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Autore: Nuel    27/03/2017    3 recensioni
Hogwarts apre le porte per la terza volta per Albus Potter. Quest'anno anche sua sorella minore Lily inizia a frequentare la più famosa scuola di magia e stregoneria del mondo, e mentre James stringe nuove amicizie, la vita familiare dei Potter potrebbe venire sconvolta.
Ogni pezzo è sulla scacchiera, sta ad Albus decidere se giocare quella che forse non è solo una semplice partita.
♦ Serie Imago Mundi, III
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Altro personaggio, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Imago Mundi ϟ'
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La vita va avanti comunque





Lily aveva pianto fino allo sfinimento e James si era chiuso in camera sbattendo la porta. Albus era rimasto seduto sul divano, davanti ai genitori, in silenzio. Suo padre sembrava distrutto, sua madre a disagio.
    “Abbiamo voluto aspettare fino a questo momento perché, per voi, fosse meno traumatico. Ora siete tutti e tre a scuola e…”, aveva iniziato loro padre.
    “Da quant’è che fate finta?”, aveva sbottato James, interrompendolo. Harry Potter si era stropicciato le mani, tenendo lo sguardo basso. Gli occhiali gli erano scivolati un po’ sul naso.
    “Da circa un anno”, aveva detto con un filo di voce.
    “Abbiamo aspettato che anche Lily iniziasse la scuola”, aveva spiegato loro madre, più decisa. Era stato in quel momento che Lily aveva cominciato a singhiozzare.
    “Per voi cambierà poco”, aveva cercato di tranquillizzarli loro padre, “starete a Hogwarts e durante le vacanze potrete venirmi a trovare…”.
    “Venirti a trovare dove?”, aveva chiesto Albus.
    Harry Potter aveva deglutito il magone e stirato le labbra in un sorriso falso come l’oro dei Lepricauni. “Mamma resterà qui e voi starete con lei, ma potrete venire da me a Grimmauld Place…”.
    “In quella topaia?”, aveva trasecolato James.
    “Non è più una topaia. Ci ho lavorato in questi ultimi mesi…”… era tutto vero, allora. I loro genitori si stavano separando e loro non potevano fare nulla per cambiare le cose.
    Lily si era buttata tra le braccia del padre, poi James aveva fatto la domanda che aveva fatto precipitare la situazione: «Vi state vedendo con qualcun altro?».
    Albus ricordava di aver sgranato gli occhi: nemmeno ora che sapeva, poteva immaginare qualcun altro accanto ai suoi genitori. Loro padre aveva assunto l’aria di un cane bastonato e allora avevano capito: loro madre aveva un altro.
    “Ne parleremo un’altra volta”, aveva tentato di svicolare Ginevra Potter, alzandosi dalla poltrona, ma James aveva insistito. Loro madre aveva trattenuto uno sbuffo. «Sì. Sto frequentando un altro uomo già da un po’. È per questo che sto lasciando vostro padre”, aveva detto schietta.
    Il resto delle vacanze era stato un disastro e Albus era contento di tornare a Hogwarts.
    Accolse con sollievo il fischio del treno. Martin era rimasto a scuola, come al solito, e Lily aveva trascinato Rose nello scompartimento di Scorpius e Lotus. Lui e James erano rimasti in silenzio per quasi tutto il viaggio, ma intorno a loro c’era il via vai degli studenti. Il treno era affollato quasi quanto lo era a settembre, ma l’aria cupa di James teneva gli altri fuori dal loro scompartimento. Albus quasi sobbalzò quando sentì la porta aprirsi e Roxanne si affacciò.
    «Posso parlarti, James?», chiese la ragazza. Aveva un tono di voce teso.
    James annuì e Roxanne entrò. «Devo lasciarvi soli?», chiese Albus.
    «No, rimani pure», gli sorrise Roxanne. «Vorrei solo… ecco…», sospirò, «vorrei solo dirti che se abbiamo vinto la partita, il mese scorso, è stato solo merito tuo».
    James parve un po’ imbarazzato, ma annuì. Albus si chiese per quanto, ancora, avrebbe dovuto sentir parlare di quella partita.
    «Mamma mi ha insegnato che essere un buon capitano significa anche riconoscere i meriti dei propri compagni di squadra e chiedere il loro aiuto per migliorare il rendimento generale». Fece una pausa, Albus non pensava di averla mai vista così in imbarazzo. «Senti, Jamens, a me non è piaciuto il tuo modo di volare: qualcuno avrebbe potuto farsi male…».
    «Sapevo cosa stavo facendo», la interruppe James.
    «Tu sì, ma gli altri no», ribatté Roxanne con decisione. «Quel modo di giocare può andare bene ad un certo livello, ma in una squadra studentesca non sono tutti così abili». James annuì. «Inoltre, in allenamento non avevi mai fatto nulla del genere. Ci hai presi alla sprovvista».
    James annuì di nuovo, poi disse: «Adesso la sapete».
    Fu il turno di Roxanne di annuire. Si passò la punta della lingua sulle labbra scure e poi aggiunse: «A parte questo, però, il modo in cui sei riuscito a spronare la Rosewood e a farti seguire da Tinbridge, ecco… avrei dovuto farlo io. Voglio dire, è a questo che serve un capitano».
    Albus e James la stavano ascoltando con attenzione adesso. «Per quest’anno farò del mio meglio per rafforzare la squadra e ti sarei grata se volessi aiutarmi, ma l’anno prossimo, se il professor Serendip vorrà confermarmi come capitano, ecco, io… rifiuterò…».
    «Aspetta…», provò ad interromperla James, ma Roxanne continuò.
    «… e gli dirò che dovresti essere tu il nuovo capitano del Grifondoro». A quel punto Roxanne fece un profondo sospirò e poi sorrise. «Non sai che sollievo essere riuscita a dirlo!», rise.
    James la guardava a bocca aperta. «Io… non so cosa dire…».
    «Non dire niente», Roxanne si alzò, «fare il capitano è una rogna, l’anno prossimo mi pregherai di riprendermi la carica!». Roxanne rise e se ne andò mentre James era ancora incredulo.
    Albus era contento per lui e gli diede un calcio leggero, tanto per fargli chiudere la bocca. James lo colpì allo stesso modo e si sorrisero. Era il primo sorriso sincero da quando avevano saputo che la loro famiglia stava andando in pezzi.

Quando scesero dalle carrozze trainate dai Testral, gli studenti si riversarono in Sala Grande. Era quasi ora di cena, ma quel giorno avrebbero mangiato un po’ prima, così da poter riposare dopo il viaggio ed essere pronti per l’inizio delle lezioni, il giorno successivo.
    Davanti alla porta del castello, Martin attendeva gli amici con un gran sorriso sulle labbra. «Ehi!», li chiamò appena li vide, «Come sono andate le vacanze?». Martin era all’oscuro di tutto: non gli avevano scritto in quelle due settimane. Non c’era ragione per rovinare il Natale anche a lui, le brutte notizie potevano aspettare.
    «Ne parliamo domani, ti dispiace?», rispose Albus, cercando di non apparire funereo.
    «Qualcosa non va?», chiese Martin, subito preoccupato, ma James scosse il capo e Albus ripeté: «Domani».
    La Sala Grande era stata addobbata a festa. I grandi abeti natalizi erano scomparsi, ma le fate erano rimaste e adornavano le volte della sala. Erano stati appesi gli stendardi della quattro Case e sui tavoli c’erano mazzolini di piccoli fiori bianchi. Albus sentì Gwen chiamarli “bucaneve”.     Probabilmente perché non era dell’umore giusto, ma lui non condivideva l’entusiasmo della ragazza per quei fiori. Prese posto al tavolo col fratello e gli amici e si guardò attorno cercando di capire cosa stesse capitando.
    Al tavolo degli insegnanti, la preside McGranitt si alzò, avvicinandosi al leggio. Le voci degli studenti si zittirono subito. «Bentornati», esordì l’anziana strega. «Come avrete capito, oggi non è un giorno come gli altri. Questa sera saluteremo Madama Chips, che ci lascia per tornare a casa propria. Madama Chips ha prestato servizio a Hogwarts per così tanti anni che non probabilmente non c’è un solo mago in Inghilterra che non sia stato curato da lei…», nella Sala Grande si sentirono diverse risate, «Poppy Chips è una cara amica, un membro della nostra famiglia e noi tutti ne sentiremo la mancanza», continuò la McGranitt, «ci mancherà, Madama Chips». La preside si scostò, iniziando ad applaudire e gli studenti la seguirono in uno scroscio di applausi.
    L’anziana infermiera aveva le lacrime agli occhi, ma sorrideva. Hagrid soffiò il naso nell’enorme fazzoletto a scacchi bianchi e rossi e anche altri insegnanti avevano lo sguardo lucido. Poi la McGranitt ricominciò a parlare: «La gestione dell’Infermeria, da oggi viene presa dalla signora Paciok, tuttavia, vi devo avvisare che la signora Paciok non risiederà al castello, anche se, in caso di necessità. Questo significa che l’assunzione volontaria di certi prodotti che sono certa tutti conosciate o l’uso di fatture su altri studenti dopo il termine delle lezioni pomeridiane verrà punito con un turno di lavoro come aiutanti di Mastro Gazza». Dal fondo della sala si sentì un colpo di  tosse che fece sobbalzare alcuni studenti. «E ora, buon appetito», concluse la McGranitt. Batté le mani e i piatti d’oro si riempirono di pietanze gustose, ma leggere, l’ideale dopo i bagordi natalizi.
    Ci fu un altro applauso e delle voci si alzarono gridando “Viva Madama Chips”. Prima di ritirarsi nei propri dormitori, alcuni studenti vollero andare a salutarla. Tra loro c’era anche James. Albus notò che il fratello era stranamente impettito. Le tese la mano e la ringraziò “per tutto”, tenendo gli occhi bassi.
    Quando si fu steso a letto, Albus sentì di essere molto più stanco di quando aveva creduto. Era contento di essere di nuovo a scuola, anche se si chiedeva cosa stessero facendo i suoi genitori. Per la prima volta, dopo quasi due settimane, prese la pergamena su cui era disegnata la scacchiera e la guardò con attenzione. Notò che il Re, che in precedenza erano stato striato di rosso, era diventato completamente bianco e si disse che non avrebbe mai imparato a giocare fino a quando non avesse cominciato. Probabilmente avrebbe sbagliato e avrebbe perso qualche pezzo, ma l’alternativa era rinunciare a giocare e, a quel punto, era troppo tardi per tirarsi indietro.
    Ripiegò la pergamena e la mise sotto il cuscino, dicendosi che, a qualunque costo, il giorno successivo avrebbe mandato la propria mossa a Carabà e si sarebbe scusato per averla fatta attendere così tanto. Chiuse gli occhi e si addormentò con in mente la mossa da fare.

 
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Note:
♦ Bucaneve: il bucaneve è un piccolo fiore bianco noto anche come “fiore di febbraio”, ma dato il riscaldamento globale, ormai lo si vede fiorito già a gennaio. È ritenuto simbolo di speranza e consolazione, di passaggio dal dolore a un nuovo inizio, ma nel linguaggio dei fiori è ambivalente: simpatia, ottimismo e virtù, ma anche ambiguità, cattivo auspicio, separazione da una persona amata, presagio di morte in quanto pianta erbacea piuttosto bassa, che quindi fiorisce vicino al terreno. Inoltre il fiore a forma di campanula si rivolge al terreno, e sboccia in un momento di transizione tra due stagioni.


Su questo capitolo si innesta lo spin-off. Troverete il primo capitolo la settimana prossima, col titolo "Niente è come prima". Ovviamente potete fare a meno di leggerlo in quanto non coinvolge Albus e compagni in modo diretto, ma se siete curiosi di sapere cosa volessero dirsi Harry e Hermione, fuori dalla porta della Tana, potreste trovare lì qualche risposta. ^^
L'aggiornamento non sarà regolare in quanto alomeno i primi capitoli dovranno coincidere con alcuni accadimenti de "La Scacchiera Incostante", ma vi avvertirò ogni volta che aggiungerò un capitolo qui, anche perché salterò l'aggiornamento settimanale qui.  ^^' Sì, avete capito bene: la settimana prossima Albus lascerà il posto al padre, per tornare tra quindici giorni col capitolo 11.
A presto e grazie a tutti per leggere e a
uwetta e megumi_1 per aver commentato. ^^ (Vi pregherei di notare che Megumi ha commentato ed è tuttora viva e gode di ottima salute u.u).
Vi aspetto sulla mia pagina FB, su Twitter e su Ask! ^^
 
 
 
 
   
 
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