Anime & Manga > Yuri on Ice
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Autore: CHAOSevangeline    23/04/2017    12 recensioni
{ Viktuuri | Circus!AU }
Londra, diciannovesimo secolo.
Ogni anno un circo, il Veles Circus, incanta per quattro serate con le esibizioni dei propri artisti.
Assistere non è un privilegio per tutti: solo chi riceve l'invito può godersi lo spettacolo.
Ma chi ha la possibilità di partecipare non è poi così fortunato come si potrebbe credere.
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« Viktor, ti posso parlare? »
La voce di Mila, proverbialmente squillante e canzonatoria, gli sembrava venata di serietà. Troppa serietà.
« Che succede? »
« Si tratta di Yuri. »
Nessun vezzeggiativo: il problema era il suo Yuri.
« Ieri sono andata ad annunciare il nostro arrivo in città. Per questo Yuri è venuto qui subito: ci ha viste. » La donna osservò l’espressione confusa del russo. « Dovresti controllare gli inviti allo spettacolo, Viktor. Penso che lo riceverà di nuovo. »
Il sangue di Viktor gli si raggelò nelle vene.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Insolitamente per questa storia credo di non voler fare molte premesse. Stavo attraversando un periodo nero in fatto di ispirazione, ma l'idea mi ha colta all'improvviso e ho dovuto provare a scriverla.
Il risultato - anche questo stranamente - non mi dispiace troppo e spero davvero che possa piacere anche a voi.
Prima di lasciarvi alla lettura vorrei solamente precisare che un personaggio, che farà già una piccola apparizione all'interno di questo capitolo, non è un personaggio di YoI. Avevo bisogno di qualcuno che ricoprisse il suo ruolo, ma nessun personaggio della serie era adatto, perciò tra storpiare brutalmente qualcuno rendendolo OOC e "creare", se così si può dire, un personaggio, ho preferito così.
Come sempre ringrazio tutte le persone che mi hanno sopportato mentre scrivevo.
Spero che questo primo capitolo vi piaccia e che mi direte cosa ve ne pare!



 
Vices & Virtues
 
 
 
Capitolo primo
 


“Then I heard your heart beating, you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you”



« Signore e signori, avvicinatevi, prego! Il Veles Circus è in città! Come ogni anno vi attendiamo numerosi per ammaliarvi con i numeri dei nostri artisti! »
Yuri riusciva ad aspettare con trepidazione anche gli avvenimenti che per i più sarebbero potuti sembrare insignificanti; era una persona modesta, nell’animo, e riusciva ad emozionarsi anche al semplice pensiero che la domenica mattina, come d’usanza in casa sua, sarebbe stato servito il dolce che più gli piaceva.
Sembrava attendere ogni piccola cosa dando ad ognuna la stessa importanza, senza una gerarchia precisa.
Un solo evento Yuri attendeva più degli altri: l’arrivo del circo in città. Non di un circo qualsiasi, ma del Veles Circus.
Visitava Londra con cadenza annuale e si fermava lì per circa un mese.
Il mese più bello di tutto l’anno. Il mese che poteva trascorrere con Viktor.
Ancor prima che la sua mente registrasse quanto aveva appena sentito, Yuri venne scosso da un brivido di eccitazione, che lo portò a perdere del tutto l’interesse per i libri accuratamente disposti nella vetrina che stava guardando.
Si voltò, cercando chiunque stesse divulgando quell’annuncio.
Non gli fu difficile notarla: una giovane ragazza dai capelli rossi che stava in piedi su un baule sgargiante, in modo da essere più visibile per la folla.
« Mila! » esclamò Yuri, attraversando con ampie falcate la strada.
La donna, che stava per ripetere l’annuncio una seconda volta, si interruppe. Si guardò intorno con cipiglio confuso, per poi aprirsi in un sorriso smagliante nel vedere Yuri.
« Yuri, ciao! »
Balzò giù dal baule, unendo le mani dietro la schiena mentre osservava il ragazzo. Allora davvero non abbandonava mai il suo completo da valletta: la accompagnava anche fuori dal tendone, quando doveva pubblicizzare l’arrivo in città dello spettacolo. Le lunghe gambe scoperte stavano destando non poco scalpore tra i passanti, ma era proprio questo ciò che davvero attirava l’attenzione.
Scoprire con piacere che era eccentrica come al solito fece credere a Yuri che non fossero trascorsi dodici interminabili mesi dall’ultima volta che l’aveva vista.
« Siete tornati », constatò febbricitante.
« Già, di nuovo qui. » Mila si sciolse in un sorriso malizioso, mentre lo sguardo felino scrutava il volto di Yuri. « Ma dato che siamo tornati e io sono più che sicura che tu non voglia parlare con me: sì, ci siamo accampati sempre nello stesso posto. » Solo a quel punto l’espressione della donna si addolcì. « Il vecchio l’ha costretto a rimanere ad aiutarlo, ma Viktor ti sta aspettando. Va da lui. »
Yuri esitò qualche attimo. Gli dispiaceva davvero che ogni anno, ogni volta che aveva a che fare con i compagni di Viktor, fosse per domandare dove si trovasse lui, o per ammazzare il tempo prima che l’uomo lo raggiungesse.
Rivolse a Mila uno sguardo titubante e lesse chiaramente sul volto di lei il desiderio di spingerlo pur di farlo correre da Viktor.
La ringraziò sommessamente e si incamminò con rapidità verso la periferia, nel quartiere dove veniva solitamente montato il tendone.
Yuri era un ragazzo di buona famiglia, qualcuno che non si sarebbe dovuto abbassare – quanto odiava quel termine – a correre in mezzo alla strada se non in caso di stretta necessità. Non gli era mai importato ciò che era meglio o non era meglio fare, e in quel momento la situazione di certo non contribuì a rammentargli quelli che erano i suoi doveri.
Fu tanto se non abbandonò la giacca a terra per essere meno impacciato nella corsa.
Quanto era passato? Cinque minuti? Dieci?
Yuri ringraziò il cielo per la propria resistenza fisica e una volta sul luogo piantò con così tanta forza i piedi per frenare da sporcarsi le scarpe di terra.
Fece guizzare gli occhi da un presente all’altro: riconosceva tutti, non gli pareva di notare alcuna faccia nuova. Poi lo vide.
Il ciuffo argentato dietro l’orecchio perché non lo intralciasse, le maniche arrotolate fino ai gomiti per essere più comodo nel muoversi.
« Viktor! » chiamò a gran voce.
Un enorme sorriso si aprì sulle labbra di Yuri quando vide il volto sorpreso dell’uomo voltarsi in sua direzione. Gli occhi di Viktor si illuminarono e a quel punto Yuri iniziò a correre verso di lui, vedendo l’altro avvicinarsi di rimando.
« Yuri! »
A pochi passi da lui, Yuri gli saltò al collo, sentendo le braccia forti di Viktor avvolgersi attorno i suoi fianchi.
Sentì delle lievi vertigini e il mondo ruotò intorno a lui, prima di chinarsi su quelle splendide labbra per dare loro il bacio di bentornato.
Percepì con la bocca il sorriso di Viktor e anche quando la terra tornò ad aderire ai suoi piedi, Yuri si sentì come se in realtà stesse camminando molto più in alto.
Le sue guance erano rosse e gli occhi lucidi per l’emozione.
« Mi sei mancato », sussurrò contro le sue labbra.
Viktor lo baciò ancora e ancora, portando una mano tra le sue ciocche corvine.
« Anche tu, moya lyubov’, non c’è stato giorno in cui non ti abbia pensato. »
Yuri lo sapeva, sapeva quanto Viktor si struggesse grazie alle lettere che avevano preso a scambiarsi mentre il russo era in giro per il mondo. Dio, cos’avrebbe dato per essere con lui, per vedere quello che vedeva lui.
« Ma ora sono qui », riprese Viktor, prendendogli il volto tra le mani. « Sono qui e non me ne andrò, almeno per il prossimo mese. »
Yuri annuì, spingendo il volto contro una delle mani di Viktor.
Niente avrebbe potuto rovinare quel momento, niente.
Eccetto una voce che si insinuò nelle orecchie di Yuri con acidità.
« Credo che potrei vomitare. »
Non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi avesse parlato, ma lo fece ugualmente, ancor prima di ricevere conferma dalle parole di Viktor.
« Yura, non avevi del lavoro da sbrigare? »
Yuri Plisetsky era lì, a scrutare entrambi con le proprie graffianti iridi verdi. Da quando l’aveva conosciuto, il giapponese aveva l’impressione che quel ragazzo gli stesse rimproverando qualcosa, a partire dal chiamarsi nel suo stesso modo, cosa che aveva spinto Viktor a scegliere un soprannome.
« E tu? » rispose tagliente dopo aver schioccato la lingua alle parole di Viktor.
Ogni volta che si vedevano, Yuri tentava un approccio per entrare nelle grazie del biondino. Sapeva che non era una cattiva persona, non quanto tentava di dimostrare almeno.
« Sei cresciuto, Yuri. »
« È quello che facciamo noi adolescenti », ribatté.
Viktor gettò un rapido sguardo prima al biondo, poi al ragazzo ancora tra le sue braccia. Sapeva quanto Yuri fosse sensibile e anche che aveva iniziato ad ignorare con tutto se stesso le parole del ragazzino per non venire ferito, ma l’idea che potesse soffrire lo disturbava ugualmente.
« Non farti distrarre da Yura, eri qui per me », mormorò con tono lascivo, godendosi il rossore che imporporò le guance di Yuri.
Si conoscevano da anni, ma bastavano sempre quei pochi sguardi e quelle poche parole perché il giapponese si sciogliesse. Lo sapeva lui, lo sapeva Viktor e lo sapeva anche il biondino che sullo sfondo della scena alzò gli occhi verso il cielo.
Quando vide Viktor tornare sulle labbra di Yuri per poi gettare a lui uno sguardo abbastanza eloquente, il ragazzo capì che per quanto volesse disturbare ancora la coppia di piccioncini non ci sarebbe riuscito: erano entrati nel loro mondo di sdolcinatezze e sarebbe stato indubbiamente più utile che si concentrasse su altro.
Una volta soli lo sguardo di ghiaccio di Viktor si indurì, anche se solo per un attimo. Quando lui e il russo si erano appena conosciuti, Yuri era riuscito a trovare spesso assoggettanti quei suoi occhi: gli sembrava sempre che lo trapassassero da parte a parte, che lo inquisissero. Con il tempo aveva iniziato ad amarli e a capirli. Per questo immaginò subito di cosa stesse per parlare il russo.
Viktor fece scorrere i polpastrelli ruvidi lungo la sua guancia, tracciando un percorso immaginario lungo lo zigomo e sul suo labbro inferiore, con il pollice.
« Come stai, Yuri? » gli domandò infine.
Una domanda fin troppo generica, ma Viktor sapeva che il ragazzo avrebbe capito. Non gli diede un momento di tregua con i propri occhi, tenendoli fissi in quelli castani del ragazzo. Lo vide cercare una via di fuga, sfuggendo alla presa del suo sguardo concentrandosi su un punto imprecisato della sua camicia.
« Sto bene », sospirò infine, annuendo come se volesse convincersi da solo di ciò che aveva appena detto.
Sapeva che non sarebbe bastato a Viktor, che avrebbe insistito.
« Ora sto davvero bene », si corresse, abbozzando un sorriso titubante.
Quella risposta sembrò accontentarlo.
« Ci sono io ad occuparmi di te, adesso. »
Il sorriso sulle labbra di Yuri si fece meno tirato, come se a quelle semplici parole corrispondesse la garanzia che sarebbe stato bene. Che sarebbero stati bene.
Affondò il volto contro la spalla di Viktor ed inspirò il suo profumo, lasciando che lo inebriasse al punto tale da allontanare la scomoda sensazione di nostalgia che provava nonostante il russo avesse appena fatto ritorno. I primi momenti che passavano vicini dopo tanto gli ricordavano paradossalmente che presto si sarebbero dovuti salutare ancora.
L’ultimo anno per Yuri era stato un inferno, un inferno in cui egoisticamente avrebbe sperato di veder apparire la mano di Viktor, pronta ad afferrare la sua per tirarlo fuori.
Peccato che Viktor avesse un tour che toccava tutte le maggiori capitali del continente e una capatina non indifferente nei territori russi. Nella sua terra.
Da quando si erano conosciuti sopperivano all’assenza reciproca con delle lettere; non era facile, dato che non erano affatto lo stereotipo di coppia ottocentesca che non si toccava e non si avvicinava più di un metro per timore di essere poco consoni. Era straziante poter solo parlare, ma da un lato Yuri si rendeva conto che quei viaggi facevano bene a Viktor: quando gli scriveva dalla Russia sembrava colmo di una nuova energia, nonostante i suoi ricordi lì non fossero dei migliori. Doveva mancargli davvero per tutto il resto dell’anno, almeno tanto quanto dimostrava gli mancasse lui, solo che non lo diceva: Viktor gli aveva raccontato qualcosa delle proprie radici e occasionalmente accennava ai propri sentimenti negativi, ma non si sbottonava mai troppo.
Una volta Yuri era addirittura giunto ad indagare parlando con Christophe, per sapere se ci fosse qualcosa di davvero importante da farsi rivelare dal fidanzato. Peccato avesse ottenuto solo una dichiarazione di totale ignoranza in materia. Non era riuscito nemmeno a fargli una domanda specifica a dire il vero, cosa che aveva portato Yuri a chiedersi se forse avesse chiesto alla persona sbagliata: non era sicuro di stargli poi così simpatico.
Non sapeva a chi piacesse davvero, a voler essere obiettivi. A Cristophe Giacometti sicuramente no, anzi: forse gli piaceva ancor meno che a Yuratchka, come lo chiamava occasionalmente Viktor e gran parte della loro troupe. Quel ragazzo non era un cattivo diavolo, semplicemente non riusciva a non erigere un muro tra sé e chiunque provasse ad avvicinarsi. Persino Viktor veniva costantemente allontanato, anche se gli aveva assicurato che lui e il ragazzo erano in ottimi rapporti. L’unico che aveva il diritto di parlare senza beccarsi un’occhiataccia – il più delle volte, almeno – era Otabek. Vedendoli vicini, Yuri aveva più volte creduto che tra di loro ci fosse qualcosa di più. Lo stesso qualcosa di più che c’era stato tra lui e Viktor quando lui ancora si ostinava a definirlo soltanto un amico.
« Viktor, non ti avevo detto di aiutare con l’inventario e poi di andare ad allenarti? »
Prima di voltarsi in direzione della voce, Yuri trovò spontaneo guardare il viso di Viktor. Gli sembrava quasi… allarmato? Era strano, di solito non si mostrava agitato di fronte a nulla, nemmeno nei giorni in cui si sarebbe dovuto esibire.
Era così stoico da sconvolgerlo, alle volte.
Voltarsi e vedere semplicemente il direttore del circo rese Yuri ancora più confuso. Dai racconti di Viktor l’aveva sempre percepito come un uomo severo, ma di cui non era necessario preoccuparsi troppo. Viktor almeno non ne sembrava affatto intimorito, perciò non capiva davvero il perché del suo cambio di espressione.
In qualche modo, a Yuri quell’uomo aveva sempre ricordato suo padre; aveva qualcosa di simile nello sguardo, forse anche nella fisionomia del viso. Certo, gli ricordava suo padre prima che cambiasse il proprio modo di guardarlo per la sua “scelta”, come l’aveva chiamata, di amare Viktor.
« Scusatemi, signor Veselov, sono stato io a distrarlo », si intromise Yuri, sempre formale come al solito, accennando un leggero sorriso di scuse.
Che almeno lì nessuno giudicasse lui e Viktor per la loro relazione lo faceva sentire a suo agio. Erano una famiglia, nessuno avrebbe rivelato nulla a nessuno di esterno e almeno nel tempo che trascorreva in quel luogo non doveva pensare a nascondersi.
« Ah, ci sei anche tu Yuri. » Come sempre era l’unico ad usare i convenevoli, ma quell’atmosfera calorosa non gli dispiaceva affatto. « Il nostro Viktor ha sentito la tua mancanza, come sempre. Forse potrei concedergli qualche moment-… »
« Non serve », lo interruppe Viktor senza troppe remore. « Torno al lavoro tra un momento. »
« Viktor, cosa succede? » gli chiese Yuri con un filo di voce.
Quando il russo tornò a voltarsi si dovette confrontare con gli occhi leggermente sgranati di Yuri, colmi di sorpresa e preoccupazione. Sapeva quanto fosse insicuro, doveva aver pensato almeno per un momento di essere indesiderato.
E Viktor non voleva che lo facesse nemmeno per un istante. Gli prese il viso con entrambe le mani.
« Non fare quella faccia, lyubov’ », sussurrò, sentendo che tutta la spavalderia con cui aveva detto che lo avrebbe lasciato andare svaniva. « Voglio stare con te, ma… » Un attimo di esitazione, poi Viktor proseguì, abbassando la voce. « È da un paio di tappe che sgarro. Scappavo dai miei compiti per scriverti e non voglio che qualcuno si azzardi a dire che la causa sei tu. Anche se… beh, è vero. »
Yuri parve riprendersi e il suo sguardo si illuminò. Si lasciò andare ad una piccola risata.
« Al solito posto? » domandò, stringendo la stoffa della sua camicia tra le dita.
« Sì. Alle sei. Non fare tardi. »
Appena finì di parlare gli schioccò un bacio sulla fronte, ma non gli bastò, perché prima di lasciarlo andare tornò a fiondarsi sulle sue labbra, baciandole con trasporto. Forse con più foga di quanta Yuri riuscisse a sopportare, perché parve inciampare in quel bacio, aggrappandosi con più forza alle sue spalle.
Lasciarlo andare fu difficile, quasi come se stesse per ripartire alla volta di un altro interminabile viaggio.
Anche quando Yuri si decise ad allontanarsi le loro dita impiegarono un po’ per sciogliere quella stretta. Viktor non riuscì, anche dopo avergli dato le spalle, a non voltarsi più e più volte che realizzare che finalmente era tornato a Londra.

 
Cinque anni prima

« Ti consiglio di smetterla di divorare con gli occhi quel ragazzo, prima che lo dica a suo padre e ci faccia sgombrare sotto chissà quale accusa. »
Viktor forse non aveva la personalità più incline ad andare d’amore e d’accordo con tutti: sapeva di poter risultare piuttosto antipatico, ma a sua discolpa lo diventava solo quando era strettamente necessario. Non considerava un nemico quel Jean-Jacques Leroy contro cui Yuri sfoderava il repertorio di antichi insulti russi almeno una decina di volte al giorno, ma non per questo Viktor evitava di rispondergli quando si dimostrava necessario.
In quel momento era necessario.
« Il fatto che lo stia guardando dà fastidio solo a te, JJ. » Essendo stato disturbato, Viktor trovava antipatico persino il suo nome d’arte. « Cos’è, l’avevi puntato tu? »
Potevano trovarsi a Parigi, a Mosca o a Vienna: se Viktor guardava con fin troppa insistenza qualcuno, JJ doveva intervenire. Così il russo lo pungeva sul vivo in quel modo, consapevole che JJ si sarebbe sciorinato in un sermone su quanto fosse interessato solo alle donne. Divertente le prime volte, ma ormai faceva parte di una monotona routine che il ragazzo dai tratti asiatici a qualche metro da lui stava elegantemente rompendo con la propria semplice presenza.
Viktor lo stava scrutando quasi fosse un pezzo esposto in un museo, chiedendosi che storia dovesse esserci alle sue spalle: non aveva mai visto un orientale vestito così di tutto punto, non a Londra. Che fosse un nobile? Perché si trovava con quel ragazzino dalla pelle scura che sembrava emozionato alla semplice vista degli attori del circo che montavano il tendone? Non che ci fosse nulla di strano: ormai Viktor era abituato ad essere osservato come una bestia in gabbia.
Ciò che davvero lo colpiva di quel ragazzo era il suo sguardo: anche con tutti quei metri a dividerli sembrava quasi intimidito. Viktor smise di cercare una giustificazione al proprio interesse e interruppe l’uomo accanto a lui, che come da copione stava giustificando quanto aveva detto poco prima senza essere minimamente ascoltato dal russo.
« JJ, fammi un favore. »
L’altro parve scordare completamente il proprio discorso e aggrottò le sopracciglia.
« Chiedilo a Christophe. »
« Christophe non ha discrezione per queste cose. »
« Stai ammettendo che sono migliore di Chris? »
Viktor alzò gli occhi al cielo. Perché ogni discussione con JJ doveva ridursi ad un mero tentativo di stabilire chi fosse il migliore?
Se voleva che lo aiutasse doveva imbonirselo, però.
« In questo frangente diciamo di sì. »
A JJ parve bastare, anche se avrebbe voluto insistere sulle graduatorie degli altri contesti.
« Che ci guadagno? »
« Quindici minuti in più per la tua esibizione, durante il prossimo spettacolo. Quindici minuti garantiti », rispose Viktor. « Ma solo se distrai quel ragazzino per almeno cinque minuti », indicò il ragazzo dalla pelle scura accanto all’oggetto della sua attenzione.
Gli occhi del moro brillarono, ma parve farsi non molto convinto subito dopo.
« E come dovrei fare, Viktor? »
« Fagli vedere… non lo so, il tendone? A quanto so c’è qualcuno che ha conquistato un paio di persone in questo modo. »
Viktor gli rivolse uno sguardo sornione, Jean-Jacques parve curioso di approfondire quel discorso, ma decise di serbare le proprie domande per un altro momento.
Il russo attese qualche attimo: guardò JJ che si avvicinava e scrutò le labbra del ragazzo che stava osservando muoversi, forse a rimproverare l’entusiasmo del suo amico. Il suo volto mutò in una maschera di preoccupazione. Forse credeva che li stessero per cacciare?
Era troppo timoroso per seguire gli spaventosi circensi all’interno della loro casa; chissà cosa gli avevano raccontato sulla gente come loro, quando era piccolo.
A quel punto Viktor si mosse. Allontanò la schiena dal carro a cui era appoggiato e si diresse verso il ragazzo che sembrava averlo notato, ma aveva prontamente distolto lo sguardo come se questo potesse impedire a Viktor di rivolgergli la parola.
« Al tuo amico sembra piacere parecchio il circo. A te no? »
Da vicino quel ragazzo era ancora più interessante: piccolo, di corporatura esile. Non gli dava più di diciotto anni, anche se quegli occhioni da cerbiatto probabilmente lo stavano ingannando.
Viktor lo vide sussultare e stringersi nelle spalle. Il ragazzo scosse la testa.
« Non ho mai avuto il piacere di assistere ad uno spettacolo, signore », rispose garbatamente con un filo di voce.
Sembrava sul punto di parlare ancora, ma Viktor scoppiò a ridere. Forse si sarebbe dovuto trattenere, davanti ad una creatura che sembrava tanto spaurita.
« Signore? Ho ventidue anni, sono certo che tu non sia molto più giovane. »
Dovette fare un piccolo gesto della mano per convincerlo a parlare.
« Ne ho diciotto. »
Aveva indovinato, allora.
Di solito Viktor non faceva domande: ne veniva tempestato dalle donne che incontrava lungo la propria strada. Gli chiedevano come fosse viaggiare, la sua meta preferita…
E lo facevano da Parigi a Praga, da mosca ad Almaty, quando si spingevano fino a lì. Si chiedeva come fosse possibile che in luoghi tanto lontani gli uni agli altri le persone avessero una fantasia così limitata da portarle a fargli sempre le stesse domande. Sempre le stesse domande a cui Viktor dava sempre le stesse risposte. Le rare volte in cui gli capitava di porre qualche quesito lo faceva senza interesse, ma in quel momento era diverso: il ragazzo di fronte non gli stava chiedendo nulla e lui invece aveva mille curiosità da soddisfare. Prima di tutto gli sarebbe piaciuto sapere il suo nome.
« Ad ogni modo io sono Viktor. »
Il ragazzo parve diffidare per un attimo.
« Yuri. »
« Non mi dire? Anche noi abbiamo un circense che si chiama Yuri! »
Sembrava che fosse riuscito a colpire un punto d’interesse per il ragazzo di fronte a lui: gli occhi si erano illuminati di una luce che fino a poco prima non c’era, o forse era rimasta semplicemente offuscata dalla timidezza.
Nonostante questo il ragazzo non gli chiese più nulla: che fosse per effettivo disinteresse o per paura di qualcosa che Viktor non riusciva a comprendere, Yuri rimase in silenzio.
Però Viktor era interessato, eccome se lo era, perciò avrebbe continuato a parlargli finché restava lì, di fronte a lui.
« Sai, mi hai incuriosito. » Decise di essere diretto. « Non ho mai visto qualcuno della tua nazionalità, qui a Londra. Non ho mai visto qualcuno della tua nazionalità in… queste vesti. »
Yuri non parve sorpreso; i salotti inglesi dovevano guardarlo spesso con gli stessi occhi di Viktor, o quantomeno dovevano avergli già posto quella domanda. Da quando era diventato come una delle persone monotone di cui tanto si lamentava?
« Mio padre è un mercante, importa ceramiche e suppellettili dall’oriente. »
Non era una storia curiosa; da quando i viaggi si erano fatti più sicuri e comuni non era strano trovare delle persone di nazionalità diverse sradicate dalla loro patria e per giunta scoprirle di ceti sociali inaspettati. Viktor stesso viaggiava in costante compagnia di persone provenienti da diverse parti del mondo, eppure Yuri aveva qualcosa di diverso.
Pensò per un attimo allo zampino del fato, ma si distrasse: quando sarebbe stato solo si sarebbe preso in giro per averlo pensato.
« Interessante. »
Davvero?
Il brillante Viktor Nikiforov era riuscito a dire solo “interessante”?
Lo sguardo di Yuri, per qualche motivo, parve farsi divertito.
« Non lo pensi davvero. »
Viktor aggrottò le sopracciglia.
« Invece sì. È una delle cose più banali che ho detto in tutta la mia vita, ma lo trovo davvero interessante. »
Com’era giusto non conoscendo quel ragazzo, Viktor non sapeva di preciso di che cosa parlare. Gli bastava solo che parlassero, che continuassero a conoscersi, non importava in che modo.
« Qual è la tua specialità? »
Oh, allora anche lui era interessato.
« Sono un trapezista », rispose rapidamente Viktor, come se non aspettasse altro e pendesse completamente dalle labbra dell’altro.
Non essere lui quello volubile in una discussione gli sembrava terribilmente strano.
« Però non uno di quelli che si limita a saltare da una piattaforma all’altra sperando di non cadere. » Sul volto di Yuri apparve un piccolo sorriso a quelle parole. Ottimo. « Faccio anche quello, ma mi concentro di più sulle coreografie e… detto così sembra noiosissimo. »
Yuri scosse la testa rapidamente, come per timore che l’altro potesse smettere di parlare se solo non si fosse affrettato a intervenire.
« Non è vero, mi interessa. » Si bloccò, rendendosi conto che sembrava aver appena fatto il verso a Viktor. « Davvero. Insomma mi… piacerebbe vederlo. »
Viktor sorrise appena.
« Purtroppo questo circo è su invito. »
« L’ho sentito dire, sì. »
« Però non ti perdi nulla. »
Yuri aggrottò le sopracciglia, confuso; quando Viktor aveva parlato sembrava decisamente convinto delle proprie capacità e della propria bravura, perché in quel momento stava ritrattando quanto aveva appena detto?
« Ma io sarei comunq-… »
« Yuri! » La voce del ragazzo che JJ aveva allontanato lo raggiunse. « Non sai quante cose ho appena visto! »
Il ragazzo si stava sbracciando per fargli capire dove si trovasse, dirigendosi a passo spedito verso di lui.
« È tuo amico? » chiese Viktor, già dandolo per scontato.
« Sì. »
Phichit si stava avvicinando a passo così spedito da aver recepito l’ultima parte della conversazione.
« In realtà lavoro per lui », intervenne Phichit. « Ma a Yuri non piace dirlo perché gli sembra brutto definirmi semplicemente il suo domestico. »
« Sei mio amico, non sei il mio domestico! »
« Però mi paghi! »
« Phichit, ne dobbiamo seriamente parlare ora? » sospirò infine Yuri, sotto lo sguardo divertito di Viktor.
« Potremmo sottoporre la questione ai presenti e capire una volta per tutte chi ha ragione », scherzò Phichit, voltandosi verso Viktor.
Yuri parve sul punto di chiedergli se fosse serio, ma Viktor intervenì.
« Se posso, preferirei non esprimermi », disse. « Mi dispiacerebbe contrariare Yuri. »
Dopo quella frase gettò al giapponese uno sguardo piuttosto intenso, che l’altro ricambiò. Anzi, più che ricambiarlo spontaneamente sembrò non poter fare in modo diverso, completamente incantato.
Si riscosse fissando l’orologio, schiarendosi la voce e agitandosi visibilmente.
« Si è fatto tardi! »
Phichit controllò il proprio, di orologio, e dall’espressione sul suo volto sembrò chiaro che per loro si era fatto davvero tardi.
« Potete tornare, se vi fa piacere », disse Viktor. « Magari quando avrete più tempo. »
« Certamente! » Yuri non si portò una mano sulle labbra solo perché sarebbe stato un gesto troppo vistoso. « Voglio dire… mi farebbe piacere, sì. »
Capì che parlare ancora avrebbe voluto dire semplicemente inciampare ancor di più nel discorso e diventare rosso fino alla punta delle orecchie, unico punto del suo viso ancora di un colorito accettabile.
Fece un inchino, poi richiamò Phichit con un borbottio e iniziò a camminare.
Viktor lo guardò, divertito, senza ricambiare quel gesto fin troppo formale per timore di metterlo ancor di più in difficoltà.
« Non sono riuscito a trattenerlo di più, quel ragazzino schizzava da una parte all’altra ed è voluto correre fuori a raccontare ogni cosa prima che gli facessi presente l’importanza di fare un buon nodo per fissare i riflettori. »
JJ si era avvicinato a Viktor di soppiatto, le braccia incrociate al petto e un sorriso divertito sul viso.
« Sembra che tu abbia fatto colpo », insistette. « Ci avevi visto giusto, mi sa. »
« Oh, tu dici? » domandò, con un sorriso divertito sulle labbra.
« Lo hai invitato al circo, Viktor? »
« Ti pare? Non lo farei mai. »
   
 
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