Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Damnatio_memoriae    26/03/2017    0 recensioni
La marca Occidentale e la marca Orientale sono affette, ormai da cinquant’anni, da un male incurabile che le sta conducendo verso una fine troppo amara. Creature misteriose, prive d’identità, uscite secondo le storie dai più reconditi meandri del sottosuolo, distruggono e incendiano tutti i villaggi che incontrano lungo il loro cammino. Ad Ovest gli Spettri – così vengono chiamati dai bambini i mostri che disturbano i loro sogni – hanno iniziato a rapire uomini e donne con un ritmo sempre più regolare, celati dall’oscurità della notte. Così la popolazione ha cominciato a temere il novilunio, che porta puntualmente con sé nuove incursioni, nuove perdite e nuovo dolore.
Nel tentativo di contrastare questa inesorabile piaga sono state erette le Torri, i cui comandanti però si sono rivelati essere spietati ed ingiusti, al punto da meritarsi la nomea di tiranni. La marca è sfinita, divorata da guerre intestine, epidemie, carestie e fame. In un clima di paura e oppressione ha inizio questa storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Pietre di fiume
 
 
La notte era illuminata da una moltitudine di stelle e la luna splendeva fiera sopra le loro teste. Sulle stradine acciottolate che solcavano le collinette circostanti erano state puntate nel terreno delle torce che affiancavano i bordi delle vie per tutto il loro tragitto, creando un’atmosfera calda e rassicurante. Le fiamme piroettavano, danzando su loro stesse, e un forte odore di legna e cenere penetrava nelle narici. L’odore delle loro feste.
In lontananza spiccavano i capannoni di paglia, eretti in tutta fretta uno accanto all’altro, ed il ritmo allegro dei musicisti, intenti a suonare i tamburi, i campanelli, i flauti, la fisarmonica, invogliava i paesani a ballare e a battere le mani, muovendo i piedi al tempo delle canzoni di paese.
Lunghi tavoli di legno scuro erano stati preparati con tovaglie di canapa e frutta secca, fiori essiccati e foglie d’acero colorate. Le portate, anche se non stracolme di cibo come un tempo, avevano un aspetto delizioso e dai barilotti gocciolanti d’idromele gli uomini si servivano senza alcuna parsimonia, qualcuno anche senza procurarsi il boccale.
Tutto era condito da una rara allegria che univa il più povero dei contadini al più ricco dei commercianti, facendo dimenticare le beghe su quel tal terreno, su quel tal albero o su quella tal vacca. Le donne, vestite dei loro abiti migliori, si muovevano aggraziate – o almeno qualcuna ci provava – fra gli uomini, lanciando occhiate, regalando sorrisi o semplicemente spintonando per trovare un posto dove sedersi comodamente.
Un insieme di applausi esplose alla fine dell’ultima ballata e i giovani, sudati ma non ancora stanchi, rimasero al centro dello spiazzo in attesa della melodia successiva, mentre i vecchi si lasciarono scivolare sulle panche.
Rose pensò che quella fosse una serata perfetta, forse la serata perfetta, per la festa di fine Autunno. Non una nuvola minacciava di rovinare il convitto e l’aria era fredda, sì, ma tutti i fuochi che erano stati accesi permettevano anche ai freddolosi come lei di sentirsi bene. La collana che le aveva regalato Bessie, come promesso, spiccava sopra l’abito color vinaccia che aveva indossato, lungo di maniche e morbido di tessuto, sufficientemente caldo per non farla rabbrividire quando il vento si alzava. Più volte alcune tra le donne più pettegole si erano fermate a domandarle - con la scusa di volerla salutare - di quel gioiello così particolare. Per fortuna tutta la loro curiosità era venuta meno quando Rose aveva spiegato che si trattava solamente di una pietra di fiume, nulla di speciale insomma, e ringraziò per l’ingenuità di quelle donne che aveva reso la sua bugia quantomeno credibile.
Gli Ausiliari si erano radunati ai margini del campo in gran numero e, così in disparte, non sembrava si stessero divertendo. Sui copri-spalle di cuoio imbottito portavano ancora i loro scuri mantelli e la divisa azzurra, che non era stata cambiata per l’occasione, si riconosceva da lontano. La postura delle guardie era rigida, la schiena retta, le braccia serrate sul petto. Alcuni di loro erano visibilmente annoiati, altri interagivano con i paesani solo attraverso occhiate malevoli, ma ancora nessuno di loro si era lasciato andare a commenti inopportuni sulle donne più giovani del villaggio, forse memori delle pesanti accuse che negli anni passati gli erano state mosse. Le lunghe lance conficcate a terra a ridosso dei capannoni fornivano a tutti i presenti un muto ma molto chiaro avvertimento.
Simeon troneggiava spavaldo sul trono di legno che si era fatto preparare in tutta fretta da Luke il falegname, prima di rinchiuderlo nelle celle del torrione per disubbidienza. Con sguardo truce seguiva i festeggiamenti senza celare la ripugnanza ed il disgusto per quel popolo che lui aveva da sempre ritenuto inferiore. Bevve un altro sorso dal boccale che teneva stretto nella mano destra e del liquore che aveva ordinato la maggior parte gli cadde sui vestiti, macchiandogli la divisa. Rosso in viso per l’ubriachezza, alzò una mano verso la folla e Rose si sentì stringere lo stomaco, spaventata che potesse averla sorpresa a fissarlo o che si fosse meravigliato del regalo di Bessie.
Il capitano degli Ausiliari le fece segno di raggiungerla, ma lei rimase immobile, dubbiosa. Poi, temendo ripercussioni peggiori se lo avesse deliberatamente ignorato in mezzo a tutti quei testimoni, imbrigliò abbastanza coraggio da muovere qualche passo nella sua direzione.
Non fece neanche in tempo a posare il piede a terra che una Guardia la superò, rispondendo alla chiamata di Simeon e liberandola dalla sua indecisione. L’Ausiliare, un giovane uomo meno robusto dei suoi compagni ma dallo sguardo altrettanto minaccioso, la sorpassò urtandole la spalla con la propria, voltandosi a guardarla con espressione severa, ma se anche avesse deciso di rimproverarla a Rose non sarebbe importato tanto era il sollievo che provava.
«Fai attenzione» le disse burbero e lei ubbidì, scostandosi per lasciarlo passare, ma rimase interdetta quando il giovane non accennò a proseguire. Rimase invece fermo davanti a lei e per un attimo l’espressione impassibile, fredda e distaccata, lasciò spazio allo stupore: le sopracciglia folte si arcuarono, gli occhi neri si spalancarono sorpresi, le labbra si corrucciarono in un leggero broncio. Aprì la bocca per dire qualcosa, passando lo sguardo da lei alla sua collana, poi di nuovo a lei, quasi non volesse credere a ciò che vedeva. Anche se solo per un istante, i suoi occhi si velarono di un’amara tristezza e i lineamenti s’inasprirono, oscurandogli il volto.
«C’è qualche problema?» gli domandò Rose, deglutendo a fatica. Non era certa di averlo mai visto prima.
«Non lo so» ribattè lui, riappropriandosi di tutta la sua impassibilità «C’è?».
Lei balbettò un timido: «No».
«No?».
«Non credo».
«Non c’è o non credi che ci sia?».
«Non capisco questa domanda».
«Sei forse stupida?» chiese scocciato.
«Almeno non sono maleducata».
«Essere ubbidienti non è un pregio».
«Essere scortesi nemmeno» rispose, iniziando a scaldarsi.
Il ragazzo storse il naso. «Dovresti imparare a morderti la lingua, ragazzina». Le scivolò alle spalle e procedette spedito per non far attendere ulteriormente Simeon. «Fai attenzione» sussurrò.
«Ma…».
«Fai attenzione e basta».
Rose lo osservò sgusciare tra la folla e raggiungere il suo Capitano che, un po’ barcollante, si sporse per suggerirgli qualcosa all’orecchio, forse un ordine.
«Allora sei qui» si sentì strattonare per un braccio e quando si voltò incrociò gli occhi gioviali di Bessie.
«Emh, sì» titubò.
«Non sei venuta a salutarmi!» la rimproverò allegramente, posando le mani sui fianchi larghi.
«Stavo cercando Thomas, ma…» lasciò la frase a metà, sbirciando un’ultima volta dietro di sé con la strana sensazione che quell’Ausiliare la stesse ancora osservando.
«Cara, tutto bene?».
«Lo conosci?» le chiese sottovoce, avvicinandosi a lei per non farsi sentire da altri «L’uomo al fianco del Capitano, lo hai mai visto?».
«Chi?».
«La Guardia» ripetè, indicandoglielo con un cenno del capo, ma Simeon aveva già raccolto attorno a sé due sottoposti per farsi riempire un altro bicchiere e del giovane non c’era più traccia. «Era qui…».
«Bambina» la chiamò con tono di rimprovero «Io spero davvero che tu non abbia bevuto, perché in tal caso io…».
«No, no» la fermò subito, spiegandole l’accaduto. «Mi stava guardando e…».
«Oh, bhe, certo che ti guardava: tutti gli uomini sono uguali cara, non fartene un cruccio».
«No, non intendevo questo. Guardava la tua collana. Non credo sia stata una buona idea indossarla, se mi facessero delle domande io non…».
«Dì che è una pietra di fiume» fece per chiudere il discorso la donna, muovendo la mano com’era solita fare quando si trovava a parlare di fatti di poco conto «Qui fanno un sacco di domande ma sono così stupidi da credere a tutte le risposte».
«Non mi ha chiesto cosa fosse, solo…».
«Allora ne hai trovato uno ancora più stupido degli altri» la interruppe nuovamente «E ora via» la sollecitò, spingendola dolcemente per le spalle «Vai a divertirti. La notte è ancora lunga e la festa è appena cominciata. Non vorrai davvero rimanere ferma qui come un somaro: non sono le vecchie come me a dover spiegare a voi giovani come ci si diverte!».
Raggiunse Thomas quando lo scorse tra la folla, vestito d’un comodo gilet di pelle chiara e con al collo un fazzoletto di stoffa verde, legato secondo una moda bizzarra che aveva imparato ad apprezzare durante il suo soggiorno ad Ovest. Le chiese un ballo e lei lo seguì nei suoi movimenti impacciati, fino a quando la musica non si arrestò bruscamente appena dopo il primo ritornello.
Quando Simeon si alzò dal suo scranno, attirando l’attenzione dei paesani, i ballerini conclusero la danza con una piccola riverenza, i bambini cessarono di rincorrersi per raggiungere i genitori, gli uomini rinunciarono ai loro boccali di birra, rompendo le righe davanti ai barili.
«Benvenuti!» esordì il capitano delle Guardie con la voce impastata ma ancora imperiosa «È d’obbligo, per me, come successore del Comandante Romata, spendermi in un breve discorso. Siamo tutti qui riuniti per dare il nostro benvenuto all’Autunno e sperare in raccolti più prosperi, ma ancora di più ci riuniamo per non dimenticare la tragedia che colpì le nostre terre ormai quarant’anni orsono. Oggi ricordiamo il giorno in cui i nostri padri e i padri dei loro padri hanno ricostruito il villaggio dalle macerie, strappando noi e i nostri figli ad un futuro altrimenti grigio. La Torre che da quel giorno ci difende, vi difende, è il ricordo del sacrificio di quanti, purtroppo, non sono riusciti quel giorno a tornare a casa. Qui, adesso, io mi impegno in una promessa solenne. Gli attacchi nella marca Occidentale si sono perpetrati, intere città sono andate distrutte. Noi siamo e resteremo l’ultimo baluardo di speranza del confine, noi non ci lasceremo sopraffare dal male che ci attanaglia, noi combatteremo contro di loro così come hanno fatto i nostri padri e se dovessimo perdere sopravvivremo per essere a nostra volta i Fondatori di una nuova generazione! Al prossimo novilunio gli Ausiliari pattuglieranno le strade, le campagne, le piazze, le mura, non un singolo anfratto verrà lasciato scoperto» sentenziò pieno d’orgoglio. Le Guardie che circondavano la folla si scambiarono una rapida occhiata, alcuni sghignazzando, altri fremendo. Vicino a loro, seminascosto dietro uno dei padiglioni, il soldato con cui Rose aveva discusso si passò una mano tra i capelli biondi, soffocando un’imprecazione.
Simeon, risentito e amareggiato del poco entusiasmo che la folla gli stava riservando, concluse: «Ogni uomo e ogni donna in grado di impugnare un’arma sono reclutati. Chiunque si opporrà verrà messo alla gogna».
Il malcontento che subito esplose tra i paesani venne ridotto a silenzio.
 
►►

«Morta?» domandò Rose con voce soffocata.
Seduto sulla staccionata che delimitava il giardino della casa, Thomas si strinse forte le mani nelle mani, tremando come un ramo al vento. «L’abbiamo trovata svenuta» sussurrò impercettibilmente «Si è svegliata un’unica volta, ma non è riuscita a salutarci. Buster non ha potuto fare altro per lei».
«Tomhas…» lo chiamò, accarezzandogli le spalle e quando il ragazzo cominciò a singhiozzare lo abbracciò «Thomas, mi dispiace tanto».
«Nostro padre le è rimasto accanto fino all’ultimo istante, ma non è stato sufficiente».
«E Jeremy? Come sta Jeremy?».
«Non lo sa ancora. Come…? Come posso dire ad un bambino che sua madre lo ha lasciato per sempre?».
La notizia si era sparsa in fretta quella mattina e il primo gruppo di curiosi si era in tutta fretta avvicinato al vedevo per chiedere informazioni. Rose dubitava fortemente che si fossero riuniti per informarsi della salute della famiglia o per piangere la morta, impegnati com’erano a temere il contagio.
La madre di Thomas era stata solo l’ultima vittima di quella malattia che colpiva indistintamente uomini, donne e bambini e contro cui i rimedi dei guaritori non sembravano sortire alcun effetto. Prima la febbre debilitava il malato, i continui attacchi di tosse lo costringevano a letto, poi il morbo prosciugava ogni forza e a quel punto era solo questione di tempo prima che i polmoni si riempissero di sangue.
«Rose…» bisbigliò Thomas in maniera che solo lei potesse udirlo «Credo che anche mio padre si stia ammalando».
«Devi andare via da questa casa, Tom».
Lui la allontanò bruscamente. «Non capisci! Non posso, non posso lasciare mio padre da solo».
«Devi pensare a te, devi pensare a Jeremhia».
«Io so badare a mio fratello! Tu, tu puoi dire lo stesso del tuo?!».
«Nessuno guarirà mai se continueremo a non prendere precauzioni».
La bocca si storse in una smorfia. «Parli come Simeon».
«Simeon lo verrà scoprire e non sarà clemente con nessuno di noi. È solo questione di tempo Thomas e qualcuno farà la spia. Quando le persone hanno paura non badano alla lealtà».
«Neanche tu?».
«Nessuno saprà nulla da me» rispose risentita «Ma da qualcuno lo saprà e quando accadrà vi butteranno a marcire nella Torre fino a quando non morirete o fino a quando Buster non troverà una cura. Che, più o meno, è la stessa cosa».

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Damnatio_memoriae