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Autore: Koori_chan    24/04/2017    3 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Ventitreesimo~






La Perla Nera rollava appena nella calme acque del molo, il movimento quasi impercettibile.
Nonostante fosse ormai notte inoltrata, la luna alta nel cielo, le fiaccole lungo l’ormeggio e le lampade a bordo illuminavano alla perfezione il ponte di coperta, dove Cristal se ne stava ancora seduta e stupita.
Davanti a lei, in piedi e non meno sconvolto, James Norrington la guardava dall’alto in basso, fra le mani l’unica cassa che fosse riuscito a non far cadere.
Solo dopo una manciata di secondi l’uomo parve riaversi dalla sorpresa e abbandonò la cassa per terra, precipitandosi ad aiutare la ragazza a rialzarsi.
- Cristal! Che cosa ci fai qui?! –
Quella afferrò la sua mano e si rimise in piedi.
- Cosa ci fai tu! Perchè sei a bordo della Perla? Che fine hanno fatto i bigodini?! – domandò notando solo in quel momento l’assenza della parrucca e rendendosi conto dello stato pietoso in cui versava la sua divisa.
Norrington puntò lo sguardo altrove.
- Ho rassegnato le dimissioni. –
Vi era stizza nella sua voce, vergogna, addirittura, e il forte odore d’alcool di cui era impregnato lasciava indovinare la storia dietro a quella decisione.
- Hai seguito Jack? – domandò, stupita e contemporaneamente ammirata per la perseveranza.
Norrington roteò gli occhi e fece spallucce.
- Finchè le vele hanno retto. E ce l’avrei fatta, ce l’avrei fatta se non avessi dovuto attraversare quel maledetto uragano! – masticò, pieno di rancore.
La ragazza gli concesse la ragione con un’alzata di sopracciglia.
- Posso immaginare! Deve essere stato... COSA?! – sbottò improvvisamente, resasi conto del vero significato di quelle parole.
- Cosa significa che hai fatto vela attraverso un uragano? Sei matto?! Avresti potuto morire! – sbraitò, senza curarsi minimamente di celare la sua preoccupazione.
Quello fece spalluce, come a indicare che non sarebbe stata poi cosa grave, e lei si rese conto che era proprio di lui che le aveva parlato l’oste della Faithful Bride. Ma se al sudicio bancone quella storia le era sembrata degna di nota adesso percepiva chiaramente ogni sfumatura della sua follia. Il cameratismo goliardico che l’aveva fatta sorridere alla locanda si era spento del tutto, sostituito da una pietà miserabile e amara che l’aveva soffocato come le dita inumidite che si abbattono sullo stoppino acceso.
Si riservò un momento per osservarlo meglio. I capelli scuri erano arruffati e sporchi, la barba incolta e gli abiti lerci di fango e dio solo sapeva cos’altro. I pugni, stretti lungo i fianchi, tremavano appena di rabbia e bisogno d’alcool, e gli occhi non recavano più alcuna traccia dell’intelligente dolcezza di un tempo.
No, quello non era il James Norrington che aveva conosciuto e amato.
Il suo Tenente era scomparso, perduto per sempre, inabissato chissà dove e chissà quando ad un certo punto della sua assenza.
“Forse in un’altra vita”, si ritrovò a pensare, intristita da quello che vedeva.
C’era un relitto davanti a lei, un consapevole naufragio i cui resti sferzati dall’acqua e dai venti non cercavano nemmeno la pace e si facevano bastare la voragine che li rodeva dall’interno.
- James... Perchè lo hai fatto? –
La sua voce abbandonò le sue labbra rotolandone fuori a fatica, stanca e riluttante.
L’uomo lasciò che la pietà e il rimprovero celati in quella domanda lo prendessero a schiaffi sul viso e scosse il capo con un sorriso colmo di disprezzo per sé, per la vita, per ogni cosa: sapeva che Cristal non stava più parlando dell’uragano.
Ma cosa le avrebbe potuto rispondere? Che era stanco di trascinarsi su quella terra che non aveva tenuto da parte un posto per lui? Che si era reso conto di aver lasciato morire di fame i suoi sogni e i suoi desideri e che ora non riusciva più a vedere un futuro per sé, abbandonato da tutto ciò che amava?
Avrebbe potuto guardarla negli occhi e permettere che vedesse quei lunghi mesi dopo Isla de Muerta in cui si era interrogato sulla validità delle sue scelte, avrebbe potuto lasciare che toccasse il suo dolore, i suoi rimpianti, e che grattasse la superficie del suo cuore fino a raggiungere i docks di Londra in un brumoso mattino di cinque anni prima.
Avrebbe potuto confessare la verità, che lui non era come lei, coraggioso e capace di lasciarsi alle spalle ciò che non avrebbe mai più riavuto indietro, che lui non sarebbe mai stato all’altezza delle aspettative perchè era debole e meschino e aveva gettato tutto alle ortiche.
Avrebbe potuto, ma avrebbe dovuto essere forte persino per quello, e sapeva di non esserlo.
Scosse di nuovo la testa e sbuffò appena, alla ricerca di parole che potessero offrirgli una scusante, ma una voce nuova fece voltare di scatto la sua interlocutrice.
- Comunque sia dobbiamo sbrigarci! Non possiamo rimanere a Tortuga un giorno di più! –
I passi frettolosi che accompagnavano la voce si fermarono proprio davanti a loro, accolti dall’incredulità di tutti quanti.
- Liz?! – Cristal strabuzzò gli occhi nel vedere la sua migliore amica vestita da uomo al fianco di Jack Sparrow.
Ecco cosa intendeva Pintel per “rimpatriata”!
- Cris! Diglielo che dobbiamo salpare immediatamente! – replicò, come se l’amica fosse stata già perfettamente al corrente dei suoi piani.
Quella si voltò verso Sparrow in cerca di spiegazioni, ma il Capitano si limitò a fare di no con la testa.
- Salperemo domattina, il buon vecchio William potrà resistere per una notte. – ordinò, irremovibile.
- Will? – domandò ancora la figlia del fabbro, sempre più confusa.
Fu James ad avere la decenza di risponderle, Elizabeth ancora troppo impegnata a battibeccare con Jack.
- Pare che Turner sia nei guai ed Elizabeth sia salpata per andarlo a salvare. –
Cristal roteò gli occhi.
- Voi due non ce la fate proprio a vivere in pace nella vostra casetta, vero? – scherzò, ma l’espressione della figlia del Governatore la ridusse al silenzio.
- E’ una cosa seria? – domandò, spaventata dalla freddezza nei suoi occhi.
La giovane Swann sbuffò e incrociò le braccia al petto.
- Seria nella misura in cui i qui presenti hanno tutti una condanna a morte a pesare sulla loro testa. E anche Will. –
Cristal si sentì sbiancare.
Quella era una cosa che si sarebbe dovuta aspettare, prima o poi. Aveva già avuto taglie sulla propria testa, ricordava di aver strappato lei stessa un manifesto da un muro che prometteva cifre esorbitanti a chi avesse consegnato il misterioso Capitan Tempesta alla giustizia e di essersi assurdamente inorgoglita nel contare gli zeri in fila uno dietro l’altro.
Eppure, in un certo senso, non era di lei che si trattava, all’epoca.
Capitan Tempesta era una persona, e Cristal Cooper era un’altra. Erano due facce della stessa medaglia, ma allora nessuno avrebbe mai potuto ricondurre il suo nome al temibile pirata.
Era un mito quello a cui la Marina dava la caccia, un alter ego, una maschera, un personaggio fumoso e pronto a svanire nel nulla dietro la sua quinta teatrale.
Adesso, dopo Port Royal, i crimini da lei commessi avevano un volto, un nome, un corpo di carne e sangue.
Capitan Tempesta aveva fatto un passo indietro e aveva lasciato il palcoscenico ad una ben più concreta Cristal Cooper.
Ormai non si trattava più di un gioco, ed era giunto il momento di scendere a patti con le proprie responsabilità.
Ma gli altri? In che modo gli altri potevano condividere con lei lo stesso destino? Per quale motivo la Legge era ostile anche a loro, che non avevano mai commesso nulla di sbagliato?
- Tutti? – sussurrò, in cerca di chiarimenti.
Elizabeth annuì lievemente, lo sguardo meno servero, ma le braccia ancora conserte.
- Io e Will perchè vi abbiamo aiutati a scappare. James per diserzione.-
Cristal rivolse un rapido sguardo all’ex Commodoro, poi tornò a rivolgersi all’amica.
- E si può sapere chi ha mosso simili accuse?! E’ assurdo! – sbraitò, indignata e già sul piede di guerra.
Jack ghignò, un ghigno che lasciava indovinare retroscena di cui lui solo era al corrente.
- Cutler Beckett, ovviamente. –
Cutler Beckett.
Lo spettro che aveva tanto impensierito Bleizenn aveva già incominciato a manifestare la sua scomoda presenza e lo aveva fatto colpendo così vicino a lei che si chiese se per caso la sacerdotessa non lo avesse previsto.
- Sì, Bleizenn ha fatto il suo nome... – considerò a mezza voce, le sopracciglia aggrottate e la mano a sorreggerle il mento per completare la sua espressione impensierita.
James e Lizzie la interrogarono con lo sguardo, ma fu Jack a esternare le perplessità di tutti.
- Bleizenn? Sei stata da lei? – domandò, più sorpreso e stranamente preoccupato di quanto probabilmente non volesse sembrare.
Cristal annuì e un lampo di consapevolezza attraversò i suoi occhi: era il momento di chiedere ciò per cui da mesi andava avanti e indietro per l’Atlantico senza fermarsi un secondo.
- Jack, a tal proposito! – incominciò per essere certa di avere la sua attenzione.
Quello rese gli occhi due fessure, anticipando chissà quale strampalata richiesta da parte della giovane.
- Devi assolutamente aiutarmi, sei l’unico che possa farlo ormai. – aggiunse lei.
Sparrow inspirò a fondo, vagamente seccato. Probabilmente trovarsi la nave carica di fanciulle in cerca della sua più dedita collaborazione non era esattamente nei suoi piani quando aveva fatto porto a Tortuga.
- Se si tratta di andare di nuovo a zonzo per gli oceani in cerca di tua madre sappi che posso affrontare una missione di salvataggio alla volta. E Will è arrivato prima! – mise bene in chiaro.
Ma Cristal ignorò quella sortita e continuò imperterrita con la sua richiesta.
- Devi portarmi a Shipwreck Cove. – sentenziò lapidaria.
Jack, che già si stava incamminando da dove era venuto, arrestò la sua marcia e si voltò verso di lei con un gesto eccessivamente brusco per i suoi modi solitamente ondeggianti e sinuosi.
- Devo? – fece stizzito.
Cristal espirò l’aria dalle narici e gettò una rapida occhiata a James ed Elizabeth, in piedi dietro di lei in attesa della sua replica.
- Si tratta del Faucon. Bleizenn ha detto che è tornato. – disse semplicemente. Non le andava di prodigarsi in dettagli, non a quell’ora e con il ponte brulicante di uomini. Se c’era una cosa che aveva imparato da quell’ultima avventura era che non era saggio parlare con leggerezza dei propri affari con la ciurma a portata d’orecchio.
Vide Jack irrigidirsi impercettibilmente al menzionare il nome del terrificante pirata senza volto. Anche lui lasciò che lo sguardo si soffermasse per qualche istante sugli altri due che, tagliati fuori da quel discorso pieno di sottintesi, se n’erano rimasti in silenzio a scambiarsi occhiate perplesse.
- E’ proprio vero che le disgrazie si presentano sempre a braccetto! – commentò poi con una vena di ironia nella voce improvvisamente stanca.
Parve considerare un momento la situazione, gli occhi scuri e insondabili a squadrare con attenzione la figura familiare di Cristal come se avesse dovuto soppesarne ogni pregio e difetto per la prima volta.
- Ti aiuterò a raggiungere la Baia dei Relitti ad una condizione, giovane Cooper. – si azzardò infine a patteggiare.
Cristal si sporse appena in avanti.
- Parla. –
- Salperai con noi in cerca di William. –
Cristal rabbrividì. C’era qualcosa di sbagliato in Jack quella sera, qualcosa che non aveva mai scorto in lui. Lo aveva notato immediatamente, ma non era stata capace di dare un nome a quella strana sensazione che, per osmosi, dall’eccentrico pirata si stava aggrappando saldamente alle sue viscere. Solo in quel momento comprese di che si trattava e per un momento trattenne il respiro: Jack Sparrow aveva paura.
Per la prima volta in vita sua Cristal si sentì indifesa e in pericolo, minacciata da qualcosa che non capiva, forse addirittura dallo stesso sguardo del suo compagno di tante avventure. Poteva fidarsi?
Titubante, si voltò verso Elizabeth e scorse nei suoi occhi la speranza illuminata dai tenui raggi della luna.
Non aveva scelta.
Sotto il sole splendente del giorno dopo, quando la Perla Nera si era ormai lasciata alle spalle Tortuga e il suo turbinio di dissolutezza, Cristal Cooper sedeva a prua con il cuore ancora gonfio d’incertezza.
Alla fine l’aveva avuta vinta Elizabeth ed erano salpati immediatamente, lasciando alla figlia del fabbro giusto il tempo di tornare alla Faithful Bride per recuperare le sue cose. A bordo la ciurma era pressocché la stessa di quando la Perla era andata a salvare lei e Jack a Port Royal. Aveva saputo da Gibbs che Anamaria aveva abbandonato la nave alle Canarie, poco prima che incappassero nel famoso uragano. Curiosa e ancora a disagio, aveva cercato di captare qualche informazione su Jack dal vecchio nostromo, ma si era rivelato uno sforzo inutile: stranamente Gibbs aveva la bocca cucita.
Era andata a dormire alle quattro, approfittando del primo turno di guardia, ma non aveva chiuso occhio. Aveva continuato a girarsi e rigirarsi sulla sua amaca, attenta a non cascare di sotto, dove aveva preso posto James.
Dopo quella che le era sembrata un’eternità, qualcosa le aveva colpito piano la schiena e Cristal aveva capito che il ragazzo le aveva tirato un calcio.
- Che c’è? – aveva domandato in un soffio, sporgendosi appena dall’orlo dell’amaca.
- Non dormi? – le aveva chiesto lui cercando di trovare i suoi occhi nel buio.
Cristal aveva scosso la testa e aveva aggiunto un “no” sottovoce, allora James si era alzato e le aveva offerto il braccio, indicandole con un cenno di seguirlo sul ponte di coperta.
L’aria fresca li aveva accolti come una carezza, e per i primi minuti se n’erano stati entrambi zitti, forse già pentiti di essersi concessi quel momento di intimità senza motivo.
Il primo a parlare, alla fine, era stato Norrington.
- Stai bene? –
Cristal si era sfregata le braccia per riscaldarsi.
- Sì, solo ero abituata a dormire nella cabina del Capitano. – aveva mentito. Forse però non era del tutto una bugia: non aveva mai occupato le brande della Perla Nera, sempre al sicuro dietro la porta della cabina di Barbossa. Anche questo doveva in qualche modo star contribuendo alla leggera nausea che l’aveva colta da quando aveva lasciato Tortuga.
- E così Capitan Tempesta sei tu. Sai, c’è stato un periodo in cui mi ero ripromesso che ti avrei uccisa con le mie mani. La vita è davvero ironica... – aveva poi  considerato l’uomo con un sospiro a metà fra il divertito e lo sconsolato.
- Per quanto sei stata Capitano? – aveva chiesto in seguito.
Cristal lo aveva affiancato al parapetto e aveva inspirato a fondo l’aria salmastra.
- Due anni. Poi mi sono fatta fregare da una secca e mi sono sfasciata la nave. Era Giugno, non sono rimasta molto a terra dopo che ho detto addio alla Liberty. – aveva considerato con un mezzo sorriso.
James invece si era lasciato andare ad una risata vera.
- Non riesco a credere che tu sia riuscita a mantenere il comando di una nave per tutto questo tempo, eppure contemporaneamente mi sembra la cosa più normale del mondo! – aveva confessato. Ma in fondo ai suoi occhi, acquattata e immobile come una preda braccata, vi era una vergogna silenziosa, un rimorso che si attaccava con le unghie alla sua coscienza senza alcuna intenzione di lasciare andare.
Cristal se n’era accorta e aveva cercato di non darlo a vedere, proseguendo la conversazione come se niente fosse, come se fra di loro non ci fosse stato un muro di scelte sbagliate e strade abbandonate.
- Non è sempre stato semplice. Per una donna farsi rispettare da un branco di disgraziati è un’impresa a dir poco titanica. Per fortuna ho avuto un secondo magnifico e degli ottimi maestri... – aveva aggiunto pensando ai suoi tre Capitani con una dolcezza che l’altro non avrebbe mai pouto immaginare rivolta a un pirata.
L’ex Commodoro era rimasto un poco in silenzio ad osservare le stelle, ormai tragicamente sobrio, e aveva posto il suo quesito.
- In che modo sei legata al Faucon du Nord? –
La Figlia della Tempesta aveva sospirato: quella era una domanda davvero difficile.
- Cosa sai di lui? – aveva domandato.
James si era stretto nelle spalle.
- Poco o nulla. Nei Caraibi era poco più di una leggenda, e a Londra non ne parlavano volentieri. Pare che nessuno lo abbia mai nemmeno visto in faccia. L’unica certezza era il modo in cui operava. – aveva raccontato.
- Già. E’ più o meno quello che so io. Per quanto mi riguarda, l’unica cosa che mi lega a quell’uomo è questa collana, il suo Pezzo da Otto, ma sembra essere sufficiente affinchè quei cani che hanno bombardato Port Royal sei anni fa vogliano la mia testa. E ora il Faucon ha deciso di uscire dalla tomba e farsi vedere di nuovo sui mari. Il che, capirai bene, mi mette in una posizione decisamente scomoda. – era stata la replica della ragazza.
Norrington le aveva rivolto uno sguardo confuso.
- La collana di tua madre apparteneva al Faucon du Nord? Come è possibile? – aveva chiesto, ricordandosi del ciondolo di Marion.
Cristal aveva fatto spallucce.
- A quanto pare mia madre lo ha conosciuto, da ragazza. Da quando ha ricevuto la collana non ne ha saputo più nulla di lui, credeva fosse morto da anni. In ogni caso le acque si sono fatte torbide e devo scoprire assolutamente chi è questo Faucon, o potrei ritrovarmi invischiata in situazioni poco piacevoli. –
James non aveva commentato, le sopracciglia aggrottate e le labbra tese in chissà quale pensiero intricato. Aveva scosso la testa e borbottato un “impossibile” che Cristal non aveva capito, poi aveva nuovamente alzato lo sguardo al cielo, dove la luna indicava la via.
Avrebbero potuto andare avanti a parlare per tutta la notte, perchè sei anni e mezzo erano un tempo infinito da recuperare ed entrambi sentivano il bruciante desiderio di raccontare tutto, di rievocare ogni singolo istante passato lontani per esorcizzarne la paura, per soffocarne il rimpianto.
Avrebbero potuto, invece anche Cristal aveva cercato la luce tenue della luna e non aveva detto più nulla.
Dopo minuti impalpabili ed eterni, James Norrington si era allontanato dal parapetto e aveva mosso qualche passo verso il boccaporto; ignorato dalla ragazza, aveva lasciato che il buio lo inghiottisse del tutto: il silenzio aveva vinto ancora.
Il sole era sorto qualche ora dopo, ma non era stato di alcun giovamento alla figlia del fabbro. Aveva continuato a scrutare le onde, a sondare il mare in cerca di qualcosa di non definito, un segno forse, qualsiasi cosa che potesse placare quel pungolo in fondo all’anima, quella terribile sensazione che le attanagliava i polmoni ad ogni respiro più profondo.
- Vedo che siamo di ottimo umore! – la voce squillante di Elizabeth la fece voltare di scatto.
L’amica se ne stava alle sue spalle, il cappello a tricorno ben calcato sui capelli sciolti. Lei, a differenza di Cristal, aveva l’aria riposata e un sorriso relativamente sereno sulle labbra. Di certo aveva dormito, questo era evidente.
- Non sarei dovuta tornare a bordo della Perla. – disse semplicemente, racchiudendo in quella verità i mille pensieri che la tormentavano.
Elizabeth le si avvicinò e le circondò le spalle con un braccio in un gesto di affetto che le riportò entrambe a tempi remoti.
- E’ per via di Barbossa? – chiese dolcemente.
Cristal sorrise di un sorriso sghembo.
- Sì, anche. Sono irrequieta e non capisco perché. Ma non preoccuparti, passerà. – la tranquillizzò.
- Piuttosto, raccontami di Beckett! Cosa vuole da voi? Che è successo a Will? -
Lo sguardo di Elizabeth si fece duro; lasciò il suo fianco e mosse qualche passo avanti e indietro nel tentativo di raccogliere i pensieri, poi le raccontò del suo matrimonio interrotto, della reclusione nelle carceri di Port Royal e della fuga che, in un momento di lucida follia, era riuscita ad assicurarsi. Beckett aveva promesso a Will il perdono in cambio dei suoi servigi, ma Lizzie era sicuramente meno ingenua di lui e aveva capito che rimanere a Port Royal ad attendere il suo promesso sposo sarebbe stata la fine di entrambi.
- Adesso Will è prigioniero di Davy Jones, e l’unico modo di salvarlo è... – ma tacque nel notare gli occhi strabuzzati dell’amica.
- Davy Jones?! Aspetta, vuoi dirmi che Beckett e Davy Jones lavorano insieme? – sbraitò.
Elizabeth fece spallucce.
- Questo non te lo so dire, ma di certo sono in qualche modo collegati. Perchè? Conosci Jones? – fece, curiosa.
Cristal scosse la testa e seguì con gli occhi il volo di un gabbiano fra il sartiame.
- Bleizenn mi ha parlato anche di lui. Mi ha detto di tenermi in guardia da lui, e non che fosse necessario il suo suggerimento per farlo: le leggende a riguardo sono più che sufficienti... –
Fu a quel punto, però, che Jack Sparrow fece la sua comparsa sul ponte di coperta, la stanchezza e la preoccupazione nello sguardo a fare a gara con quelle di Capitan Tempesta.
- Jack! – lo chiamò Elizabeth nel dirigersi a rapide falcate verso di lui, seguita a ruota dall’amica.
Quello, ancora assonnato, arcuò un sopracciglio ad indicare che era pronto a darle udienza, ma la sua espressione cambiò repentinamente quando la figlia del Governatore fece emergere dalla sua casacca un involto di cuoio.
- Che roba è? – mugugnò il pirata, gli occhi scuri a luccicare di anticipazione.
- Lettere di Marca. In cambio della tua bussola. – replicò Elizabeth a bassa voce.
L’uomo le squadrò attentamente, poi lanciò una rapida occhiata a Cristal, quasi avesse voluto saggiare la sua opinione in merito.
- Beckett? – chiese poi a conferma dei suoi dubbi.
Lizzie annuì.
- Sì, sono firmate. Lord Cutler Beckett della Compagnia delle Indie Orientali. – aggiunse mentre Jack già rivolgeva una smorfia schifata alle carte.
- Will lavorava per Beckett e non ne ha fatto parola. –
Joshamee Gibbs era apparso alle loro spalle così silenziosamente che Cristal aveva avuto un piccolo sussulto nel sentirlo parlare.
Non le sfuggì il tono vagamente risentito del primo ufficiale, né lo sguardo colpevole di Elizabeth a quelle parole: evidentemente con Jack non aveva fatto menzione dei traffici in cui erano immischiati lei e William.
- Beckett vuole la bussola. Quante ragioni può avere? – continuò Gibbs, sempre più scettico.
Cristal era perplessa quanto lui. A che gli serviva quel catorcio della bussola di Jack? In che modo era in affari con Jones? Le due cose dovevano essere collegate, ma come?
Poi vide l’espressione di Sparrow farsi cupa come non l’aveva mai vista, e di nuovo quel fremito di terrore che aveva avvertito la notte precedente si impossessò di lei.
- Una sola. Vuole il forziere. – spiegò, gli occhi fissi in quelli di Gibbs mentre Elizabeth ricordava di aver sentito menzionare qualcosa di simile.
Fu proprio Gibbs a chiarire i suoi dubbi con una frase che fece rizzare i peli sulla nuca alla figlia del fabbro.
- Se la Compagnia controlla il Forziere controlla tutto il Mare.-
- Concetto che ha dello sconcertante. – ribadì Jack.
- E male. Male per ogni pover’uomo che si definisce pirata. Credo che da queste vele si possa ottenere di meglio. – aggiunse il quartiermastro con un’occhiata eloquente. Cristal annuì e lo seguì senza farselo ripetere due volte, lasciando Elizabeth e Jack a concludere il loro discorso.
Non udì dunque le condizioni delle Lettere di Marca, né notò che James, inginocchiato a pulire il ponte a pochi passi di distanza, aveva alzato la testa di scatto.
Era troppo presa dai suoi pensieri, la voce di Bleizenn che continuava a rimbombarle nella memoria.
Quindi era questo che Beckett voleva da Jones, era per questo motivo che era arrivato ai Caraibi con una flotta intera ai suoi comandi! Era vero, voleva muovere guerra alla Fratellanza, e se avesse potuto manovrare a suo piacimento Jones e il suo Kraken i pirati avrebbero avuto i giorni contati!
Solo a quel punto si rese conto di cosa quell’informazione implicasse. Se lei era un Pirata Nobile il suo compito era prima di tutto quello di salvaguardare la Fratellanza, e lo stesso valeva per Jack. Ma alla Baia dei Relitti erano a conoscenza dei piani di Beckett? O l’uomo li avrebbe colti impreparati? Con o senza Forziere, la sua presenza nei Caraibi era una pericolosa minaccia, e la Fratellanza andava messa in guardia.
Terminata la manovra di cui si era occupata, fece dietrofront e marciò nuovamente verso poppa alla ricerca di Jack, interrompendo il suo incedere frettoloso solamente quando vide James ed Elizabeth discutere appoggiati al parapetto.
Lei aveva un’espressione terribilmente seccata e lui recava sul volto lo stesso sorrisetto saccente e compiaciuto di quando, dodici anni prima, a bordo della Dauntless aveva candidamente augurato la morte per impiccagione all’intera stirpe dei pirati.
- E non ti sei chiesta come il tuo attuale fidanzato sia finito sull’Olandese Volante? Forse dovresti! – concluse la conversazione con un ghigno di puro scherno.
Cristal vide Elizabeth controllare la bussola di Jack – perchè ce l’aveva lei? – e guardarsi attorno stizzita. Poi il labbro inferiore prese a tremarle pericolosamente e, prima che qualcuno potesse accorgersi di quello che stava accadendo, la giovane si diresse a grandi passi verso il boccaporto.
Norrington ridacchiò ancora fra sé e sé, poi proseguì verso prua, trovandosi però la strada sbarrata da Cristal.
- Che cosa le hai detto. –
James sapeva riconoscere quando la giovane era sul piede di guerra. Le sue domande si mutavano in fredde affermazioni: ottenere la verità non era una richiesta, era un ordine.
- Nulla che non sapesse già. – replicò con leggero sprezzo.
La bionda incrociò le braccia al petto e non si mosse di un millimetro.
- Ad esempio? – incalzò. Aveva capito benissimo quale fosse stato il motivo della disputa fra i due, ed era proprio per quello che non voleva lasciar correre. Era irrazionale e lo sapeva benissimo, ma la rabbia che le era montata nel petto a sentire le parole di Norrington bruciava al punto da farle dimenticare completamente il buon senso.
James sbuffò in maniera sgraziata, i capelli scuri che continuavano a ricadergli sugli occhi.
- Volete dirmi che siete entrambe così ingenue da fidarvi ciecamente di Sparrow?! – sbraitò.
Eccolo lì, il motivo di tutto quel trambusto. Jack. Doveva prevederlo.
Scoppiò in una risata amara e schifata e scosse la testa.
- Cielo, allora è vero! Sei geloso! – sbottò nello scuotere la testa con disgusto.
James, punto sul vivo, si rirrigidì e tese le labbra.
- Geloso?! Per carità! Dico solamente le cose come stanno, non potete fidarvi di quel disgraziato! – replicò, più acuto di quanto non avrebbe desiderato.
Cristal allargò le braccia in un ampio gesto.
- Ah, certo, perchè tu lo conosci così bene da poter pronunciare un giudizio a riguardo! – fece.
L’uomo roteò gli occhi, esasperato.
- Cristal, è un pirata! –
Entrambi rimasero rigidi per un istante, memori di una discussione analoga avuta moltissimi anni prima.
- Davvero? Forse è il caso che ti guardi intorno, James! – sbraitò poi lei, sempre più nervosa e infastidita da quelle parole senza il minimo riguardo.
Quello, al limite della sopportazione, scosse la testa e alzò la voce.
- Sai cosa intendo!  E’ un bugiardo, un criminale! Non potete affidarvi a un uomo come Sparrow! –
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
- Beh, non sei stato tu ad aiutarmi a trovare mia madre, dico bene? – gli urlò in faccia la ragazza, furente.
James Norrington serrò le labbra, colpito da quella frase come da uno schiaffo in pieno viso. Stette zitto, mentre il sangue affluiva rapido alle guance e la vergogna gli strinava le vene, Cristal di fronte a lui paonazza d’ira e di risentimento.
Gli rivolse un lungo sguardo di fiele, poi, quando percepì gli occhi bruciarle minacciati dalle lacrime, girò sui tacchi e sparì anche lei nel buio del boccaporto, proprio come Elizabeth.
Ancora fumante di rabbia, camminò spedita verso la cabina del Capitano, ora deserta, ed entrò sbattendosi la porta alle spalle.
Il vecchio mobile addossato ai finestroni era ancora lì dove l’aveva lasciato e vi si appollaiò in cima senza aspettare un secondo di più, portando le ginocchia al petto e posandovi il capo, sconsolata. Sarebbe riemersa più tardi, adesso voleva solo restare in silenzio.
Il resto del giorno trascorse con una lentezza esasperante. Norrington se n’era stato a pulire il ponte senza più proferir parola, e le ragazze avevano mantenuto lo stesso mutismo, entrambe impegnatissime a non incrociare lo sguardo di nessuno.
Gibbs aveva offerto a Cristal un sorso del suo rum e lei, pur apprezzando infinitamente il gesto dell’uomo, aveva rifiutato. Aveva avuto la nausea per tutto il giorno dopo il litigio con James, tuttavia non se ne pentiva. Sapeva di avere ragione e trovava la palese invidia dell’ex Commodoro un comportamento schifosamente infantile.
Proprio come gli aveva urlato in faccia quel mattino, lui aveva perso la sua occasione quando l’aveva lasciata salpare da sola alla ricerca dei suoi genitori e mettere zizzania fra i membri della ciurma solamente perchè il suo stupido orgoglio gli impediva di starsene buono agli ordini del Capitano era inammissibile.
La notte giunse veloce e finalmente con le prime stelle si fece vedere anche Jack, che se n’era stato sottocoperta per tutto il tempo a pianificare non si sa quale rotta e a scolarsi la sua personale scorta di rum.
A cena Cristal finì seduta accanto a Ragetti, che la salutò con un sincero “bentornata a bordo!”, poi qualcuno prese a cantare una vecchia canzone e a giro ogni membro della ciurma si ritrovò a proporre una strofa o un motivetto che conosceva.
Cantando tutti assieme sembrava che le tensioni della giornata potessero finalmente allentarsi e Cristal quasi dimenticò il nodo allo stomaco che l’aveva tenuta rigida fino a quel momento.
What will we do with the drunken sailor early in the morning?” si ritrovò a cantare ridendo assieme a Gibbs in quello che era stato il suo contributo alla serata, e per un istante le parve di essere ancora sulla Diablo, dove le risate e i canti erano all’ordine del giorno.
Lizzie non cantava, sapeva poche canzoni e si limitava a tenere il tempo con le mani, apparentemente più rilassata anche lei, mentre Jack li teneva d’occhio da poco distante.
Quando il turno di cantare spettò a Norrington, tuttavia, la Perla Nera piombò nel silenzio.
Tutti gli occhi erano puntati sull’ex ufficiale che, visibilmente in imbarazzo, si ritrovò a dover scegliere una canzone da cantare assieme alla ciurma.
Trasse un profondo respiro poi, senza guardare in faccia nessuno, intonò una melodia malinconica che inaspettatamente fece sorridere molti con una luce di agrodolce affetto negli occhi.
- Farewell and adieu to you Spanish ladies, farewell and adieu to you ladies of Spain, for we have received orders to sail for Old England, we hope in a short time to see you again… -
La sua voce era dolce e intonata, in totale disaccordo con la figura sporca e trasandata che si presentava alla vista. A sentirlo cantare, Cristal avrebbe potuto giurare che fosse ancora il vecchio James di Port Royal, in piedi di fronte al tramonto dopo un allenamento di scherma sulla terrazza del Forte e si sorprese nel rendersi conto che in tutta la sua vita quella era la prima volta che lo sentiva intonare una canzone.
Il resto della ciurma cantò assieme a lui, dimenticando che fino a poco prima era stato la pecora nera della Perla, che nonostante avesse perso la parrucca e la sua divisa fosse lercia e strappata, lui era ancora il nemico.
Era come se quella melodia li avesse resi tutti fratelli, avesse appianato le differenze e lenito i dissapori fra di loro.
Anche Cristal cantò. Conosceva bene quella canzone, strofa dopo strofa, e il suo cuore reagiva alla malinconia delle note stringendosi e dilatandosi dolorosamente.
- And let every man drink off his full bumper, and let every man drink off his full glass. We’ll drink and be jolly and drown melancholy, and here’s to the health of each true-hearted lass. – concluse assieme agli altri, spegnendo l’ultima nota nel silenzio della risacca.
La serata terminò con quell’ultima strofa, e coloro a cui spettava il turno di riposo migrarono pigramente sottocoperta, trascinando i piedi all’indirizzo della loro amaca.
Cristal si sdraiò e incrociò le braccia al petto, lasciando che lo sguardo vagasse sui compagni che dormivano lì intorno.
Anche James raggiunse infine la sua branda e prima di coricarsi le rivolse uno sguardo silenzioso e colpevole.
Cristal non lo resse, troppo stanca per concedergli quel gioco a cui da bambina non si sarebbe mai sottratta.
Chiuse le palpebre e si addormentò immediatamente. Quella notte sognò un’impiccagione a Port Royal e sul patibolo, con il cappio al collo, c’era la ciurma della Diablo.
Quando si svegliò non ricordava nulla.
- Hey, Cristal, perchè non ci racconti una storia? –
Ragetti aveva dato l’avvio alla giornata con quella proposta, mentre lui, Pintel e la ragazza, assieme ad altri marinai della ciurma, se ne stavano inginocchiati a pulire il ponte senza la minima intenzione.
- Sì, proprio come ai bei vecchi tempi! – gli aveva fatto eco Pintel.
Cristal si era asciugata il sudore dalla fronte con il dorso della mano, la bandana blu a tenerle i capelli lontani dal viso, e aveva cercato con aria pensosa una storia che potesse adattarsi a quel che rimaneva del loro turno di lavoro.
Come sempre, gli altri erano rimasti incantati dai suoi racconti, e persino James, che era affaccendato a trafficare con alcuni bozzelli inceppati, si era avvicinato a loro per ascoltare.
- E dunque si dice che nelle notti di tempesta, arrivando dal mare, si possa ancora scorgere la figura della ragazza, in piedi in cima alla scogliera, attendere il suo amato fra le saette nella speranza che l’Oceano lo riporti a lei. – concluse a filo con la campana che segnava il termine del turno.
- Caspita, questa sì che era una bella storia! – esclamò Ragetti, vagamente commosso, mentre il suo compare annuiva convinto.
Cristal sorrise e si alzò in piedi, rovesciando fuori bordo il secchio d’acqua ormai lurida con cui aveva lavato il ponte fino a quel momento.
Il gruppetto che era rimasto ad ascoltare si disperse per la nave e anche Cristal guizzò veloce sottocoperta, decisa a schiacciare un breve pisolino prima di riprendere i suoi compiti. Non si accorse, tuttavia, che Norrington l’aveva seguita.
- Cristal! – la chiamò.
Lei si voltò con un sussulto, spaventata. Rimase immobile accanto a un cannone, curiosa e tuttavia in ansia. Non aveva voglia di litigare di nuovo, con tutti i problemi che aveva ci mancava anche James!
Per un istante si rese conto con profonda amarezza che le cose fra loro erano tornate ad essere come all’inizio. Non vi era più affetto, né complicità. Ormai i loro unici contatti sembravano poter avvenire attraverso lo scherno e i battibecchi, attraverso il rinfacciarsi l’un l’altra le proprie scelte.
L’uomo le si avvicinò, illuminato dai tenui fasci di luce che filtravano pigramente attraverso le feritoie per i cannoni.
- Cristal, mi dispiace. Ho sbagliato a parlare in quel modo, ieri mattina. – sospirò.
La ragazza parve soppesare le sue parole, poi si appoggiò al cannone, lo sguardo ancora basso.
- Dovresti dirlo a Elizabeth, non a me. – fece semplicemente.
James annuì.
- Ho mancato di rispetto a entrambe. Non era mia intenzione. – rimase un momento in silenzio, poi tentò di aggiungere qualcosa, ma la giovane lo interruppe.
- Il punto, James, è che tu ci vedi ancora come il nemico. Come la piaga degli oceani. Potrai anche aver rassegnato le dimissioni, ma nel profondo resti fedele alla Marina, fosse solo per principio. – commentò con estrema serietà.
Ci fu un lungo momento di silenzio durante il quale Norrington tenne il capo chino. Cristal aveva ragione. Aveva abbandonato il suo grado, aveva lasciato ciò che restava della Dauntless al comando di Gillette ed era fuggito, mescolandosi alla feccia che aveva sempre disprezzato. E la disprezzava ancora.
Aveva rinnegato sé stesso, non la sua fedeltà alla Corona. In fondo al suo cuore, pur vestendone i panni, avrebbe ancora augurato a qualsiasi pirata “poca corda e caduta sorda”.
Finalmente trovò il coraggio di alzare lo sguardo e incrociare gli occhi grigi e spenti della ragazza.
- Cristal. – esordì, ancora incerto sulle parole da usare.
- Cristal, sii onesta con te stessa. Tu potrai anche essere mossa dai più alti ideali e non lo metto in dubbio, ma rimane il fatto che i pirati sono ladri e assassini, questo non puoi negarlo. – fece, sorprendentemente più calmo di quanto non avrebbe mai immaginato.
Fu quando vide la ragazza sorridere che si chiese se non avesse detto il contrario di quello che pensava.
- Non ho mai voluto negare ciò che dici. Mi rivedo in ogni parola. Ho rubato, ho ucciso. Lo abbiamo fatto tutti. Ma quello che vorrei che riuscissi a vedere, James, è che nonostante questo siamo umani come voi. Non siamo “i pirati”, una massa di dannati senza anima né sentimenti. Credi che ci faccia piacere uccidere? Certo, ci sono anche dei folli omicidi che amano il sapore del sangue, ma questo ritratto non si allontana molto da quello di alcuni Capitani di Marina, dico bene? Anche voi uccidete. Ciò che vi pulisce la coscienza è che i vostri omicidi sono legittimati dalla Corona. Basta un occhiolino di approvazione da parte di Re George e improvvisamente siete disposti a compiere le più turpi azioni senza provare rimorso. I Corsari fanno esattamente quello che facciamo noi, ma hanno a garanzia le loro care Lettere di Marca, e a quelli della loro risma non riservate lo stesso giudizio che riservate a noi. Loro sono ancora tollerabili. E’ la Legge, dev’essere giusto per forza. Addirittura alcuni ci vedono un disegno di Dio! Ti rendi conto? – esclamò, allibita.
- Ma... – cercò di ribattere James, subito interrotto.
- Non credere che quelli come me siano felici della vita che conducono. Non credere che nessuno rimanga sveglio la notte a passare in rassegna i volti, finchè riesce a ricordarli e non diventano numeri. Non credere che il cuore non sanguini quando si è costretti ad abbandonare ogni certezza, quando la mano del proprio fratello giace fredda fra le proprie perchè gliel’hai stretta per dargli conforto finchè la vita non lo ha abbandonato assieme al sangue che impregna le assi del ponte. – la voce le tremò appena nel ricordare lo sguardo vitero di Toby.
- Ramirez, il mio Capitano, era un sarto, a Cadice. Le tasse lo hanno mandato in disgrazia e il Mare è stata l’unica via per non morire di fame. Non ho mai conosciuto un uomo più buono e generoso di lui. Piangeva ad ogni omicidio. La sua nave era un rifugio per disperati e lui li accoglieva tutti a braccia aperte. Avrebbe dovuto essere un prete, non un pirata. – raccontò, mentre James la guardava in silenzio, lo stomaco attorcigliato da una nuova consapevolezza a cui non poteva dare retta.
- James, sei troppo intelligente per credere davvero che basti una bandiera a discernere un uomo buono da un uomo malvagio. – concluse guardandolo dritto negli occhi.
Vi era rassegnazione nella sua voce, e un’amarezza che stonava sempre con il ricordo che Norrington aveva di lei. Il Mare l’aveva cambiata, l’aveva indurita. Adesso vedeva con maggiore chiarezza ciò che non aveva compreso nelle carceri a Port Royal. Ancora una volta quella bizzarra fanciulla aveva dato prova di non parlare a vanvera.
Avrebbe voluto replicare, ma non sapeva nemmeno lui cosa dire.
Fu la voce della vedetta, con il suo “terra!” gridato a pieni polmoni, a porre fine alla conversazione.
Si scambiarono uno sguardo indecifrabile e, senza aggiungere altro, corsero sul ponte di coperta.
All’orizzonte si profilava placida la sagoma di Isla Cruces e presto fu tempo di calare la scialuppa. Jack chiamò a sé Elizabeth e Norrington, rivolgendo a quest’ultimo un sorriso provocatorio, poi fece cenno a Pintel e Ragetti di avvicinarsi.
- Bene, direi che noi cinque possiamo bastare! – concluse.
Cristal  si fece avanti, consapevole di star vivendo una scena già vista.
- Jack! E io? –
L’uomo lanciò un’occhiata fugace all’isola alle sue spalle, poi tornò a concentrarsi su di lei.
- Cristal, dolcezza. – esordì, ma non era il suo solito tono amichevole. Jack era serio, quasi preoccupato.
- Resta con Gibbs e fammi il piacere di non lagnarti troppo. –
Lei stava per ribattere, ma il pirata, approfittando di un momento di distrazione degli altri, si fece avanti e portò le sue labbra all’orecchio della bionda.
- Potremmo avere bisogno di una manovra rapida. Mi servi sulla Perla. –
Quelle parole le fecero piombare il cuore in fondo agli stivali.
Non solo Jack le aveva implicitamente affidato il temporaneo comando della Perla se qualcosa fosse andato storto, ma le aveva anche altrettanto implicitamente suggerito che non erano i soli a battere quella rotta.
Chi avevano alle calcagna? Jones o Beckett?
Annuì, le labbra serrate, e buttò fuori l’aria dalle narici senza preoccuparsi di celare la sua angoscia.
- Fate in fretta, e vedete di tornare interi. – li ammonì tutti quanti.
Elizabeth le rivolse un sorriso incoraggiante, James un cenno del capo, Jack annuì e basta, già catapultato in chissà quale elucubrazione personale.
Appoggiata al parapetto, li guardò remare verso terra e diventare un puntino sempre più piccolo in lontananza, fino al punto in cui avrebbe avuto bisogno del cannocchiale per riuscire a distinguerli.
- E adesso si aspetta... – esalò Gibbs, prendendo posto accanto a lei.
Una noia densa e appiccicosa come il salino che continuava a posarsi sulla pelle riempì le ore seguenti, rendendo qualsiasi attività a bordo noiosa e priva di significato.
Cristal se n’era tornata nella cabina del Capitano nella speranza di trovare qualcosa da leggere, ma ovviamente i volumi di Shakespeare che le erano un tempo appartenuti erano scomparsi, destinati a chissà quale fine durante le ultime battaglie di cui la Perla Nera si era ritrovata protagonista. Dopotutto erano passati tanti anni, forse era stato addirittura lo stesso Barbossa a buttarli via.
Delusa e insoddisfatta dall’assenza di materiale da intrattenimento, aveva arraffato una mela e se l’era andata a sgranocchiare in cima al cassero, guardando di tanto in tanto la spiaggia dove vedeva i puntini muoversi avanti e indietro e di tanto in tanto il mare cristallino a poppa.
Per un istante le era parso di scorgere l’acqua ribollire in maniera sospetta, ma poi aveva scosso la testa e si era data mentalmente della sciocca. Non doveva lasciarsi influenzare a tal punto...
Prima che potesse finire di rimproverarsi, però, la campana della chiesa diroccata che aveva individuato sull’isola aveva preso a suonare come impazzita.
Allarmata, era tornata di corsa verso il centro della nave e aveva rubato il cannocchiale a un membro della ciurma.
- Cosa succede? – aveva chiesto Gibbs, avvicinandola.
Attraverso la lente aveva cercato di individuare Jack e gli altri, ormai scomparsi dalla spiaggia e, proseguendo verso la boscaglia, aveva infine visto Lizzie, Pintel e Ragetti. E non erano soli.
Aveva lasciato il cannocchiale al quartiermastro, e quando questi si era voltato atterrito verso di lei non aveva perso tempo.
- Ciurma! Ai vostri posti! Prepararsi alla manovra rapida! Celeri, celeri come se aveste il diavolo alle calcagna! – aveva squillato, correndo avanti e indietro per il ponte a controllare che ognuno stesse svolgendo il suo compito.
La scialuppa li aveva raggiunti in un battito di ciglia e Jack e gli altri si erano riversati a bordo con gli occhi sgranati di panico, Pintel e Ragetti che sorreggevano il corpo senza sensi di William Turner.
- Will! – esclamò Cristal nel corrergli incontro.
I due pirati lo avevano adagiato su una delle grate che chiudevano i boccaporti e Lizzie già si stava prendendo cura di lui.
- Che cosa è successo? – domandò, inginocchiandosi accanto all’amico svenuto e controllando rapidamente che non fosse ferito.
Quello riprese i sensi, mettendo a fuoco a fatica la sagoma di Elizabeth china su di lui. I due si sorrisero, poi Will parlò a fatica.
- Dov’è il Forziere? –
- Norrington lo ha preso per attirarli a sé. – spiegò la figlia del Governatore.
Cristal si voltò verso di lei, poi verso Pintel e Ragetti che stavano cercando di assicurare la scialuppa e infine verso Jack, tallonato da Gibbs.
Nella confusione non si era accorta che James non era tornato con gli altri.
- Dov’è il Commodoro? – domandò Gibbs, che a differenza sua ne aveva notato l’assenza.
- E’ rimasto indietro! – replicò Jack, senza il minimo segno di dispiacere.
Capitan Tempesta balzò in piedi.
- Cosa significa? L’avete abbandonato? E il Forziere? – domandò, improvvisamente pallida.
Fu Will a risponderle, mettendosi a sedere non senza fatica e portandosi una mano alle tempie.
- Jack non lo avrebbe mai lasciato andare se il contenuto del Forziere non fosse stato al sicuro. Norrington deve essere fuggito con un pugno di mosche. –
Ma prima che Elizabeth e Cristal potessero riuscire a scambiarsi uno sguardo preoccupato un rumore assordante sopraggiunse dal mare e un immenso vascello apparve come sputato dai flutti.
L’Olandese Volante aveva fatto la sua entrata in scena.
La nave, possente e ben più grossa della Perla, aveva un aspetto malsano, il legno pareva marcio e l’equipaggio sembrava essere un tuttuno con l’imbarcazione, da tanto quelle creature erano incrostate di sale e molluschi.
Erano uomini? Erano pesci? Cristal non avrebbe saputo dirlo. Probabilmente era l’effetto della maledizione. Al centro del ponte, in piedi accanto alla murata, un imponente individuo dal grande cappello e dal volto tentacolare fissava con odio la nave di Jack. Per un singolo e terribile istante la ragazza incrociò i suoi occhi piccoli e azzurri e sentì il respiro della morte su di sé: quello era Davy Jones.
Sparrow, tuttavia, non sembrava altrettanto spaventato e anzi, apostrofò il Capitano sventolando un grosso vaso di... terra?
- Io ho un vaso di terra! Io ho un vaso di terra! E indovina dentro che c’è! – continuava a cantilenare, senza rendersi conto dell’ira che a mano a mano montava nel nemico.
Will aveva ragione, Jack non avrebbe mai permesso a James di scappare con il contenuto del Forziere privandosi così della sua leva giusta, e questo significava una sola cosa: all’interno di quel grosso barattolo di vetro c’era il cuore di Davy Jones.
Fu quando l’Olandese rivelò le sue bocche da fuoco, decisamente più minacciose dei loro trentadue miseri cannoni, che Sparrow comprese di aver tirato troppo la corda.
- Tutta a tribordo? - azzardò titubante.
- Tutta a tribordo! – urlarono in coro Cristal ed Elizabeth, muovendosi ognuna verso un capo della nave pronte a sbraitare ordini alla ciurma, Will che dava loro man forte e Gibbs già a manovrare il timone.
La Perla virò ad una velocità sorprendente e filò via con il vento in poppa, seguita dall’Olandese, che prese a cannonarli.
Le prime palle caddero in acqua a qualche metro da loro, ma l’ennesima cannonata sfondò in pieno la vetrata del castello di poppa sfasciando completamente il mobile e portandosi via il tavolo.
Un altro colpo andò a disintegrare una lanterna a pochi passi da Gibbs e altre palle caddero in acqua, mentre la distanza fra le due navi si faceva via via più importante: li stavano staccando.
Poi, improvvisamente, l’Olandese ammainò le vele: si erano arresi.
La Perla si animò delle urla di giubilo dei marinai e Cristal andò ad affiancare Jack, che se ne stava alla ruota del timone con espressione soddisfatta.
- Ce l’abbiamo fatta! – esclamò lei, incredula.
Will li raggiunse con un passo.
- Mio padre è su quella nave. L’abbiamo staccata? Riprendiamola! Viriamo e combattiamo! – ordinò a Jack.
Suo padre?! Che cosa diamine si era persa in quelle due ore lontana dal gruppo?!
Si voltò verso Elizabeth in cerca di spiegazioni, ma quella non volle soddisfare la sua curiosità.
- Combattere quando puoi negoziare? Quando hai la giusta leva? – continuò Sparrow, rivolgendo a Will una smorfia divertita e tamburellando le dita sul coperchio del suo vaso di terra.
Ecco, appunto.
Proprio in quel momento, però, una secca diede alla nave un poderoso scrollone e il barattolo cadde a terra, distrutto.
Il suo contenuto si spare sulle assi del ponte e l’espressione di Jack rese evidente la disgrazia: non c’era nessun cuore fra la terra fine e chiara.
Erano stati fregati.
Cristal rimase immobile con una mano ancora aggrappata a una cima, l’improvvisa realizzazione a lasciarle la bocca spalancata.
Le tornò in mente il discorso avuto con James appena prima di avvistare terra, poi ricordò le Lettere di Marca portate da Elizabeth, il pieno perdono a chi avesse consegnato a Beckett la bussola di Jack affinchè la Compagnia delle Indie potesse mettere le mani sul forziere di Jones.
Sconvolta, portò entrambe le mani a coprirsi naso e bocca, trattenendo a stento un’esclamazione: James li aveva traditi.
- Che gran bastardo! -
Come se quella cannonata dritta al cuore non fosse stata sufficiente, William incominciò a sbraitare come un indemoniato, allontanando dal parapetto chiunque vi si trovasse affacciato.
- Che cos’è? – domandò Elizabeth, confusa quanto tutti gli altri.
- E’ il Kraken. –
In men che non si dica la Perla fu un guazzabuglio di grida e passi frettolosi, gli uomini che andavano su e giù dalle scale mettendo mano alle armi, pronti agli ordini di Will.
Cristal scese sottocoperta per sovrintendere ai cannoni, mentre le parole di Bleizenn continuavano ad echeggiare nella sua memoria. Sembrava che ogni più cupo pronostico della vecchia si stesse avverando.
Viscidi e striscianti, i tentacoli della bestia avevano preso ad arrampicarsi su per la fiancata della nave, portando a bordo un silenzio tombale.
L’equipaggio non osava nemmeno muoversi, terrorizzato da quella vista mostruosa, e Will faceva del suo meglio per ottenere l’attenzione degli uomini.
- Calmi voi! Fermi! Fermi... -  continuava a ripetere.
- Will! – lo chiamò Elizabeth dal ponte di coperta, dove i tentacoli ormai superavano la murata e riversavano acqua e viscidume sulle assi.
- Non ancora... – temporeggiò il giovane.
Cristal, gli occhi sbarrati, vedeva le ventose scivolare contro le bocche dei cannoni, mentre esattamente sopra di lei Lizzie indietreggiava appena.
- WILL! -
Al suo “fuoco!” Cristal diede l’ordine agli uomini che erano con lei. Le detonazioni furono contemporanee e assordanti e la carne del Kraken venne stracciata e ridotta a brandelli, i tentacoli squartati e bruciati che si ritraevano controcendosi dal dolore.
Ce l’avevano fatta?
- Ritornerà, abbandoniamo la nave. – sentenziò Will.
Ma c’era un problema che non aveva tenuto in conto: crollando sul ponte, i tentacoli del mostro marino avevano distrutto tutte le scialuppe.
Will tacque per una manciata di secondi, ragionando sul da farsi, poi espose il suo piano.
Avrebbero dovuto radunare tutti i barili di polvere da sparo e, in assenza di esplosivi migliori, anche il rum che era avanzato. Raccolti tutti quanti in una delle grandi reti della stiva, li avrebbero issati nella speranza di attirare il Kraken nella trappola e poi far detonare il tutto con un colpo di fucile.
Un piano senz’altro geniale se la bestia non fosse tornata all’attacco prima che avessero potuto completarne la prima parte.
Ancora una volta i tentacoli presero a stringere la Perla in una morsa, abbattendosi su chiunque trovassero sul loro cammino.
Gli uomini venivano catturati e gettati in mare, le ossa spezzate dalla presa del mostro.
- Ahès, Ahès, mandamela buona! – esclamò Cristal, terrificata, stringendo la sua collana e guardando con orrore la devastazione attorno a lei.
- Elizabeth! Spara! – gridava intanto Will, appeso alla rete e circondato dai tentacoli.
Ma Elizabeth, il fucile fra le mani e la mira già presa, cadde a terra, trascinata dall’orrenda creatura finchè Pintel e Ragetti non riuscirono a liberarla dalle sue grinfie a colpi di accetta.
- Will! Vattene da lì! – gridò Cristal cercando lei stessa un fucile per poter prendere il posto di Elizabeth.
Will finalmente si liberò e si lasciò cadere sul ponte, il Kraken che ormai aveva avvolto nelle sue spire l’esca di esplosivo.
Nella follia più totale, un proiettile fischiò nell’aria e andò a colpire i barili.
Per un istante fu solo fuoco e rumore, mentre il mostro di Jones soccombeva all’esplosione e brandelli di tentacoli fumanti cadevano sul ponte.
Cristal si accucciò e portò le braccia a proteggerle il capo, poi, quando fu certa di non essere più in pericolo, si voltò verso poppa: il colpo alla fine era stato sparato da Jack Sparrow.
Improvvisamente a bordo fu il silenzio.
Il Kraken aveva mietuto le sue vittime, e fra i suoi resti ancora ardenti i pochi che erano sopravvissuti adesso si aggiravano con aria sconvolta.
L’odore di morte e carne bruciata rendeva l’aria pesante e raschiava la gola, facendo lacrimare gli occhi.
Gibbs continuava a fissare le onde annicchilito, il volto sporco di sangue e fuliggine e i capelli arruffati.
- Capitano, ordini? – fece poi, correndo verso Jack.
Quello scese le scale a passo deciso e gli mise fra le mani il fucile che li aveva salvati tutti.
Le sue parole, però, non furono quelle che si aspettava.
- Abbandonate la nave, nella barcaccia. –
La Figlia della Tempesta rimase immobile mentre Gibbs esternava il suo disappunto e la sua preplessità.
Jack voleva abbandonare la nave. Abbandonare la Perla.
Ritornò con la mente a quella notte lontana a bordo del Nausicaa quando aveva sentito per la prima volta la storia di Sparrow e della sua nave, ricordò l’attaccamento disumano, l’amore che l’uomo provava nei confronti di quello scafo, di quelle vele, di quel nome e quel simbolo che aveva atteso e cercato per tutta una vita.
Davvero era pronto ad abbandonarla?
Davvero era pronto ad arrendersi?
- Andremo via mentre stritola la Perla. – suggerì Will, con l’approvazione degli altri.
- Jack... – esalò Cristal, il nodo in gola sempre più difficile da ignorare.
Quello levò lo sguardo su di lei, ma non disse nulla.
- Abbandonare la nave. Abbandonare la nave o ogni speranza. – ordinò infine Gibbs, grave.
Quello che rimaneva dell’equipaggio radunò ciò che poteva servire e lo caricò sulla barcaccia, iniziando a prendere posto sulle panche e attendendo gli altri.
Cristal mosse qualche passo lungo il ponte, accarezzò il parapetto scheggiato, lasciò che il suo sguardo si arrampicasse su per la maestra e accarezzasse le vele nere.
Quella nave l’aveva presa prigioniera e si era trasformata in un luogo che aveva imparato a chiamare casa.
“Ho sempre pensato che casa fosse il luogo dei ricordi” le aveva detto un giorno Elizabeth. Adesso, gli occhi gonfi di lacrime nel dover abbandonare la Perla Nera e tutto ciò che aveva significato, la giovane si chiedeva se non avesse sempre avuto ragione l’amica, fin dal principio.
- Coraggio, Cristal... – le sussurrò dolcemente Gibbs circondandole le spalle con un braccio con fare protettivo e conducendola piano verso la scialuppa.
Elizabeth fu l’ultima a lasciare la nave e prendere posto fra le panche, fra Will e l’amica d’infanzia.
- Dov’è Jack? – chiese Will.
- Ha scelto di rimanere per darci una chance. – sentenziò lei, seria come non mai.
- Andiamo! – li incalzò poi quando vide che nessuno accennava a muoversi.
La scialuppa si allontanò lentamente dalla fiancata della Perla, condotta dai flutti verso la salvezza, ma nessuno si sentiva salvo per davvero.
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Cristal scattò in piedi, rischiando di far cadere in acqua Gibbs.
-  No! No, dobbiamo tornare indietro! – esclamò, il respiro improvvisamente corto.
Aveva colto in ritardo il significato delle parole dell’amica, e adesso si rendeva conto di quanto già la barcaccia fosse lontana dalla fiancata della Perla.
Elizabeth non rispose, Will chinò il capo.
- No! Non possiamo! Non possiamo lasciarlo lì! Jack! JACK! – prese a gridare, sconvolta.
Fece per tuffarsi, ma Gibbs la prese per le spalle prima che riuscisse ad abbandonare la scialuppa.
- Cristal, calmati! Stai calma! – cercò di farla ragionare, ma lei era ormai fuori di sé.
Jack era là, solo sul ponte, senza aiuto, senza nessuno, e il Kraken avanzava famelico.
- Non possiamo, non possiamo! – continuava a gridare cercando di dimenarsi dalla presa salda dell’uomo.
Quello la strinse di più contro il suo petto, portando istintivamente una mano ad accarezzarle i capelli nel tentativo di placare i suoi singhiozzi.
- Dobbiamo salvarlo, non possiamo abbandonarlo, non possiamo... – continuava a mugolare disperata, lo squarcio nel cuore che stava cercando di ricucire improvvisamente riaperto, improvvisamente violato da quel tradimento a cui non poteva sottrarsi, a quel destino infame che era costretta ad assecondare.
Con le lacrime a scorrere copiose lungo le sue guance osò guardare oltre la spalla di Joshamee Gibbs: ormai troppo distante perchè potessero fare qualsiasi cosa, la Perla Nera soccombeva fra le grinfie del Kraken.
A bordo, abbandonato da tutti, il Capitano affondava con la nave.
 











- Questo non lo accetto! –
Le conchiglie di Bleizenn Gwrac’h erano cadute a terra sotto la furia del Faucon du Nord, in piedi con le mani sbattute sul tavolo.
La sacerdotessa, seduta di fronte alla sua divinazione sparpagliata in ogni direzione, guardava il pirata livida di disprezzo.
- Non sta a te decidere del destino degli altri, Faucon. – sibilò, calcando bene l’accusa nel pronunciare il suo nome.
La stecca d’incenso aveva terminato di bruciare da ormai dieci minuti, ma nessuno si era premurato di sostituirla, il litigio a portare tuoni e saette nella piccola stanza ricolma di oggetti.
Fuori diluviava, e la pioggia sferzava i vetri alle finestre così come le parole nell’aria sferzavano l’anima.
Il Faucon du Nord fremeva di rabbia, i pugni ora stretti lungo i fianchi e le narici dilatate dall’ira bruciante.
- Giusto, a quello ci pensate tu e Ahès! E’ di vostra competenza spedire la gente a morire per il bene superiore! – sbottò.
Fu il turno della vecchia di alzarsi in piedi, la sua bassa statura resa imponente dal veleno nelle iridi chiare.
- Non osare! E poi non mi sembra sia mai stato un problema per te sacrificare il tuo prossimo per un bene superiore, se questo coincideva con il tuo! – tuonò nel fare un passo avanti, l’indice accusatore puntato di fronte a sé.
L’ospite, il salino ancora appiccicato alla pelle e gli stivali lerci di fango dal suo ultimo viaggio, serrò le labbra e avvampò.
- Sai bene che non ho mai fatto nulla di tutto questo! Ogni mia azione negli ultimi vent’anni è stata fatta per proteggerla! Se avessi saputo che saremmo giunti a questo punto non avrei mai permesso che ripartisse! – si giustificò.
Bleizenn rise di una risata ironica e pungente, il rimprovero ad affiorare assieme al sarcarsmo.
- Certo! E l’avresti tenuta nell’ignoranza per altri vent’anni! – fu la sua accusa sprezzante.
- Bleizenn, l’hai mandata a morire! L’hai spedita a Shipwreck Cove con una flotta che fa vela sulla Baia, Jones a briglia sciolta e la mia stramaledetta conchiglia al collo come un cappio! –
Tacque un istante, poi continuò, il tono meno violento ma ancora rabbioso.
- La Canzone è stata cantata. Le acque non sono più sicure, la vostra protezione non basta più! – incalzò, la voce troppo acuta a tradire un cedimento.
Bleizenn raccolse le conchiglie con un gesto stanco mentre la cera colava lenta lungo le candele che illuminavano la stanza.
- Quando giungesti a me la condizione era critica. La Morte era già china su di te, hai evitato il Bag-Noz per un soffio. Da quel giorno ho vegliato su ogni tuo passo, ti ho offerto consiglio, protezione, un luogo in cui tornare se tutto fosse crollato e l’Oceano ti si fosse rivoltato contro. Ho accolto Cristal Cooper senza chiedere nulla in cambio, le ho dato speranza quando avrei voluto darle verità e ho cercato di evitarle ogni pericolo senza contravvenire al tuo volere, per rispetto. Sin da quando l’ho tenuta fra le braccia per la prima volta ho saputo che la sua vita sarebbe stata sempre sul filo del rasoio e non te l’ho mai nascosto, ma tu hai voluto fare di testa tua e io non ho potuto che arginare i danni, prepararmi al peggio e sperare che non si verificasse. Non imputare a me un destino che non sono stata io a scegliere per lei. – la sua voce era adesso calma, l’oltraggio sostituito da una pietà lieve, da un affetto denso e preoccupato.
Il Faucon du Nord, terrore e leggenda dei mari della vecchia Europa, tacque ancora, le labbra ora pallide e gli occhi velati di consapevolezza, di paura e di rimorso.
Sapeva che la sacerdotessa aveva ragione.
- Bleizenn, è mia figlia! Che cosa dovrei fare? – esalò, vulnerabile come mai prima di allora.
Bleizenn Gwrac’h fissò lo sguardo in quegli occhi grigi e disperati e sospirò, condividendo la stessa paura nonostante il disappunto.
- Comportarti di conseguenza, Marion Hawke. -

















 
Note:

Salve a tutti, miei adorati lettori!
Incredibilmente sono riuscita a pubblicare entro i due mesi dallo scorso capitolo, non credevo che ce l'avrei mai fatta.
La cosa buffa è che ho scritto quasi ogni giorno da quando ho pubblicato il 22, con il ritmo straziante di una o due righe al giorno fino a quando non mi sono fatta forza e ho deciso di averci messo anche troppo.
E' stato un capitolo tosto da scrivere, non tanto per lo svolgersi della trama che è sostanzialmente identico al film, quanto per i dialoghi. E' la prima volta in assoluto che i dialoghi mi danno così tanto filo da torcere...
Questo è più che altro un capitolo di "ideologie". E' dal lontano capitolo 7 che James e Cristal non riuscivano a parlarsi così, con il cuore in mano, e ancora una volta i due hanno dato prova di viaggiare suelle famose strade parallele di cui Cris aveva parlato tanti anni prima. Mi sono divertita in maniera malsana a descrivere il disinnamoramento di questi due personaggi, l'amarezza del non riconoscersi più in quella figura idealizzata che avevano costruito l'uno dell'altra negli anni di lontananza. Era giunto il momento di scendere a patti con la realtà, e ognuno dei due ha finalmente scelto da che parte stare, una volta per tutte.
Mi è piaciuto anche inserire qualche scena di vita di bordo come il giro di canzoni dopo cena. (Per inciso, la canzone cantata da Gibbs e Cris è Drunken Sailor e quella cantata da James è Spanish Ladies in questi arrangiamenti)
Nel frattempo, Jack è stato ingoiato intero dal Kraken e Cristal -anche se non ha esattamente avuto il tempo e la calma per pensarci- si è ritrovata ancora una volta senza il suo passaggio per Shipwreck Cove.
Insomma, in fin dei conti anche questo è stato un altro dei soliti capitoli di transizione in attesa della vera azione in arrivo.
A parte per Bleizenn, che si è rotta le scatole di parlare per enigmi e ha svelato il plot-twist.

Come sempre grazie mille a tutti voi che leggete,

Kisses,
Koori-chan che fugge dai forconi per un plot-twist del cavolo. <3

 
  
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