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Autore: Lanonimoscrittore93    01/04/2017    1 recensioni
Questa storia parla di un ragazzo transessuale alla quale restano pochi mesi di vita. Tutto questo non lo sa nessuno, solo il suo medico di fiducia e suo padre. Proviene da una famiglia molto ricca, fondatrice di una scuola prestigiosa e ambita da tutti. Un giorno un incontro le travolgerà l'esistenza. Cosa accadrà?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Per l'ennesima volta ero scappato via da tutto e da tutti. Il mio punto di sfogo era questo insulso parco e questo vecchio albero che mi faceva da ombra. Ero patetico. Le lacrime non volevano smetterla di scendere. La mia vita era uno schifo. Mia madre era morta quando avevo solo sei anni, una brutta malattia se l'era portata via. Restavamo solo io e mio padre.
Da sempre avevo avuto il cuore debole. Io ero debole. Con il tempo ero peggiorato. Sei mesi fa il mio medico, la dottoressa Grace, non che amica d d'infanzia di mio padre, mi aveva annunciato che mi restava solamente un anno di vita. Praticamente un pugno nello stomaco. Alla fine era quello che aspettavo, la morte. Non avevo avuto niente di buono dalla vita, forse i soldi, ma quelli non ti davano la cura per la felicità. La felicità era altro, qualcosa che a me era sconosciuta. Mio nonno, il mio unico rifugio, se n'era andato qualche anno fa. Mi restava solo mio padre. Lui però era distrutto dal dolore. Povero uomo, quante perdite doveva subire ancora?
Probabilmente papà e la dottoressa Grace mi stavano cercando, come ogni volta d'altronde. Cosa credevano, che mi suicidassi? Magari, mi risparmierei molto di quel dolore che mi sarebbe aspettato prima della mia imminente morte. La mia esistenza era inutile. Andavo in giro senza una meta. A scuola ero un disastro, nonostante avessi un quoziente d'intelligenza alto. Non studiavo mai, arrivavo in classe quando mi faceva più comodo e non seguivo mai le lezioni, più che altro sonnecchiavo, ero sempre così stanco. Poi quando mi svegliavo, prendevo e me ne andavo via, le lezioni erano sempre così noiose. Tutta la scuola era noiosa. Erano tutti degli snob presuntuosi, che si atteggiavano, solo perché avevano qualche centinaio di soldi in più rispetto agli altri e andavano in una delle scuole più prestigiose. Volevano tutti essere miei amici perché la scuola era di mia proprietà. Come cadeva in basso certa gente, a che scopo poi?! Volevano la mia amicizia per cosa? Un voto più alto? Crediti extra? Cosa!? Mi facevano tutti schifo. Erano solo dei leccapiedi presuntuosi sensa un minimo di personalità. Anche i professori lo erano, mi facevano fare tutto quello che volevo, solo perché ero il figlio del preside. Mio padre invece mi accontentava in tutto, solo perché ero un morto che cammina, che cosa deprimente.
Ero solo, non avevo amici. Da quando era morta mia madre mi ero chiuso in me stesso. Con mio nonno invece potevo essere me stesso, lui mi voleva bene così com'ero, non gli importava se mi sentivo un ragazzo invece di una ragazza, diceva sempre: sii chi vuoi essere. Parole semplici ma concrete. Io e la mia crisi d'identità, ma lui mi voleva bene lo stesso. Quando è morto fu la fine per me, si era portato l'ultima parte che restava della mia anima. Da allora ero perso. Me la prendevo con tutto e tutti, anche per nulla. Mi dimostravo sempre indifferente, che non mi importava di nulla. Ero arrogante e strafottente, ma era solo la mia armatura nera, dentro morivo in realtà. Volevo solo urlare e piangere, per questo mi rifugiavo qui in questo insulso parco, dove nessuno mi poteva vedere, e poi qui era sempre isolato, non ci veniva mai nessuno. 
Sentii un improvviso rumore che mi fece alzare lo sguardo. Era una ragazza e mi stava fissando a bocca aperta. Fanno tutte così quando mi vedevano, non sapendo che in realtà ero un ragazzo transessuale, infatti quando lo venivano a sapere mi guardavano come se fossi uno brutto scherzo della natura. Certo, come se fosse colpa mia, ecco perché avevo deciso di tenere la cosa per me.
Ora che ci pensavo... la ragazza stava vedendo che piangevo. No! Nessuno poteva vedermi piangere!
Con la mano destra la indica per poi fare il gesto di sgozarmi. Mi piaceva tanto spaventare la gente, mi rendeva più facile andare avanti.
La ragazza indignata se ne andò via. Che strano, non si era spaventata, e poi, com'era conciata? Faceva ancora caldo e lei andava in giro con abiti troppo spessi e larghi di almeno due taglie in più. Aveva anche gli occhiali, troppo grandi per il suo delicato. Aveva i capelli acconciati in due lunghe trecce. Era decisamente una di quelle ragazze che si nascondevano, credendosi brutte e scialbe.
Asciugai le lacrime deciso a tornare a casa.
Papà era nel suo studio con la porta aperta, aspettando che passassi di lì per annunciare la mia presenza. Sicuramente come sempre aveva chiamato la dottoressa Grace dopo la mia ennesima fuga, e probabilmente mi avevano cercato per poi rinunciare e aspettare il mio ritorno.
Quando mi vide alzò la cornetta del telefono per chiamare la dottoressa e rassicurarla. Quei due erano innamorati da tempo l'uno dell'altra, ma mio padre era troppo ottuso per fare qualcosa, provavo un po' di pena per quella donna, dopotutto si prendeva cura di me da quando ero piccolo. 
Andai a sdraiarmi nel letto, stranamente mi ritrovai a pensare a quella ragazza misteriosa che avevo incontrato al parco. 

Che seccatura andare a scuola, ci andavo solo per mio padre, lui ci teneva all'istruzione, perciò lo accontentavo. Per me era una perdita di tempo, tanto sarei morto tra qualche mese, lo studio era per chi aveva un futuro, cosa che non avevo io.
Me ne stavo per i fatti miei in divisa della scuola con la giacca tenuta dietro le spalle, tanto per darmi un'aria di superiorità e con in bocca la mia solita sigaretta di cioccolata. Da piccolo mamma me le comprava sempre, facevamo finta di fumare, quanto mi divertivo con lei. Mi mancava così tanto. Pensare a lei mi rattristava sempre.
Voltandomi la vidi, la ragazza del parco che mi aveva visto piangere. Se ne stava lì imbambolata e con la bocca aperta come l'ultima volta. Aveva indossato la divisa scolastica, come sempre con due taglie di troppo, gli occhiali erano sempre quelli e i capelli erano acconciati allo stesso modo. Quella ragazza non poteva passarla liscia. Non potevo permettermi di dimostrarmi debole di fronte agli altri, e poi, non doveva andarlo a dire ai quattro venti che avevo pianto.
Mi avvicinai a lei con il mio solito ghigno da strafottente. "Gente!", richiamai l'attenzione di tutti i presenti, "Abbiamo una nuova alunna!". Mi avvicinai al suo orecchio per sussurrarle che sarei stato il suo peggior incubo, poi mi allontanai.
Aveva un buon odore quella ragazza, sapeva di primavera e di ciliegie, probabilmente era il suo costoso profumo. Che strano però, di solito non notavo certe cose e non mi interessavano. 
  
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