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Autore: Dark_Water    11/04/2017    1 recensioni
Seguito di "You're in my Soul".
John si fermò, girandosi a guardarla e stringendo un po’ di più la mano di lei nella sua. La scrutò per un tempo indefinito, mentre Clara riusciva a cogliere ogni sfumatura grigia dei suoi occhi e quelle lievi pagliuzze nell’iride di un verde pallido che solo nelle giornate di sole riusciva a vedere nel pieno della loro tonalità. Eppure quel giorno di sole non ce n’era, e tutto all’improvviso la scoperta di quel particolare sembrò qualcosa di magico ed impossibile.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 12
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heart & Soul'
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Capitolo 2

Nota: Questo capitolo è messo in qualche tempo poco prima del matrimonio.

 

 

Capitolo 2

 

Il primo figlio è sempre qualcosa di spaventoso ed emozionante assieme. C’è la paura di essere una madre inadeguata, così come la paura più fisica di affrontare nove mesi di punti interrogativi ed, infine, un parto da tutte le donne descritto come un momento di puro dolore sostituito immediatamente da una sensazione di gioia estatica non appena stringevano il loro bambino.  Clara avrebbe voluto volentieri saltare il lato ‘pena’ per passare direttamente al lato ‘ gioia’.

L’esenzione fortuita dalla nausea mattutina non aveva però reso le cose più facili. Di contro, gli sbalzi d’umore dovuti alla disfunzione ormonale tipica della gravidanza la rendevano troppo instabile ed insopportabile anche per se stessa, a volte.

Così, se da un lato adorava l’emozione provata di fronte al primo paio di scarpine comprate per il bambino, dall’altra odiava il nervosismo e la rabbia nata dal nulla (cioè dagli sbalzi ormonali) che la ‘costringeva’ a rispondere male a chiunque le chiedesse qualcosa nel momento – secondo lei – più inopportuno.

E per completare l’opera, ci si erano messi anche i preparativi per il matrimonio e l’imminente trasferimento ad Edimburgo che avevano ritardato fin troppo la prima ecografia.

 *** 

 John aveva chiamato un vecchio collega all’ospedale, riuscendo a trovare un buco libero poco prima di pranzo. Clara era nervosa in sala d’attesa, silenziosa come non era mai stata, ma la mano stretta in quella di John sembrava calmarla. Una mano che continuò a stringere la sua finchè non fu stesa sul lettino della sala ecografie; una mano che non la lasciò nemmeno quando, all’arrivo dell’ecografo, John si alzò in piedi per salutare il suo collega.

“Che piacere rivederla, Dottor Smith. So che in chirurgia la sua equipe sente molto la sua mancanza.”

Il Dottor Stewart lo salutò con un sorriso appena visibile, nascosto da folti baffoni neri.

“Hanno la Dottoressa Jones, sono in ottime mani.” Rispose John con un tono altrettanto amichevole che stupì Clara non poco. Evidentemente tra i due c’era un rispetto reciproco che riusciva a smussare gli angoli spigolosi del carattere di John, un qualcosa che solo pochi eletti riuscivano ad avere.

“Quindi… lei è la fortunata signora Smith.”

Clara fu riportata a galla dai suoi pensieri dalla voce del Dottor Stewart, riuscendo a rispondergli solo con un sorriso timido.

“Si. Lei è mia moglie Clara.” Rispose subito John, dedicandole uno sguardo così pieno d’ammirazione ed amore da farla quasi scoppiare in lacrime, mentre lui portava la sua mano alle labbra per posarvi su un lieve bacio ed aggiungeva:

“Ed il fortunato sono io, ad averla con me.”

Era raro che John si esprimesse così apertamente in pubblico, tranne quando c’era qualcosa che lui sentiva lo stava minacciando. Ma non era quello il caso. Le emozioni così esposte di John erano autentiche e le scaldavano il cuore.

Il nervosismo si fece più pungente quando Clara si scoprì lo stomaco ed avvertì il freddo viscido del gel per l’ecografia sulla pelle. Ma le emozioni divennero però incontrollabili nel momento in cui, sullo schermo fino a quel momento nero, cominciò a vedersi una piccola macchia grigia informe che si muoveva vispo, prima di fermarsi di profilo e farsi inquadrare dalla camera speciale che lo prendeva come modello.

Il Dottor Stewart le indicava il punto esatto in cui guardare, calcolando approssimativamente il periodo del concepimento e spiegandole che il feto si sviluppava bene, seguendo i tempi previsti. In pratica, sembrava fosse tutto nella norma.

Clara fissava lo schermo senza rendersi conto che il respiro le si era fermato. Non riusciva davvero a distinguere perfettamente la forma che il medico le stava invece descrivendo con precisione; ma quel pulsare vivido che riusciva a distinguere su quello schermo dimostrava che dentro di lei davvero c’era una vita che cresceva, dandole per la prima volta una prova fisica di esso ed indescrivibili emozioni, troppo forti da controllare.

“Vedi quella piccolissima macchia nera, divisa in settori e circondata dal grigio, che pulsa?” Le disse John all’orecchio con una voce dolce e piena di commozione, venendola in aiuto.

Clara annuì, stringendo la presa sulla mano di suo marito e fissando lo sguardo meravigliato proprio su quella macchiolina.

“E’ il suo cuore che batte.” Disse John in un sussurro.

Il cuore di Clara fu stretto da una morsa forte e calda, prima di esplodere nel momento in cui il Dottor Stewart premette un pulsante ed un tonfo assordante si espanse tra le quattro pareti della sala.

Tum.Tum.Tum.Tum.

Era come un tamburo che batteva prepotente, un cuore piccolissimo ma già forte che gridava la sua voglia di vivere. Ed accompagnava le lacrime di gioia che presero a scendere dagli occhi di Clara:

“Dio… è così veloce!”

“E' normale, va tutto bene." La rassicurò John con un sorriso: "E’ prepotente. Proprio come sua madre.”

“Non sono prepotente.” Contestò Clara con un leggero cipiglio ed imbronciando le labbra.

John si lasciò scappare una risatina, delineandole poi a voce i lineamenti del profilo del loro bambino. E lei, stavolta, sembrava finalmente vederlo. Anche se gli occhi a volte venivano annebbiati da lacrime insolenti.

Il Dottor Stewart restava in silenzio, limitandosi a sorridere e spostare occasionalmente lo scanner sul ventre di Clara per catturare altre scansioni.

C’era un’atmosfera emotiva palpabile in quella stanza; le lacrime che cadevano dagli occhi di Clara morivano su un sorriso splendido  e l’espressione di John era così serena da rasentare l’impossibile. Mai, il Dottor Stewart, ricordava di aver visto i lineamenti del Dottor Smith così rilassati, mai sul suo viso aveva visto quell’espressione di completa ed appagante felicità. Sembrava quasi che le emozioni della coppia si riversassero piacevolmente su di lui, perciò non rimase sorpreso quando Clara disse di non voler ancora sapere quale fosse il sesso del bambino.

“In realtà… è ancora un po’ presto per dirlo con certezza. In più il bambino è in una posizione sfavorevole, non potremmo comunque vedere se sia maschio o femmina. Si nasconde, fa il timido.”

“Allora questo lo ha preso da suo padre.”

“Sono ben lungi dall’essere timido, mia cara.” Rispose John, avvicinandosi all’orecchio per sussurrarle maliziosamente: “Non lo ero, la prima volta che ci siamo parlati. La prima volta che ti ho sfiorata.”

“Sta zitto… avevi mesi di sentimenti repressi da sfogare. Questo da coraggio.” Rispose lei, dandogli una lieve pacca sul braccio e rassicurandosi che il Dottor Stewart – impegnato a stampare ecografie e referto più distanti da loro – non li sentisse.

 

 

Più tardi, la coppia si era ritrovata a condividere un pranzo in un ristorantino nel cuore di Londra.

Seduti l’uno accanto all’altra, ignorando completamente il resto della sala gremita di gente, aspettavano i loro piatti con le prime ‘foto’ del loro bambino sparse sul tavolo.

Clara si premeva contro il fianco di John, un braccio di lui drappeggiato sulle spalle a stringerla dolcemente.

Erano rilassati e felici, mentre Clara gli chiedeva di leggere di nuovo l’ecografia per lei. John sorrideva, portando l’indice sulle scansioni e seguendo le linee di contorno del bambino le elencava ogni particolare di quella forma. Ed a Clara sembrava così dolce riuscire a scovare una forma finalmente ben definita, seguendo un disegno preciso tracciato dalle sapienti dita del marito. Era come se stessero abbozzando loro stessi i lineamenti di loro figlio aggiungendo fantasiosi particolari qua e là: i riccioli di John ed il naso di Clara. L’altezza e la forma sottile di suo padre, in caso fosse maschio, ma le labbra piene con gli occhi scuri ed espressivi di sua madre, in caso fosse femmina.

“Io vorrei avesse i tuoi occhi, però…” Disse Clara con un sorriso, togliendogli gli occhiali dal viso e guardandolo negli occhi prima di continuare:

“Questo pallido verde che diventa grigio quando il cielo è nuvoloso, con quelle pagliuzze dorate nell’iride che amo tanto. Amo i tuoi occhi. Sono imprevedibili e complicati, proprio come sei tu.”

“Ami solo i miei occhi?” Chiese John, prendendole gli occhiali dalle mani per posarli sul tavolo, prima di tornar a guardarla con uno sguardo a metà strada tra l'estatico ed il malizioso.

“Si dice che gli occhi chiari siano freddi e non trasmettano emozioni.” Disse Clara in un sussurro, avvicinandosi abbastanza per sfiorargli le labbra senza però baciarlo davvero, limitandosi a poggiare la fronte contro quella di lui e continuare: 

“ Ma tu hai degli occhi molto espressivi. Mi basta guardarli per leggervi dentro tutto quello che ho bisogno di sapere, John. E vederti così felice mi rende felice.”

“Sono sempre felice, quando sei con me.” Rispose lui, portando la mano destra sulla guancia sinistra di lei e strofinando per gioco il naso contro il suo continuando:

“ E non solo perché aspettiamo un bambino che ora sta crescendo dentro di te… tu hai capovolto tutta la mia vita, mi hai fatto mettere in discussione tutto ciò in cui credevo. Mi hai mostrato una vita diversa da quella che vivevo, facendomi capire quanto mi stessi sbagliando, cosa mi stessi negando… mi sono innamorato di te così profondamente, in un modo che non credevo potesse esistere. Ma lo senti cosa mi fai dire?” Sorrise infine lui: “ Cose che non avrei mai e poi mai pensato di dire a nessuno. Hai cambiato il mio cuore, hai cambiato tutto in meglio, Clara.”

“Bene…” Rispose lei non nascondendo una punta di orgoglio e prendendosi in pieno quelle parole così dolci: “ Felice di essere l’eccezione tra le tante. La migliore, per altro!”

“Pecchiamo di megalomania, qui.”

“In questo caso si!” Ancora orgoglio nella sua voce, ma non per se stessa. L’orgoglio di avere accanto a lei un uomo meraviglioso come John. L’orgoglio che quell’uomo sarebbe stato il padre del suo bambino.

Furono interrotti dal cameriere che aveva portato le loro ordinazioni, con gli occhi di Clara che si illuminarono e lo stomaco che brontolava rumorosamente. John scoppiò a ridere mentre lei arrossì, ma presero a pranzare in un comodo e rilassato silenzio finchè, qualche minuto dopo, una voce richiamò la loro attenzione:

“John? John Smith?”

Era la voce incerta di una donna, quella che li aveva strappati via dalla bolla di realtà realtà di cui si erano cicondati. Clara si voltò istintivamente, non riconoscendo però il volto di quella sconosciuta, una bella sconosciuta, che sembrava avere sui quarant’anni di età ed uno sguardo triste ma dolcissimo.

John, invece, la riconobbe. Eccome.

“Joan…”

Clara lo vide alzarsi di scatto, il volto teso e lo sguardo improvvisamente oscurato da un velo di senso di colpa. Chi diavolo era quella bionda?

“Joan Redfern.” Pronunciò ancora John, scostando la sedia e tenendosi ancora di più nel corpo, incapace di muovere un solo muscolo, indeciso sul se porgerle la mano oppure no:

“Sono… sembrano passati secoli. Come stai?”

La donna in questione lo fissava con uno sguardo triste ed un accenno lieve di sorriso teso. Qualsiasi cosa fosse intercorsa tra questi due, Clara poteva intuire che non fosse finita molto bene.

“Io…bene.” Disse la donna, pronta a rompere il silenzio imbarazzante che sembrava aver gelato l’aria:

“Diciamo che non mi lamento. Non ero sicura fossi tu… ma ho pensato, bè… magari potevo salutarti, dopo tutti questi anni.”

John non rispose, accennando solo un si con la testa, incapace di pronunciare parola.

“Oh…” Continuò Joan, imbarazzata dalla passività di John e rendendosi conto di essere diventata una presenza scomoda. Diede un’occhiata rapida alle scansioni sul tavolo e concluse:

“ Stavate lavorando… è tipico di te, sempre dedito al lavoro anche al di fuori dell’ospedale.”

Questa volta lo sguardo ed il sorriso di quella donna avevano un’emozione ben diversa dalla malinconia di cui era circondata.

“Mi dispiace avervi interrotti.” Continuò lei: “ Meglio che vada, tu e la tua assistente avrete da studiare qualche caso difficile, immagino… mi ha fatto piacere però rivederti.”

“Assistente?” Sussurrò Clara confusa, non diretta però a nessuno dei due.

La voce di Clara però, sebbene bassa, raggiunse John e servì a scuoterlo, risvegliandolo dal coma letargico in cui era caduto e spingendolo finalmente ad aprire bocca.

“No.” Disse semplicemente l’uomo, dando uno sguardo di scuse a Clara per poi guardare alcune scansioni che ancora stringeva nervosamente tra le mani. Poi sorrise felice, aggiungendo infine:

“Lei è… non è la mia assistente. Lei è mia moglie, Clara.”

C’era una differenza sostanziale tra la presentazione di lei che aveva dato a questa donna sconosciuta e quella data al dottore durante l’ecografia. L’amore era rimasto nel suo sguardo e nel suo sorriso, ma l’orgoglio era stato sostituito da qualcosa che somigliava molto alla… vergogna? Senso di colpa? E poi c’era quello sguardo sul volto di lei. Lo stesso sguardo di giudizio che gli sconosciuti riservavano loro quando apprendevano la vera natura del loro rapporto. Quello sguardo che loro due continuamente si imponevano di ignorare e dal quale non volevano farsi ferire ben sapendo che, tempo un giorno o due, quegli stessi sconosciuti si sarebbero perfettamente dimenticati di loro.

 “Queste sono mie.” Disse quindi Clara, decidendo di voler ignorare per il momento quella sensazione pungente di disagio che aleggiava su di loro e concludendo con un sorriso raggiante ed orgoglioso:

 “Sono incinta.”

Il silenzio che si insinuò tra i tre era penetrante e feriva più di un coltello rovente. Il viso di John era rosso e quello della sconosciuta invece aveva perso ogni colore. Gli occhi azzurri di lei guizzarono rapidamente alle immagini e poi al viso di Clara che, solo in quell’istante, si rese conto di quale errore probabilmente aveva commesso. Forse, solo forse, aveva intuito ‘chi’ quella donna fosse…

“Credo che le mie congratulazioni siano dovute, allora.” Disse infine Joan Redfern, concedendo un sorriso di circostanza alla coppia, prima di rivolgersi solo a John:

“Sei cambiato molto, John. Ma sembri anche molto felice. Ed io vi ho rubato troppo tempo. E’ stato bello rivederti, addio… Johnny.”

La donna si voltò per andarsene, nascondendo il viso alla coppia prima di essere fermata nuovamente da John.

“Joan!” Disse lui con un tono di voce forse un po’ troppo alto. Si grattò la nuca, aspettando che lei si girasse e si schiarì la voce per cercare una sorta di compostezza:

“Mi dispiace… di averti ferito.”

Ed eccola la goccia che cadeva. Clara ebbe conferma alle sue ipotesi, ma rimase in silenzio mentre i due si scambiavano uno sguardo che sapeva di rimorso, per John, e rimpianto per la bionda.

“Sono passati tanti anni, John. E’ andata come doveva andare.”

"E..." continuò il Dottore: "Sei felice, adesso?"

Joan lo guardò e sorrise sinceramente per la prima volta da quando si erano incontrati: 

Si. Si lo sono. Prima di andarsene con un cortese e più freddo: “Sii felice anche tu, Johnny.”

Quando la donna si fu allontanata e John si sedette nuovamente al suo posto Clara lo studiava apertamente. Aspettava in silenzio che John dicesse qualcosa, ma lui si sforzò di darle semplicemente un rapido sguardo ed un sorriso prima di fermarsi a fissare i resti del loro pranzo nei piazzi lasciati a metà.

“Quindi…Johnny…” Decise allora Clara di interrompere quel silenzio imbarazzante, imprimendo una certa nota sarcastica sul nomignolo che quella donna gli aveva dato: “Chi era?”

La giovane aveva scelto di fingere ingenuità. John, non veva mancato di accorgersi però del lieve fastidio che si avvertiva nella voce di lei. Ma le rispose con voce meccanica e senza troppa reale coscienza delle parole che avrebbe pronunciato:

“La mia ex.”

“Avevo intuito.”

“Perché me lo hai chiesto, allora?”

Non le era sfuggito il tono alterato di John, e la cosa la infastidiva ancora di più.

“Volevo una conferma. Solo non capisco… perché ti ha turbato tanto. Sembrava che ti vergognassi di me.”

“Non era vergogna, Clara.” Rispose lui con un sospiro profondo e la voce strascicata, continuando: “Lei è… Come ti sentiresti tu ad incontrare il tuo ex, l’uomo che volevi sposare e con cui volevi avere figli ma che ti ha lasciato perché aveva ideali diversi, che ti ha mollata perché diceva di non poterti dare ciò che volevi, che non si sarebbe mai sposato perché non credeva nel matrimonio e non avrebbe mai avuto figli, e scoprissi invece che ha fatto proprio quelle cose. Insomma, un giorno lo incontri e... lo vedi con un’altra donna alla quale ha concesso ciò che a te ha negato.”

“Se incontrassi il mio ex non mi farebbe né caldo né freddo! Questo perché amo te adesso, solo te!” Rispose Clara con il nervosismo ben tangibile nella voce: “ Ma mi sentirei male a pensare a te con un’altra donna. Male come mi sento adesso, a vederti rimpiangere quello che hai dato a me e non a lei!”

Stavano entrambi camminando su un campo minato. Entrambi avvertivano ferite sul cuore riaprirsi e si rendevano conto che ogni parola andava pesata e ben valutata prima di essere detta. Il disastro era imminente e la rabbia o il disagio di quella situazione doveva essere controllata. Solo che negli ultimi tempi tutto sembrava essere fuori dal loro controllo. A partire dal bambino che aspettavano, continuando con il matrimonio frettoloso e la proposta di lavoro che John aveva deciso di accettare ad Edimburgo. La loro vita era diventata un vortice e loro ne erano in balia completa.

John si passò le mani sul viso e tra i capelli, decidendo di prendersi pochi secondi per calmarsi e respirò profondamente prima di parlare con una voce più sottile, sconfitto:

“Hai frainteso, Clara… non è rimpianto, non è vergogna che sento. Ma un rimorso di coscienza che brucia. Ho commesso molti errori nella mia vita, ferito molte persone e questo mi porta ad avere molti rimorsi. E Joan è una di quelle persone che ho ferito, e non lo meritava. La amavo, in un certo senso. O almeno credevo. Poi ho incontrato te e…. hai rivoluzionato il mio mondo, il mio modo di sentire le emozioni. Non ho mai amato nel modo profondo e devastante in cui amo te. Sono in balia di un mare in tempesta che non posso controllare, lo sai… tu mi bruci, mi fai dire o fare cose che non avrei mai creduto di poter fare.” Finalmente la guardò, con gli occhi luminosi ed un sorriso dolcissimo mentre le portava una mano sulla guancia e prendeva a carezzarle il viso.

“Lo sai che ti amo, Clara. E non mi pento di nulla che riguardi noi. Ma quando ho visto Joan, c’era questo vuoto nel petto, questo buco nero, questo senso di colpa che mi stava risucchiando. E non perché mi vergognavo di te o di nostro figlio, anzi è tutto il contrario! Mi vergognavo di me, di essere stato un uomo crudele e di esserlo ora agli occhi di una persona che non meritava di essere trattata nel modo in cui ho fatto. Non le ho mostrato amore, non le ho mostrato pietà nella nostra relazione, semplicemente trattavo il tutto come se fosse una sorta di ‘contratto’ in cui dicevo: sono così e le cose vanno in questo modo, o accetti o te ne vai. Ha sopportato tanto e troppa indifferenza da parte mia. Non sono sempre stato un uomo buono…”

Clara annuì, senza però guardarlo. Poteva in un certo senso capire lo stato d’animo di John, anche se la gelosia voleva offuscare il suo giudizio e la sua comprensione. Non dubitava delle parole di John, soprattutto non poteva metterlo in discussione quando lei era la prima a vergognarsi di se stessa per le illusioni che aveva lei stessa dato tempo addietro ad un altro uomo. Non si era comportata in modo peggiore con James, approfittando dei sentimenti sinceri di lui per non sentirsi sola, per affievolire la mancanza di John usandolo come un sostituto? Prendere in giro qualcuno non era forse peggio del dare a qualcuno ciò che voleva ponendo le carte sul tavolo come invece John aveva fatto in passato con la sua ex?

“Clara…” Continuò John, portando l’altra mano sullo stomaco di lei: “Io sono orgoglioso di questo. Sono orgoglioso di noi. Non rimpiango nulla, Clara. Ma l’unica cosa di cui davvero mi vergogno è stato quello di mettere in discussione il nostro rapporto quando invece dovevo aggrapparmici di più.”

Il riferimento a quanto accaduto con Martha Jones non le era sfuggito. Ma in quel momento fu Clara a sospirare e scuotere la testa, voltandosi finalmente verso di lui:

“Ti ho perdonato per quello, John. Ed avevo commesso anch’io i miei errori. Dovevo esserti di maggiore sostegno, essere più attenta e sincera invece di lasciar macerare i dubbi e le emozioni nel silenzio. Io ti ho perdonato.”

“Ma io  no. Non potrò mai perdonarmi. Quindi… ho tanti rimorsi e Joan è uno di quelli, ma posso conviverci. E poi ho questo unico rimpianto: quello di non averti dato la giusta fiducia in un momento buio, di non averti dato il giusto credito quando mi eri vicina nonostante ti respingessi… ho fallito quando non dovevo farlo e non potrò mai perdonarmelo.”

“Sta zitto. Zitto, zitto zitto….” Concluse infine Clara, mettendogli un dito sulle labbra.

“Lascia il passato dove deve stare. Abbiamo tutto il futuro davanti. Sei qui con me, non hai fallito proprio nulla. E non sei più lo stesso uomo che eri negli anni passati. Sei un uomo buono, sei il nostro eroe.” Gli disse infine lei, poggiando la mano su quella di lui che ancora incedeva titubante sul ventre. La strinse nella sua e gli sorrise.

“Vorrei baciarti…” Rispose John con un ghigno sulle labbra: “Ma ho apura che abbiamo già dato troppo spettacolo.”

Si guardarono intorno, rendendosi conto che forse i tavoli vicini avevano potuto sentire o comunque avvertire i loro sussurri nervosi o comunque interpretare le loro espressioni facciali nonostante avessero cercato di tenere i toni bassi. Ma Clara decise che la cosa non doveva importarle più di tanto:

“Sono abituata al giudizio della gente e non può fregarmene di meno. Sono libera di baciare mio marito ogni volta che voglio ed in qualsiasi luogo lo ritengo opportuno.”

E come promesso, la giovane si sporse in avanti quel che bastava per posare le labbra su quelle di suo marito. Fu un bacio puro e casto, sebbene lento, lasciandole percepire appena sulla lingua il pranzo di suo marito. John lasciò scorrere la mano sulla guancia di lei, intrecciando le dita tra i suoi capelli, lasciando che le loro fronti si toccassero quando il bacio finì. Aprì gli occhi e le sorrise, con le labbra semiaperte mentre cercava di ritrovare il suo respiro, incapace di parlare e ringraziando chissà quale forza misteriosa le avesse donato questa donna forte e piena di così tanto amore e compassione da potergli perdonare ogni stupida azione o pensiero. 

“Dai…” Parlò infine Clara: “ Mostrami ancora com’è fatto nostro figlio, mentre finiamo di mangiare!”

“Ancora?” Chise lui, fingendosi esausto. Poi sorrise e ricominciò di nuovo a tracciare la stessa forma con le dita su una scansione più chiara:

“Allora…” Disse John con un chiaro sorriso nella voce, chinandosi sull’ecografia in questione: “Questa parte qui è la sua testa. Scendiamo un po’ più in basso, sul profilo appena accennato del suo viso e, proprio lì davanti… vedi queste sporgenze? Sono le sue mani, le tiene vicine al viso..”

“Imbronciato!” Lo interruppe Clara ridacchiando: “Proprio come suo padre!”

“Shhh!” La guardò con un cipiglio al quele Clara non potè evitare di ridacchiare ancora di più.

“Va bene. Continua…” Disse però più seria lei, premendosi di più contro il fianco del marito mentre lui continuava:

“Dicevo… le sue mani e… le cinque punte che vedi qui sono le sue dita che si stanno formando. Scendiamo ancora un po’ di più e…”

“Oh!” Lo interruppe Clara ingoiando profondamente un respiro.

“Cosa?” Le chiese John con un’espressione apprensiva, afferrandole un braccio.

“Tu sai leggere le ecografie!!” Esordì lei, come se avesse solo in quel momento realizzato davvero la cosa.

John la guardò sbalordito, confuso da quell’esclamazione ed espirando il respiro che stava trattenendo. Aveva creduto che fosse accaduto qualcosa, che lei sentisse un qualche tipo di dolore, che ci fosse qualcosa che non andava col bambino…

“Clara…” Disse lui incerto: “… è quello che sto facendo per te da due ore circa. Oltre al fatto che sono io stesso un medico. Un chirurgo, nello specifico. Devo saper leggere le ecografie, devo saper vedere dove e cosa opero prima di aprire un paziente… ovvio che so leggere le ecografie.”

“Si, certo, ovvio…” Rispose meccanicamente lei, abbassando lo sguardo per la vergogna prima di allontanarsi e guardarlo seriamente, in silenzio, per alcuni interminabili secondi.

“Ti è proibito guardare le prossime ecografie!” Esordì infine la giovane, con un’espressione solenne sul viso che non ammetteva di essere contrariata.

“Cos… no!” Esplose John offeso: “Non puoi proibirmelo! Su quali basi?”

“Sulle basi del fatto che, se le guardi, potrai capire il sesso del bambino ed io voglio che sia una sorpresa!!”

“Ma Clara! Se io volessi invece saperlo? Non te lo direi, giuro!”

“No!” Rispose categorica Clara: “ Mi basterebbe guardarti negli occhi per capirlo. Con una femmina saresti geloso e protettivo come sei con me, cominceresti a preoccuparti all’istante!”

John sbuffò, incrociando le braccia al petto ma senza recriminare. Clara lo conosceva troppo bene ed aveva  pienamente ragione. Poi si sporse in avanti e cominciò a raccogliere alcune scansioni, custodendole gelosamente tra le mani e guardandole avidamente.

“Cosa fai?” Gli chiese Clara, incrociando lei stavolta le braccia al petto.

“Le sequestro. Visto che sono le uniche scansioni di mio figlio che vedrò mai sono mie.”

Clara alzò gli occhi al cielo e non rispose.

Rimasero così per alcuni attimi. In un silenzio in cui non si erano resi conto di esser caduti mentre John sembrava bere quelle immagini con gli occhi. Entrambi avvolti in una bolla di realtà in cui esistevano solo loro e loro figlio.

“Ti amo, Clara.” Disse infine John, baciandole la fronte prima di tornare a guardare le immagini: “Ed amo lui o lei.”

“E noi amiamo te.” Rispose lei, poggiando la testa sulla sua spalla.

John avrebbe conservato gelosamente quella prima ecografia. Ancora non sapeva che avrebbe poi potuto vedere le scansioni di tutte quelle successive perché il piccolo continuava a nascondersi allo scanner. Clara avrebbe detto il contrario, ma John avrebbe sempre asserito, anche dopo la nascita, che loro figlio, in una qualche forma inconscia di solidarietà tra maschi, era dalla parte di suo padre.

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NOTA:

Nota: Avrei voluto inserire la ex di John già nella storia principale ed in un contesto molto diverso.... ma volevo fare tante cose allora che poi non ho più fatto, compreso un qualcosa che comprendeva James. Ma va bene così.Spero abbiate riconosciuto Joan Redfern: l'infermira di cui John Smith (la versione umana del Dcimo Dottore in 'Human Nature') si innamora e con la quale instaura una relazione che non può che sfociare nel matrimonio. Quando Ten si rigenera in Eleven, compie un viaggio che lo porta ad incontrare tutte le persone che hanno contato molto per lui in quella rigenerzaione, Joan compresa. Quando la incontra, lui le chiede se sia felice e lei risponde di si, anche se si può avvertire molta tristezza in quella breve conversazione, a mio avviso. Ho cercato di fare qui la stessa cosa, non accentuando un rimpianto, ma il rimorso di aver ferito qualcuno che non meritava di essere ferito. Non so se ci sono riuscita, in realtà questo capitolo volevo renderlo migliore e.... non so quante modifiche io abbia apportato alla stesura, quanti tagli quante nuove aggiunte.... tanto più che ho poca voglia di scrivere, ultimamente alla fine questo è il risultato. Mi impegnerò a fare di meglio col prossimo capitolo che vedrà un piccolo salto indietro xD
Grazie a chi ha avuto il coraggio e la pazienza di arrivare fino alla fine ;) Alla prossima :*

   
 
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