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Autore: shutupseaweedbrain    30/04/2017    4 recensioni
Il male, si sa, è sempre dietro l'angolo, e la comunità magica dovrebbe saperlo bene visto che non è passato neanche un ventennio dallo scontro tra Harry Potter e Lord Voldemort, scontro in cui migliaia di maghi e streghe hanno perso la vita e che rimane uno dei periodi più oscuri nella storia della magia.
Ed è proprio in questo periodo di pace che un'altra minaccia, risalente ai tempi dei Fondatori, rischia di minare l'equilibrio precario che tanto faticosamente è stato ristabilito.
Perché la Caccia alla Streghe è stata riaperta, una nuova profezia è stata enunciata ed il ciclo sta per ripetersi. Solo gli Eredi potranno evitare la disfatta della magia, e toccherà a loro sopportare il carico di un destino che non hanno scelto.
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❝Serve qualcosa di mirato, qualcosa che renda la magia nient'altro che una semplice illusione fanciullesca: proprio come successe durante il Medioevo, quando i maghi e le streghe erano visti per i mostri che erano, e giustamente decapitati, bruciati vivi, torturati in ogni modo possibile e immaginabile. [...]
sarò lieto di essere ricordato come un eroe dopo averli sterminati tutti, dopo aver eliminato ogni singola goccia di sangue magico [...]
Che la caccia alle streghe abbia inizio.
L'inquisitore.❞
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I fondatori, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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Flares
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The fire’s out but still it burns
 

-Capitolo Uno
cerchi di rabbia. 


»Amber Chelsea Martin

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La pioggia scorreva leggera sui finestrini sporchi della carrozza, e il profilo imponente di Hogwarts si stagliava deciso contro le nubi scure.
Amber gettò un'occhiata nervosa verso il castello, tamburellando le dita sottili sui sedili logori. Sophie, di fronte a lei, era immersa nella lettura di un libro, e le due ragazzine del terzo anno sedute insieme a loro parlottavano concitate di una qualche boy-band babbana: per un momento, desiderò avere la loro stessa spensieratezza.
Sapeva che lei era lì, da qualche parte nella carrozza, e ciò non faceva che renderla spaventosamente inquieta. Evitava anche solo di girarsi: continuava ad avvertire gli occhi vitrei della donna scrutarla attenti.
Sospirò, osservando le torri del castello farsi sempre più vicine: le luci, seppur fioche, risaltavano nel buio della sera, e nonostante tutto proprio non riuscì a trattenere un sorrisetto nel pensare che, da lì a pochi minuti, sarebbe tornata ad Hogwarts.
Annoiata e desiderosa di distrarsi, Amber mollò un calcio a Sophie: gli occhi cerulei dell'amica adesso la fissavano confusi e vagamente irritati, ed Amber rispose con un sorrisetto sardonico.
«Perché mi hai mollato un calcio?» domandò Sophie con il suo solito tono basso, adesso colorato dall’indignazione.
Lei fece spallucce. «Così. Mi annoiavo.» fece tranquilla, osservando l'espressione scettica dell'amica.
«Le persone normali non tirano calci quando sono annoiate, parlando, disegnano, leggono, Amber, proprio come stavo facendo io, e gradirei riprendere senza interruzioni.»
«Pff, che noiosa che sei,» commentò Amber, accavallando le gambe, «come se poi stessi leggendo chissà che cosa. Mica è "Uno splendido disastro”?» Si sporse per guardare la copertina. «Bleah, sì, è proprio quella robaccia.»
Ignorando l'espressione scocciata di Sophie, le prese il libro di mano e iniziò a sfogliarlo a caso. «Assurdo. Boh. Ma non ha senso!» esclamava, leggendo alcune frasi.
«Vabbè, riprenditelo, non lo voglio più,» disse infine, lanciandolo a Sophie per poi sdraiarsi con nonchalance sul sedile.
Le ragazzine del terzo anno, adesso, la fissavano lievemente scioccate; Sophie, che la guardava esasperata, sospirò pesantemente.
La carrozza si fermò di colpo, tanto che Amber rischiò di cadere a terra; riuscì però ad aggrapparsi al sedile e, sorridendo, si rimise in piedi.
«Siamo arrivati!» gridò entusiasta, scendendo di corsa dalla carrozza, mentre Sophie la seguiva sbuffando.
Centinaia di ragazzi e ragazze si dirigevano di gran carriera verso la Sala d’Ingresso per sfuggire alla pioggia, che nel frattempo si era fatta torrenziale.
«Amber, aspetta!» le urlò dietro Sophie, quando finalmente si ritrovarono all’asciutto. «Non correre così!»
Amber roteò gli occhi, asciugandosi i capelli bagnati con un colpo di bacchetta e legandoli in una coda alta; il viso lentigginoso dell'amica adesso era rosso quanto la sua chioma, mentre respirava affannosa. «Mica è colpa mia se non riesci a tenermi il passo» ribatté tranquilla.
Sophie scosse —— per l’ennesima volta —— la testa esasperata, e Amber pensò che, dopotutto, i tre mesi senza le crisi isteriche della sua migliore amica non erano stati per nulla divertenti: averla lì vicino a sé era uno dei pochi barlumi di normalità che le erano rimasti, e, sebbene non l'avrebbe mai detto ad alta voce, era contenta che fosse con lei.
«Dai, muoviamoci, io ho fame!» protestò, prendendo la ragazza per un braccio e facendosi spazio tra la calca di studenti che affollavano il corridoio.
Quasi non si accorse della sensazione di gelo che l’avvolse simile ad una stretta mortale per pochi momenti, fradicia com'era. Quasi non si accorse del fievole bagliore perlaceo che rischiarò il buio in cui era immersa la Sala d’Ingresso, una piccola luce che attirò la sua attenzione.
E quando alzò la testa, la vide, statuaria come al solito, che fluttuava leggera in aria, gli occhi vitrei velati di disprezzo.
Con le budella che le si contorcevano in modo spiacevole, ricambiò lo sguardo: quella, semplicemente, sparì, unendosi all'aria.
 
***
 
«Amber, secondo te chi è quel tizio?»
«Quale tizio?»
Sophie puntò il dito verso un uomo seduto al tavolo dei professori, che parlava con Vitious gesticolando animatamente.
«Quello lì, vedi?»
«Io non vedo nessuno, Sophie, avrai le allucinazioni.»
«Ma come le allucinazioni, che stai dicendo?» protestò Sophie.
«Sì, le allucinazioni. Non vedi che ci sono solo Vitious e la McGranitt?» domandò Amber, improvvisamente seria. «Secondo me hai la febbre e stai delirando.»
«Io non sto delirando, guarda bene!» continuò Sophie, picchiettandole un braccio. «Lo vedi? Quello con gli occhiali e il mantello nero.»
«Non c’è nessuno con gli occhiali e il mantello nero, smettila, Sophie.» ribatté Amber, trattenendo un sorrisino divertito nel vedere l’espressione corrucciata dell'amica. «Non puoi convincermi dell'esistenza di qualcosa che non esiste, perché è impossibile che qualcosa che non esiste esista, capisci?»
Sophie sbuffo, allargando le braccia. «È impossibile parlare con te.» borbottò stizzita.
«Forse perché non esisto? Forse perché sono anche io frutto della tua immaginazione? In effetti è difficile parlare con una proiezione mentale, no? In realtà questo posto è vuoto, così come quello del tavolo docenti, e tu vedi me e il tizio con gli occhiali e il mantello perché… perché sei internata al San Mungo e…»
«Ciao, ragazze… Che è successo a Sophie? Come mai ha quella faccia?»
«Oh, ciao Simon. Nulla, le stavo chiedendo cosa si prova a parlare con un ologramma,» rispose con nonchalance notando la confusione negli occhi verdi dell'amico. «Credo che tua sorella abbia la febbre, dice di vedere cose che non esistono.»
«Renditi conto che ha iniziato tutto questo discorso solo perché le ho chiesto chi era il professore nuovo.» fece Sophie, passandosi esasperata una mano tra i capelli rossi.
«Ah, intendi quello di Difesa?» domandò lui, scrutando il tavolo dei docenti. «Sostituisce Fray. È andato in pensione, mi pare, ed hanno chiamato lui.»
«Come Fray è andato in pensione?!» esclamò Amber, scioccata. «Era giovane… cioè, più o meno, ma non può essere più vecchio di Lumacorno, dai!»
«Eh, ci sono rimasto male pure io,» commentò Simon, sedendosi accanto a loro. «Credo si sia trasferito in Tanzania.»
«Per fare cosa?» domandò Sophie, aggrottando la fronte.
Simon alzò le spalle. «Non ne ho la più pallida idea. È sempre stato un po' strano, quello, no? Non mi stupisce che se ne sia andato lì.»
Amber fece per ribattere, ma la preside McGranitt si alzò e non ce ne fu modo: quella donna era tanto autorevole da zittire un'intera sala piena di ragazzi solo mettendosi in piedi.
«Buonasera a tutti, e bentornati —— o benvenuti, per i nuovi arrivati, ad Hogwarts. Prima di procedere con lo Smistamento,» Amber si voltò d’istinto verso l'entrata della Sala Grande, dove una lunga fila di primini attendevano ansiosi di essere assegnati ad una Casata, «vorrei presentarvi il professor Robert Fitzgerald, nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, che prenderà il posto del professor Fray, adesso in pensione dopo lunghi e intensi anni di servizio.»
L’uomo con gli occhiali e il mantello nero fece un grande sorriso mentre un educato battere di mani riempiva l'ambiente.
«Adesso vallo a dire alla McGranitt che quello lì non esiste,» fece Sophie, sporgendosi verso di lei mentre sorrideva compiaciuta.
Amber si limitò ad incurvare le labbra in un sorriso ironico, mentre la preside ricominciava a parlare.
«…ed ora direi di iniziare con lo Smistamento!»
Un altro applauso si levò dai quattro tavoli, mentre i bambini si avvicinavano al Cappello Parlante.
«…Bower, Abigail!»
«Tassorosso!»
«…Bryce, Jason!»
«Grifondoro!»
«Secondo voi quanti Corvonero ci saranno?» domandò Sophie, osservando curiosa i ragazzini ancora in fila.
«Spero più dell'anno scorso,» borbottò Amber. «Insomma, cinque. Cinque Corvonero! Io non le capirò mai queste nuove generazioni. Tutti stupidi nascono.»
«E dai, non dire così!» fece Simon, applaudendo ogni volta. «Meglio pochi ma buoni, no?»
«Finnigan, Susan!»
«Corvonero!»
Un coro euforico si alzò dal tavolo di Amber, mentre lei si alzava ed applaudiva contenta alla ragazzina minuta che si dirigeva verso di loro.
«Ciao, Susan! Piacere, io sono Simon» si presentò il ragazzo. Amber ebbe quasi l’impressione che gonfiasse il petto per mettere in mostra la sua spilla da prefetto.
«Adesso ci provi anche con le primine? Che pedofilo che sei,» si finse scioccata mentre la bambina la fissava.
«Amber!» protestò Simon, ma lei lo interruppe prima che potesse aggiungere qualcosa.
«Guarda, Sally, giusto?, adesso che sei nei Corvonero dovrai superare delle prove per farne effettivamente parte. Voglio dire, prove toste, se capisci cosa intendo. Come combattere contro un'Acromantula... O contro gli Schiopodi Sparacoda, capisci? Per mettere alla prova il tuo intelletto e...»
La ragazzina la guardò spaesata, ma Simon la tirò via prima che potesse aprir bocca.
«Guarda, ignorala, sta scherzando, tranquilla,» ripeteva lui in modo meccanico, rivolgendo ad Amber uno sguardo di rimprovero. «È mezza matta, non siamo tutti così…»
«Già, Amber. Non sono tutti pazzi, eh?»
La ragazza si sentì gelare sul posto, il respiro che le si mozzava come dopo una caduta particolarmente violenta: rieccola, pensò con una punta di panico.
Si voltò di scatto, non riuscendo a distinguere il punto esatto da dove proveniva la voce ovattata; nessun altro sembrò aver udito qualcosa, ma anzi, erano tutti concentrati sullo Smistamento.
«Dai, Amber. Non dirmi che hai paura di me!»
Strinse le mani a pugno.
«Amber?»
«Dai, Amber. Dopotutto è colpa vostra.»
«Amber, tutto bene?»
La voce cessò di colpo: Simon e Sophie la scrutavano straniti. Lei si finse tranquilla, mordendosi un labbro e tamburellando le dita sul tavolo. Li guardò di rimando.
«Sì. Perché non dovrei sentirmi bene?» rispose, roteando gli occhi.
«Ti sei messa a fissare il vuoto…» ribatté Sophie.
«Beh, pensavo di aver trovato qualcosa che consideravo perso per sempre.»
«E cioè?» domandò Sophie.
«La tua simpatia.»
L'amica la fissò confusa. «Dovrei ridere?»
«Sì, Sophie, sì! Si chiama ironia.» disse roteando gli occhi. Non sembrava esserci traccia del fantasma, ma si sentì rabbrividire comunque, la sensazione di essere osservata che si faceva sempre più forte.
«Sarà, ma io continuo a vederti un po' troppo pallida,» insistette l'amica.
«E va bene, se lo dici tu» commentò Amber, la voce colorata dal sarcasmo. Non metteva in dubbio che fosse diventata improvvisamente pallida ––– poteva essere considerato normale, giusto? ––– ma non avrebbe mai dato ragione alla ragazza: avrebbe poi dovuto ammettere a sé stessa che quella situazione la rendeva nervosa e che non sapeva come reagire.
«Comunque,» riprese Simon, «smettila di terrorizzare i primini. Ogni anno è la stessa storia! Mettiti nei loro panni, tu come ti saresti sentita?»
«Beh, considerato che sono finita in punizione la sera stessa del mio Smistamento credo ci sia un po’ di differenza tra me e i primini spaventati.»
«Giusto. Tu non puoi essere presa come metro di misura, ovvio» borbottò Simon.
Dopo pochi minuti, lo Smistamento finì, e nei piatti d'oro apparve ogni ben di dio: Amber, felice, prese d'assalto un’abbondante porzione di arrosto.
«Come mai non sei da quelli del tuo anno, Simon?» chiese Sophie, bevendo a piccoli sorsi il succo di zucca.
Suo fratello alzò le spalle. «Così, volevo stare con voi. È vietato, adesso?»
«Sefondo me haffo iniffiato a farlare fella fifale di Fuiffid e ha prefefito sfignarfela» commentò Amber con la bocca strapiena, mentre un ghigno le incurvava le labbra.
«Cosa?»
Lei inghiottì, e, con un tono vagamente soddisfatto, ripetè: «Secondo me hanno iniziato a parlare della finale di Quidditch dell'anno scorso e hai preferito svignartela.»
Sophie ridacchiò, mentre il ragazzo diventava rosso. «Non è vero!»
«È inutile negare, più lo fai più diventerà imbarazzante, Simon.»
«Ma… che dici!» protestò lui. «Mica parlavamo di Quidditch, figurat–»
«Davvero, Simon. Non negare! Capisco che farti rompere il naso da Logan Matthews non sia il massimo, ma...»
«Non mi ha rotto il naso!» ribatté stizzito, puntandole gli occhi verdi addosso. «E poi gli ho restituito bene il colpo, non diciamo cavolate.»
«Certo, prima che tu cadessi dalla scopa.»
«…è stato un incidente.»
«No, è che fai schifo, rassegnati.»
Intanto le portate aumentavano, e dopo un po’ di tempo la cena finì: Amber si stiracchiò soddisfatta, e Simon salutò lei e Sophie ––– doveva accompagnare i primini al dormitorio insieme a Jenny Portman, anche lei del sesto anno.
«Sono stanchissima,» borbottava Sophie sbadigliando, «non vedo l’ora di andare a dormire.»
«Ma è presto!» protestò Amber, mentre le due si dirigevano verso la Torre Ovest insieme agli altri Corvonero. «Io volevo farmi un giro, non vieni con me?»
«E il coprifuoco?»
«C’è qualcuno che ha mai rispettato il coprifuoco? Eccetto te, ovviamente, ma…»
«Ma abbiamo i G.U.F.O. quest’anno. Non possiamo mica rischiare solo perché ti annoi
La ragazza sbuffò, fissando accigliata l’amica. «E d’accordo, se vuoi rintanarti in dormitorio a fare l’asociale fai pure, io non farò la tua stessa fine.»
Ignorò Sophie che le faceva il verso, e dopo qualche minuto arrivarono in Sala Comune, già gremita di gente.
«Giochiamo a scacchi, dai!» propose Amber, ma Sophie rifiutò; lei, non perdendosi d’animo, riuscì a convincere Jeremy Irwin, del settimo anno, a giocare con lei, e non sarebbe potuta essere più felice: le era sempre piaciuto giocare a scacchi, il ragionamento che c'era dietro ogni singola mossa per riuscire ad arrivare alla vittoria e l'essere padrona di quelle pedine, mettendo in atto, di volta in volta, nuove strategie sempre più complicate e senza dubbio più divertenti. Era rilassante immergersi nella pura e semplice logica di cui era fatto quel gioco, e fu ancora più bello battere Irwin dopo un'estenuante partita di tre quarti d'ora.
La sala comune, intanto, si era quasi svuotata del tutto. Sophie, mezza addormentata su una sedia lì vicino, borbottava qualcosa di indistinto: Amber la scosse, e quella sussultò.
«Dai Soph, vai a dormire, io resto ancora un po’ qui» disse.
L’altra si limitò ad annuire, troppo stanca anche solo per parlare; Amber si sedette su una poltroncina vicino al caminetto, guardandola mentre risaliva la scalinata in marmo bianco.
Ci vollero pochi minuti per far sì che fosse l’unica ancora in Sala Comune. Del fuoco che prima brillava acceso erano rimaste nient’altro che fievoli braci, una piccola fonte di luce nell’ambiente ormai scuro insieme al lampeggiare alterno dei lampi.
Per quanto accadesse di rado, ad Amber, quella notte, sarebbe piaciuto rimanere da sola, con il solo rumore del temporale a farle compagnia. Avrebbe voluto riflettere, una volta tanto, e venire a capo di quella situazione ormai insostenibile che andava avanti da quasi due settimane.
Ma non ci riuscì.
Avvertì la sua presenza ancor prima che quel freddo innaturale calasse nella stanza, seguito da un lieve fruscio che la fece sobbalzare.
Si alzò in piedi di scatto, scrutando la Sala Comune immersa nel buio, la bacchetta stretta nella mano.
Tutte le volte era iniziato in quel modo, e tutte le volte, specialmente le prime, Amber aveva rischiato di avere un infarto nel vedere la sagoma perlacea della donna ––– o meglio, della ragazzina ––– che le si avvicinava, il viso giovane e bello e il vestito lungo sporcato da scure chiazze argentee.
Amber la guardò con odio, puntandole addosso la bacchetta. «Sparisci,» sibilò sprezzante mentre cercava di controllare il tremolio che le scuoteva il corpo, «Adesso
La ragazza incurvò le labbra in un sorrisino beffardo. «Non posso, Amber. È colpa tua se sono qui. Tocca a te vendicare la mia morte, è tuo dovere.»
«Sì, come no» ribatté in tono sarcastico. «Adesso mi metto anche ad ascoltare gli scleri di un fantasma psicopatico, ovvio!»
Il sorrisino beffardo sparì.
Amber non ebbe neanche il tempo di gridare, che lo spirito le afferrò il polso: e al posto del gelo che di solito provava quando un fantasma la sfiorava, sentì la pelle andare a fuoco, il dolore che si propagava nel corpo man mano che passavano gli istanti.
«Tu non capisci!» urlò con rabbia, «Dovete chiudere il cerchio. Dovete vendicarci tutti, impedire che si ripeta di nuovo! È compito vostro e soltanto vostro!»
Le lasciò il polso proprio quando la certezza che sarebbe svenuta dal dolore si faceva più concreta: lo spirito si allontanò leggero, e quando guardò il polso in cerca di ferite vide solo un piccolo semicerchio rosso che spiccava sulla pelle.
Tremante per la rabbia e per la paura, alzò il capo verso il fantasma, ma non c’era più.
Era sparito nel nulla.


 
______
 
Ci metto la bellezza di sei mesi e undici giorni per scrivere un capitolo ed esce comunque una schifezza, caspita, sono proprio un mito.
Ora, vorrei davvero scusarmi e tutto per il ritardo, per questo schifo che vi propino (anche se lo leggeranno pochi ma vabbè who cares) e per gli innumerevoli errori che ci sono, ma la verità è che a momenti mi addormento sul pc e non sono lucida (anche se in effetti non lo sono quasi mai ma dettagli), perciò mi limito a dirvi che mi dispiace.
Passando al capitolo, so che non si capisce nulla e che è tutto confusissimo al massimo, ma tutto ha un suo perché, fidatevi, a cominciare dallo spirito psicopatico (non è adorabile?).
In questo primo capitolo abbiamo Amber, personaggio che, personalmente, adoro, e spero che la abbiate apprezzata anche voi! In ogni caso, mi farebbe piacere conoscere le vostre opinioni.
Il secondo capitolo è già in fase di scrittura, e spero di finirlo presto (e anche che non faccia schifo come questo, ecco). 
Ho anche creato un blog tumblr per la ff, nel caso vogliate darci un'occhiata, il link è questo: 
https://flaresthefiresoutbutstillitburns.tumblr.com/
Pubblicherò aesthetic/anticipazioni/eccetera e niente, non so più che dire (?)
Spero che non vi faccia schifo come lo fa a me e ci vediamo alla prossima!
A presto, 
Francesca.

 
  
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