His
hands so cold they shake
Tarjei aveva
imparato che le mani di Henrik erano calde, sempre.
Erano calde
quando le stringeva per riscaldare le proprie nel vento freddo
dell’autunno di
Oslo, erano calde quando passava ore a leggere Palahniuk sul davanzale
della
finestra spalancata con una sigaretta in mano, erano calde persino
quando aveva
appena finito di lavare i piatti o sciacquarsi il viso.
Quando si
svegliò stretto da un paio di mani gelide, seppe che
c’era qualcosa che non
andava.
Si rigirò
nell’abbraccio, sorridendo quando Henrik lo strinse a
sé nel sonno, ma sentendo
la preoccupazione attanagliargli lo stomaco non appena diede uno
sguardo al suo
viso: il suo ragazzo era pallido, la punta del naso che pareva
arrossarsi ogni
secondo di più e la bocca socchiusa dalla quale respirava
pesantemente.
Tarjei gli
posò
una mano sulla guancia, accarezzandolo leggermente con la punta delle
dita, e
porto le labbra sulla sua fronte: non scottava, ma era comunque
più calda del
solito. Al contatto con le sue labbra fredde, Henrik lasciò
andare un sospiro
spezzato e un leggero mugolio, per poi nascondere il viso nel suo
collo.
“Baby
…”
“Ehi, sono
qui.”
Henrik
strofinò
il naso contro il suo collo e fece un altro sospiro. Tarjei prese ad
accarezzargli i capelli, baciandogli la fronte per poi scendere sulla
sua
guancia e trovarsi di nuovo alla sua altezza. Quando aprì
gli occhi erano
lucidi.
“Come ti
senti?”
“Bene.”
Tarjei lo
guardò
scettico, ed Henrik si morse l’interno della guancia.
“Henrik.”
“Mh?”
“Sta per
venirti
la febbre.”
“Nei, sto bene.”
“Non
riesci a
respirare dal naso.”
“Faremo
tardi.”
Tarjei lo
guardò
in silenzio, senza smettere per un attimo di accarezzargli i capelli,
ed Henrik
aprì la bocca per dire qualcosa ma fu costretto a coprirsela
con una mano e
girare il viso per non stranutire addosso a lui.
“Perché
hai
lasciato che ti ammalassi?”
“Meglio io
che
tu.”
Tarjei
spalancò
gli occhi mentre lo guardava alzarsi con un po’ di fatica ed
uscire dalla
stanza: si ricordò di due notti prima, quando Henrik gli
aveva asciugato i
capelli per impedirgli di ammalarsi, a costo di rimetterci la sua
stessa
salute. Si alzò di scatto e lo raggiunse in cucina, dove
già aveva iniziato a
preparare il caffè.
“Non puoi
fare
così Henrik!”
Il ragazzo si
girò verso di lui appoggiandosi al mobile della cucina alle
sue spalle, e il
suo sguardo deciso, lo stesso con cui aveva pronunciato
l’ultima frase, non
fece altro che farlo sentire ancora più amato, e si
odiò perché non andava
bene, affatto.
“Non puoi
mettere a rischio la tua salute per me.”
Henrik sorrise e
strinse il ripiano fra le mani per impedire a sé stesso di
avvicinarglisi e
rischiare di infettarlo. Tarjei si schiaffeggiò mentalmente
nel sentire le
farfalle nel suo stomaco risvegliarsi al gesto.
“Per te
vale la
pena di rischiare qualsiasi cosa.”
Lo disse con una
semplicità così disarmante che sentì
le ginocchia farsi deboli. Quando parlò la
voce quasi gli tremava.
“E tu sei
l’unica cosa che ho, non posso lasciare che tu stia male a
causa mia.”
Henrik si morse
il labbro inferiore in un evidente tentativo di resistere
all’impulso di
raggiungerlo e baciarlo, ma Tarjei decise che adesso si giocava alle
sue regole
e in due falcate aveva attraversato la cucina e gli aveva preso il viso
fra le
mani, unendo le loro labbra con forza e molta più audacia
del solito,
mettendoci tutta la frustrazione mista all’affetto che in
quel momento sembrava
più forte di quanto non lo era mai stato. Henrik gli
circondò la vita con le
braccia e cercò di rallentare il ritmo frenetico dei loro
baci, ma Tarjei lo
ignorò bellamente e approfittò della sua bocca
socchiusa per esplorarla con la
lingua, circondandogli il collo con le braccia e premendo il corpo
contro il
suo. Henrik si lasciò scappare un gemito quando il suo
ragazzo gli morse il
labbro inferiore e scese a dedicarsi al suo collo.
“Baby,
ehi,
calma.”
Tarjei
posò un
ultimo bacio sul suo collo non più così
immacolato e posò la fronte sulla sua,
sorridendo nel notare il respiro affannoso di entrambi.
“Non
chiamarmi
baby, sono arrabbiato con te.”
Henrik rise
facendo sfiorare i loro nasi.
“Ah
sì? Non
sembrava fino ad un attimo fa.”
Il suo sorriso
si allargò ancora di più e chiuse gli occhi,
rimanendo ad ascoltare i loro
respiri tornare normali.
“Sul
serio,
Henrik, non stai bene ed è colpa mia e non mi va
bene.”
“Sto bene,
solo
un po’ di raffreddore. Comunque, prometto di cercare-
“No, n0n
cercare, devi farlo, okay? Devi preoccuparti anche di te
stesso.”
Si
allontanò
quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.
“E se
facciamo
che io mi preoccupo per te e tu ti preoccupi per me? Chill?”
Non era
esattamente quello che voleva, ma era abbastanza.
“Chill.”
Henrik sorrise e
gli diede un piccolo bacio, prima di allontanarlo da sé e
girarsi per
continuare a preparare la loro colazione. Con uno sbuffò
Tarjei appoggiò il
viso fra le sue scapole e gli circondò la vita con le
braccia.
“Dovresti
rimanere a casa, comunque.”
“Tarjei.”
“Non hai
ancora
la febbre ma siamo a Novembre, e viviamo in Norvegia, sto solo facendo
due più
due.”
“Abbiamo
delle
scene da girare e Julie diventa una iena appena qualcuno ci mette un
minuto in
più per pisciare, questo quanto fa?”
“Però
metterai
una giacca più pesante, e un cappello.”
“Ma-
“Non mi
interessa dei tuoi capelli. Oh, e anche una sciarpa.”
“Per il
raffreddore o il succhiotto che mi hai appena fatto?”
“Per il
raffreddore, non ho nessun problema a far sapere in giro a chi
appartieni.”
Bevver0
caffè
bruciato, ma tutti avrebbero saputo che entrambi erano già
di qualcun altro.
-
Sul bus, Henrik
tenne le mani nelle tasche del suo cappotto, lasciando che per una
volta fosse
Tarjei a stringerle per tenerle al caldo, sussurrandogli parole dolci
per farlo
arrossire e poi baciargli le guance.
Tarjei non
riusciva a smettere di sorridere e ridacchiare, si sentiva ubriaco e
l’aria che
li circondava era piena di bollicine rosa che solleticavano le loro
guance e le
mani intrecciate; il soffitto del bus mostrava l’intero
universo e Tarjei lo
osservava in estasi, la nuca posata sulla spalla di Henrik, che aveva
sfilato
una mano dalla sua tasca e adesso si stava attorcigliando uno dei suoi
riccioli
biondi attorno al dito, guardando le stelle che si riflettevano nei
suoi occhi.
Sentiva il battito cardiaco pulsargli nelle tempie, il naso prudergli e
i
polmoni bruciargli ad ogni respiro ma stava stringendo la cosa
più bella del
mondo fra le braccia, come avrebbe potuto non essere felice? Tutto
attorno a
loro era solo rumore bianco, gli sguardi e i sorrisi che gli altri
passeggeri
li rivolgevano da quando erano saliti, forse riconoscendoli o
semplicemente
specchiandosi nella loro felicità, erano lontani anni luce.
Inutile dire che
quasi persero la loro fermata, e francamente se lo aspettavano anche.
Ciò che
non si aspettavano, fu essere l’uragano di urla ed
eccitazione che li travolse
non appena misero piede sul set. Tarjei si guardò in giro
disorientato, non
sapendo a chi dare ascolto, ma quando si accorse
dell’espressione di dolore sul
volto di Henrik, molto probabilmente dovuta al mal di testa,
zittì tutti,
stroncando chiunque iniziasse a parlare con un’alzata di
mano. I ragazzi lo
guardarono sbigottiti, ma le loro espressioni tornarono serene quando
lo videro
posare una mano sulla guancia del suo ragazzo e guardarlo con le
sopracciglia
corrucciate. Henrik gli sorrise e posò la mano sulla sua,
per poi cercare Iman,
e cioè l’unica che non aveva ancora aperto bocca,
fra la piccola folla. La
ragazza sorrise ad entrambi e il resto del cast la esortò a
parlare.
“Siete
ovunque.”
Tarjei la
guardò
interrogativo e lei sorrise ancora di più.
“Skam, o
meglio,
gli Evak sono in tendenza su qualsiasi social network.”
“Siete al
primo
posto su Twitter.”
“Per non
parlare
di Facebook e Instagram.”
“Tumbrl
sta
praticamente esplodendo.”
Le ragazze
parlavano eccitate mostrandoli i loro cellulari, dove foto e gif del
loro primo
bacio e la scena di Sabato mattina erano ripetute
all’infinito su tutte la
applicazioni che avevano appena nominato, insieme a disegni
meravigliosi e
bandiere arcobaleno. Tarjei non poté contenere
l’enorme sorriso che gli incurvò
le labbra: persone di tutto il mondo avevano iniziato a seguire la
serie, e a
quanto dicevano i ragazzi moltissimi avevano iniziato ad interessarsi
alla
comunità lgbt grazie a loro. Tarjei si voltò
verso Henrik, sorridendo
teneramente nel vedere i suoi occhi che brillavano mentre Josephine gli
mostrava i commenti sotto una delle tantissime foto: sembrava un
bambino che
aveva appena saputo che il Natale sarebbe arrivato in anticipo. Lisa
gli diede
una leggera gomitata fra le costole, sorridendo a trentadue denti.
“L’avevo
detto
io che sarebbe finita così. Anzi, iniziata: siamo solo alla
prima clip del
quinto episodio e guarda che casino buddy!”
Tarjei sorrise e
l’abbracciò, sentendosi al settimo cielo. La
ragazza rise ricambiando la
stretta.
“E avevo
ragione
anche su un’altra cosa?”
“Cosa?”
“Sei il
ragazzo
più invidiato del momento Tar, non hai idea di cosa dicono
le ragazze e i
ragazzi di mezzo mondo del tuo ragazzo, e anche di te ad essere
sincera.”
“Di me?”
Non era stupito
del fatto che si cantassero le odi sulla bellezza di Henrik (o che
avesse
appena guadagnato migliaia di followers su Instagram, come David stava
appena
comunicando ad un Henrik ancora incredulo), sarebbe stato strano il
contrario.
Ma che pensassero la stessa cosa di lui gli sembrava surreale: i primi
anni
della sua adolescenza erano stati pieni di insicurezze e, nonostante
fosse
ormai uscito da quella fase, pensare che una gran parte delle persone
apprezzasse il suo aspetto, quando nemmeno lui ci riusciva a volte, lo
faceva
sentire strano, ma orgoglioso.
Lisa
annuì e poi
guardò oltre la sua spalla, sorrise e sciolse
l’abbraccio indicando qualcosa
dietro di lui con un cenno della testa, per poi allontanarsi. Quando si
voltò,
Julie lo stava abbracciando.
“Sono
così fiera
di te, così fiera di voi.”
A quelle parole
la tensione, dovuta a quel nuovo tipo di contatto fisico fra di loro,
si
sciolse, così come un po’ del suo cuore.
“Grazie.”
Percepì
il
sorriso della donna e le sue braccia lo strinsero di più,
per poi lasciarlo
andare del tutto. Uno sguardo e seppe che Julie era tornata quella di
sempre.
“Ora,
ragazzino,
abbiamo delle cose da fare, e il tuo ragazzo non sembra stare molto
bene quindi
meglio sbrigarsi prima che svenga sul pavimento.”
Pochi metri
più
in là, Henrik, sfilatosi finalmente i vestiti (i suoi
capelli erano perfetti
anche dopo essere stati sotto un cappello per più di
mezz’ora, non era una cosa
normale), si voltò verso di loro con una mano sul petto,
fingendosi offeso.
“Io sto
benissimo!”
“No che
non stai
bene!”
“Baby,
dobbiamo
ricominciare?”
“Uhhh,
problemi
in Paradiso.”
Fra le risate
causate dalle parole di David, Tarjei alzò gli occhi al
cielo e incrociò le
braccia, cercando di nascondere un sorriso quando Henrik gli si
avvicinò
attirandolo a sé per i fianchi e poi rivolgersi a David.
“Tarjei
non
accetta che io mi preoccupi per lui.”
Tarjei
spalancò
la bocca, posando le mani sul suo petto come per allontanarlo ma senza
provarci
sul serio.
“Non
è
assolutamente vero! Io non accetto che ti faccia male per colpa
mia.”
“Questi
due non
sanno nemmeno litigare.”
“E’
vero, amico,
onestamente siete da carie.”
Tarjei fece il
dito medio a Sasha, che era già pronto ad iniziare una
discussione sul diabete
che gli stavano facendo venire, quando Julie richiamò
l’attenzione su di sé.
“Basta,
abbiamo
una tabella di marcia da seguire. Fra cinque minuti si gira.”
“Non
rivediamo
nemmeno il copione?”
“E’
inutile, non
hanno nemmeno bisogno di recitare ormai.”
-
A quanto pareva,
i conti di Tarjei erano esatti.
Le sue mani
erano ancor più gelide di quella mattina e non riusciva a
smettere di tremare,
le coperte tirate fino al mento e la fronte bollente. Tarjei era steso
accanto
a lui e gli accarezzava una guancia, ignorando i suoi tentativi di
impedirgli
di stargli così vicino.
Henrik era
lì
per lui ogni notte, quando il suo stupidissimo cervello lo teneva
sveglio:
restava sveglio con lui ad accarezzargli i capelli e sussurrargli che
andava
tutto bene, privando sé stesso del sonno finché i
suoi occhi non diventavano
pesanti e riusciva finalmente ad addormentarsi, e anche allora lui
rimaneva
sveglio, accertandosi che il suo respiro fosse regolare e il suo viso
rilassato,
e solo alla fine permettere al suo corpo di riposare in pace. E lui non
solo
non lo ringraziava come avrebbe dovuto, ma lasciava anche che si
ammalasse solo
perché era un ragazzino pigro che non si prendeva cura di
sé stesso.
Posò la
fronte
contro la sua tempia, le scuse già pronte a lasciare le sue
labbra, ma si fermò
prima di pronunciare una parola: Henrik gli avrebbe detto che non era
colpa
sua, lo avrebbe rassicurato come faceva sempre e non poteva permettere
che si
sentisse in colpa. Era arrivato il momento che si prendesse cura di
lui. Gli
posò il più dolce dei baci sulla guancia e fece
per alzarsi, ma la sua mano gli
afferrò il polso.
Gli occhi di
Henrik erano arrossati e lucidi, sembravano più grandi del
solito e lo
guardavano come se lo stesse abbandonando. Immediatamente, Tarjei
aggirò il
letto, inginocchiandosi di fronte a lui.
“Ehi, sono
qui.”
“Dove
…”
La sua voce era
rauca
e stanca, e Tarjei scosse la testa, posandogli una mano sulla guancia
per
impedirgli di sforzarla più del dovuto.
“Vado a
preparare qualcosa per farti stare meglio, torno subito,
okay?”
Henrik
aggrottò
le sopracciglia, aprendo la bocca per esprimere il suo disappunto, ma
Tarjei
scosse nuovamente la testa, già sapendo ciò che
gli avrebbe detto.
“Lascia
che mi
prenda cura di te, almeno stavolta.”
Henrik si morse
il labbro inferiore, poi chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, e
alla
fine annuì.
“Torna.”
Annuì e
gli
baciò la fronte, sussurrando un
‘grazie’, per poi uscire chiudendosi la porta
alle spalle. Aveva appena aperto il mobiletto del bagno in cerca delle
medicine
che qualcuno suonò al campanello. Ciò che
trovò dall’altra parte fece alzare il
suo livello d’irritazione da 0 a 100 nel memorabile tempismo
di mezzo secondo.
“Tarjei?”
“Lea.”
La ragazza
sembrava più carina del solito, come se avesse speso del
tempo per sistemarsi
più del dovuto, e stringeva una busta della spesa nella mano
destra: era
evidente perché si trovasse lì, e non gli
piaceva, affatto. Lo guardava come
se fosse un pesce fuor d’acqua.
“Tu
… ehm … perché
sei qui?”
Tarjei
provò l’impulso
di urlarle che ci viveva, lì, e che era lei quella fuori
posto, ma se lo stava
chiedendo probabilmente non sapeva nulla, e sperava che lo scoprisse
nel
migliore dei modi. Migliore per lui,
s’intende.
“Tarjei?”
“Oh,
sì,
scusami, pensavo ad altro.”
Si stampò
sul
viso il sorriso più convincente del suo repertorio (essere
un attore aveva i
suoi vantaggi) e la guardò tanto intensamente che Lea
abbassò gli occhi,
arrossendo lievemente e passandosi la busta da una mano
all’altra. Alla fine
rialzò lo sguardo e si schiarì la voce.
“Io
… Marlon mi
ha detto che Henrik non stava molto bene oggi alle prove,
così io …”
Oh, Marlon
gliel’avrebbe
pagata cara, molto cara, ma non era questo il momento per pensare alla
vendetta.
Stava per risponderle che ‘era stata oh così
carina ad autoinvitarsi a casa del
suo ragazzo per approfittarne ed infilargli la lingua in
bocca’, che sentì la
porta della camera da letto aprirsi e-
“Baby
…”
Jackpot.
Lanciò un
veloce
sguardo all’espressione confusa di Lea, cercando di
trattenersi dal riderle in
faccia, e si girò verso Henrik, che stretto nel piumone
barcollò verso di lui fino
a posare la fronte sulla sua, la testa che gli faceva troppo male per
permettergli di concentrarsi su qualsiasi altra cosa. Tarjei si
scordò
completamente della ragazza, una minuscola figura nella sua visione
periferica
rispetto ad Henrik, e gli prese il viso fra le mani, senza allontanare
la
fronte dalla sua.
“Stai
tremando, perché
ti sei alzato?”
“Non
tornavi.”
Tarjei sorrise,
accarezzando la sua pelle bollente con i pollici.
“Non vado
da
nessuna parte.”
Henrik si
allontanò per poterlo guardare negli occhi, sorridendo per
quanto la stanchezza
glielo consentisse.
“Lo
so.”
Il ragazzo fece
sfiorare i loro nasi, e solo alla fine sembrò accorgersi di
Lea, che era
arrossita in maniera spropositata ed evitava a tutti i costi di
guardare nella
loro direzione.
“Ehi,
Lea.”
Lei
accennò un
sorriso.
“Henke,
girava
voce che tu fossi in punto di morte, ero venuta a salutarti
un’ultima volta.”
Il ragazzo rise e
lei sospirò, porgendo la busta a Tarjei, che aveva iniziato
a sentirsi (molto vagamente)
male per lei.
“Ora devo
andare, ma non credo te la passerai troppo male.”
Lanciò
uno
sguardo a Tarjei e li salutò con la mano, per poi girarsi e
scendere le scale,
infilandosi il cappuccio per proteggersi dalla pioggia che aveva
iniziato a
battere contro le finestre. Tarjei seguì la sua figura con
gli occhi prima che
scomparisse del tutto dal suo campo visivo e chiuse la porta, per poi
ispezionare il contenuto della busta: c’era tutto
ciò che serviva per preparare
del brodo di pollo. Uh, almeno qualcosa di buono l’aveva
fatto.
“Vado a
fare da
mangiare, tu torna a letto, okay?”
Henrik si
lamentò con un mugolio.
“Voglio
stare con
te.”
“Henrik.”
“Ti
prego.”
Si morse il
labbro, osservando il broncio adorabile che il suo ragazzo stava usando
per
corromperlo, e alla fine sbuffò alzando gli occhi al cielo,
ma senza riuscire a
trattenere un sorriso. A volte si chiedeva se le farfalle sarebbero mai
andate
a volare altrove.
Henrik sorrise
vittorioso e si strinse nella coperta, precedendolo nella cucina. Prima
di
seguirlo, Tarjei sfilò il telefono dalla tasca.
Marlon
Scegli
O lasci che ti
picchi, e
francamente te lo meriti
O mi devi un favore,
quando
mi pare, ciò che mi pare
Ho paura in entrambi
i casi
Fai bene.