Nota:
Questo capitolo è messo in qualche
tempo
poco prima del matrimonio.
Capitolo
2
Il
primo figlio è sempre qualcosa di spaventoso ed emozionante assieme.
C’è la
paura di essere una madre inadeguata, così come la paura più fisica di
affrontare nove mesi di punti interrogativi ed, infine, un parto da
tutte le
donne descritto come un momento di puro dolore sostituito
immediatamente da una
sensazione di gioia estatica non appena stringevano il loro bambino. Clara avrebbe voluto
volentieri saltare il
lato ‘pena’ per passare direttamente al lato ‘ gioia’.
L’esenzione
fortuita dalla nausea mattutina non aveva però reso le cose più facili.
Di
contro, gli sbalzi d’umore dovuti alla disfunzione ormonale tipica
della
gravidanza la rendevano troppo instabile ed insopportabile anche per se
stessa,
a volte.
Così,
se da un lato adorava l’emozione provata di fronte al primo paio di
scarpine
comprate per il bambino, dall’altra odiava il nervosismo e la rabbia
nata dal
nulla (cioè dagli sbalzi ormonali) che la ‘costringeva’ a rispondere
male a
chiunque le chiedesse qualcosa nel momento – secondo lei – più
inopportuno.
E
per completare l’opera, ci si erano messi anche i preparativi per il
matrimonio
e l’imminente trasferimento ad Edimburgo che avevano ritardato fin
troppo la
prima ecografia.
“Che
piacere rivederla, Dottor Smith. So che in chirurgia la sua equipe
sente molto
la sua mancanza.”
Il
Dottor Stewart lo salutò con un sorriso appena visibile, nascosto da
folti
baffoni neri.
“Hanno
la Dottoressa Jones, sono in ottime mani.” Rispose John con un tono
altrettanto
amichevole che stupì Clara non poco. Evidentemente tra i due c’era un
rispetto
reciproco che riusciva a smussare gli angoli spigolosi del carattere di
John,
un qualcosa che solo pochi eletti riuscivano ad avere.
“Quindi…
lei è la fortunata signora Smith.”
Clara
fu riportata a galla dai suoi pensieri dalla voce del Dottor Stewart,
riuscendo
a rispondergli solo con un sorriso timido.
“Si.
Lei è mia moglie Clara.” Rispose subito John, dedicandole uno sguardo
così
pieno d’ammirazione ed amore da farla quasi scoppiare in lacrime,
mentre lui
portava la sua mano alle labbra per posarvi su un lieve bacio ed
aggiungeva:
“Ed
il fortunato sono io, ad averla con me.”
Era
raro che John si esprimesse così apertamente in pubblico, tranne quando
c’era
qualcosa che lui sentiva lo stava minacciando. Ma non era quello il
caso. Le
emozioni così esposte di John erano autentiche e le scaldavano il cuore.
Il
nervosismo si fece più pungente quando Clara si scoprì lo stomaco ed
avvertì il
freddo viscido del gel per l’ecografia sulla pelle. Ma le emozioni
divennero
però incontrollabili nel momento in cui, sullo schermo fino a quel
momento nero,
cominciò a vedersi una piccola macchia grigia informe che si muoveva
vispo,
prima di fermarsi di profilo e farsi inquadrare dalla camera speciale
che lo
prendeva come modello.
Il
Dottor Stewart le indicava il punto esatto in cui guardare, calcolando
approssimativamente il periodo del concepimento e spiegandole che il
feto si sviluppava bene, seguendo i tempi previsti. In
pratica,
sembrava fosse tutto
nella norma.
Clara
fissava lo schermo senza rendersi conto che il respiro le si era
fermato. Non
riusciva davvero a distinguere perfettamente la forma che il medico le
stava
invece descrivendo con precisione; ma quel pulsare vivido che riusciva
a
distinguere su quello schermo dimostrava che dentro di lei davvero
c’era una
vita che cresceva, dandole per la prima volta una prova fisica di esso
ed
indescrivibili emozioni, troppo forti da controllare.
“Vedi
quella piccolissima macchia nera, divisa in settori e circondata dal
grigio, che pulsa?” Le disse
John all’orecchio con una voce dolce e piena di commozione, venendola
in aiuto.
Clara
annuì, stringendo la presa sulla mano di suo marito e fissando lo
sguardo
meravigliato proprio su quella macchiolina.
“E’
il suo cuore che batte.” Disse John in un sussurro.
Il
cuore di Clara fu stretto da una morsa forte e calda, prima di
esplodere nel
momento in cui il Dottor Stewart premette un pulsante ed un tonfo
assordante si
espanse tra le quattro pareti della sala.
Tum.Tum.Tum.Tum.
Era
come un tamburo che batteva prepotente, un cuore piccolissimo ma già
forte che
gridava la sua voglia di vivere. Ed accompagnava le lacrime di gioia
che
presero a scendere dagli occhi di Clara:
“Dio…
è così veloce!”
“E'
normale, va tutto bene." La rassicurò
John con un sorriso: "E’
prepotente. Proprio come sua madre.”
“Non
sono prepotente.” Contestò Clara con un leggero cipiglio ed
imbronciando le
labbra.
John
si lasciò scappare una risatina, delineandole poi a voce i lineamenti
del
profilo del loro bambino. E lei, stavolta, sembrava finalmente vederlo.
Anche se
gli occhi a volte venivano annebbiati da lacrime insolenti.
Il
Dottor Stewart restava in silenzio, limitandosi a sorridere e spostare
occasionalmente lo scanner sul ventre di Clara per catturare altre
scansioni.
C’era
un’atmosfera emotiva palpabile in quella stanza; le lacrime che
cadevano dagli
occhi di Clara morivano su un sorriso splendido
e l’espressione di John era così serena da rasentare
l’impossibile. Mai,
il Dottor Stewart, ricordava di aver visto i lineamenti del Dottor
Smith così
rilassati, mai sul suo viso aveva visto quell’espressione di completa
ed
appagante felicità. Sembrava quasi che le emozioni della coppia si
riversassero
piacevolmente su di lui, perciò non rimase sorpreso quando Clara disse
di non
voler ancora sapere quale fosse il sesso del bambino.
“In
realtà… è ancora un po’ presto per dirlo con certezza. In più il
bambino è in
una posizione sfavorevole, non potremmo comunque vedere se sia maschio
o
femmina. Si nasconde, fa il timido.”
“Allora
questo lo ha preso da suo padre.”
“Sono
ben lungi dall’essere timido, mia cara.” Rispose John, avvicinandosi
all’orecchio per sussurrarle maliziosamente: “Non lo ero, la prima
volta che ci
siamo parlati. La prima volta che ti ho sfiorata.”
“Sta
zitto… avevi mesi di sentimenti repressi da sfogare. Questo da
coraggio.”
Rispose lei, dandogli una lieve pacca sul braccio e rassicurandosi che
il
Dottor Stewart – impegnato a stampare ecografie e referto più distanti
da loro
– non li sentisse.
Più
tardi, la coppia si era ritrovata a condividere un pranzo in un
ristorantino
nel cuore di Londra.
Seduti
l’uno accanto all’altra, ignorando completamente il resto della sala
gremita di
gente, aspettavano i loro piatti con le prime ‘foto’ del loro bambino
sparse
sul tavolo.
Clara
si premeva contro il fianco di John, un braccio di lui drappeggiato
sulle spalle a stringerla dolcemente.
Erano
rilassati e felici, mentre Clara gli chiedeva di leggere di nuovo
l’ecografia
per lei. John sorrideva, portando l’indice sulle scansioni e seguendo
le linee
di contorno del bambino le elencava ogni particolare di quella forma.
Ed a
Clara sembrava così dolce riuscire a scovare una forma finalmente ben
definita,
seguendo un disegno preciso tracciato dalle sapienti dita del marito.
Era come
se stessero abbozzando loro stessi i lineamenti di loro figlio
aggiungendo fantasiosi particolari qua e là: i riccioli di
John ed il naso di Clara. L’altezza e la forma sottile di suo padre, in
caso
fosse maschio, ma le labbra piene con gli occhi scuri ed espressivi di
sua
madre, in caso fosse femmina.
“Io
vorrei avesse i tuoi occhi, però…” Disse Clara con un sorriso,
togliendogli gli
occhiali dal viso e guardandolo negli occhi prima di continuare:
“Questo
pallido verde che diventa grigio quando il cielo è nuvoloso, con quelle
pagliuzze dorate nell’iride che amo tanto. Amo i tuoi occhi. Sono
imprevedibili
e complicati, proprio come sei tu.”
“Ami
solo i miei occhi?” Chiese John, prendendole gli occhiali dalle mani
per
posarli sul tavolo, prima di tornar a guardarla con uno sguardo a metà
strada tra l'estatico ed il malizioso.
“Si dice che gli occhi chiari siano freddi e non trasmettano emozioni.” Disse Clara in un sussurro, avvicinandosi abbastanza per sfiorargli le labbra senza però baciarlo davvero, limitandosi a poggiare la fronte contro quella di lui e continuare:
“
Ma tu hai degli occhi
molto espressivi. Mi basta guardarli per leggervi dentro tutto quello
che ho
bisogno di sapere, John. E vederti così felice mi rende felice.”
“Sono
sempre felice, quando sei con me.” Rispose lui, portando la mano destra
sulla
guancia sinistra di lei e strofinando per gioco il naso contro il suo
continuando:
“
E non solo perché aspettiamo un bambino che ora sta crescendo dentro di
te… tu
hai capovolto tutta la mia vita, mi hai fatto mettere in discussione
tutto ciò
in cui credevo. Mi hai mostrato una vita diversa da quella che vivevo,
facendomi capire quanto mi stessi sbagliando, cosa mi stessi negando…
mi sono
innamorato di te così profondamente, in un modo che non credevo potesse
esistere. Ma lo senti cosa mi fai dire?” Sorrise infine lui: “ Cose che
non
avrei mai e poi mai pensato di dire a nessuno. Hai cambiato il mio
cuore, hai
cambiato tutto in meglio, Clara.”
“Bene…”
Rispose lei non nascondendo una punta di orgoglio e prendendosi in
pieno quelle
parole così dolci: “ Felice di essere l’eccezione tra le tante. La
migliore,
per altro!”
“Pecchiamo
di megalomania, qui.”
“In
questo caso si!” Ancora orgoglio nella sua voce, ma non per se stessa.
L’orgoglio di avere accanto a lei un uomo meraviglioso come John.
L’orgoglio
che quell’uomo sarebbe stato il padre del suo bambino.
Furono
interrotti dal cameriere che aveva portato le loro ordinazioni, con gli
occhi
di Clara che si illuminarono e lo stomaco che brontolava rumorosamente.
John
scoppiò a ridere mentre lei arrossì, ma presero a pranzare in un comodo
e
rilassato silenzio finchè, qualche minuto dopo, una voce richiamò la
loro
attenzione:
“John?
John Smith?”
Era
la voce incerta di una donna, quella che li aveva strappati via dalla
bolla di
realtà realtà di cui si erano cicondati. Clara si voltò istintivamente,
non
riconoscendo però il volto di quella sconosciuta, una bella
sconosciuta, che
sembrava avere sui quarant’anni di età ed uno sguardo triste ma
dolcissimo.
John,
invece, la riconobbe. Eccome.
“Joan…”
Clara
lo vide alzarsi di scatto, il volto teso e lo sguardo improvvisamente
oscurato
da un velo di senso di colpa. Chi diavolo era quella bionda?
“Joan
Redfern.” Pronunciò ancora John, scostando la sedia e tenendosi ancora
di più
nel corpo, incapace di muovere un solo muscolo, indeciso sul se
porgerle la
mano oppure no:
“Sono…
sembrano passati secoli. Come stai?”
La
donna in questione lo fissava con uno sguardo triste ed un accenno
lieve di
sorriso teso. Qualsiasi cosa fosse intercorsa tra questi due, Clara
poteva
intuire che non fosse finita molto bene.
“Io…bene.”
Disse la donna, pronta a rompere il silenzio imbarazzante che sembrava
aver
gelato l’aria:
“Diciamo
che non mi lamento. Non ero sicura fossi tu… ma ho pensato, bè… magari
potevo
salutarti, dopo tutti questi anni.”
John
non rispose, accennando solo un si con la testa, incapace di
pronunciare
parola.
“Oh…”
Continuò Joan, imbarazzata dalla passività di John e rendendosi conto
di essere
diventata una presenza scomoda. Diede un’occhiata rapida alle scansioni
sul
tavolo e concluse:
“
Stavate lavorando… è tipico di te, sempre dedito al lavoro anche al di
fuori
dell’ospedale.”
Questa
volta lo sguardo ed il sorriso di quella donna avevano un’emozione ben
diversa
dalla malinconia di cui era circondata.
“Mi
dispiace avervi interrotti.” Continuò lei: “ Meglio che vada, tu e la
tua
assistente avrete da studiare qualche caso difficile, immagino… mi ha
fatto
piacere però rivederti.”
“Assistente?”
Sussurrò Clara confusa, non diretta però a nessuno dei due.
La
voce di Clara però, sebbene bassa, raggiunse John e servì a scuoterlo,
risvegliandolo
dal coma letargico in cui era caduto e spingendolo finalmente ad aprire
bocca.
“No.”
Disse semplicemente l’uomo, dando uno sguardo di scuse a Clara per poi
guardare
alcune scansioni che ancora stringeva nervosamente tra le mani. Poi
sorrise
felice, aggiungendo infine:
“Lei
è… non è la mia assistente. Lei è mia moglie, Clara.”
C’era
una differenza sostanziale tra la presentazione di lei che aveva dato a
questa
donna sconosciuta e quella data al dottore durante l’ecografia. L’amore
era
rimasto nel suo sguardo e nel suo sorriso, ma l’orgoglio era stato
sostituito
da qualcosa che somigliava molto alla… vergogna? Senso di colpa? E poi
c’era
quello sguardo sul volto di lei. Lo stesso sguardo di giudizio che gli
sconosciuti riservavano loro quando apprendevano la vera natura del
loro
rapporto. Quello sguardo che loro due continuamente si imponevano di
ignorare e
dal quale non volevano farsi ferire ben sapendo che, tempo un giorno o
due,
quegli stessi sconosciuti si sarebbero perfettamente dimenticati di
loro.
“Queste sono mie.” Disse
quindi Clara, decidendo di voler ignorare per il momento quella
sensazione
pungente di disagio che aleggiava su di loro e concludendo con un
sorriso raggiante ed orgoglioso:
“Sono incinta.”
Il
silenzio che si insinuò tra i tre era penetrante e feriva più di un
coltello
rovente. Il viso di John era rosso e quello della sconosciuta invece
aveva
perso ogni colore. Gli occhi azzurri di lei guizzarono rapidamente alle
immagini e poi al viso di Clara che, solo in quell’istante, si rese
conto di
quale errore probabilmente aveva commesso. Forse, solo forse, aveva
intuito
‘chi’ quella donna fosse…
“Credo
che le mie congratulazioni siano dovute, allora.” Disse infine Joan
Redfern,
concedendo un sorriso di circostanza alla coppia, prima di rivolgersi
solo a
John:
“Sei
cambiato molto, John. Ma sembri anche molto felice. Ed io vi ho rubato
troppo
tempo. E’ stato bello rivederti, addio… Johnny.”
La
donna si voltò per andarsene, nascondendo il viso alla coppia prima di
essere
fermata nuovamente da John.
“Joan!”
Disse lui con un tono di voce forse un po’ troppo alto. Si grattò la
nuca,
aspettando che lei si girasse e si schiarì la voce per cercare una
sorta di
compostezza:
“Mi
dispiace… di averti ferito.”
Ed
eccola la goccia che cadeva. Clara ebbe conferma alle sue ipotesi, ma
rimase in
silenzio mentre i due si scambiavano uno sguardo che sapeva di rimorso,
per
John, e rimpianto per la bionda.
“Sono
passati tanti anni, John. E’ andata come doveva andare.”
"E..." continuò il Dottore: "Sei
felice, adesso?"
Joan lo guardò e sorrise sinceramente per la prima volta da quando si erano incontrati:
“Si.
Si lo sono.” Prima di andarsene con un cortese e più freddo:
“Sii
felice anche tu, Johnny.”
Quando
la donna si fu allontanata e John si sedette nuovamente al suo posto
Clara lo
studiava apertamente. Aspettava in silenzio che John dicesse qualcosa,
ma lui
si sforzò di darle semplicemente un rapido sguardo ed un sorriso prima
di
fermarsi a fissare i resti del loro pranzo nei piazzi lasciati a metà.
“Quindi…Johnny…”
Decise allora Clara di interrompere quel silenzio imbarazzante,
imprimendo una
certa nota sarcastica sul nomignolo che quella donna gli aveva dato:
“Chi era?”
La
giovane aveva scelto di fingere ingenuità. John, non veva mancato di
accorgersi
però del lieve fastidio che si avvertiva nella voce di lei. Ma le
rispose con
voce meccanica e senza troppa reale coscienza delle parole che avrebbe
pronunciato:
“La
mia ex.”
“Avevo
intuito.”
“Perché
me lo hai chiesto, allora?”
Non
le era sfuggito il tono alterato di John, e la cosa la infastidiva
ancora di
più.
“Volevo
una conferma. Solo non capisco… perché ti ha turbato tanto. Sembrava
che ti
vergognassi di me.”
“Non
era vergogna, Clara.” Rispose lui con un sospiro profondo e la voce
strascicata, continuando: “Lei è… Come ti sentiresti tu ad incontrare
il tuo ex,
l’uomo che volevi sposare e con cui volevi avere figli ma che ti ha
lasciato
perché aveva ideali diversi, che ti ha mollata perché diceva di non
poterti
dare ciò che volevi, che non si sarebbe mai sposato perché non credeva
nel
matrimonio e non avrebbe mai avuto figli, e scoprissi invece che ha
fatto
proprio quelle cose. Insomma, un giorno lo incontri e... lo vedi con
un’altra
donna alla quale ha concesso ciò che a te ha negato.”
“Se
incontrassi il mio ex non mi farebbe né caldo né freddo! Questo perché
amo te
adesso, solo te!” Rispose Clara con il nervosismo ben tangibile nella
voce: “
Ma mi sentirei male a pensare a te con un’altra donna. Male come mi
sento
adesso, a vederti rimpiangere quello che hai dato a me e non a lei!”
Stavano
entrambi camminando su un campo minato. Entrambi avvertivano ferite sul
cuore
riaprirsi e si rendevano conto che ogni parola andava pesata e ben
valutata
prima di essere detta. Il disastro era imminente e la rabbia o il
disagio di
quella situazione doveva essere controllata. Solo che negli ultimi
tempi tutto
sembrava essere fuori dal loro controllo. A partire dal bambino che
aspettavano, continuando con il matrimonio frettoloso e la proposta di
lavoro
che John aveva deciso di accettare ad Edimburgo. La loro vita era
diventata un vortice
e loro ne erano in balia completa.
John
si passò le mani sul viso e tra i capelli, decidendo di prendersi pochi
secondi
per calmarsi e respirò profondamente prima di parlare con una voce più
sottile,
sconfitto:
“Hai
frainteso, Clara… non è rimpianto, non è vergogna che sento. Ma un
rimorso di
coscienza che brucia. Ho commesso molti errori nella mia vita, ferito
molte
persone e questo mi porta ad avere molti rimorsi. E Joan è una di
quelle
persone che ho ferito, e non lo meritava. La amavo, in un certo senso.
O almeno
credevo. Poi ho incontrato te e…. hai rivoluzionato il mio mondo, il
mio modo
di sentire le emozioni. Non ho mai amato nel modo profondo e devastante
in cui
amo te. Sono in balia di un mare in tempesta che non posso controllare,
lo sai…
tu mi bruci, mi fai dire o fare cose che non avrei mai creduto di poter
fare.”
Finalmente la guardò, con gli occhi luminosi ed un sorriso dolcissimo
mentre le
portava una mano sulla guancia e prendeva a carezzarle il viso.
“Lo
sai che ti amo, Clara. E non mi pento di nulla che riguardi noi. Ma
quando ho
visto Joan, c’era questo vuoto nel petto, questo buco nero, questo
senso di
colpa che mi stava risucchiando. E non perché mi vergognavo di te o di
nostro
figlio, anzi è tutto il contrario! Mi vergognavo di me, di essere stato
un uomo
crudele e di esserlo ora agli occhi di una persona che non meritava di
essere
trattata nel modo in cui ho fatto. Non le ho mostrato amore, non le ho
mostrato
pietà nella nostra relazione, semplicemente trattavo il tutto come se
fosse una
sorta di ‘contratto’ in cui dicevo: sono
così e le cose vanno in questo modo, o accetti o te ne vai.
Ha sopportato
tanto e troppa indifferenza da parte mia. Non sono sempre stato un uomo
buono…”
Clara
annuì, senza però guardarlo. Poteva in un certo senso capire lo stato
d’animo
di John, anche se la gelosia voleva offuscare il suo giudizio e la sua
comprensione. Non dubitava delle parole di John, soprattutto non poteva
metterlo in discussione quando lei era la prima a vergognarsi di se
stessa per
le illusioni che aveva lei stessa dato tempo addietro ad un altro uomo.
Non si
era comportata in modo peggiore con James, approfittando dei sentimenti
sinceri
di lui per non sentirsi sola, per affievolire la mancanza di John
usandolo come
un sostituto? Prendere in giro qualcuno non era forse peggio del dare a
qualcuno ciò che voleva ponendo le carte sul tavolo come invece John
aveva
fatto in passato con la sua ex?
“Clara…”
Continuò John, portando l’altra mano sullo stomaco di lei: “Io sono
orgoglioso
di questo. Sono orgoglioso di noi. Non rimpiango nulla, Clara. Ma
l’unica cosa
di cui davvero mi vergogno è stato quello di mettere in discussione il
nostro
rapporto quando invece dovevo aggrapparmici di più.”
Il
riferimento a quanto accaduto con Martha Jones non le era sfuggito. Ma
in quel
momento fu Clara a sospirare e scuotere la testa, voltandosi finalmente
verso
di lui:
“Ti
ho perdonato per quello, John. Ed avevo commesso anch’io i miei errori.
Dovevo
esserti di maggiore sostegno, essere più attenta e sincera invece di
lasciar
macerare i dubbi e le emozioni nel silenzio. Io ti ho perdonato.”
“Ma
io no. Non potrò
mai perdonarmi. Quindi…
ho tanti rimorsi e Joan è uno di quelli, ma posso conviverci. E poi ho
questo
unico rimpianto: quello di non averti dato la giusta fiducia in un
momento
buio, di non averti dato il giusto credito quando mi eri vicina
nonostante ti
respingessi… ho fallito quando non dovevo farlo e non potrò mai
perdonarmelo.”
“Sta
zitto. Zitto, zitto zitto….” Concluse infine Clara, mettendogli un dito
sulle
labbra.
“Lascia
il passato dove deve stare. Abbiamo tutto il futuro davanti. Sei qui
con me,
non hai fallito proprio nulla. E non sei più lo stesso uomo che eri
negli anni
passati. Sei un uomo buono, sei il nostro eroe.” Gli disse infine lei,
poggiando la mano su quella di lui che ancora incedeva titubante sul
ventre. La
strinse nella sua e gli sorrise.
“Vorrei
baciarti…” Rispose John con un ghigno sulle labbra: “Ma ho apura che
abbiamo
già dato troppo spettacolo.”
Si
guardarono intorno, rendendosi conto che forse i tavoli vicini avevano
potuto sentire
o comunque avvertire i loro sussurri nervosi o comunque interpretare le
loro
espressioni facciali nonostante avessero cercato di tenere i toni
bassi. Ma
Clara decise che la cosa non doveva importarle più di tanto:
“Sono
abituata al giudizio della gente e non può fregarmene di meno. Sono
libera di
baciare mio marito ogni volta che voglio ed in qualsiasi luogo lo
ritengo
opportuno.”
E
come promesso, la giovane si sporse in avanti quel che bastava per
posare le
labbra su quelle di suo marito. Fu un bacio puro e casto, sebbene
lento,
lasciandole percepire appena sulla lingua il pranzo di suo marito. John
lasciò
scorrere la mano sulla guancia di lei, intrecciando le dita tra i suoi
capelli,
lasciando che le loro fronti si toccassero quando il bacio finì. Aprì
gli occhi
e le sorrise, con le labbra semiaperte mentre cercava di ritrovare il
suo
respiro, incapace di parlare e ringraziando chissà quale forza
misteriosa le
avesse donato questa donna forte e piena di così tanto amore e
compassione da
potergli perdonare ogni stupida azione o pensiero.
“Dai…”
Parlò infine Clara: “ Mostrami ancora com’è fatto nostro figlio, mentre
finiamo
di mangiare!”
“Ancora?”
Chise lui, fingendosi esausto. Poi sorrise e ricominciò di nuovo a
tracciare la
stessa forma con le dita su una scansione più chiara:
“Allora…”
Disse John con un chiaro sorriso nella voce, chinandosi sull’ecografia
in
questione: “Questa parte qui è la sua testa. Scendiamo un po’ più in
basso, sul
profilo appena accennato del suo viso e, proprio lì davanti… vedi
queste
sporgenze? Sono le sue mani, le tiene vicine al viso..”
“Imbronciato!”
Lo interruppe Clara ridacchiando: “Proprio come suo padre!”
“Shhh!”
La guardò con un cipiglio al quele Clara non potè evitare di
ridacchiare ancora
di più.
“Va
bene. Continua…” Disse però più seria lei, premendosi di più contro il
fianco
del marito mentre lui continuava:
“Dicevo…
le sue mani e… le cinque punte che vedi qui sono le sue dita che si
stanno
formando. Scendiamo ancora un po’ di più e…”
“Oh!”
Lo interruppe Clara ingoiando profondamente un respiro.
“Cosa?”
Le chiese John con un’espressione apprensiva, afferrandole un braccio.
“Tu
sai leggere le ecografie!!” Esordì lei, come se avesse solo in quel
momento
realizzato davvero la cosa.
John
la guardò sbalordito, confuso da quell’esclamazione ed espirando il
respiro che
stava trattenendo. Aveva creduto che fosse accaduto qualcosa, che lei
sentisse
un qualche tipo di dolore, che ci fosse qualcosa che non andava col
bambino…
“Clara…”
Disse lui incerto: “… è quello che sto facendo per te da due ore circa.
Oltre
al fatto che sono io stesso un medico. Un chirurgo, nello specifico.
Devo saper
leggere le ecografie, devo saper vedere dove e cosa opero prima di
aprire un
paziente… ovvio che so leggere le ecografie.”
“Si,
certo, ovvio…” Rispose meccanicamente lei, abbassando lo sguardo per la
vergogna prima di allontanarsi e guardarlo seriamente, in silenzio, per
alcuni
interminabili secondi.
“Ti
è proibito guardare le prossime ecografie!” Esordì infine la giovane,
con
un’espressione solenne sul viso che non ammetteva di essere contrariata.
“Cos…
no!” Esplose John offeso: “Non puoi proibirmelo! Su quali basi?”
“Sulle
basi del fatto che, se le guardi, potrai capire il sesso del bambino ed
io
voglio che sia una sorpresa!!”
“Ma
Clara! Se io volessi invece saperlo? Non te lo direi, giuro!”
“No!”
Rispose categorica Clara: “ Mi basterebbe guardarti negli occhi per
capirlo.
Con una femmina saresti geloso e protettivo come sei con me,
cominceresti a
preoccuparti all’istante!”
John
sbuffò, incrociando le braccia al petto ma senza recriminare. Clara lo
conosceva troppo bene ed aveva pienamente
ragione. Poi si sporse in avanti e cominciò a raccogliere alcune
scansioni,
custodendole gelosamente tra le mani e guardandole avidamente.
“Cosa
fai?” Gli chiese Clara, incrociando lei stavolta le braccia al petto.
“Le
sequestro. Visto che sono le uniche scansioni di mio figlio che vedrò
mai sono
mie.”
Clara
alzò gli occhi al cielo e non rispose.
Rimasero
così per alcuni attimi. In un silenzio in cui non si erano resi conto
di esser
caduti mentre John sembrava bere quelle immagini con gli occhi.
Entrambi
avvolti in una bolla di realtà in cui esistevano solo loro e loro
figlio.
“Ti
amo, Clara.” Disse infine John, baciandole la fronte prima di tornare a
guardare le immagini: “Ed amo lui o lei.”
“E
noi amiamo te.” Rispose lei, poggiando la testa sulla sua spalla.
John
avrebbe conservato gelosamente quella prima ecografia. Ancora non
sapeva che avrebbe poi potuto vedere
le scansioni di tutte quelle successive perché il piccolo continuava a
nascondersi
allo scanner. Clara avrebbe detto il contrario, ma John avrebbe sempre
asserito, anche dopo la nascita,
che loro figlio, in una qualche forma inconscia di solidarietà tra
maschi, era dalla parte di suo padre.
NOTA:
Nota:
Avrei
voluto inserire la ex di John già nella storia principale ed in un
contesto molto diverso.... ma volevo fare tante cose allora che poi non
ho più fatto, compreso un qualcosa che comprendeva James. Ma va bene
così.Spero
abbiate riconosciuto Joan Redfern: l'infermira di cui John Smith (la
versione umana del Dcimo Dottore in 'Human Nature') si innamora e con
la quale instaura una relazione che non può che sfociare nel
matrimonio. Quando Ten si rigenera in Eleven, compie un viaggio che lo
porta ad incontrare tutte le persone che hanno contato molto per lui in
quella rigenerzaione, Joan compresa. Quando la incontra, lui le chiede
se sia felice e lei risponde di si, anche se si può avvertire molta
tristezza in quella breve conversazione, a mio avviso. Ho cercato di
fare qui la stessa cosa, non accentuando un rimpianto, ma il rimorso di
aver ferito qualcuno che non meritava di essere ferito. Non so se ci
sono riuscita, in realtà questo capitolo volevo renderlo migliore e....
non so quante modifiche io abbia apportato alla stesura, quanti tagli
quante nuove aggiunte.... tanto più che ho poca voglia di scrivere,
ultimamente alla fine questo è il risultato. Mi impegnerò a fare di
meglio col prossimo capitolo che vedrà un piccolo salto indietro xD
Grazie
a chi ha avuto il coraggio e la pazienza di arrivare fino alla fine ;)
Alla prossima :*