Harry
Pov
Avevo
iniziato
da poco il mio allenamento mattutino quando sentii la voce di mio padre
chiamarmi.
Con
uno sbuffo uscii dal bosco e gli andai
incontro, a passo lento, con quell’andatura arrogante che
tanto mi distingueva
dagli altri ragazzi del villaggio.
Vidi
mio padre incrociare le braccia al petto e guardarmi con
rimprovero.
«Dovresti
tagliarti i capelli, lo sai?» mi disse contrariato.
Alzai
gli occhi al cielo.
Avevo
deciso da qualche mese di portare i capelli piú lunghi
rispetto al
taglio corto a cui mi aveva abituato mio padre. Adesso quando li
bagnavo mi
arrivavano alle spalle, ma poiché avevo dei capelli
indomabili alla fine
sembravano sempre più corti di quello che erano in
realtá, quindi tutto quel
fastidio da parte sua secondo me era davvero ingiustificato.
Alzai
la mano destra e me li scompigliai, ghignando alla vista della sua
smorfia.
«Mi
hai chiamato solo per questo?» gli domandai un po’
scocciato, e lo
vidi immediatamente cambiare espressione.
Mi
mise un braccio intorno alle spalle e ci incamminammo insieme verso
casa.
«Andiamo
nello studio che dobbiamo parlare.» mi disse con espressione
seria, e lo seguii senza replicare.
Conoscevo
quel suo modo di fare, lo assumeva sempre quando stava per dirmi
qualcosa di importante.
Giunti
nel suo studio personale, vidi sulla scrivania un mucchio di carte
sulle quali spiccava una busta da lettere vergata con inchiostro verde
e un
timbro recante l’immagine di un leone, un serpente, un corvo
e un tasso.
Ci
sedemmo ai due lati della scrivania proprio davanti a quelle carte, e
aspettai che mio padre si decidesse finalmente a parlare prima di
iniziare a
coltivare false speranze.
Lo
vidi sospirare e incrociare le mani davanti a lui, e inconsciamente
trattenni il fiato.
«Figliolo,
ormai hai quattordici anni. Come ben sai, fin dalla tua nascita
ti sono stato accanto per permetterti di migliorare e adempiere a
quella
dannata profezia che é stata scritta per te senza rimetterci
la pelle. Adesso
hai un fisico forte e atletico, molto piú di quello dei tuoi
coetanei, sai
tramare pozioni di livello Auror, sei abile in Trasfigurazione e
Incantesimi,
capace in Erbologia, e sei bravissimo nei duelli con la bacchetta e nei
combattimenti corpo a corpo.
Sei
un ottimo mago, e un’ottima persona e puoi soltanto
migliorare. Sono
orgoglioso di averti come figlio. Ed é proprio
perché ho fiducia in te che ho
deciso di farti frequentare, da quest’anno, la Scuola di
Magia e Stregoneria di
Hogwarts, approfittando del fatto che dovró andare in
missione…»
Non
lo lasciai finire e mi buttai addosso a lui stringendolo in un
abbraccio soffocante sussurrando un «Grazie
papá» prima di staccarmi da lui e
correre nella mia stanza.
Da
un cassetto con il doppio fondo cacciai una foto molto vecchia che si
muoveva.
Ritraeva
un uomo che somigliava a me, solo che indossava degli occhiali
rotondi, e una donna dai lunghi capelli rossi con i miei occhi verdi.
In
braccio avevano due neonati dagli occhi verdi, solo che uno aveva dei
ciuffetti
neri, e l’altro, che era una bambina, aveva dei ciuffetti
rossi al posto dei
capelli.
Sorrisi,
accarezzando con un pollice la figura della bambina.
Andando
ad Hogwarts, forse avrei potuto riunirmi finalmente con la mia
gemella.
Elizabeth
Pov
«Elizabeth
Lilian Potter! Scendi immediatamente!»
La
voce di mia madre mi riscosse dal torpore in cui ero caduta.
Mi
ero appisolata sui compiti delle vacanze… di nuovo. Dovevano
proprio
smetterla di farli così noiosi…
«Arrivo,
Mamma!»
Scesi
le scale lentamente, cercando di ricordare cosa avessi potuto fare
di così terribile da farla arrabbiare.
La
vidi in cucina con le mani sui fianchi, e subito misi su la mia
migliore espressione da cucciolo bastonato.
«Non
credere di fregarmi, ragazzina, mi sembrava di averti detto che
non potevi giocare a Quidditch in giardino finché non avevi
finito i compiti
delle vacanze! Credevi davvero che non me ne sarei
accorta?!»
«Ma,
mamma, abbiamo il campionato! Come possiamo vincere se non mi
alleno!» cercai di protestare.
Immediatamente
vidi comparire sul suo volto un sorrisetto che non
prometteva niente di buono, almeno per me.
«Non
credo che dovrai preoccuparti del Campionato di Quidditch
quest’anno,
quindi hai tutto il tempo per studiare, tesoro.»
Si
allontanó ridendo della mia espressione esterrefatta ed io
iniziai a
rincorrerla.
«Cosa
vuoi dire che non dovró preoccuparmi del Campionato?
Mammaaaaaaa!!»
Il
Binario 9 ¾ era affollatissimo, come tutti gli anni. Gli
studenti piú
grandi non sopportavano tutta quella confusione, ma tra loro ce
n’era uno che
la trovava affascinante.
Un
ragazzo di quattordici anni dagli stupefacenti occhi verdi.
Camminava
tra la gente incurante degli sguardi sorpresi che gli venivano
rivolti al suo passaggio, soprattutto femminili.
Salì
subito sul treno, come gli aveva suggerito di fare suo padre, e si
mise a cercare uno scompartimento vuoto per non essere
disturbato.
Indossó
immediatamente l’uniforme scolastica e sistemó il
baule prima di
sedersi e rilassarsi contro il finestrino.
Gli
era dispiaciuto che suo padre non fosse riuscito ad accompagnarlo, ma
si rendeva conto che la sua missione segreta aveva la precedenza. Ci
era solo
rimasto male del fatto che si fosse rifiutato di condividere con lui i
dettagli
di quella missione, ma sapeva che sarebbe riuscito a cavargli qualche
informazione
prima o poi, quindi doveva solo portare pazienza.
Il
treno inizió a muoversi, e l’euforia per quella
nuova avventura,
Hogwarts, lasció presto il posto alla sonnolenza.
Non
era riuscito a dormire per l’eccitazione.
Aveva
insistito tanto per poter andare ad Hogwarts, e adesso finalmente il
suo sogno si era realizzato…
Si
era reso conto fin da subito che mettersi a cercare la sorella gemella
in mezzo a quel caos sarebbe stata un’impresa impossibile,
quindi aveva
preferito salire sul treno e aspettare il suo arrivo ad Hogwarts per
far
partire la ricerca.
Distrattamente,
vide passare fuori il suo scompartimento una ragazzina
bionda con indosso un paio di occhiali strani, e ringrazió
mentalmente suo
padre per le rune che gli aveva insegnato, che tra le altre cose gli
permettevano di avere una vista perfetta.
Ricordando
gli avvertimenti del suo vecchio riguardo la sua cicatrice,
evocó su di sé un fascino che la nascose agli
altri, e per sicurezza scompiglió
i capelli in modo da fargli coprire la fronte.
Il
Mondo Magico avrebbe dovuto prepararsi perché Harry Evans
stava per
arrivare... uno sbadiglio interruppe le sue riflessioni e si
sistemò
meglio nel mantello della divisa… ma poiché un
mago stanco é un mago morto, era
meglio riposarsi un po’.