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Autore: nymeria214    21/04/2017    2 recensioni
[Tarjei/Henrik]
Lo dicevano tutti che loro due sembravano troppo reali, che chiunque li guardasse non riuscisse a distinguere la finzione dalla realtà, che i baci che si scambiavano, le carezze, gli sguardi, i sentimenti non si possono fingere in quel modo, che non potevano essere di scena.
Avevano tutti ragione.
[titolo tratto da FOOLS - Troye Sivan]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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His hands so cold they shake

 

Tarjei aveva imparato che le mani di Henrik erano calde, sempre.

Erano calde quando le stringeva per riscaldare le proprie nel vento freddo dell’autunno di Oslo, erano calde quando passava ore a leggere Palahniuk sul davanzale della finestra spalancata con una sigaretta in mano, erano calde persino quando aveva appena finito di lavare i piatti o sciacquarsi il viso.

Quando si svegliò stretto da un paio di mani gelide, seppe che c’era qualcosa che non andava.

Si rigirò nell’abbraccio, sorridendo quando Henrik lo strinse a sé nel sonno, ma sentendo la preoccupazione attanagliargli lo stomaco non appena diede uno sguardo al suo viso: il suo ragazzo era pallido, la punta del naso che pareva arrossarsi ogni secondo di più e la bocca socchiusa dalla quale respirava pesantemente.

Tarjei gli posò una mano sulla guancia, accarezzandolo leggermente con la punta delle dita, e porto le labbra sulla sua fronte: non scottava, ma era comunque più calda del solito. Al contatto con le sue labbra fredde, Henrik lasciò andare un sospiro spezzato e un leggero mugolio, per poi nascondere il viso nel suo collo.

“Baby …”

“Ehi, sono qui.”

Henrik strofinò il naso contro il suo collo e fece un altro sospiro. Tarjei prese ad accarezzargli i capelli, baciandogli la fronte per poi scendere sulla sua guancia e trovarsi di nuovo alla sua altezza. Quando aprì gli occhi erano lucidi.

“Come ti senti?”

“Bene.”

Tarjei lo guardò scettico, ed Henrik si morse l’interno della guancia.

“Henrik.”

“Mh?”

“Sta per venirti la febbre.”

Nei, sto bene.”

“Non riesci a respirare dal naso.”

“Faremo tardi.”

Tarjei lo guardò in silenzio, senza smettere per un attimo di accarezzargli i capelli, ed Henrik aprì la bocca per dire qualcosa ma fu costretto a coprirsela con una mano e girare il viso per non stranutire addosso a lui.

“Perché hai lasciato che ti ammalassi?”

“Meglio io che tu.”

Tarjei spalancò gli occhi mentre lo guardava alzarsi con un po’ di fatica ed uscire dalla stanza: si ricordò di due notti prima, quando Henrik gli aveva asciugato i capelli per impedirgli di ammalarsi, a costo di rimetterci la sua stessa salute. Si alzò di scatto e lo raggiunse in cucina, dove già aveva iniziato a preparare il caffè.

“Non puoi fare così Henrik!”

Il ragazzo si girò verso di lui appoggiandosi al mobile della cucina alle sue spalle, e il suo sguardo deciso, lo stesso con cui aveva pronunciato l’ultima frase, non fece altro che farlo sentire ancora più amato, e si odiò perché non andava bene, affatto.

“Non puoi mettere a rischio la tua salute per me.”

Henrik sorrise e strinse il ripiano fra le mani per impedire a sé stesso di avvicinarglisi e rischiare di infettarlo. Tarjei si schiaffeggiò mentalmente nel sentire le farfalle nel suo stomaco risvegliarsi al gesto.

“Per te vale la pena di rischiare qualsiasi cosa.”

Lo disse con una semplicità così disarmante che sentì le ginocchia farsi deboli. Quando parlò la voce quasi gli tremava.

“E tu sei l’unica cosa che ho, non posso lasciare che tu stia male a causa mia.”

Henrik si morse il labbro inferiore in un evidente tentativo di resistere all’impulso di raggiungerlo e baciarlo, ma Tarjei decise che adesso si giocava alle sue regole e in due falcate aveva attraversato la cucina e gli aveva preso il viso fra le mani, unendo le loro labbra con forza e molta più audacia del solito, mettendoci tutta la frustrazione mista all’affetto che in quel momento sembrava più forte di quanto non lo era mai stato. Henrik gli circondò la vita con le braccia e cercò di rallentare il ritmo frenetico dei loro baci, ma Tarjei lo ignorò bellamente e approfittò della sua bocca socchiusa per esplorarla con la lingua, circondandogli il collo con le braccia e premendo il corpo contro il suo. Henrik si lasciò scappare un gemito quando il suo ragazzo gli morse il labbro inferiore e scese a dedicarsi al suo collo.

“Baby, ehi, calma.”

Tarjei posò un ultimo bacio sul suo collo non più così immacolato e posò la fronte sulla sua, sorridendo nel notare il respiro affannoso di entrambi.

“Non chiamarmi baby, sono arrabbiato con te.”

Henrik rise facendo sfiorare i loro nasi.

“Ah sì? Non sembrava fino ad un attimo fa.”

Il suo sorriso si allargò ancora di più e chiuse gli occhi, rimanendo ad ascoltare i loro respiri tornare normali.

“Sul serio, Henrik, non stai bene ed è colpa mia e non mi va bene.”

“Sto bene, solo un po’ di raffreddore. Comunque, prometto di cercare-

“No, n0n cercare, devi farlo, okay? Devi preoccuparti anche di te stesso.”

Si allontanò quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.

“E se facciamo che io mi preoccupo per te e tu ti preoccupi per me? Chill?”

Non era esattamente quello che voleva, ma era abbastanza.

Chill.”

Henrik sorrise e gli diede un piccolo bacio, prima di allontanarlo da sé e girarsi per continuare a preparare la loro colazione. Con uno sbuffò Tarjei appoggiò il viso fra le sue scapole e gli circondò la vita con le braccia.

“Dovresti rimanere a casa, comunque.”

“Tarjei.”

“Non hai ancora la febbre ma siamo a Novembre, e viviamo in Norvegia, sto solo facendo due più due.”

“Abbiamo delle scene da girare e Julie diventa una iena appena qualcuno ci mette un minuto in più per pisciare, questo quanto fa?”

“Però metterai una giacca più pesante, e un cappello.”

“Ma-

“Non mi interessa dei tuoi capelli. Oh, e anche una sciarpa.”

“Per il raffreddore o il succhiotto che mi hai appena fatto?”

“Per il raffreddore, non ho nessun problema a far sapere in giro a chi appartieni.”

Bevver0 caffè bruciato, ma tutti avrebbero saputo che entrambi erano già di qualcun altro.

-

Sul bus, Henrik tenne le mani nelle tasche del suo cappotto, lasciando che per una volta fosse Tarjei a stringerle per tenerle al caldo, sussurrandogli parole dolci per farlo arrossire e poi baciargli le guance.

Tarjei non riusciva a smettere di sorridere e ridacchiare, si sentiva ubriaco e l’aria che li circondava era piena di bollicine rosa che solleticavano le loro guance e le mani intrecciate; il soffitto del bus mostrava l’intero universo e Tarjei lo osservava in estasi, la nuca posata sulla spalla di Henrik, che aveva sfilato una mano dalla sua tasca e adesso si stava attorcigliando uno dei suoi riccioli biondi attorno al dito, guardando le stelle che si riflettevano nei suoi occhi. Sentiva il battito cardiaco pulsargli nelle tempie, il naso prudergli e i polmoni bruciargli ad ogni respiro ma stava stringendo la cosa più bella del mondo fra le braccia, come avrebbe potuto non essere felice? Tutto attorno a loro era solo rumore bianco, gli sguardi e i sorrisi che gli altri passeggeri li rivolgevano da quando erano saliti, forse riconoscendoli o semplicemente specchiandosi nella loro felicità, erano lontani anni luce.

Inutile dire che quasi persero la loro fermata, e francamente se lo aspettavano anche. Ciò che non si aspettavano, fu essere l’uragano di urla ed eccitazione che li travolse non appena misero piede sul set. Tarjei si guardò in giro disorientato, non sapendo a chi dare ascolto, ma quando si accorse dell’espressione di dolore sul volto di Henrik, molto probabilmente dovuta al mal di testa, zittì tutti, stroncando chiunque iniziasse a parlare con un’alzata di mano. I ragazzi lo guardarono sbigottiti, ma le loro espressioni tornarono serene quando lo videro posare una mano sulla guancia del suo ragazzo e guardarlo con le sopracciglia corrucciate. Henrik gli sorrise e posò la mano sulla sua, per poi cercare Iman, e cioè l’unica che non aveva ancora aperto bocca, fra la piccola folla. La ragazza sorrise ad entrambi e il resto del cast la esortò a parlare.

“Siete ovunque.”

Tarjei la guardò interrogativo e lei sorrise ancora di più.

“Skam, o meglio, gli Evak sono in tendenza su qualsiasi social network.”

“Siete al primo posto su Twitter.”

“Per non parlare di Facebook e Instagram.”

“Tumbrl sta praticamente esplodendo.”

Le ragazze parlavano eccitate mostrandoli i loro cellulari, dove foto e gif del loro primo bacio e la scena di Sabato mattina erano ripetute all’infinito su tutte la applicazioni che avevano appena nominato, insieme a disegni meravigliosi e bandiere arcobaleno. Tarjei non poté contenere l’enorme sorriso che gli incurvò le labbra: persone di tutto il mondo avevano iniziato a seguire la serie, e a quanto dicevano i ragazzi moltissimi avevano iniziato ad interessarsi alla comunità lgbt grazie a loro. Tarjei si voltò verso Henrik, sorridendo teneramente nel vedere i suoi occhi che brillavano mentre Josephine gli mostrava i commenti sotto una delle tantissime foto: sembrava un bambino che aveva appena saputo che il Natale sarebbe arrivato in anticipo. Lisa gli diede una leggera gomitata fra le costole, sorridendo a trentadue denti.

“L’avevo detto io che sarebbe finita così. Anzi, iniziata: siamo solo alla prima clip del quinto episodio e guarda che casino buddy!”

Tarjei sorrise e l’abbracciò, sentendosi al settimo cielo. La ragazza rise ricambiando la stretta.

“E avevo ragione anche su un’altra cosa?”

“Cosa?”

“Sei il ragazzo più invidiato del momento Tar, non hai idea di cosa dicono le ragazze e i ragazzi di mezzo mondo del tuo ragazzo, e anche di te ad essere sincera.”

“Di me?”

Non era stupito del fatto che si cantassero le odi sulla bellezza di Henrik (o che avesse appena guadagnato migliaia di followers su Instagram, come David stava appena comunicando ad un Henrik ancora incredulo), sarebbe stato strano il contrario. Ma che pensassero la stessa cosa di lui gli sembrava surreale: i primi anni della sua adolescenza erano stati pieni di insicurezze e, nonostante fosse ormai uscito da quella fase, pensare che una gran parte delle persone apprezzasse il suo aspetto, quando nemmeno lui ci riusciva a volte, lo faceva sentire strano, ma orgoglioso.

Lisa annuì e poi guardò oltre la sua spalla, sorrise e sciolse l’abbraccio indicando qualcosa dietro di lui con un cenno della testa, per poi allontanarsi. Quando si voltò, Julie lo stava abbracciando.

“Sono così fiera di te, così fiera di voi.”

A quelle parole la tensione, dovuta a quel nuovo tipo di contatto fisico fra di loro, si sciolse, così come un po’ del suo cuore.

Grazie.”

Percepì il sorriso della donna e le sue braccia lo strinsero di più, per poi lasciarlo andare del tutto. Uno sguardo e seppe che Julie era tornata quella di sempre.

“Ora, ragazzino, abbiamo delle cose da fare, e il tuo ragazzo non sembra stare molto bene quindi meglio sbrigarsi prima che svenga sul pavimento.”

Pochi metri più in là, Henrik, sfilatosi finalmente i vestiti (i suoi capelli erano perfetti anche dopo essere stati sotto un cappello per più di mezz’ora, non era una cosa normale), si voltò verso di loro con una mano sul petto, fingendosi offeso.

“Io sto benissimo!”

“No che non stai bene!”

“Baby, dobbiamo ricominciare?”

“Uhhh, problemi in Paradiso.”

Fra le risate causate dalle parole di David, Tarjei alzò gli occhi al cielo e incrociò le braccia, cercando di nascondere un sorriso quando Henrik gli si avvicinò attirandolo a sé per i fianchi e poi rivolgersi a David.

“Tarjei non accetta che io mi preoccupi per lui.”

Tarjei spalancò la bocca, posando le mani sul suo petto come per allontanarlo ma senza provarci sul serio.

“Non è assolutamente vero! Io non accetto che ti faccia male per colpa mia.”

“Questi due non sanno nemmeno litigare.”

“E’ vero, amico, onestamente siete da carie.”

Tarjei fece il dito medio a Sasha, che era già pronto ad iniziare una discussione sul diabete che gli stavano facendo venire, quando Julie richiamò l’attenzione su di sé.

“Basta, abbiamo una tabella di marcia da seguire. Fra cinque minuti si gira.”

“Non rivediamo nemmeno il copione?”

“E’ inutile, non hanno nemmeno bisogno di recitare ormai.”

-

A quanto pareva, i conti di Tarjei erano esatti.

Le sue mani erano ancor più gelide di quella mattina e non riusciva a smettere di tremare, le coperte tirate fino al mento e la fronte bollente. Tarjei era steso accanto a lui e gli accarezzava una guancia, ignorando i suoi tentativi di impedirgli di stargli così vicino.

Henrik era lì per lui ogni notte, quando il suo stupidissimo cervello lo teneva sveglio: restava sveglio con lui ad accarezzargli i capelli e sussurrargli che andava tutto bene, privando sé stesso del sonno finché i suoi occhi non diventavano pesanti e riusciva finalmente ad addormentarsi, e anche allora lui rimaneva sveglio, accertandosi che il suo respiro fosse regolare e il suo viso rilassato, e solo alla fine permettere al suo corpo di riposare in pace. E lui non solo non lo ringraziava come avrebbe dovuto, ma lasciava anche che si ammalasse solo perché era un ragazzino pigro che non si prendeva cura di sé stesso.

Posò la fronte contro la sua tempia, le scuse già pronte a lasciare le sue labbra, ma si fermò prima di pronunciare una parola: Henrik gli avrebbe detto che non era colpa sua, lo avrebbe rassicurato come faceva sempre e non poteva permettere che si sentisse in colpa. Era arrivato il momento che si prendesse cura di lui. Gli posò il più dolce dei baci sulla guancia e fece per alzarsi, ma la sua mano gli afferrò il polso.

Gli occhi di Henrik erano arrossati e lucidi, sembravano più grandi del solito e lo guardavano come se lo stesse abbandonando. Immediatamente, Tarjei aggirò il letto, inginocchiandosi di fronte a lui.

“Ehi, sono qui.”

“Dove …”

La sua voce era rauca e stanca, e Tarjei scosse la testa, posandogli una mano sulla guancia per impedirgli di sforzarla più del dovuto.

“Vado a preparare qualcosa per farti stare meglio, torno subito, okay?”

Henrik aggrottò le sopracciglia, aprendo la bocca per esprimere il suo disappunto, ma Tarjei scosse nuovamente la testa, già sapendo ciò che gli avrebbe detto.

“Lascia che mi prenda cura di te, almeno stavolta.”

Henrik si morse il labbro inferiore, poi chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, e alla fine annuì.

Torna.”

Annuì e gli baciò la fronte, sussurrando un ‘grazie’, per poi uscire chiudendosi la porta alle spalle. Aveva appena aperto il mobiletto del bagno in cerca delle medicine che qualcuno suonò al campanello. Ciò che trovò dall’altra parte fece alzare il suo livello d’irritazione da 0 a 100 nel memorabile tempismo di mezzo secondo.

“Tarjei?”

Lea.”

La ragazza sembrava più carina del solito, come se avesse speso del tempo per sistemarsi più del dovuto, e stringeva una busta della spesa nella mano destra: era evidente perché si trovasse lì, e non gli piaceva, affatto. Lo guardava come se fosse un pesce fuor d’acqua.

“Tu … ehm … perché sei qui?”

Tarjei provò l’impulso di urlarle che ci viveva, lì, e che era lei quella fuori posto, ma se lo stava chiedendo probabilmente non sapeva nulla, e sperava che lo scoprisse nel migliore dei modi. Migliore per lui, s’intende.

“Tarjei?”

“Oh, sì, scusami, pensavo ad altro.”

 

Si stampò sul viso il sorriso più convincente del suo repertorio (essere un attore aveva i suoi vantaggi) e la guardò tanto intensamente che Lea abbassò gli occhi, arrossendo lievemente e passandosi la busta da una mano all’altra. Alla fine rialzò lo sguardo e si schiarì la voce.

“Io … Marlon mi ha detto che Henrik non stava molto bene oggi alle prove, così io …”

Oh, Marlon gliel’avrebbe pagata cara, molto cara, ma non era questo il momento per pensare alla vendetta. Stava per risponderle che ‘era stata oh così carina ad autoinvitarsi a casa del suo ragazzo per approfittarne ed infilargli la lingua in bocca’, che sentì la porta della camera da letto aprirsi e-

“Baby …”

Jackpot.

Lanciò un veloce sguardo all’espressione confusa di Lea, cercando di trattenersi dal riderle in faccia, e si girò verso Henrik, che stretto nel piumone barcollò verso di lui fino a posare la fronte sulla sua, la testa che gli faceva troppo male per permettergli di concentrarsi su qualsiasi altra cosa. Tarjei si scordò completamente della ragazza, una minuscola figura nella sua visione periferica rispetto ad Henrik, e gli prese il viso fra le mani, senza allontanare la fronte dalla sua.

“Stai tremando, perché ti sei alzato?”

“Non tornavi.”

Tarjei sorrise, accarezzando la sua pelle bollente con i pollici.

“Non vado da nessuna parte.”

Henrik si allontanò per poterlo guardare negli occhi, sorridendo per quanto la stanchezza glielo consentisse.

“Lo so.”

Il ragazzo fece sfiorare i loro nasi, e solo alla fine sembrò accorgersi di Lea, che era arrossita in maniera spropositata ed evitava a tutti i costi di guardare nella loro direzione.

“Ehi, Lea.”

Lei accennò un sorriso.

“Henke, girava voce che tu fossi in punto di morte, ero venuta a salutarti un’ultima volta.”

Il ragazzo rise e lei sospirò, porgendo la busta a Tarjei, che aveva iniziato a sentirsi (molto vagamente) male per lei.

“Ora devo andare, ma non credo te la passerai troppo male.”

Lanciò uno sguardo a Tarjei e li salutò con la mano, per poi girarsi e scendere le scale, infilandosi il cappuccio per proteggersi dalla pioggia che aveva iniziato a battere contro le finestre. Tarjei seguì la sua figura con gli occhi prima che scomparisse del tutto dal suo campo visivo e chiuse la porta, per poi ispezionare il contenuto della busta: c’era tutto ciò che serviva per preparare del brodo di pollo. Uh, almeno qualcosa di buono l’aveva fatto.

“Vado a fare da mangiare, tu torna a letto, okay?”

Henrik si lamentò con un mugolio.

“Voglio stare con te.”

“Henrik.”

“Ti prego.”

Si morse il labbro, osservando il broncio adorabile che il suo ragazzo stava usando per corromperlo, e alla fine sbuffò alzando gli occhi al cielo, ma senza riuscire a trattenere un sorriso. A volte si chiedeva se le farfalle sarebbero mai andate a volare altrove.

Henrik sorrise vittorioso e si strinse nella coperta, precedendolo nella cucina. Prima di seguirlo, Tarjei sfilò il telefono dalla tasca.

Marlon

Scegli

O lasci che ti picchi, e francamente te lo meriti

O mi devi un favore, quando mi pare, ciò che mi pare

Ho paura in entrambi i casi

Fai bene.

   
 
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