di
quello che
Ileana avrebbe dovuto affrontare bastava a fargli venire la nausea.
Schiacciando le
dita fredde sulla propria fronte, Leo si costrinse a
mettere da parte il proprio pessimismo, lo sguardo che esitava sulla
figura
della sorella minore: di certo, almeno, aveva l’aspetto di una
discendente del
re, con quei capelli biondi e i lineamenti delicati che ricordavano
molto tanto
lui quanto Elise. Fisicamente parlando, i suoi occhi erano tutto ciò
che la
separava da loro – quegli occhi così verdi, così diversi dagli scuri
toni di
viola e bruno che gli altri avevano ereditato dal padre, che forse
aveva
ricevuto in dono dalla concubina che era probabilmente stata sua madre.
La somiglianza
fisica, tuttavia, l’avrebbe tenuta al sicuro forse un paio
di lune, a ben sperare.
Sospirò. Xander era
certo che il padre avesse un piano per destare la magia
dei draghi ancora silente nel sangue di Ileana, ma lui poteva soltanto
sperare
che avesse ragione… e che, qualsiasi fosse il piano, non comprendesse
niente di
pubblico.
-Leo, guarda! Siamo
a casa!-
La voce di Elise lo
strappò dai suoi pensieri, così lui si accostò alle
sorelle premute contro il finestrino – ed eccolo, il castello di
Krakenburg.
Torri nere si
arrampicavano verso l’alto, protese verso il cielo di nubi
oltre la gola in cui si trovava la residenza della famiglia reale come
i rami
della Desolazione si protendevano verso ogni scheggia di luce.
La carrozza si
fermò, e loro si trovarono di fronte alla torre d’accesso,
collegata al corpo centrale del palazzo tramite un ponte largo
abbastanza
perché tre persone potessero camminare fianco a fianco.
Certo, le difese di
Krakenburg erano impressionanti, ma l’apprensione che
si contorceva nello stomaco di Leo non mollò la presa – a lui il
castello era
sempre sembrato un mostro, in agguato negli abissi più oscuri e sempre
pronto a
colpire.
Di certo la nobiltà
di Nohr rispondeva perfettamente alla descrizione.
Leo rabbrividì al
pensiero della sorella risucchiata negli obblighi
sociali, pericolosamente ignara dell’ambiente letale in cui si sarebbe
trovata.
Una mano calda,
guantata d’acciaio, gli si posò su una spalla, spingendolo
a girarsi.
Xander era in piedi
accanto a lui e lo fissava con un’ombra di
preoccupazione negli occhi color mogano; erano occhi che si
ingentilivano,
perdendo la freddezza per cui erano rinomati, solo quando si posavano
su un
membro della sua amata famiglia. -Fratello? Stai bene?-
Leo si costrinse a
sorridere. -Non preoccuparti per me, Xander. Pensavo.-
-Come sempre,
allora.- lo canzonò bonariamente il Principe Ereditario, e il
sorriso sul volto del fratello minore si fece appena più sincero.
Non poté farne a
meno: le parole gli sfuggirono dalle labbra prima che lui
potesse fermarle, prima che lui potesse ricordarsi che suo fratello
aveva già
abbastanza a cui pensare senza che lui gli rovesciasse addosso il
proprio
pessimismo. -Xander, lei… non è pronta. È tutto troppo improvviso. Se
la
presentiamo adesso a corte, sarà come darla in pasto ai lupi.-
L’ombra tornò negli
occhi di Xander quasi all’istante, e il senso di colpa
andò ad aggiungersi al mostro che si contorceva nel petto di Leo.
-Capisco il tuo
timore, fratello.- gli disse, la stretta sulla sua spalla
che si rinforzava appena. -Sono preoccupato anche io. Ma nostro padre
mi ha
detto che non ha intenzione di introdurla a corte, per ora. Ha
organizzato
qualcos’altro, per lei.-
Il secondo principe
di Nohr annuì lentamente.
L’apprensione era
ancora lì, certo, ma se quello che aveva in mente suo
padre avesse davvero potuto dargli più tempo, allora si sarebbe
accontentato.
-Perdonami per averti disturbato.-
Xander lo guardò
con affetto, uno di quei rari sorrisi dipinto sulle
labbra. -Tu non disturbi mai.-
Leo fece per
rispondere, ma la risata assordante di Elise gli tolse le
parole di bocca. I due fratelli si volsero verso le loro sorelle, che
chiacchieravano entusiaste con una Camilla appena smontata dalla sua
viverna e
che, al momento, stava soffocando Ileana in uno dei suoi abbracci.
-Camilla! Non
respiro!- riuscì a gemere Ileana, sebbene non stesse facendo
alcun tentativo di liberarsi dalla stretta della sorella, anzi.
Elise saltellava
attorno a entrambe, troppo felice per stare ferma, prima
di buttarsi addosso a loro per unirsi alle manifestazioni di affetto.
Camilla
non barcollò nemmeno e si limitò a stringere a sé anche quella
sorellina così
entusiasta, passandole un braccio attorno alle spalle.
-Camilla.- Xander
sorrise mentre si avvicinava alle tre, e così fece Leo
appena dietro di lui. -Potresti non asfissiare Ileana per il momento?
Vorrei
farle fare un giro del castello, almeno.-
La risata di Ileana
si fece più forte quando Camilla allentò la presa.
-Tranquillo, fratello. Ci sono abituata.-
-Ottimo!- cinguettò
la principessa di Nohr, scoccando alla sorellina un
bacio tra i capelli. -Perché non smetterò di coccolarti solo perché
adesso
verrai a vivere a palazzo con noi!-
Elise stava
praticamente rimbalzando, quasi fosse una molla. -Nemmeno io!
Nemmeno io!- gioì mentre stringeva le braccia attorno alla vita della
sorella.
-Ti voglio tanto bene! Ti voglio tutto il bene del mondo!-
-Vi prego.- Leo le
rimproverò, serio solo per finta. -Potreste almeno
provare a darvi un contegno e a comportarvi con la regalità che ci si
aspetta
da voi?-
Elise gli fece la
linguaccia, ma Camilla gli sorrise, lasciando andare
Ileana solo per stringere le braccia attorno a lui. -Oh, Leo. Il mio
adorato geniale
fratellino. Come faremmo senza di te a tenerci tutti in riga?-
-Probabilmente
finireste a farvi rimproverare per comportamenti
inappropriati un giorno sì e l’altro pure.- ribatté, ma c’era l’ombra
di un
sorriso sul suo volto mentre Camilla gli lasciava un bacio sulla
guancia.
-Andiamo.- Xander
richiamò l’attenzione di tutti, precedendoli verso la
scalinata della torre d’accesso. -C’è il pranzo che ci aspetta, e i
nostri
sarti ti attendono per fornirti l’abbigliamento consono a un’udienza
con nostro
padre, Ileana.-
-Ma certo.- rispose
subito la diretta interessata, saltellando accanto al
maggiore dei suoi fratelli per stringersi al suo braccio. Le spalle di
Xander
si rilassarono appena a quella coccola, una delle mani ancora coperte
dall’armatura che si stringevano su quelle più piccole e indifese di
lei.
-Scusaci per il ritardo.-
-Fa lo stesso,
principessina.- la perdonò lui, accarezzandole appena i
capelli. -Ora, vieni con me. Abbiamo un po’ di tempo per farti vedere
casa
prima di dover tornare ai nostri impegni.-
Muovendosi
all’unisono, i cinque si incamminarono verso le scale della
torre e poi attraverso il ponte che conduceva al castello. Elise era in
testa
al gruppo, naturalmente, e con la sua allegria aprì la strada verso il
portone
di ingresso. Ileana rimase indietro in poco tempo, impegnata com’era a
guardarsi attorno; Leo se ne accorse e rallentò, attendendo
pazientemente che
lei lo raggiungesse.
-Tutto bene,
sorella?- le domandò una volta che lo ebbe affiancato. -Sei
stata così silenziosa per tutto il viaggio. Qualcosa ti preoccupa?-
I corti capelli
biondi di Ileana le solleticarono il mento quando scosse la
testa. -No, tutto bene. Credo di essere solo un po’… sai. È tutto così…-
Lo sguardo di lui
seguì gli occhi affascinati di Ileana verso le torri,
verso i balconi che circondavano il burrone in cui era incastonato il
castello. Ma certo, si disse,
rimproverandosi per la propria
cecità: Ileana era stata rinchiusa e isolata per così tanto tempo che,
forse,
tutti quei posti nuovi e quegli odori sconosciuti erano sufficienti per
sopraffarla. -Capisco.-
-Ti chiedo perdono
se mi sono rivelata una cattiva compagnia. Spero tu non
ti sia annoiato in carrozza?- gli domandò lei, gli occhi verdi che lo
guardavano trafitti da una scheggia di senso di colpa.
Leo le rispose con
un sorriso e le mise un braccio attorno alle spalle per
stringersela addosso, lasciandole un bacio sulla tempia e strappandole
una
risata. -Certo che no, sorella. Ho avuto tutto il tempo per studiare il
mio
libro, almeno finché Elise non si è svegliata. Anche se il suo russare
mi aveva
reso difficile concentrarmi.-
Disse la parte
finale ad alta voce di proposito, e la minore delle
principesse di Nohr si voltò in un batter d’occhio, arrossendo
furiosamente.
-Io NON russo!-
-Oh? E come lo sai?
Dormivi così profondamente che non credo ti avrebbe
svegliato nemmeno lo scoppio di una battaglia.- la prese in giro lui,
mentre
Ileana si mordeva un labbro cercando di non scoppiare a ridere.
-Leo! Sei cattivo!-
piagnucolò la piccola, un broncio adorabile sulle
guance tonde, le orecchie che avvampavano di un dolcissimo rosso. -Un
cattivo
con il mantello al contrario!-
Per contro, il
fratello impallidì con violenza. -COSA?! E non potevi
dirmelo prima di scendere dalla carrozza?!-
-Così impari a
essere cattivo!- replicò lei, piroettando su se stessa per
poi infilarsi fra gli enormi portoni socchiusi del castello,
perfettamente
soddisfatta della propria piccola vendetta.
Ileana quasi
soffocò per trattenere il riso e Leo, oltraggiato, si girò per
lanciarle un’occhiataccia. -E tu perché
non mi hai detto
niente, sorellina traditrice?-
Lei sorrise,
girandogli intorno per sganciare i fermagli del suo mantello.
-Ho dimenticato di menzionarlo?-
Lui brontolò
qualcosa di inintelleggibile mentre lei gli toglieva il
mantello per girarlo e poi drappeggiarglielo nuovamente sulle spalle.
-E io che
pensavo di potermi fidare almeno di te.-
L’unica risposta
che ottenne fu una risata, mentre il suo mantello – ora
indossato nel verso giusto – veniva di nuovo fissato alla sua armatura.
-Scusa,
Leo. Ma queste piccole cose ti rendono così adorabile.-
Leo alzò gli occhi
al cielo, ma non si scostò quando la sorella gli soffiò
un bacio su una guancia e si decise a entrare a sua volta, passando
attraverso
le porte che Xander aveva tenuto aperto per loro per tutto il tempo.
Dentro,
Camilla li attendeva con un sorriso, Elise al suo fianco impegnata a
spostare
il peso da un piede all’altro ogni due secondi.
C’era un calore
nuovo negli occhi di Xander mentre la guardava tendere le
mani a Ileana e trascinarla lungo il corridoio, raccontandole qualsiasi
cosa le
passasse per quella mente così vivace. Leo e Camilla le seguivano in
silenzio,
ridacchiando ogni tanto a per qualcosa che le scappava, il suono che si
univa
al divertimento di Ileana e alla risata assordante di Elise.
Una voce, da
qualche parte nella sua testa, gli fece notare che forse una
vita senza quella risata non sarebbe stata una vita degna di essere
vissuta.
Con un sospiro, il
Principe Ereditario chiuse le porte del castello alle
proprie spalle.
.
.
Ileana fece
un’altra giravolta allo specchio, le dita strette nella stoffa
del mantello per vedere come si muoveva assieme a lei. Sorrise,
soddisfatta
dell’effetto.
Gli abiti che
indossava erano una versione impreziosita della divisa dei
Maghi Oscuri – -Perché sarebbe degradante vedere una
principessa
vestita come un soldato qualunque!- aveva spiegato
Camilla mentre la
aiutava a provare l’armatura.
Ileana era contenta
che fosse tutto scuro, arricchito da profili dorati, il
blu di solito associato ai maghi completamente sostituito dal nero
indossato,
per tradizione, dagli esponenti della famiglia reale di Nohr. L’unico
tocco di
colore erano l’interno del mantello e alcune decorazioni su spalle e
fianchi,
che erano di un verde scuro ma vivido, lo smeraldo delle foreste.
Era sicura di dover
ringraziare Camilla, per quello. Sorrise al pensiero
della sorella maggiore e di quanto tormento avesse sicuramente dato a
quel
povero sarto per assicurarsi che ci fosse almeno qualcosa di personale
nella
sua nuova uniforme.
Si avvicinò allo
specchio e cominciò a controllare i fermagli del mantello,
a riallacciare i bottoni dei polsini, a stirare con le mani ogni piega
della
stoffa. Voleva essere perfetta.
Non vedeva suo
padre da dodici anni, e ne aveva avuti solo sei quando lui
aveva ordinato di farla trasferire alla Torre Nord perché si
addestrasse senza
le infinite distrazioni che una principessa avrebbe trovato a corte.
I suoi ricordi
erano pochi, mangiati dal tempo: non era nemmeno del tutto
sicura di ricordarsi esattamente che aspetto avesse, quell’uomo.
Portò una mano a
riavviarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sotto
il cerchietto.
Sarebbe stato
contento di lei? Sapeva che avrebbe preferito addestrarla
alla spada, perché l’avrebbe resa una figura molto più versatile in
termini di
formazione militare, ma era stato evidente fin da subito che la via dei
“bastoni di metallo appuntiti” – come Leo si divertiva a definire la
scherma –
era la via peggiore che avesse potuto intraprendere.
Era stata un’idea
di Camilla di farle studiare la magia, e solo i Draghi
sapevano quante notti aveva dovuto passare a litigare con Xander sulla
questione. Ma una volta che Leo stesso aveva cominciato ad addestrarla,
beh,
non c’erano più stati dubbi su quale fosse il suo talento.
Ileana pensava che
avrebbe comunque potuto rendersi utile all’esercito.
Aveva studiato le strategie che di solito i suoi fratelli adottavano in
battaglia: Xander era sempre in prima linea, a guidare i suoi cavalieri
nel
cuore dello scontro, mentre Leo, con Elise e i suoi maghi, costituivano
le
retrovie e l’ultima linea di difesa, pronti a entrare in azione nel
caso in cui
si dovesse suonare la ritirata; Camilla poteva giocare sia in attacco
che in
difesa, aiutando il maggiore nell’offensiva e coprendogli le spalle
dall’alto
durante la ritirata.
Se il re le avesse
permesso di addestrarsi come Incantatrice, avrebbe
potuto guidare una piccola squadra di assalto che potesse affiancare
Xander,
permettendogli di spezzare i ranghi nemici molto più agevolmente e
contando su
di lui per proteggersi da quegli assalti che una manciata di maghi non
avrebbe
mai potuto bloccare.
Ma era ancora tutto
molto incerto. C’era sempre quell’unico, enorme punto
di domanda: le sarebbe stato permesso anche solo di avvicinarsi
all’esercito,
incapace com’era di scatenare il potere delle vene drago?
Ileana sapeva che
quella capacità – o incapacità, nel suo caso – avrebbe
effettivamente deciso del suo futuro. Il re aveva bisogno che i suoi
figli
fossero dei generali, e catalizzare tutto quel potere poteva veramente
alterare
le sorti di uno scontro: era di fondamentale importanza che imparassero
ad
attivarle, e il prima possibile… eppure lei doveva ancora imparare
anche
soltanto a percepirle. Xander le aveva garantito che ne era in grado,
che ce
l’aveva nel sangue, ma lei non era mai riuscita a incanalare nemmeno
una goccia
di potere dai molti pozzi di energia draconica sparsi per tutta Euanthe
e per
tutta la Torre Nord.
Per molto tempo non
le era importato. Non era mai stata… adatta alla
guerra. Non le era mai pesato di non poter usare le vene drago, perché
significava non essere costretta a gettarsi subito nelle scaramucce con
il
regno di Hoshido o a partecipare alle contromisure adottate per sedare
le
ribellioni dei principati annessi in qualità di capo militare – un
ruolo per
cui lei sapeva di non essere assolutamente tagliata, ora come allora.
Tuttavia,
questa sua incapacità che lei aveva considerato un dono si era ben
presto
tramutato in una maledizione, non appena i suoi fratelli e sorelle
erano stati
chiamati a combattere negli scontri che stavano facendo Nohr a
brandelli…
mentre lei era stata condannata ad aspettare un segno di vita da parte
loro.
L’immobilità della torre le aveva dato sui nervi in fretta, rendendola
impaziente e nervosa, mentre la preoccupazione per i suoi fratelli la
divorava
viva.
Detestava tutt’ora
l’idea di combattere, ovviamente, ma l’avrebbe
sopportato con gioia pur di essere al loro fianco, a proteggere loro e
quella
casa che loro amavano tanto.
Eppure la sua
risolutezza non aveva destato alcun potere. Appena aveva
cominciato a temere che sarebbe stata condannata ad aspettare in
eterno, il re
aveva deciso di richiamarla a Krakenburg, convinto che ormai non ci
fosse più
nulla che potesse imparare rinchiusa nella sua torre d’avorio. Ileana
poteva
solo sperare che avesse un piano, qualcosa per svegliare il sangue di
drago
ancora silente in lei, che conoscesse qualcosa che lei e Xander
ignoravano o a
cui non avevano ancora pensato.
“Andrà
tutto bene.” si disse per rassicurarsi, riaggiustando il
mantello per l’ennesima volta. “Smettila di aspettarti in
peggio. Saprà cosa
fare. Andrà tutto benissimo.”
Un ultimo sguardo
allo specchio e, dopo un lungo respiro, Ileana girò su se
stessa, col mantello che le ondeggiava intorno in un modo che la fece
sorridere, e uscì dalla stanza.
Si era giusto
chiusa la porta alle spalle quando lo sentì, appena in tempo,
e si scansò a sinistra.
Thud.
Si voltò, per nulla
preoccupata, per guardare il pugnale affondato nel
legno proprio all’altezza delle sue orecchie. Alzò gli occhi al cielo.
-Mancata!- annunciò
alla stanza vuota e, proprio come aveva previsto, la
figura di un uomo emerse dalle ombre dietro a una delle lunghe, spesse
tende
purpuree che incorniciavano le finestre del salottino fuori dalle
stanze del
sarto.
-Non potete davvero
darne la colpa a me. Siete sempre stata molto brava ad
evitare qualunque lunga, rigida cosa diretta contro di voi.- la prese
in giro
mentre le si avvicinava, lasciando che le ombre si ritirassero dal suo
volto
per permetterle di vederlo: pelle olivastra, capelli candidi, benda
sull’occhio
e sorriso perfido, proprio come lei lo ricordava. -È un tale piacere
vedere che
non avete perso i vostri riflessi.-
-Volevi testare i
miei riflessi? Sarebbe questa la tua scusa?- replicò lei,
il sorrisetto che si faceva furbo. -Mio adorato Niles, se ci tenevi
così tanto
a trafiggermi con qualcosa dovevi solo chiedere.-
Una scintilla
baluginò nell’unico occhio blu elettrico di lui. -Occhio a
quella lingua, principessa. Potrei essere tentato di farne buon uso…-
-Un avvertimento
del genere, proprio da te?- lo prese in giro, ma c’era un
sorriso sincero nella sua voce. -Comunque so che avevi mirato alla
porta.-
-Ma certo. Come se
potessi mai osare farvi del male, mia signora.- Niles le
concesse con un inchino, la tensione che gli abbandonava le spalle, la
cattiveria la voce, la malizia il viso. -Quanto mi sono mancati i
nostri giochi
di parole.-
Ileana annuì. Per
un attimo sembrò quasi volerlo abbracciare ma poi, dopo
un attimo, parve ripensarci. -Già. Ne è passato di tempo dall’ultima
volta che
sei venuto alla Torre Nord. Mio fratello ti tiene impegnato, deduco?-
Un suo sospiro e un
sorrisetto furono l’unica risposta che le offrì.
Ileana alzò gli
occhi al cielo. -Mi racconterai mai delle storie, Niles?-
Lui fece un passo
verso di lei, il ghigno che si accentuava quando lei si
rifiutò di fare un passo indietro. -I vostri fratelli non vi hanno mai
detto
che la curiosità uccise il gatto, mia signora?- la sua mano si alzò e
si
strinse sull’elsa del pugnale, strappando la lama dal legno con un
unico
strattone.
Lei non si scompose
né disse nulla, nemmeno quando il filo del coltello le
passò accanto al viso mentre lui rinfoderava l’arma. Sospirò. -Dubito
che le
mie storie soddisferebbero la vostra sete d’avventura, mia signora. Se
sono
storie d’eroi che desiderate, conosco un certo stregone che sarebbe
felicissimo
di raccontarvi le imprese di_-
SLAM!
-IO SONO ODIN
DARK!- gridò lo stregone che Niles aveva appena chiamato in
causa, come se l’avesse sentito, la porta del salottino quasi
brutalmente
divelta dai cardini tanto fu il suo entusiasmo. -ECCO GIUNGERE L’EROE
PRESCELTO
DAL FATO!-
-Giuro che non è
stato pianificato.- le sussurrò Niles all’orecchio mentre
l’Incantatore si metteva in posa.
-DEMONIO!- urlò
quello, il mantello che ondeggiava alle sue spalle mentre
stendeva il braccio con uno svolazzo, puntando un dito accusatorio
verso il suo
compagno. -Parto delle ombre più vili, hai tramato per sfuggire al mio
vigile
sguardo per corrompere la sacralità del nostro compito, MA GIAMMAI!
Nell’oscurità ho percepito i tuoi intenti malvagi e sono giunto qui,
sulle ali
del mio immenso potere, per proteggere la dolce principessa dalle tue
grinfie
peccatrici!-
La risata della
“dolce principessa” in questione riecheggiò per il salotto
e il corridoio mentre lei si lanciò in braccio a lui. -Mio salvatore!-
sospirò
con finto sollievo mentre si abbandonava tra le sue braccia, il dorso
di una
mano contro la fronte.
-Mia signora!
Ritrovarvi sana e salva doma l’ardore dell’antico sangue che
divampa nelle mie vene!- dichiarò lui mentre la prendeva tra le braccia
per
alzarla dal suolo, preso dall’entusiasmo. -Spero che il mio compagno
non abbia…
ecco… esagerato?- aggiunse in un tono più serio, davvero preoccupato,
mentre la
depositava delicatamente al suolo.
-Non temete, mio
eroe.- rise Ileana, scoccando un bacio sulla sua guancia.
-Si è comportato da vero cavaliere.-
Qualsiasi commento
di Odin sulla dubbia concezione del “comportamento da
vero cavaliere” di Niles gli sfuggì di mente non appena vide il
mantello
svolazzante che incorniciava la figura della principessa.
-MIA SIGNORA! La
più splendente delle oscurità vi ha accolta nel suo gelido
abbraccio!- esclamò, crollando in ginocchio e prendendole una mano tra
le
proprie. -La vostra aura, posso avvertirla salmodiare il suo canto di
gioia, e
destata infine dal suo sonno ora riluce d’impazienza in questo vostro
fragile
involucro di carne! Le ombre decantano il vostro nome e si diramano in
voi,
colmando il vostro innocente cuore della loro arcana magia! Creatura
della
notte, voi siete l’emblema dell’occulto splendore di una campionessa
incoronata
dalla Magia Profonda stessa!- le lasciò un bacio lieve sul dorso della
mano.
-Oh, quali incanti tesseranno queste dita! I vostri nemici cadranno nel
terrore
dinanzi al vostro sconfinato potere, e ringrazieranno i loro dei che
sia la
vostra mano, incantevole portatrice di morte, ad aver donato loro la
pace
dell’ultimo respiro sulle ali nere di un cigno!-
Ileana sorrise
nonostante il rossore che le pervadeva il viso a quella
cascata di complimenti, per quanto improbabili, ma Niles sbuffò.
-Va bene, Odin,
abbiamo capito. Lei è deliziosa e tu sei a metà strada tra
chiederla in sposa e avere un orgasmo.- sogghignò, Niles, al suono
strozzato
con cui gli rispose il mago e al rossore più vivido che si estese al
collo
della principessa. -Ora, possiamo andare dal re oppure vuoi essere tu a
spiegare perché l’abbiamo accompagnata all’udienza in ritardo?-
Non servirono altre
parole perché Odin saltasse in piedi. -Siate pronta,
principessa, al destino che si snoda dinanzi a noi!- la prese
sottobraccio e
cominciò a guidarla in corridoio, fuori dal salotto. -Canterò la vostra
beltà
mentre ne percorreremo gli ardui sentieri, pronti a compiere ciò che è
stato
inciso fra i rovi che ci accompagnano nel nostro cammino! Che ogni
pietra di
questo castello si pieghi al vostro cospetto, e che ognuna rimembri il
vostro
passaggio e si inchini al vostro volere quando solcherete nuovamente
questi
luoghi!-
Il sorriso di
Ileana tremò. -Oh, Odin, non è davvero necessario…- provò a
dire, ma lui la ignorò del tutto.
-Principessa, è mio
dovere rendervi omaggio! Sarebbe un peccato mortale non
concedere ad ogni anima di questa terra dannata la consapevolezza della
meraviglia che muove or ora i suoi primi passi fra questi irti pericoli
e i più
seducenti degli intrighi!- trillò lui, imperterrito, il suo braccio ben
stretto
al proprio. -Ora, dove ero arrivato? Ah, sì! Sulle ali di un cigno che
ha
sottratto al corvo il suo piumaggio, voi condurrete_-
La voce di Odin
divenne un trascurabile rumore bianco nella mente di Niles:
dopo tanti anni passati a lavorare fianco a fianco, aveva imparato a
smettere
di ascoltare quando il suo compagno si perdeva in quei suoi discorsi di
eterna
gloria e profonda oscurità – una questione di sopravvivenza, a suo
modesto
parere, considerate tutte le ore che si ritrovava a passare in sua
compagnia.
Si incamminò dietro ai due, mantenendosi a qualche passo di distanza,
l’occhio
vigile che scrutava i muri per cogliere ed anticipare qualsiasi
eventuale
minaccia – certo, probabilmente non ce ne sarebbero state, ma non si
poteva mai
essere troppo cauti.
Passando da una
parete all’altra, il suo sguardo rimase impigliato per
qualche secondo sul rossore che ormai ricopriva viso, orecchie e
addirittura
spalle della principessa. Non poté trattenere un sogghigno a quella
vista: lei
aveva sempre tollerato e persino partecipato alle stranezze di Odin,
tanto
quanto alle battute sconce di Niles… ma era timida, quella ragazza, e
dolce, e
non era del tutto a proprio agio al centro dell’attenzione – specie
quando
quell’attenzione era rumorosa come poteva essere soltanto Odin.
Oh, sì, la
principessa era sempre stata dolce – anche se, dal suo punto di
vista, non era sempre stato così. Aveva impiegato anni per smettere di
odiarla,
per riuscire a vederla per ciò che era: un folletto di bambina, sempre
così
felice di passare da un abbraccio a un altro, sempre così affamata di
ogni
segno d’affetto mostratole dai suoi fratelli e sorelle, inseguita da
quel
profumo di biscotti allo zucchero che lei preparava e che non mancava
mai di
infilare nelle tasche di suo fratello e delle sue guardie. Si chiese
per un
istante se avesse ancora l’odore di biscotti impigliato addosso,
quell’aroma
fragrante di pasta frolla appena uscita dal forno sulla pelle…
Un lieve sogghigno
si disegnò sulle sue labbra profane: l’idea di
accostarsi a lei, alla ricerca di quel profumo zuccherino nascosto tra
i suoi
capelli, era una tale tentazione, e Niles si scoprì a leccarsi le
labbra. Ma
Odin avrebbe gridato all’eresia e forse l’avrebbe persino sfidato per
l’onore
della sua “signora”… ovviamente, sempre che quest'ultima non finisse
per dare
fuoco a tutto – se stessa compresa – per la sorpresa e l’imbarazzo.
Soffocando una
risata, le concesse un ultimo sguardo di apprezzamento – non
aveva esagerato quando, rispondendo ad Odin, l'aveva definita
deliziosa: era
diventata proprio una bella bambolina…
…un peccato che
sarebbe stata fatta in tanti pezzettini nel giro di pochi
giorni, non appena la corte nohriana avesse allungato le mani su di lei.
Sapeva che la
stavano aspettando, e da tempo. Poteva già quasi vederli,
protesi verso di lei con quei loro artigli e zanne snudate, affilate
apposta
per affondarle nella pelle più facilmente, celati dietro sorrisi di
benvenuto e
lingue d’argento che nascondevano lo scintillio delle lame dei pugnali.
Dovevano solo
aspettare un’occasione, che il re le voltasse le spalle… e lo
avrebbe fatto sicuramente se lei avesse fallito quella specie di test
che aveva
in serbo per lei. A re Garon non serviva a nulla qualcuno che non
sapesse
sfruttare il potere del sangue che le scorreva nelle vene, se non a
produrre
eredi in grado di farlo.
Lui lo sapeva, e
sapeva che lo sapevano anche loro: li aveva sentiti
complottare, aveva sentito i sussurri silenziosi che aleggiavano per i
corridoi, di cui lui si nutriva quotidianamente. Strisciavano, quelle
voci,
mormoravano, raccontavano di una principessa ingenua che non aveva
ancora
sbloccato il potere dei draghi, e pregavano che fallisse la prova del
re,
sapendo che i suoi fratelli non avrebbero potuto proteggerla. Sapeva
che
avevano già fatto dei piani, che c’erano già trappole pronte a scattare
negli
gli anfratti più bui del castello, che le loro mani fremevano per
toccare, prendere,
strappare, il sangue della principessa votato in sacrificio perché loro
potessero arrivare più vicini al Trono di Spine.
Questa era la corte
di Krakenburg… ma lei non lo sapeva.
Era cresciuta
rinchiusa in una torre, lontana dagli intrighi e dalla
politica, circondata dall’affetto incondizionato dei suoi parenti e dei
suoi
custodi, ma la realtà della capitale era molto, molto diversa dalla
vita che
aveva condotto fino a quel momento.
L’avrebbe travolta,
senza pietà, all’improvviso, fredda come il ghiaccio.
Non era sicuro che
sarebbe sopravvissuta, e sapeva di non essere l’unico ad
avere quel timore: il principe Leo non aveva condiviso con lui le sue
preoccupazioni, ma lui le aveva lette nell’irrequietezza dei suoi
occhi, nel
pallore delle mani che stringevano Brynhildr più convulsamente del
solito.
Sapeva cosa pensava ed era d’accordo: Ileana non era pronta.
Certo, era una dei
più abili e dotati maghi che avesse mai visto… seconda
solo a Leo, forse, e con tanto talento da potersi confrontare anche con
lui. Il
fratello l’aveva addestrata di persona, con uno zelo nato da un errore
commesso
così ingenuamente, ma che non si era mai perdonato.
Niles stesso era
stato suo insegnante, per un po’: dopo quel… piccolo
imprevisto con un incantesimo di fuoco commesso quando era giovane e
davvero
troppo entusiasta, il fratello l’aveva costretta ad imparare a mirare
con arco
e frecce, prima di permetterle di allungare le mani su un libro di
magia. Ma
Ileana era stata preparata alla battaglia, e non agli intrighi che
costituivano
le vere e proprie pareti del castello di Krakenburg.
I suoi fratelli
avrebbero cercato di proteggerla, ovviamente, di fare da
schermo tra lei e quei nobili sempre pronti, in agguato, alle spalle.
Loro
erano cresciuti a Windmire, erano abituati alle brutalità che i nobili
erano
disposti a compiere e che avevano reclamato le vite di tutti i loro
vari
fratellastri e sorellastre. Sapevano quando sorridere e quando
minacciare, come
evitare le trappole per rispondere colpo su colpo con la medesima
cattiveria,
sapevano tirare sempre il filo giusto per guardare interi complotti
disfarsi ai
loro piedi, e potevano crearne di altrettanto intricati per proteggere
se
stessi e i loro cari.
Ma non avrebbero
potuto proteggerla per sempre, non quando avevano i loro
doveri nei confronti del re da portare a termine.
Prima o poi, Ileana
sarebbe rimasta sola e, senza la protezione del padre,
sarebbe stata la sua fine.
Il suo occhio le
accarezzò di nuovo la pelle: già poteva distinguere i
lividi, i tagli, il sangue scorrere a saziare la sete del castello –
già poteva
vederla, sanguinante, spezzata, ferita, le guance rigate di lacrime
lucenti, il
suo bel visino distorto dal dolore e dalla paura.
Anni prima, quelle
immagini lo avrebbero fatto gemere di piacere, volere di
più, avrebbero portato le sue dita a stringersi sull’elsa di un
pugnale. Oh,
quanto, quanto l’aveva odiata – aveva odiato il suo disinteresse, la
sua
leggerezza, la sua innocenza… Ma col passare del tempo, mentre lei
cresceva –
il cuore più pesante, i pensieri più cupi, il futuro più incerto –
quell’odio
era diminuito fino a svanire.
Non meritava di
essere lasciata in balia della nobiltà. Certo, una buona
dose di realtà era quello che serviva a quella ragazza ingenua per
svegliarsi
dalla vita dorata che aveva condotto fino a quel giorno, ma quello era…
troppo.
Non era quello che le avrebbe certo augurato – dopotutto, il suo dolore
sarebbe
stato quello del principe Leo. Ed era un suo preciso dovere impedire
che
qualsiasi cosa facesse del male al principe.
Ileana doveva passare
la prova del re. Doveva, se voleva avere anche una
sola possibilità di sopravvivere.
Forse gli sproloqui
di Odin non erano poi così male, dopotutto: almeno la
principessa era troppo occupata a imbarazzarsi per preoccuparsi di
quello che
l’attendeva…
-Vi ho mandato a
recuperare mia sorella perché la aiutaste a trovare la
strada per la sala del trono, non perché gliela faceste perdere.-
La voce del
principe Leo aveva il potere di fermare sul nascere, senza
sforzo alcuno, anche le più rumorose, mirabolanti parole che la
fantasia di
Odin riusciva a mettere insieme. L’Incantatore sobbalzò, slegando
immediatamente il proprio braccio da quello della principessa per
inchinarsi al
suo principe balbettando scuse e spiegazioni. Anche Niles fece un
inchino, un
sorrisetto di scuse l’unica risposta allo sguardo accusatore di Leo.
Leo sospirò. -Da
qui ci penso io.- decise, interrompendo di nuovo gli
sproloqui di Odin. -Voi potete andare. Aspettatemi nel mio studio, vi
raggiungerò lì terminato l’incontro con mio padre.-
E poi girò sui
tacchi, senza nemmeno fermarsi a controllare che i suoi
ordini venissero eseguiti – sapeva che l’avrebbero fatto, come sempre,
anche se
solo dopo le loro solite stupidaggini: Odin si sarebbe inerpicato in
qualche
discorso dei suoi, Niles sarebbe stato Niles e l’avrebbe imbarazzato
così tanto
da farlo smettere per poi prenderlo in giro senza pietà mentre si
incamminavano. A Leo, di solito, piaceva restare a guardarli, perché
per quanto
potessero essere frustranti le stranezze delle sue guardie riuscivano
sempre a
farlo sorridere.
Tuttavia quel
giorno non era proprio dell’umore per sopportare delle
sciocchezze e, così, si girò, incamminandosi con passo svelto inseguito
dall’eco dei passi concitati di Ileana.
-Siamo in ritardo,
fratello?- gli chiese quando lo ebbe raggiunto,
preoccupata.
Leo si costrinse a
espirare quel sospiro che non poteva fare a meno di
trattenere, e a rallentare. Le offrì il braccio, che lei strinse con un
sorriso
e una domanda negli occhi. -No, siamo puntuali. Perdonami, sorella. Ho
delle
cose per la testa.- la mano guantata coprì quella di lei, attenta a non
impigliarsi nel pizzo che le velava le braccia.
Il sarto aveva
davvero fatto un ottimo lavoro con le sue vesti, doveva
ammetterlo. Ileana era incredibile, così avvolta da nero e oro e verde,
da
armatura e pizzi. Era semplicemente stupenda, e in battaglia sarebbe
stata
terribile, con i contrasti di luce e ombra che caratterizzavano la
magia
Profonda in cui lei era tanto brava – proprio come per Camilla, avrebbe
trasformato quella bellezza in un’arma, fatta per ispirare i suoi
alleati e
distrarre i suoi nemici.
O, almeno, lo
sarebbe stata, una volta che avesse provato la sua forza, il
potere del suo sangue. Fino ad allora, quella bellezza sarebbe stata
solo una
tentazione. Leo si ritrovò a ringraziare ogni stella del cielo di Nohr
per
essere riuscito a tenere la data del suo arrivo a Krakenburg lontana
dalle
orecchie della corte. L’ultima cosa di cui aveva bisogno quel giorno
era la
nobiltà che veniva a dare un’occhiata al loro potenziale giocattolino
nuovo.
Si fermò, così
all’improvviso che Ileana inciampò leggermente, ma lui se ne
accorse a malapena mentre la sua mente correva a mille miglia all’ora.
-Leo,
che_?-
-Quando entreremo
nella sala del trono…- cominciò, la bocca asciutta, i
nervi a fior di pelle. -…non saremo lì in qualità di figli. Saremo dei
soldati
di fronte al loro re. Capisci?-
Il suo silenzio, il
modo in cui la sua mano si strinse sul suo braccio gli
dicevano che no, non capiva cosa stesse succedendo, ma che qualche
parte di lei
comprendeva che non fosse niente di buono.
-Non rispondergli.-
continuò, voltandosi verso di lei e prendendole il viso
tra le mani, il peso dei suoi errori a gravargli sulle spalle. -Non
contestare.
Non importa cosa ti dirà, va bene? Solo accetta gli ordini, e se c’è
qualunque
problema lo risolveremo insieme, tra di noi, e faremo comunque sembrare
che tu
abbia fatto tutto quello che ti ha chiesto. Okay?-
-Leo…- le sue dita
si intrecciarono a quelle che le toccavano le guance
mentre lei gli permetteva il contatto, gli occhi verdi attenti che
reggevano il
suo sguardo bruno. -Cosa succede? Cosa non mi hai detto?-
Fu l’orgoglio a
gonfiarglisi in petto. Certo che aveva capito. Era
intelligente, checché ne dicesse lei o chiunque altro, e lui aveva
fatto in
modo di addestrare e affilare quell’intelligenza in ogni modo possibile.
Non dirle. Quello
era stato il loro errore – di Xander, di Camilla, suo.
Erano sempre stati così ansiosi di proteggerla, di farla felice, che
non si
erano mai preoccupati davvero del giorno in cui lei sarebbe dovuta
entrare nel
mondo di Krakenburg finché quel giorno non era stato troppo vicino
perché
potessero continuare a ignorarlo. Avevano trasformato lei e la Torre
Nord in un
rifugio in cui gli intrighi non esistevano, ma Leo ora non riusciva
quasi a
respirare al pensiero che, forse, avevano scavato la tomba della
sorella con le
loro stesse mani.
L’avevano protetta
troppo, tenuta all’oscuro troppo a lungo – proteggevano
Elise con la stessa determinazione, ma almeno Elise era lì al castello
e poteva
vedere con che ambiente avrebbe dovuto confrontarsi prima o poi, per
quanto
schermata e di poca importanza fosse adesso. Ma Ileana non aveva avuto
nemmeno
quella possibilità. E adesso doveva entrare, del tutto alla cieca,
senza
nemmeno sapere che tipo di re fosse il loro padre né come comportarsi
di fronte
a lui.
“Hedi, perdonaci.
Cos’abbiamo fatto?”
Ileana reclinò il
capo di lato mentre lui le passava il pollice sulla
guancia, sempre più perplessa e preoccupata. -Leo? Mi stai spaventando.-
Bene, avrebbe voluto
dirle. Aveva ottime ragioni per essere spaventata, e lui
avrebbe voluto spiegargliele tutte, una per una, avvertirla, fare
quello che
avrebbe dovuto fare già da tempo.
Ma non poteva. Non
ne aveva il tempo, né le parole.
Così forzò un
sorriso, ingoiò il groppo in gola, e disse solo: -Perdonami,
sorella. Non è nulla. Mi sono solo dimenticato di dirti quanto tu sia
bella.-
le soffiò un bacio sulla tempia, ignorando le sue domande e la
preoccupazione
nei suoi occhi. -Andiamo adesso, siamo attesi.-
Ringraziando il
Drago Nero, erano oramai solo a un paio di corridoi di
distanza dalla sala del trono, perché Leo non avrebbe potuto sopportare
il peso
di quegli occhi per un minuto di più.
-Sorella!- Elise
trillò quando li vide avvicinarsi, lanciandosi addosso ad
Ileana per stringerla in un abbraccio.
Anche Camilla si
avvicinò, ma decise di lasciare le sorelline alle loro
dimostrazioni d’affetto per un po’. Leo fu decisamente sorpreso di
sentire le
braccia della sorella maggiore che se lo stringevano addosso in un
abbraccio
tutto per lui.
-Mio dolce Leo, sei
pallido come un lenzuolo!- lo rimproverò, permettendogli
di respirare solo per prendergli il volto tra le mani ed esaminarlo da
vicino.
-Sei certo di stare bene?-
Lui arrossì, non
abituato a tutta quell’attenzione, ma qualcosa in lui era
ben contento che qualcuno notasse il suo stato e se ne preoccupasse.
-Sto bene,
Camilla!- soffiò, inevitabilmente.
-Ah, fratellino.
D’accordo, d’accordo, ti lascio stare. Spero di non averti
infastidito troppo.- ridacchiò lei in risposta, le dita a riordinare i
capelli
che gli aveva arruffato lei stessa. Leo si rifiutò di replicare,
sbuffando in
risposta, così la maggiore delle principesse di Nohr spostò la propria
attenzione sulle sorelle. -Ileana, mia cara. Sei splendida.-
Il suo commento
parve richiamare l’attenzione di Xander, che era rimasto
immerso nei suoi pensieri in silenzio vicino alla porta mentre le sue
sorelle
si salutavano. Si voltò giusto in tempo per vedere Camilla attirare
Ileana –
con Elise ancora appiccicata a un braccio – in uno dei suoi abbracci
mentre Leo
alzava gli occhi al cielo e brontolava qualcosa sul cercare di non
soffocarla.
Ma fu Xander a
soffocare per lei, quando i suoi occhi si posarono sulle
vesti che coprivano – o, per essere più precisi, scoprivano –
il corpo della sua sorellina.
Ileana era snella e
minuta, com’era sempre stata. Lui l’aveva sempre
saputo, ma era sempre stato così preoccupato di come il suo corpo si
muovesse
durante l’addestramento che non si era mai fermato a notare come fosse
si fosse
ammorbidito nel tempo. Le trasparenze degli abiti che indossava erano
aderenti
e mettevano in evidenza tutte le curve che il suo corpo aveva maturato,
ma
copriva abbastanza da lasciare qualcosa all’immaginazione e da spingere
un
osservatore a chiedersi quando morbida potesse essere la sua pelle
chiara sotto
tutti i veli neri che la coprivano.
L’incrocio di
nastri dorati incatenava gli occhi ai suoi fianchi,
guidandoli su per la vita snella e sfidandoli a proseguire oltre, ad
accarezzare quel lembo di pelle lasciato scoperto prima che altra
stoffa e
alamari scintillanti le nascondessero la gola. Il mantello le scendeva
dalle
spalle – probabilmente il suo pezzo preferito della divisa – come un
paio d’ali
nere, rivestito di un verde scuro e vibrante che ben si sposava coi
suoi occhi.
Se lo stava già stringendo addosso, di certo sentendosi esposta e
leggermente
infreddolita, coperta com’era da nient’altro che dai copribraccia di
pizzo che
partivano dal polso e si avvolgevano fin sotto le sue spalle.
Xander sentì
qualcosa ringhiargli nel petto alla vista di sua sorella, e
per un momento considerò seriamente l’idea di trascinarla di nuovo dal
sarto e
dargli una lavata di capo per aver confezionato alla sua principessina
qualcosa
di così succinto.
-Di chi è stata
l’idea di presentarla all’esercito come Maga?- sibilò
nell’orecchio di Leo mentre faceva un passo per avvicinarsi alle
sorelle.
-È l’unico rango
base del nostro esercito armato di libri di incantesimi.-
il fratello gli ringhiò indietro sotto voce, chiaramente infastidito.
-Sai che
non posso darle una promozione finché non risolviamo questa seccatura
delle
vene drago. Ho già in mente qualcosa, a riguardo. Ne parleremo appena
riuscirai
a trovare del tempo per me, fratello.-
Xander sapeva che
aveva ragione – Leo aveva sempre ragione – ma lui non
poteva fare a meno di irritarsi al pensiero di ogni uomo dell’esercito
che
avrebbe lasciato vagare gli occhi viscidi sulla sua principessina.
Il portone della
sala del trono si aprì con uno schianto, e sulla soglia
comparve un uomo dai capelli scuri. Xander camuffò la propria smorfia
con il
suo cipiglio da Principe Ereditario – “A proposito di viscido…”
ringhiò
tra sé e sé.
-Miei principi, mie
principesse.- li salutò tutti questo con un profondo
inchino, la maschera dorata che gli copriva mezza faccia a tenergli
indietro i
capelli lunghi. -Ah, lady Ileana. Permettetemi di presentarmi
formalmente,
questa volta: sono Iago, primo consigliere del re e stratega
dell’esercito
nohriano.-
Ileana sentì la
pelle accapponarsi in risposta al modo in cui la guardava,
ma ignorò il brivido che le corse lungo la schiena. Fece un cenno nella
sua
direzione, una semplice cortesia richiestale dall’etichetta di corte.
-È un
piacere, Iago. Ma non ricordo di avervi mai incontrato.-
Il sorriso
dell’Incantatore si trasformò in un ghigno che le gelò il sangue
nelle vene. -Venni una volta alla Torre Nord per avere notizie del
vostro
addestramento. Ovviamente, rimasi positivamente impressionato dalle
vostre
abilità magiche. Ma è stato anni fa. Siete cresciuta…-
Quell’ultima
aggiunta fece irrigidire Leo, e Xander fece un passo verso lo
stratega, effettivamente piazzandosi tra lui e la sorella. -C’è
qualcosa che
devi comunicarci, Iago?- gli chiese, bandendo i convenevoli.
-Il re è pronto a
ricevervi, milord.- Iago gli rispose subito, liberando
l’entrata alla sala del trono e facendogli segno d’accedere con uno
svolazzo
della mano.
Il Principe
Ereditario annuì, e fece segno alle sorelle di seguirlo con un
cenno. I principi e le principesse di Nohr entrarono nella sala del
trono, uno
alla volta, Xander per primo ed Elise per ultima. Ileana era in fila
dietro
Leo, il cuore che batteva forte nel petto e la bocca secca mentre
oltrepassava
quella soglia. Tutto il nervosismo che la compagnia dei suoi fratelli e
delle
loro guardie aveva tenuto a bada durante la sua prima mattinata a
Krakenburg
rialzò la testa, e lei strinse i pugni per farsi forza. Prese un
respiro
profondo mentre si metteva in riga, i fratelli e le sorelle accanto a
lei, e si
sforzò di trovare il coraggio di guardare in direzione di quel padre
che non
vedeva da dodici lunghi anni.
Re Garon sedeva sul
suo trono nero, un’ascia imponente dall’aspetto letale
appoggiata al muro alla sua destra, pronta all’uso. Si alzò in piedi
mentre i suoi
figli si inchinavano a lui, e Ileana si trovò a tremare notando quanto
semplicemente torreggiava persino su Xander. Era alto quanto il
maggiore dei
suoi figli, se non di più, ma aveva un fisico molto più robusto… e lì
finiva la
somiglianza tra padre e figlio. Ileana si era sempre immaginata il
padre come
una copia più adulta del fratello maggiore, ma in quel momento si
accorse di
aver commesso un errore: non c’era assolutamente nulla di Xander nel
re, se non
il cipiglio serio e la tonalità degli occhi.
Quell’uomo era
così… estraneo.
-Ileana.-
Sobbalzò quando lo
sentì pronunciare il suo nome, senza alcun preavviso.
Quasi scattò sull’attenti, le mani strette dietro di sé, la schiena ben
dritta.
-Sì, padre.-
-Benvenuta a
Krakenburg, figlia mia.- la accolse, la voce profonda che
ringhiava come un tuono e riecheggiava su per la volta della sala del
trono e
fin nelle sue ossa. -Spero che tu abbia avuto l’occasione di
riprenderti dal
tuo viaggio.
-Grazie, padre. E
sì, mi sono ripresa.- disse con un piccolo inchino, il
capo chino di fronte a lui. -Sono venuta a servirvi al meglio delle mie
capacità.-
Il re la soppesò
con lo sguardo, in silenzio, e lei osò sperare che fosse
contento di lei. -I tuoi fratelli mi hanno raccontato delle meraviglie
che sei
in grado di compiere con un libro di magia tra le mani.- Ileana
arrossì, e fece
del suo meglio per soffocare il sorrisino compiaciuto. -Tuttavia, mi
dicono
anche che non sei ancora in grado di svegliare il tuo sangue ed
attivare le
vene drago.-
Ileana sentì il
rossore farsi bruciante e tenne il capo chino, le unghie a
scavarle i palmi delle mani, una spiacevole stretta d’ansia a chiuderle
la
bocca dello stomaco. Lottò contro l’istinto di stringersi intimorita
nel
mantello. -S_sì, padre.-
Il Re d’Ossidiana
ridacchiò, un suono scuro che le punse la pelle. -Non c’è
bisogno di essere così tesa, figlia mia.- disse lentamente, e se
l’indulgenza
nella sua voce fece rilassare le spalle del Principe Ereditario drizzò
invece
le orecchie di Leo, lo sguardo che andava avanti e indietro tra padre e
sorella. -Ho discusso la tua situazione con Xander, e mi sembra che
tutto ciò
che ti serve per sbloccare il potere dormiente nel tuo sangue è… solo
un po’ di
pratica.-
Ileana scoccò uno
sguardo a Xander, che annuì incoraggiante, il cipiglio
sul viso che si distendeva appena. Loro padre aveva un piano per
aiutare Ileana
con il suo blocco, e non sembrava affatto preoccupato, e questo gli
bastava.
-C’è una fortezza
abbandonata al confine con Hoshido sull’Abisso Infinito.
Voglio sapere se l’edificio è ancora in buono stato, per farne un
avamposto per
le nostre armate. Non dovrebbe esserci bisogno di combattere, ma
potreste
incontrare degli hoshijin in ricognizione, quindi voglio che tu sia
pronta a
difenderti.- Ileana annuì, così il re continuò: -Nessuno dei tuoi
fratelli ti
accompagnerà, ma non per questo ti manderò da sola. Prenderai con te
una
guarnigione di soldati che obbedirà ai tuoi ordini. Sarai anche
accompagnata da
Gunter, da una delle tue guardie, e da un veterano della mia guardia
personale.
Inoltre, per essere certo che non ti accada nulla…-
Il Re d’Ossidiana
fece un cenno con una mano e Iago avanzò di un passo, una
spada e un fodero tra le mani. Li offrì allo sguardo attento di Ileana,
e
Xander colse un lampo di apprensione nei suoi occhi verdi.
Garon proseguì:
-Questa è Ganglari, forgiata con il potere di un altro
mondo. I tuoi fratelli mi dicono che preferisci la magia, ma sei anche
stata
addestrata alla spada. Voglio che tu porti questa lama con te, cosicché
se la
tua magia fallisse per qualsiasi motivo, avrai comunque modo di
proteggerti.-
fece una pausa, gli occhi scuri che soppesava l’esitazione nelle mani
della
figlia. -Prendila, bambina mia. Non partire lasciando tuo padre a
temere per
te.-
Ileana colse il
sorriso incoraggiante di Xander, e annuì al re, mite.
Mentre suo padre tornava a sedere sul Trono di Spine, Iago le si
avvicinò, la
spada tra le mani. -Permettetemi, milady…-
Leo si mise in
mezzo ancora prima che l’Incantatore finisse di parlare, le
mani esigenti tese di fronte a sé. Qualcosa di venefico passò sul volto
di
Iago, ma così rapidamente che Ileana si chiese se non se lo fosse solo
immaginato. Consegnò la spada al secondo principe di Nohr senza
un’altra
parole, e Leo la prese frettolosamente. Tornò in linea con i suoi
fratelli, e
Ileana sentì l’elsa della lama sfiorarle la mano. La magia che la
pervadeva la
fece rabbrividire quando le sue dita si strinsero sull’impugnatura.
-Ti ringrazio per
la tua generosità, padre.- disse inchinandosi, azzardando
un sorriso in direzione dell’uomo seduto sul suo trono oscuro.
-Partirai non
appena possibile. Tuo fratello Leo ti aiuterà con le
preparazioni e nel decidere la strada da percorrere.- Garon fece un
cenno con
la mano, e Leo strattonò discretamente il braccio di Ileana: erano
appena stati
congedati. -Xander. Voglio che tu cominci a preparare le nostre truppe.
Voglio
che un pezzo del nostro esercito vada ad occupare la fortezza non
appena Ileana
ne avrà preso possesso.-
-Sarà come volete,
padre.- disse solennemente il Principe Ereditario,
chinando il capo di fronte al suo re.
-Ileana.-
Ileana si bloccò
sulla soglia, la voce del padre improvvisa come un colpo
di frusta. Si volse verso di lui.
-Non deludermi.-
Deglutì, e si
inchinò di nuovo. -Non accadrà, padre.-
.
§
.
Un fulmine spaccò
in due il cielo sopra la sua testa, e Ileana sorrise.
Le tempeste la
affascinavano: adorava vedere il cielo incupirsi, sentire
l’elettricità farsi guizzante, ascoltare il tuono ruggire in
lontananza. La
faceva sentire viva.
Là, nella sua
torre, aveva spesso passato le notti tempestose in bianco,
appollaiata davanti alla finestra, occasionalmente schiudendo i vetri
per
lasciar entrare un refolo di vento, qualche goccia di pioggia e il
profumo che
portavano con loro. Le uniche eccezioni erano state le notti in cui i
suoi
fratelli e sorelle si fermavano a dormire, quando il tempo era davvero
troppo
brutto per poter viaggiare. Durante quelle notti, quando era piccola,
faceva
finta di aver paura delle tempeste perché Xander e Camilla la
lasciassero
dormire con loro, tutti nello stesso letto, e piagnucolava finché non
andavano
a convincere Leo ad unirsi a loro.
Da grande aveva
cominciato a lasciare in pace il fratello e la sorella
maggiori, ma era stata Elise a prendere l’abitudine di infilarsi nella
sua
stanza – e lei aveva davvero paura delle tempeste, da piccola –, di
solito
trascinandosi dietro Leo per punzecchiarlo finché non si decideva a
leggerle
una storia della buonanotte; una volta messa a letto Elise, Ileana e
Leo
avevano trascorso un numero indefinito di notti svegli fino all’alba,
chini sui
libri di incantesimi tanto da addormentarcisi sopra.
Le tempeste
sapevano di famiglia, e non esisteva niente che Ileana amasse
di più della sua famiglia.
-Come facciate a
mantenere quel sorriso in questo miserabile posto
dimenticato dai Draghi è per me un mistero, Lady Ileana.- borbottò
Jakob,
irritato, mentre le passava una tazza di porcellana piena di tè caldo.
-Ed è per me un
mistero come tu abbia pensato di portare un servizio da tè
durante una marcia militare, Jakob.- rispose lei, con un sorrisetto. Il
suo
fedele maggiordomo le sorrise, ma un’altra voce si intromise prima che
potesse
risponderle.
-Ha ragione,
ragazzo. Questo non è assolutamente il posto per le tue
fragili porcellane.- ringhiò un Gran Cavaliere avvicinandosi al trotto
a
cavallo di una giumenta nera, la fedele lancia ben stretta in mano.
-Non sei
più alla Torre. Devi adattarti, comportarti di conseguenza. Non puoi
continuare
a viziare la tua padrona in questo modo, sotto il naso dei soldati. E
voi non
dovreste permetterglielo, milady.-
Ileana si scrollò
il rimprovero di dosso con uno svolazzo della mano,
restituendo la tazza al maggiordomo. -Lascia stare Jakob, Gunter. Si
sta solo
prendendo cura di me, come gli hai insegnato tu.- la smorfia del
cavaliere si
ammorbidì quando lei si avvicinò per lasciarsi aiutare a montare in
sella. Lei
gli soffiò un bacio su una guancia e si accomodò all’amazzone. -Però ha
ragione
lui, Jakob.-
Gunter sorrise
mentre Jakob alzò gli occhi al cielo, ma nessuno dei due
spese un’altra parola sull’argomento. Ileana cominciò a studiare le
pieghe nel
viso del cavaliere: Gunter era sempre stato serio da che aveva memoria,
ma il
cipiglio corrucciato che gli aveva incupito il volto da quando avevano
lasciato
la Torre Nord era… preoccupante.
Sembrava portare lo
stesso peso del pallore delle nocche di Leo mentre le
stringeva la mano fuori dalla sala del Trono, delle borse di
apprensione sotto
gli occhi di Xander mentre le augurava buon viaggio, delle dita di
Camilla che
le attorcigliavano i capelli come se non volesse lasciarla andare.
Ileana sapeva che
erano in ansia per lei – perché altrimenti sarebbe stato
stressato anche Gunter? – eppure non riusciva a capire il motivo di
tanta
preoccupazione… ma voleva scoprirlo: ad ogni costo.
-Gunter, mi porti a
fare un giro?- gli domandò, richiamando subito
l’attenzione del Gran Cavaliere. -Vorrei vedere l’Abisso.-
L’uomo ridacchiò, e
lei poté sentire la sua risata vibrare sotto tutti gli
strati di armatura che indossava. -Solo tu potevi chiedermi di portarti
a
vedere un panorama così desolato.-
-Beh, è una
desolazione diversa da quella che si vedeva dalla mia finestra
alla Torre Nord.- ribatté lei, e lui scosse la testa, divertito. -Ti
spiacerebbe restare qui, Jakob? Preferirei avere qualcuno a tenere
d’occhio
l’accampamento mentre mi allontano. Non staremo via a lungo.-
Il maggiordomo
sembrò voler obiettare, pronto a chiederle di poterla
accompagnare al precipizio, ma la fredda occhiataccia della principessa
lo fece
desistere. Nonostante avesse probabilmente trovato strano quel gesto,
Gunter
non si espresse e scrollò le redini di Serilda, stringendo saldamente
una mano
attorno alla vita di Ileana per stabilizzarla mentre trottavano verso
il
canyon.
Ileana rimase in
silenzio per tutta la cavalcata. Erano arrivati all’Abisso
Infinito il giorno prima, e avevano deciso di accamparsi per la notte
prima di
proseguire. Quella mattina, alle prime luci dell’alba, aveva ordinato
ad Hans
di prendere un drappello e andare in ricognizione: la via per
attraversare
l’Abisso era fatta di ponti sospesi e pericolanti, perfetti per tendere
un’imboscata… e, di fare un salto nel vuoto a causa di un’imboscata che
avrebbe
potuto tranquillamente evitare, lei non aveva proprio voglia.
Curiosamente, Hans
era un’altra ragione di stress tra i suoi cari. Non
appena Xander aveva scoperto chi era il veterano menzionato dal padre
si era
incupito in un modo che Ileana non aveva mai avuto occasione di vedere,
e Leo
era impallidito ancor di più. Persino Gunter sembrava indispettito
dalla
scelta: non c’era stato momento, nelle due settimane di viaggio che
Ileana e la
sua unità avevano impiegato a raggiungere l’Abisso, in cui l’aveva
lasciata da
sola con il guerriero.
E, ovviamente,
nessuno si era preso il disturbo di spiegarle il perché.
La sua irritazione
dovette palesarsi in qualche modo mentre lei era persa
nei suoi pensieri, perché Gunter le accarezzò un braccio in segno di
conforto.
-A cosa pensi, bambina?-
Ileana sbuffò.
-Cos’è che nessuno mi vuole dire?-
Seppe di aver
colpito nel segno quando la carezza del cavaliere si arrestò
bruscamente nell’incavo del suo gomito. -Cosa vuoi dire?-
-Ah no, non ci
provare!- sbottò, divincolandosi dalla sua stretta
affettuosa. -Sai esattamente cosa voglio dire! I miei fratelli, mia
sorella, le
loro guardie, tu… siete tutti preoccupati,
preoccupati per me,
ma nessuno mi vuole dire come mai!-
-Scricciolino__-
Quel nomignolo era
sempre stato in grado di calmarla, ma in quel momento
non sembrava in grado di poter placare la sua irritazione.
-Scricciolino un
corno. Devo sapere, Gunter. Hobisogno di
sapere, e lo sai!-
Gunter tacque per
una manciata di respiri, durante la quale la Maga non
abbassò mai i propri occhi verdi. -È per questo che mi hai chiesto di
portarti
qui?-
Non ebbe risposta,
ma il guizzo negli occhi di lei fu più che sufficiente.
Scosse la testa.
E così toccava a
lui, infine, dirle tutto. Toccava a lui mandare in
frantumi la sua visione del suo mondo, della sua famiglia, dell’uomo
che
chiamava padre. Toccava a lui devastare colei che aveva giurato – al
re, al
divino Drago Nero, a se stesso –
di proteggere da ogni dolore.
Sembrava che Nohr
potesse ancora, dopotutto, strappargli via ogni cosa.
Ileana dovette
accorgersi di quanto Gunter fosse a disagio perché, invece
di insistere, si limitò a fissarlo. Lui distolse lo sguardo,
lasciandolo vagare
sul canyon che si estendeva di fronte e sotto di loro.
L’Abisso Infinito
pareva uno squarcio nella terra stessa, come se una parte
del mondo fosse stata strappata via e il precipizio fosse la cicatrice
lasciata
dalla frattura.
Si diceva che il
crepaccio fosse senza fondo, un salto nell’oscurità eterna
che terminava con una morte cieca e inevitabile. Le rocce che
delineavano la
voragine erano appuntite, taglienti, e si protendevano verso il cielo
scuro e
perennemente tempestoso come fauci che non attendevano altro che la
possibilità
di inghiottire i cuori tremanti di coloro che tentavano di attraversare
i ponti
sospesi.
-Detesto questo
luogo con tutto me stesso. C’è qualcosa di sbagliato, qui.
La terra, il cielo…- scosse la testa. -Non è un posto per noi mortali.-
-Gunter.- Ileana
ringhiò, la voce che prendeva quell’inflessione rigida che
lui aveva imparato a riconoscere nei reali che davano un ordine
aspettandosi
che venisse esaudito.
Sospirò. -Non
dovrei essere io a parlartene, scricciolino.-
-Ma sei l’unico che
può farlo.-
Non poteva
discutere con quell’affermazione, così scosse il capo con
rassegnazione. -Riguarda… riguarda la corte di Krakenburg. I vostri
fratelli e
sorelle sono… apprensivi su come potrebbero accogliervi.-
Ileana sbuffò. -Leo
era apprensivo quando non sono riuscita a evitare
completamente uno dei fendenti di Xander mentre ci addestravamo e mi
sono fatta
un graffio. Sembrava sul punto di vomitare
bile quando mi ha
salutata.- toccò a lei sospirare. Abbassò il capo e, quando guardò di
nuovo
Gunter, c’era dolore nei suoi occhi. -Quello che ho visto nei volti dei
miei
fratelli e di mia sorella, e quello che vedo nel tuo volto adesso, non
è
apprensione. È… agonia.-
Gunter fece
scorrere le dita, coperte dall’armatura, tra i suoi capelli,
riavviandole le ciocche dietro le orecchie. Sembrava così ansiosa, così
impaurita… stava portando lo stesso peso che gravava sulle sue spalle –
che
gravava sulle spalle di tutti quelli che le volevano bene – senza
saperlo.
Il suo tocco si
arrestò sullo zigomo sottile e la mano di lei, più piccola
e delicata, coprì la sua, prolungando la carezza. -Per favore, Gunter.
Aiutami
a capire. Perché si preoccupano della corte?-
Lo stava guardando
con quei suoi occhi, così grandi e dolci. Non era mai
riuscito a negare niente a quegli occhi. Non ci sarebbe riuscito mai.
-Perché
il Castello di Krakenburg è un posto molto più impietoso di quanto tu
possa
immaginare.-
-Non capisco. Sono
in pericolo? Sarò in pericolo?- la sua fronte era
corrugata mentre cercava di dare un senso alle sue parole – ma come
avrebbe potuto,
con così tanti buchi da riempire da sola senza nemmeno un indizio?
-Anche se
supero la prova di mio padre?-
-È una possibilità,
sì. La corte è… brutale. I nobili non conoscono la
pietà, né il rimorso. Non è un ambiente facile in cui sopravvivere,
nemmeno per
coloro di sangue reale.- faceva male dover dire quelle parole, faceva
male
quanto la spada che aveva cercato di strappargli un occhio, eppure si
trovava a
doverle pronunciare lo stesso. -E, se tu fallissi…-
Un fulmine squarciò
il cielo in quel momento, diramandosi tra le nubi
oscure e pesanti, serpeggiando fino a terra. Gunter quasi poteva
distinguere il
punto esatto in cui era caduto, ma non vide altro che nuda roccia
annerita.
Ileana sembrava un
po’ più pallida, ma c’era qualcosa di deciso nel modo in
cui annuì. -Va bene. Raccontami tutto.-
-Scricciolino__-
tentò lui, ma lei lo interruppe girandosi a fronteggiarlo,
gli occhi imploranti che crepitavano come fuoco.
-Gunter. Meno so e
più sono vulnerabile. Indipendentemente da come vada
questa prova.- prese un respiro profondo, le mani che stringevano il
mantello
mentre se lo tirava di più attorno alle spalle. Stava tremando, ma se
fosse per
il freddo o la paura, lui non avrebbe saputo dirlo. -La domanda è: mi
lascerai
tornare tra i corridoi della mia stessa casa sola e indifesa, o mi
aiuterai a
proteggermi?-
Come se esistessero
davvero più risposte a quell’incognita.
Ileana era
perfettamente conscia di quanto si trattasse di una domanda
retorica: Gunter l’aveva amata, protetta, cresciuta e coccolata
praticamente da
sempre, e aveva rivestito quel ruolo che Garon non si era mai dato pena
nemmeno
di degnare di un pensiero.
Quella giovane,
stupenda donna che ora teneva fra le braccia… sembrava
passato così poco tempo da quando le aveva raccontato l’ultima fiaba
della
buonanotte, le aveva rimboccato le coperte e sfilato l’ennesimo libro
dalle
dita stanche che non avevano saputo reggere l’inesorabilità del sonno…
eppure
Ileana non era più la sua bambina: Ileana aveva abbandonato il nido e
spiccato
un primo, incerto volo in un cielo che prometteva soltanto oscurità e
sofferenza, ed ora non stava facendo altro che implorarlo di insegnarle
ad
usare le sue ali.
Come poteva negarle
la conoscenza? Lui stesso le aveva insegnato che la
conoscenza era saggezza, eppure era rimasto vittima di
quell’incantesimo
che quei grandi occhi verdi erano stati in grado di lanciare su
chiunque avesse
avuto il privilegio di incrociarne l’attenzione: aveva sbagliato,
racchiudendola in un abbraccio troppo stretto e soffocante e
rifiutandosi di
prepararla per ciò che l’attendeva al di là delle mura sicure della
loro casa…
ma ora, sull’orlo di un precipizio senza fine, poteva rimediare.
Poteva dare alla
sua bambina la verità di cui aveva disperatamente bisogno,
le armi che le sarebbero servite per diventare più forte e per imparare
a
destreggiarsi fra i venti che avrebbero sicuramente tentato di
arrestare violentemente
il suo volo prim’ancora che iniziasse davvero.
-Va bene.- sospirò,
e le prese una mano tra le sue, facendole distendere le
dita fredde in modo da poterle chiudere tra le proprie. -Va bene. Ti
spiegherò.-
Oh, ma da dove
cominciare—?
-Vostra Altezza!-
Beh, a quanto pare
avrebbe avuto tutto il tempo di porsi il problema, a
giudicare dall’espressione sconvolta del soldato senza fiato che
correva a
rotta di collo verso di loro.
-Tieniti.- Gunter
la avvertì, prima di passarle un braccio intorno ai fianchi
e lanciare Serilda al galoppo, giù per la cresta rocciosa su cui si
erano
fermati per intercettare l’uomo a metà strada. -Riposo, soldato.
Respira, e
consegnaci il tuo messaggio.-
-G_Gunter, signore!
Principessa Ileana! Grazie al Drago Nero…- il Mercenario
singhiozzò, piegandosi su se stesso ma cercando di non ansimare mentre
parlava.
-Siamo… siamo stati attaccati! Hans era entrato nella fortezza con
alcuni di
noi mentre gli altri restavano di guardia, ma… ma è stato l’unico a
uscirne! E
c’erano Samurai e Ninja hoshijin dietro di lui! A-abbiamo cercato di
ritirarci
pacificamente, ma non… non ci hanno ascoltato, e… e…- prese un respiro
più
profondo, una mano al petto. -Sono stato mandato avanti ad avvertirvi.
I miei
compagni stanno combattendo sui ponti, cercando di trattenere gli
hoshijin, ma
stanno… stanno…-
-Grazie, soldato.-
lo interruppe Ileana, scendendo da cavallo e offrendo la
propria mano all’uomo per aiutarlo a tirarsi su. Lui la guardò,
confuso, e si
raddrizzò da solo.
Ileana abbassò la
mano, a disagio. -Porta il messaggio all’accampamento. Dì
a tutti di prepararsi e di unirsi a noi immediatamente. Io e Gunter
andremo ad
assistere Hans. Non possiamo perdere quei ponti.-
.
-Un grave errore!-
Gunter esclamò mentre calava violentemente il pomello
della sua lama nohriana sulla tempia di un Samurai che aveva tentato di
colpire
il suo cavallo.
L’uomo cadde a
terra con un gemito. Gunter rinfoderò la spada per
aggiustare la presa sulla lancia e ne guidò la lama attraverso la gola
dello
spadaccino, risparmiandogli una morte cadendo giù per l’Abisso, o
finendo
calpestato dai soldati e dai cavalli. Sentì una spiacevole stretta allo
stomaco, ma la ignorò. Uccidere non smetteva mai di disturbarlo,
nonostante
fosse un veterano: la desolazione che la guerra si lasciava dietro era
qualcosa
con cui ancora non riusciva a fare i conti. Euanthe aveva visto
abbastanza
sangue, e anche lui.
Ma non poteva
rischiare che un nemico si rialzasse per pugnalare Ileana
alle spalle solo perché lui aveva avuto pietà.
“Per l’appunto…”
grugnì, la mano che afferrava l’ascia assicurata alla
sella di Serilda. Il suo lancio colpì il bersaglio – la spalla di un
Ninja che
stava giusto per colpire il fianco scoperto della Principessa.
-Fai più
attenzione, ragazzina!- la rimproverò quando la vide girarsi,
allarmata dal grido strozzato dell’hoshijin. Lei annuì, pallida come un
fantasma, e Gunter vide chiaramente la smorfia sul suo viso mentre
mandava un
fulmine del suo Mjölnir a garantire una morte rapida ed indolore al
soldato
nemico.
La osservò ingoiare
la colpa e il disgusto, il volto una maschera
imbattibile, la mente ben concentrata sulla battaglia. Stava andando
bene, si
disse tra sé e sé. Il Principe Ereditario Xander sarebbe stato fiero di
lei, se
avesse potuto vedere la sua risolutezza, la sua mancanza di esitazione.
E il
Principe Leo l’avrebbe di certo lodata per la strategia che aveva messo
in
atto.
Ileana aveva
valutato la situazione rapidamente, e l’aveva dichiarata
pessima.
Quando lei e Gunter
erano arrivati ai ponti, Hans e quei pochi
sopravvissuti dei suoi uomini erano conciati malissimo – e molti di
loro erano
esausti e feriti, e gli hoshijin li stavano incalzando con un furia
tale che
bastavano i loro sguardi ad intimidire e disarmare gli avversari. Il
loro
arrivo aveva rassicurato le truppe nohriane, dandogli abbastanza tempo
a quelli
incapaci di combattere oltre di ritirarsi verso il campo, verso i
guaritori.
Gunter sapeva che anche solo quel piccolo rialzo nell’umore poteva
contare come
una piccola vittoria.
Grazia all’elemento
sorpresa e sfruttando il più possibile la mole di
Gunter in qualità di Gran Cavaliere a cavallo, erano riusciti a
limitare
l’avanzata degli hoshijin su una delle piattaforme rocciose che
popolavano il
crepaccio dell’Abisso Infinito, come isolette deserte galleggianti su
un mare
di infinita oscurità.
Ileana aveva subito
deciso di farne il campo di battaglia: era collegato al
confine nohriano da un ponte ampio e relativamente in buone condizioni,
che era
abbastanza solido e stabile da permettere la ritirata di eventuali
feriti
presso il campo, dove Jakob li attendeva pronto, *** alla mano – non
era stato
felice di sentirsi ordinare di rimanere indietro e lontano dalla
Principessa
per quella battaglia, ma la gravità della situazione gli aveva impedito
di
lamentarsi a oltranza.
Per contro, i ponti
che collegavano la piattaforma al confine hoshijin
erano consumati, pericolanti e molto più stretti. Di tutti, gli
hoshijin ne
stavano usando infatti uno solamente, che rendeva molto facile in
controbattere
alla loro offensiva e rispondere ai numeri con l’abilità delle milizie
nohriane. Gunter avrebbe voluto poter tagliare quel ponte e porre fine
a quella
battaglia insensata molto in fretta, ma la presenza dei soldati di
Hoshido gli
rendeva impossibile arrivare alle corde. Ma si sarebbe accontentato: i
loro
nemici stavano avendo difficoltà a gestire le loro truppe su quel
piccolo ponte
e non potevano nemmeno schierare gli arcieri – che erano una delle
maggiori preoccupazioni
di Gunter, ma che fortunatamente non riuscivano a trovare un buon punto
da cui
scagliare i loro dardi. C’era un Cecchino solitario che li fissava dal
confine
dall’altra parte del crepaccio, uno yumi luminescente tra le mani. Il
suo
sguardo era talmente ricco di rabbia omicida e frustrazione che Gunter
poteva
quasi sentirlo bruciare sulla pelle.
Tutto sommato,
erano in una posizione abbastanza buona per opporsi
all’offensiva hoshijin e resistere finché non sarebbero stati troppo
stanchi
per inseguirli al di là del ponte non appena Ileana avesse ordinato la
ritirata. Avrebbero tagliato le corde non appena avrebbero avuto
abbastanza
spazio di manovra, senza dover temere un attacco dall’alto – non con i
fulmini
che minacciavano di abbattere chiunque tentasse di oltrepassare il
canyon in
volo.
Sì, Ileana si stava
comportando bene, soprattutto considerando che era la
prima volta che calcava un campo di battaglia. Era chiaramente a
disagio con il
suo ruolo di comandante, e infatti aveva preferito lasciare il compito
di dare
ordini a Gunter, ma era riuscita a ribaltare le sorti di quella che
aveva tutta
l’aria di una battaglia certa. Avevano buone probabilità di portare a
casa la
pelle.
O almeno, le
avevano avute finché la terra stessa non cominciò a tremare.
Per un momento,
tutto si fermò – persino le nubi oscure e ringhianti che si
rincorrevano sopra l’Abisso Infinito parvero arrestarsi. Il Cecchino
solitario
dall’altra parte della gola cominciò a risplendere di una luce
azzurrina, etera
– la stessa luce che proveniva dal suo yumi… una luce che non aveva
nulla di
magico, e tutto di divino.
Il Cecchino era un
principe di Hoshido, e stava accentrando il potere di
una Vena Drago.
Gunter fu il primo
a riprendere controllo di sé e si precipitò al fianco di
Ileana mentre il resto dei soldati – tanto nohriani quanto hoshijin –
non
poteva fare a meno di fissare il principe mentre il cielo e la terra
stessi
rispondevano alla chiamata del suo sangue.
Il suo movimento
sembrò riscuotere Ileana dal suo stato di trance, e quando
si girò a guardarlo, lui vide l’agonia nei suoi occhi.
-Gunter…- Ileana
iniziò, ma le parole sembrarono impigliarlesi in gola, e
non disse altro.
Il Gran Cavaliere
quasi bestemmiò, quando comprese: non aveva nemmeno
percepito la Vena Drago.
Aveva fallito la
prova del re.
Qualcosa di
orribile avviluppò il cuore di Gunter e strinse, ma lui fece
del suo meglio per impedire a quel tormento di manifestarsi sul suo
viso. -Rimani
concentrata.- le disse invece, cercando di mantenere la voce quanto più
risoluta possibile.
Dopo un’ultima
scossa, di fronte agli occhi terrorizzati dei nohriani, la
terra prese vita: la pietra sotto i piedi del principe tremò prima di
lanciarsi
in avanti, formando un ponte tra il confine e la piattaforma su cui si
stava
svolgendo la battaglia. Frecce azzurrine piovvero dal suo yumi divino,
non
mancando nemmeno un bersaglio e portando soltanto morte.
Gunter non perse un
secondo e cominciò ad abbaiare ordini, imponendo alle
truppe di serrare i ranghi e prepararsi alla ritirata. Si arrischiò a
guardare
indietro, verso la loro unica possibilità di scampo: il ponte reggeva,
piantonato da Hans dall’altra parte. Se fossero riusciti a ritirarsi
ordinatamente, avrebbero potuto bloccare gli hoshijin sul ponte e poi
tagliare
le corde. Aveva sperato di non dover arrivare a tanto – non gli piaceva
essere
costretto a uccidere così tante persone, e con un espediente talmente
da
codardi, ma era la loro unica possibilità…
Era talmente
concentrato a studiare la loro via di fuga che non vide la
testardaggine sul viso di Ileana, la sicurezza nei suoi occhi. La
intravide
sfogliare il suo Mjölnir, e lampi guizzarono da quelle pagine per
colpire e
costringere gli hoshijin ad arretrare, assicurando qualche attimo di
respiro ai
suoi soldati. Gunter aprì la bocca per farle i complimenti, ma le
parole gli
morirono in gola quando la vide avanzare sul percorso che si era aperta
con
l’incantesimo.
-Principessa!- la
chiamò, sperando che bastasse a fermarla.
Lei non si volse
nemmeno, così lui si ritrovò a seguirla, dolorosamente
consapevole degli occhi affilati del Cecchino, il suo sguardo e il suo
yumi
fissi su di loro – chiaramente, avevano attirato la sua attenzione.
-FERMI!- abbaiò
Ileana, la sua voce forte e chiara nell’aria tesa
dell’Abisso Infinito.
I nohriani la
ascoltarono, e i nemici esitarono alla vista dell’avanzata
della Maga. Il loro comandante avanzò in prima linea, di fronte alle
sue
truppe. Aveva il disgusto dipinto in volto, e una freccia ancora
incoccata
tenuta saldamente tra le dita.
-Principe di
Hoshido.- Ileana lo salutò rispettosamente, e lui inarcò un
sopracciglio, gli occhi come lame. -Vi prego, cessate l’offensiva…-
Gunter la
vide girarsi verso di lui, cercando il suo supporto, la sua
benedizione.
Comprese ciò che aveva intenzione di fare e le offrì un magro sorriso,
annuendo
gravemente. Ileana sembrava più leggera quando fronteggiò di nuovo i
loro
nemici per dichiarare: -Ci arrendiamo.-
Un mormorio
percorse le schiere di soldati attorno a loro. Il volto del
principe mostrò dapprima shock, poi rabbia, sdegno, odio. Infine, le
rivolse un
sorriso di scherno, una scintilla rossa negli occhi.
-A morte.-
Se Ileana fosse
stata un secondo più lenta, Gunter avrebbe dovuto riportare
il suo cadavere a Windmire.
Il principe
hoshijin imbracciò l’arco con un movimento fluido, rilasciando
una freccia divina crepitante di energia. Ileana levò le mani,
scintille di
magia tra le dita, e un muro di fulmini apparve dal nulla a deviare il
dardo
che puntava al suo cuore.
-RITIRATA!- ordinò
Gunter mentre gli hoshijin si preparavano a lanciare un
ultimo assalto. Il suo cavallo saltò in avanti, e la lancia del Gran
Cavaliere
arrivò appena in tempo a fermare la stoccata di una Maestra di Lancia
dai
capelli blu che era riuscita a infilarsi tra le maglie dell’incantesimo
prima
che la sua naginata potesse mordere il braccio di Ileana. -AL PONTE!-
Fece ruotare
Serilda, ignorando il ghigno crudele sulle labbra del
principe, voltando le spalle a quel baluginio rosso nei suoi occhi.
Tese una
mano a Ileana mentre indietreggiavano, intenzionato a farla salire in
sella
dietro di sé, ma mentre faceva per stringerle il braccio il terreno
tremò di
nuovo e lui poté solo guardare, impotente, mentre lei inciampava e
restava
indietro mentre il suo cavallo procedeva avanti, spinto dalla massa di
soldati
in fuga per avere salva la vita.
-Principessa!- la
chiamò.
Ma Ileana non lo
guardava più, avendo occhi solo per il secondo ponte di
pietra che si era schiantato contro la piattaforma da un’altra
angolazione,
proveniente da un altro punto del confine hoshijin. Tagliò la ritirata
di parte
delle loro truppe, frapponendo un manipolo di Arcieri e Samurai tra
loro e la
salvezza.
-Ileana! No!-
gridò, le formalità gettate al vento quando la vide
rivolgersi di nuovo verso la battaglia, le mani che mettevano via il
suo
Mjölnir per estrarre un altro tomo.
-VAI!- gli strillò
lei, i capelli che frustavano il vento quando lei si
girò per lanciargli un’occhiata. -Ti raggiungo, tu vai! Proteggi il
ponte dal
confine!-
Anche se
disobbedire a un reale di Nohr gli era già costato troppo una
volta in passato, Gunter fu tentato di correre di nuovo quel rischio.
Non
importava che Ileana non lo considerasse suo padre: lui la considerava
sua figlia
– quella figlia che aveva perso per mano del suo re, e che aveva
ritrovato
quando lui gli aveva dato una frusta.
Eppure non aveva la
possibilità di disobbedirle: per poterla raggiungere
ormai avrebbe dovuto sicuramente scavalcare molti dei suoi stessi
uomini,
probabilmente fare del male al suo cavallo, e possibilmente finire a
precipitare giù per l’Abisso in caso fosse successo.
No. La sua migliore
possibilità di salvare la sua principessa era obbedire
agli ordini, proteggere il varco, e prepararsi a tagliare le corde di
quel
maledetto ponte non appena lei l’avesse attraversato. Perciò permise a
Serilda
di attraversare, ma i suoi occhi rimasero su Ileana.
Era fiero di lei
per come stava proteggendo i suoi uomini. Era anche
furioso del fatto che lo stesse facendo, perché lei era la principessa
e
avrebbe dovuto mettere la sua vita prima di quella dei soldati… ma non
poteva
farne a meno: Ileana era cresciuta trattando i servitori come suoi
pari, come
parte della famiglia, e gli voleva bene. Non avrebbe abbandonato chi
combatteva
sotto il suo comando, indipendentemente da quello che rischiava. Era
furioso
per quello, per il pericolo in cui si stava mettendo. Ma era anche
assurdamente
fiero di lei.
La guardò evocare
sfere di lampi nelle mani, lanciandone una verso il
Cavaliere Kinshi che era comparso in cielo a proteggere gli hoshijin
con le sue
frecce, e una al Maestro d’Armi che le si era scagliato contro
selvaggiamente,
senza nemmeno aspettare che la roccia sotto i suoi piedi si
stabilizzasse del
tutto. La guardò schivare ognuno dei suoi colpi e rispondere a suon di
saette,
la magia che le si concentrava senza posa nei palmi come se fosse un
fiume in
piena. Uno dei suoi incantesimi colpì il bersaglio, mandando a terra il
Master
of Arms con la sola forza della sua magia; ne lanciò subito un altro
per
tramortire la Maestra di Lancia che incalzava un Guerriero.
Uno degli ultimi
dei loro che doveva ancora arrivare al ponte, notò Gunter.
Gli tremavano le mani, così le fermò stringendo più saldamente l’elsa
della sua
lama nohriana.
“Coraggio,
scricciolino, manca poco…”
—Snap!
.
Per un secondo,
Ileana si sentì galleggiare come se fosse senza peso, come
quando suo fratello Leo la sollevava per aria con la magia per
trascinarla alle
lezioni con Xander quando lei cercava di evitare l’addestramento
nascondendosi
sotto il tavolo.
Per un secondo,
Ileana credette di aver immaginato l’ascia scintillante,
l’arco di luce che aveva disegnato mentre calava, lo strappo che aveva
causato
mentre lacerava le corde consumate che sorreggevano il ponte.
Per un secondo,
Ileana si aspettò di essere sul punto di svegliarsi da un
incubo molto, molto vivido.
Quando la gravità
cominciò a trascinarla verso il basso, la sensazione di
cadere non la svegliò.
-ILEANA!-
-MILADY!-
Non la svegliò,
perché non era un incubo. Era reale. L’ascia incastonata
nel legno era reale, l’angoscia di Gunter e Jakob era reale, il vuoto
sotto di
sé era reale.
Anche l’improvviso,
inaspettato dolore che le attraversò braccio e spalle
quando una presa d’acciaio si chiuse sul suo polso, trattenendola dal
precipitare nel vuoto assieme ai suoi soldati e a quel che restava del
ponte,
era reale.
Singhiozzò per il
dolore e strinse i denti, il braccio torto in una maniera
assolutamente innaturale.
-Vi ho presa,
milady!- gridò una voce che non riconobbe, e guardò in alto:
attraverso il velo di lacrime che le annebbiava la vista, distinse
shuriken
scintillanti, una sciarpa viola, una chioma verde scuro. -Adesso vi
tiro su.
Aggrappatevi a me appena ne avete l’opportunità. Va bene?-
Ileana voleva
gridare che no, non andava bene niente, ma sembrava di aver
perso tanto la voce quanto il controllo del suo corpo. Fortunatamente,
il suo
corpo sembrò muoversi da solo quando il mondo attorno a lei s’inclinò e
le
spalle del Maestro Ninja furono improvvisamente a portata di mano. Il
braccio
le fece male quando si strinse a lui, ma non abbastanza da impedirle il
movimento. Sentì la stretta del braccio di lui attorno alla vita mentre
se la
stringeva addosso, il bacio pungente della roccia della gola contro la
pelle e
i vestiti strappati.
Lo guardò – il suo
nemico, il suo salvatore – e lo trovò a sorriderle con
cortesia, una dolcezza infinita nei suoi occhi viola. Il braccio che
non la
stava stringendo aveva la corda spezzata del ponte arrotolata attorno
al polso,
e lei poteva distinguere le tracce rosse e brucianti che quella aveva
aperto
nella sua pelle.
-Andrà tutto bene,
milady.- le disse, e lei si chiese come poteva risultare
così calmo anche sospeso su un abisso senza fondo. -Non vi lascerò
cadere.-
Lo stridio di un
uccello sconosciuto spezzò l’ululato dei venti che
sferzavano il canyon, sovrastando anche le voci preoccupate che si
agitavano
sopra la piattaforma. Un uccello gigantesco, dalle piume bianco-dorate,
si
abbassò al loro livello e rimase sospeso di fronte a loro, sfidando le
correnti
e il minaccioso cielo tempestoso.
-KAZE!- urlò la
donna a cavallo del pennuto. -Reggiti! Vi portiamo via da
qui!-
Il ninja che aveva
salvato la principessa sorrise. -Reina! Grazie al Drago
Bianco, non sono mai stato più felice di vederti!-
Ileana chiuse gli
occhi quando l’uccello allungò le zampe verso di lei, gli
artigli snudati che scintillavano sotto i fulmini che venavano le nubi.
Eppure
quegli artigli non la graffiarono nemmeno quando le circondarono la
vita mentre
il braccio dell’uomo scivolava via. Come se avessero una mente tutta
loro, le
sue mani si strinsero alle piume.
Il vento le fischiò
furioso nelle orecchie mentre l’uccello s’innalzava, le
ali che frustavano le correnti una, due, tre volte, e poi sentì di
nuovo roccia
nuda contro la sua pelle… ma sotto di lei, con la gravità stessa che ce
la
spingeva contro. Strisciò via dall’uccello, a malapena consapevole del
ninja –
Kaze – che faceva lo stesso mentre il cavaliere – Reina – scendeva
dalla
propria cavalcatura. Con la coda dell’occhio li vide entrambi
avvicinarsi
all’uccello per aiutarlo a ripiegare le ali prima che i venti ululanti
potessero spezzarle nella loro furia.
Il respiro
affannato, una mano che si stringeva tra la terra e le
pietruzze, Ileana premette l’altro palmo contro il suo petto,
apprezzando come
mai avrebbe creduto il battito forte che le pulsava sotto le dita.
Quello stesso
battito che per un secondo si fermò, senza alcun preavviso,
quando qualcosa di bruciante le sfiorò i sensi – non era proprio magia,
ma non
era nemmeno troppo diversa. Ne aveva sentito il pizzicore già prima, da
lontano, quando aveva affrontato il principe. Percepirla così vicina,
in quel
momento, fu quasi troppo.
Ileana aprì gli
occhi, e per qualche secondo, il bagliore azzurrino della
freccia divina le riempì la vista e la mente – il suo mondo si
contrasse,
iniziando e finendo con quel dardo luccicante pronto e impaziente di
affondarle
nel cuore.
-Il mio Maestro
Ninja si è bruciato una mano e il mio Cavaliere Kinshi ha
rischiato il suo partner… e per salvare una morta che cammina.- sputò
il
principe, stillando veleno con ogni parola, odio rosso che gli
incendiava gli
occhi. -Le tue ultime parole, feccia?-
Fu il suo disgusto
a scuoterla.
Come… come osava?
Lui li aveva attaccati, rifiutato la
loro resa, inseguiti quando
cercavano solo di ritirarsi, di
tornare a casa… e osava dare a lei della
feccia.
-Mi aspettavo più
onore da un principe di Hoshido.- ringhiò lei in qualche
modo, nonostante fosse ancora senza fiato.
Gli occhi del
Cecchino si strinsero e le sue dita tremarono, la freccia
lucente che tremolava, implorando di essere rilasciata, ma lui la
trattenne –
per qualche misteriosa ragione. -Come osi parlare di onore, tu che
servi il più
miserabile dei re?-
-Non sono io quella
che a infierito su un nemico che stava abbassando le
armi.- precisò lei, ignorando il dolore alla spalla mentre si
puntellava sulle
braccia per alzarsi a sedere.
-Hai del coraggio,
a chiedere clemenza quando sono stati i tuoi soldati ad
iniziare l’attacco.- la derise lui.
-I miei uomini
stavano solo facendo un sopralluogo. L’orgoglio di Hoshido è
così fragile da considerarlo un attacco?- gli sputò contro lei.
Il Cecchino rise,
un suono oscuro e senza gioia, e scosse la testa.
-Proprio come mi aspettavo da una maga di Nohr. La feccia come te non
può far
altro che mentire.- la guardò, rabbia e odio e disgusto che sanguinava
dai suoi
occhi rossastri. -Hai avvelenato queste terre con il tuo fiato anche
troppo a
lungo. È ora di morire.-
Tese più indietro
la corda immateriale del suo yumi, e la freccia brillò
più forte che mai, sibilando tra le raffiche di vento che sembrava
creare.
Crepitava, e l’energia che emanava scorreva violentemente sulla pelle
di Ileana
come una corrente, così potente da riempirle il corpo di tanti piccoli
taglietti. Lui fece un passo avanti, il dardo che quasi le sfiorava il
mento.
Ileana aveva
sperato che la facesse finita in fretta, con un solo colpo al
cuore, ma sembrava voler giocare con lei ancora un po’.
-Allora? Hai paura,
adesso?- sibilò con un ghigno.
Aveva paura. Per
Hedi, era spaventata. Era stanca, ferita, in trappola, e
tanto, tanto spaventata.
Ma sarebbe morta
prima di mostrarlo. Xander non l’avrebbe mostrato, se
fosse stato al posto suo. Aveva già deluso le sue truppe per averle
fatte
finire con le spalle al muro, aveva deluso suo padre per non aver
percepito
quella dannata Vena Drago. Non avrebbe deluso anche suo fratello
piangendo come
un gattino indifeso.
Rialzò la testa, al
di sopra della freccia tanto – troppo – vicino alla sua
pelle, stringendo i denti contro il dolore pungente dell’energia
affilata che
grondava dal suo yumi, e sibilò: -Non ho paura di uno come te.-
L’inaspettato
stridore di acciaio contro pietra e lo strillo oltraggiato
che lo seguì li distrasse dal loro piccolo scambio di insulti, gli
occhi di
entrambi che correvano al piccolo, luccicante pugnale che aveva appena
tintinnato contro la piattaforma.
-CHI OSA ATTACCARE
IL SECONDO PRINCIPE DI HOSHIDO!- ruggì la Maestra di
Lancia dai capelli blu – quella che era riuscita ad infiltrarsi tra le
maglie
del muro di saette di Ileana durante la battaglia.
-IO!-
Jakob.
Ileana voltò
immediatamente il viso, gli occhi che correvano all’altro lato
della gola. Ed era là, il suo caro, leale Maggiordomo, graziosamente
appollaiato su uno dei pali che avevano sorretto il ponte – doveva
esserci
salito per lanciare il suo coltello più lontano, sperando di attirare
l’attenzione e non di fare del male. Gunter era appena un passo dietro
di lui,
ancora a cavallo, e sembrava teso e pallido – di certo in ansia per
lei, e
probabilmente molto più che preoccupato che Jakob precipitasse
nell’Abisso,
instabile com’era.
La Maestra di
Lancia di certo non aveva apprezzato la sua interferenza,
perché continuò a strillare: -ASPETTA CHE TI METTA LE MANI ADDOSSO,
CANE! IO
TI__-
-Tu niente.-
sibilò Ileana, la sua voce sorprendentemente
forte, abbastanza da cogliere gli hoshijin alla sprovvista. Si alzò in
piedi
con movimenti lenti, ben conscia del dardo immateriali che non smise
mai di
seguire il suo bersaglio – il suo cuore. -Non lo minaccerai nemmeno,
infatti.-
La giovane donna la
guardava come se le fossero spuntate le squame
all’improvviso. -Come ti permetti di parlarmi così, schifosa piccola__-
Ileana alzò gli
occhi al cielo e decise di troncare sul nascere quella che
di certo sarebbe stata una sequela di insulti molto originale. -Sei la
guardia
reale del principe, non è vero? Quell’uomo è la mia. Sta solo cercando
di
proteggermi. Non faresti lo stesso, se fosse lui quello in procinto di
essere
ammazzato a sangue freddo?-
Le sue parole
ridussero la lanciera al silenzio, ma la sua stretta sulla
sua naginata si fece tanto stretta da farle sbiancare le mani.
-Buona, Oboro.- la
riprese bonariamente il principe. -Lascia che il cane
abbai.- lo schernì a voce alta, e gli hoshijin risero.
Ileana fece una
smorfia – cosa non avrebbe dato per folgorarlo! –, ma
un’occhiata d’avvertimento dal Maestro d’Armi che aveva affrontato
prima la
convinse a tenere a freno la lingua, almeno per il momento.
Era impossibile che
Jakob non avesse sentito le sue parole, ma si rifiutò
di reagire. -Vorrei ricordare a Sua Altezza che rifiutare una resa e
condannare
a morte una principessa rappresenta un atto di guerra. Il Trono di
Spine non
resterà impassibile davanti a un tale tradimento!-
-Tradimento…- gli
fece eco il principe sottovoce, e il suo mormorio si
perse nel ronzio furioso che si levò dagli hoshijin alle parole
Maggiordomo.
Più forte, dichiarò: -Anche se non chiederei altro che di spargere il
sangue
del mostro responsabile della violazione del nostro trattato di
confine,
Hoshido non si permetterà di privare della vita un membro della
famiglia reale
di Nohr in modo così arbitrario.-
E, finalmente, la
luce azzurrina si disperse, la corda evanescente e la
freccia crepitante che si dissolvevano nell’aria. Per Ileana si fece
improvvisamente più facile respirare senza quell’energia divina a
schiacciarle
l’anima, anche se poteva comunque sentire il potere dello yumi.
-E allora, per amor
dei Draghi, restituitecela!- insisté Jakob,
un’inflessione di disperazione nella voce.
-No.- negò il
principe, un sorriso evidente sulle labbra – si stava
divertendo, comprese Ileana con una morsa orribile allo stomaco. -Prima
di
tutto, perché il ponte è crollato e non rischierò la vita del mio
Cavaliere
Kinshi per liberare la vostra stupida principessa. E secondo, lasciarla
andare
senza prima strapparle ogni possibile informazione sarebbe un vero
spreco…-
Quando la guardò di
nuovo, il sangue si gelò nelle vene di Ileana. Lo
scintillio rosso era svanito, ma i suoi occhi bronzei erano diventati
crudeli,
affilati e calcolatori. Non l’avrebbe lasciata tornare a casa, comprese
subito.
Non da viva.
Si sottrasse al suo
sguardo per fissare i suoi tutori, così vicini eppure
così disperatamente lontani. Dovevano aver compreso le implicazioni del
principe, perché Gunter aveva trascinato Jakob giù dal palo e si erano
messi a
discutere di qualcosa.
Ileana poteva
immaginare cosa fosse quel qualcosa: Jakob voleva chiaramente
imbarcarsi in una qualche missione suicida per salvarla – solo il Drago
Nero
sapeva come avrebbe potuto farcela con quel baratro che si apriva tra
di loro –
e Gunter stava cercando di farlo ragionare, forse dicendogli che
sarebbero già
dovuti mettersi sulla strada per Krakenburg per riferire tutto a
Xander. La sua
voce era doveva stanca, perché avrebbe voluto che ci fosse un altro
modo,
qualsiasi altro modo, e stava sicuramente chiamando Jakob “ragazzo” per
distrarlo dal dolore che stava sicuramente facendo a pezzi entrambi al
pensiero
di lasciarla in mano ai nemici. Per i Draghi, poteva quasi sentire la
sua voce.
Probabilmente non
avrebbe mai più sentito la sua voce.
Il suo cuore si
incrinò al pensiero, e si frantumò in mille pezzi quando fu
seguito da altro.
Probabilmente non
avrebbe mai più visto la sua famiglia. Non si sarebbe mai
più allenata con Xander, non avrebbe mai più preso il te con Camilla o
studiato
con lei o suonato il violino con Elise. Non ci sarebbero state altre
battute,
risate, incantesimi, musica. Si erano promessi di andare a guardare le
stelle
non appena sarebbe tornata a casa, per festeggiare il suo primo
successo. Ma
lei non sarebbe tornata a casa. Sarebbero dovuti andare senza di lei.
Avrebbero
dovuto vivere senza di lei.
Dovette fare
appello ad ogni briciolo di forza rimastale per soffocare il
singhiozzo che le si gonfiò in gola – e dovette trovarne anche di più
per non
portarsi una mano alla bocca per trattenerlo. Ce la fece a malapena.
-Venite, milady.-
le sussurrò una voce all’orecchio, ed Ileana guardò sopra
la propria spalla per vedere il Maestro Ninja dai capelli verdi che le
aveva
salvato la vita.
Kaze.
-…perché?- gli
chiese, e lo odiò quando vide la comprensione nel suo
sguardo di scuse, e si odiò per il pallore del proprio viso, per il
velo di
lacrime nei propri occhi, per le increspature nella propria voce.
Kaze portò una mano
al viso di lei e le sistemò i capelli, riavviando
alcune ciocche sotto il cerchietto. -Andrà tutto bene.-
Come?, avrebbe voluto
chiedergli. Per come apparivano le cose in quel momento,
per lei sarebbe stato meglio morire nella caduta giù per l’Abisso. I
suoi occhi
virarono verso l’oscurità eterna sotto di sé mentre l’hoshijin la
spingeva
lentamente sul ponte di pietra che il principe aveva creato con la Vena
Drago.
La stretta sulle sue braccia e sui suoi fianchi non era soffocante, ma
era
solida – per essere certo che non facesse nulla di stupido, come se
avesse
letto i suoi pensieri.
Cercò di guardare
al di sopra della spalla di lui, per vedere un’ultima
volta le sue guardie, ma era già troppo lontana. Il cuore le sprofondò
nel
petto.
Gunter. Jakob.
Non era nemmeno
riuscita a dirgli quanto fosse grata di averli conosciuti,
quanto significassero per lei. Non aveva nemmeno avuto la possibilità
di
chiedergli di dire ai suoi fratelli e sorelle quanto gli volesse bene.
Xander. Camilla.
Leo. Elise.
Aveva fallito la
sua missione, deluso suo padre e i suoi soldati. E adesso
sarebbe diventata una fonte di informazioni da usare contro coloro a
lei più
cari. Aveva fallito su tutta la linea.
“Mi
dispiace…”
La voce del
principe la strappò ai suoi lugubri pensieri.
-Non mi importa se
è carina, Kaze. Legala.- ordinò mentre li sorpassava
quando ebbe attraversato la gola, diretto verso la testa della colonna
per
guidare i suoi soldati via dall’Abisso Infinito.
Ileana sentì il
sangue ribollire mentre la superava senza degnarla nemmeno
di uno sguardo, e sibilò: -Non ti darò niente.-
Lui si fermò a
quelle parole. C’era un sorrisino sulle sue labbra mentre le
si avvicinò, come la sua impudenza non facesse altro che divertirlo.
-Volontariamente, no di certo. Non ne dubito. Non importa, da te avrò
lo stesso
quello che voglio. Per esempio…-
Ileana si rifiutò
di rifuggire il tocco che le sfiorò i fianchi, diretto al
cinturone di pelle che portava in vita. Le sue dita sciolsero le fibbie
con
sorprendente rapidità, e lei sentì il peso di Ganglari allontanarsi
dalla sua
pelle. Aveva portato la spada al fianco da quando era partita, ed era
diventata
una sicurezza, nonostante avesse saputo dal primo momento che non
l’avrebbe mai
sguainata. Sentirsela portare via era destabilizzante.
-Cosa se ne faccia
una maga come te di una lama del genere, poi…-
Ileana esalò il
respiro che non si era accorta di trattenere. -Più o meno
la stessa cosa che se ne farebbe un Cecchino.-
Lui la ignorò del
tutto, concentrato com’era a sfilare il fodero di
Ganglari dal cinturone per legarla direttamente alla propria armatura,
le mani
che esaminavano l’elsa della spada con reverenza.
-Perdonatemi,
milady.- mormorò il Maestro Ninja mentre le prendeva i polsi
e cominciava ad avvolgerli con dei legacci sorprendentemente soffici.
-Permettetemi di fare le presentazioni da parte di tutti. Io sono Kaze.
Il
Maestro d’Armi con cui avete duellato si chiama Hinata, e la Maestra di
Lancia
con cui avete discusso si chiama Oboro. Sono le guardie reali del
secondo
Principe di Hoshido, Lord Takumi.- il nodo che strinse era stretto, ma
non
tanto da farle male. -Posso avere il vostro nome, milady?-
-Sono Ileana,
quarta principessa di Nohr e figlia del Re d’Ossidiana.-
Il mondo sembrò
cambiare colore non appena quelle parole le uscirono di
bocca. Mentre Kaze annuiva, nascondendo un sorriso tra i suoi capelli,
le due
guardie reali si volsero a guardarla con un’espressione che poté
definire solo
come incredulità. I loro occhi volarono al principe, che si era
bloccato, le
mani tremanti come raggelate sui legacci del fodero. Quando i suoi
occhi furono
su Ileana, lei vi lesse anche più rabbia di quanta non ce ne fosse
stata quando
sembrava impaziente di affondarle una freccia nel cuore.
-Non è possibile.-
sibilò tra i denti mentre le si avvicinava a grandi
passi – e questa volta, Ileana avrebbe indietreggiato, se non ci fosse
stato il
corpo di Kaze a impedirle la ritirata. La sua mano si chiuse sulla nuca
e la
strattonò verso di lui, affatto preoccupato dell’angolo doloroso in cui
le
piegò il collo quando la costrinse a guardarlo. -Stai mentendo.-
Ileana si ribellò,
cercando di liberarsi della sua stretta, ma le sfuggì un
gemito quando non ottenne altro che uno strattone. -Perché dovrei?-
ringhiò in
risposta.
La sua mano tremò
tra i suoi capelli, rifiutandosi di lasciarla andare
anche quando face un passo indietro – quando bastava per snudare
Ganglari e
premergliela contro la gola. Il contatto con il metallo freddo e
affilato mandò
una scarica di brividi giù per la schiena di lei.
-Non voglio
chiedertelo di nuovo, feccia. Il tuo nome. Subito.- pretese, e
la spada scintillò dello stesso rosso che gli era imperversato negli
occhi.
-Te l’ho detto!-
strillò lei, l’autocontrollo che scivolava via mentre la
spalla vibrava contro la sua pelle, la lama tagliente che le leccava la
gola
con ogni tremore della sua mano. -Puoi minacciarmi quanto vuoi, ti ho
detto la
verità!-
-Quelli come te non
dicono la verità così facilmente.- grugnì, la spada –
la sua spada, il dono di suo padre – che le premeva contro la gola
quanto
bastava da bagnarsi di sangue. -Ma ho intenzione di strappartela,
principessa,
a qualunque costo. Credimi, crollerai. In fretta.-
-Lord Takumi!-
Ileana sentì il
calore di una mano sfiorarle il mento mentre allontanava la
lama dalla sua gola. La nuca bruciò di dolore quando il pugno stretto
tra i
suoi capelli si rifiutò di allentare la presa, ma la fermezza dello
stesso
braccio che le aveva impedito di precipitare nell’Abisso Infinito la
trascinò
via con dolcezza, e quelle dita finalmente le permisero di scivolare
via.
-Lasciatela in
pace!- Kaze supplicò, l’altro braccio che si stringeva,
protettivo, attorno alle sue spalle. -Io… non credo che stia mentendo,
milord.-
Ileana poteva
sentire il respiro affannoso del principe, ma si rifiutò di
incrociare il suo sguardo assassino finché non fosse certa di poterlo
sopportare. Xander non avrebbe tremato di fronte a un nemico. Camilla
non
avrebbe mai permesso a nessuno di intimidirla tanto da renderla inerme.
Leo non
avrebbe mai implorato clemenza ai suoi aguzzini. Doveva essere forte
quanto
loro.
Per loro.
-Manderemo a
chiamare mia madre, allora.- decise il principe mentre Ileana
alzava finalmente lo sguardo e raddrizzava la schiena dopo aver fatto
un
respiro profondo. La prima cosa che vide fu la sua smorfia di fronte
alla sua
sfida. -Kaze, va’ a chiamare Reina. Voglio parlarle immediatamente. E
ti
proibisco di avvicinarti in ogni modo a questa cagna finché rispondi ai
miei
ordini.- fece un cenno alle sue guardie, per farli avvicinare. -Oboro,
alla
feccia ci pensi tu. Perquisiscila e legala – come si
deve – e
restituisci a Kaze la sua sciarpa.-
Ileana lo guardò
con aria di superiorità mentre il Cecchino le voltò le
spalle. La donna di nome Oboro le si avvicinò e lei scoprì di denti. Le
braccia
calde di Kaze si rifiutarono di lasciarla andare.
-Lord Takumi!-
implorò, un’inflessione strana nella voce che lei non fu in
grado di comprendere. -Mio principe, vi prego, permettetemi di__-
-Ti ho dato un
ordine, Kaze.- lo interruppe lui, rifiutandosi di ascoltare
il Maestro Ninja, senza nemmeno voltarsi a guardarlo. -Non sarai tu ad
occuparti della prigioniera. Perché lei è una
una prigioniera.
Fino a prova contraria, non è altro che un ostaggio e una fonte di
informazioni, e sarà trattata come tale. Chiaro?-
-Mio principe.- e
questa volta Ileana capì in cosa trasformasse le sue
parole quella strana inflessione: erano un avvertimento. -Se le
facciamo del
male prima di essere sicuri, Lady Mikoto__-
-È chiaro, Kaze?-
insisté il Cecchino, interrompendolo tanto con la voce
quanto con lo sguardo minaccioso che gli scoccò da sopra la spalla.
-Bada, non
ho intenzione di tollerare ulteriori interferenze da parte tue. Ci
siamo
capiti?-
Kaze sembrò dover
compiere un vero sforzo per tenere a freno la lingua, e
l’ossequioso ‘Sì, milord’ che sibilò non risposta di certo non era
quello che
avrebbe voluto dire. Ileana sentì l’ultima carezza che le lasciò sul
braccio
prima di lasciarla andare e sparire nella colonna di hoshijin.
Quelle sarebbero
state le uniche mani amichevoli che avrebbe trovato lì, si
rese conto mentre la stoffa soffice che Kaze aveva usato per legarle i
polsi
scivolava via per essere rimpiazzata da della corda dura, avvolta
strettamente
attorno alle mani. I legacci le morsero la pelle mentre si stringevano,
immobilizzandole le braccia in una posizione scomoda per la spalla, e
gemette
al dolore che s’irradiò giù per il braccio che già le faceva male.
-Questo è per
avermi paragonata a uno schifosissimo cane.- le ringhiò
contro la Maestra di Lancia mentre tirava ancora di più i legacci in un
nodo
stretto. -Ora, muoviti.-
Senza un lamento,
Ileana si lasciò spingere lungo il cammino, tenendo la
schiena dritta, la testa alta, il viso atteggiato in una smorfia di
sdegno e
superiorità. Non si sarebbe piegata solo perché la consideravano una
morta che
cammina, affatto – anzi: avrebbe fatto tutto il possibile per rendergli
impossibile strappargli anche una sola parola.
Non
aveva nulla da perdere.
.
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______________________________________________________________________________
Salve a tutti!
Come al solito, mea
culpa, sono in un ritardo pazzesco, avrei dovuto aggiornare
una settimana fa. Chiedo perdono!
Bando alle ciance,
ecco la prima delle nostre protagoniste, Ileana di Nohr:
Ileana è il nostro "Nuovo Personaggio", e già la trama comincia a
discostarsi da quella del gioco in sé - e le cose non faranno altro che
ingarbugliarsi, da questo momento in avanti!
Speriamo entrambe che
il capitolo vi sia piaciuto, e vi aspettiamo fra un
mesetto (circa) con il prossimo aggiornamento!
Ecco un piccolo
vademecum delle scelte stilistiche di traduzione che abbiamo
fatto in questo capitolo:
Bottomless Canyon:
Abisso Infinito
Dark Mage: Mago/a
Oscuro
Sorcerer/ress:
Incantatore/trice
Sniper: Cecchino
Master Ninja: Maestro
Ninja
Kinshi Knight:
Cavaliere Kinshi
Spear Master:
Maestro/a di Lancia
Master of Arms:
Maestro d'Armi
Hoshidan: Hoshijin
Nohrian: Nohriano
Obsidian King: Re
d'Ossidiana
Marble King: Re di
Marmo
La storia è pubblicata
contemporaneamente anche sul sito ArchiveOfOurOwn, in
inglese, con aggiornamenti mensili da entrambe le parti. Trovate la
versione in
inglese QUI.
Alla prossima!