Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 3.915 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua con un nuovo
aggiornamento di Miraculous Heroes 3: bene, bene. In questo capitolo
facciamo la conoscenza di un altro dei Generali di Dì Ren, ovvero di Taowu
e vedremo come il caro possessore del Catalizzatore di Routo ha intenzione
di arginare la situazione ed evitare che i nostri baldi eroi gli portino
via tutti i sottoposti. Bene, bene. Che altro posso dire? Non so se ho già
citato la scuola che frequenta Thomas, ma si tratta del Collége de Navarre
e non mi sembra ci sia altro da dire...credo.
Come sempre vi do gli appuntamenti di questa settimana (giusto
per allungare un po' il brodo in queste note striminzite): mercoledì ci
sarà un nuovo capitolo de La
sirena, venerdì il consueto aggiornamento con Miraculous Heroes 3 e
sabato un nuovo capitolo di Lemonish.
E poi muoio.
Scherzi a parte, come sempre vi ringrazio tantissimo, per il supporto e
l'affetto che mi date sempre: un grazie a tutti voi che leggete,
commentate, inserite le mie storie nelle vostre liste e me fra gli autori
preferiti, mi supportate su facebook e...
Beh, ci vediamo al prossimo aggiornamento!
Adrien si sistemò il maglione, voltandosi
verso il letto e osservando la ragazza che dormiva profondamente: sorrise,
avvicinandosi e sdraiandosi al suo posto, allungò le dita e carezzò il
dorso della mano posata sul cuscino, indugiando sulla fede all’anulare.
Sua moglie.
Marinette era diventata sua moglie.
Aveva fantasticato tante volte, ma nessun sogno a occhi aperti raggiungeva
la perfezione della realtà o l’emozione che appellare in quel modo, la
ragazza che dormiva, gli provocava: sentiva il cuore battere più
velocemente nel petto e un qualcosa crescere dentro di lui.
Orgoglio? Forse.
Possesso? Senza ombra di dubbio, era un tipo decisamente possessivo.
Felicità? Sicuramente sì.
Non sapeva dare una definizione a ciò che sentiva, ma era forte e potente
dentro di lui.
Marinette borbottò qualcosa nel sonno, voltandosi nella sua direzione e
Adrien rimase a fissarla, spostando la mano e portandole indietro una
ciocca di capelli: «Abbi pietà di me…» mormorò la ragazza senza aprire gli
occhi e facendolo ridere: «Voglio dormire.»
«Ed io che pensavo di svegliare la mia bella addormentata con un bacio.»
«Cambia fiaba.»
Adrien ridacchiò, avvicinando il viso a quello della mora e posandole le
labbra sulla tempia: «Mi piacerebbe assecondare i tuoi bisogni di
coccinella pervertita e depravata…» si tirò su, in tempo per vedere le
palpebre aprirsi e le iridi azzurre fissarlo indispettite: «Ma sono in
ritardo.»
«E’ già ora di alzarsi?» domandò Marinette, tirandosi su e fissarlo,
massaggiandosi le braccia per il freddo e guardandosi attorno alla ricerca
di qualcosa.
Adrien recuperò la felpa candida, che di solito la ragazza indossava
appena alzata, e gliela porse: «Ti ho mai detto che adoro questa tua
camicetta da notte?» domandò, facendo il giro del letto e aiutandola ad
alzarsi: «La trovo semplicemente adorabile.»
«Sì. Ogni volta che la indosso» dichiarò la mora, sorridendogli mentre
Adrien le tirava su il cappuccio: «Penso di averlo capito alla quarta
volta, però fa sempre piacere sentirtelo dire.»
«Ottimo. Non avevo in mente di smettere» dichiarò Adrien, prendendo i
lembi della felpa e tirando la ragazza verso di sé, dandole poi un bacio a
stampo sulla bocca: «Sul tavolo ci sono le brioches di tuo padre. E i
biscotti per Tikki.»
«E’ passato anche oggi?»
«Approfittiamone finché possiamo, my lady» dichiarò il biondo, posandole
la testa contro la spalla e baciandole il collo: «Non voglio andare…»
«Non andare» mormorò Marinette, passandogli le braccia attorno alle
spalle: «Rimani con me.»
«Mi stai mettendo a dura prova, mon coeur» sospirò Adrien, ricambiando
l’abbraccio e cullando la ragazza: «Ma se non vado mio padre mi uccide,
stavolta lo fa sul serio.»
«Ma non avevi un servizio per 93 Style oggi?»
«Sì, con Rafael. Dove indosseremo abiti della marca Agreste e daremo alle
fans nuove foto da attaccare nelle loro stanze, un po’ come faceva una
certa coccinellina di mia conoscenza…»
«Adesso sì, che non voglio che tu vada a fare questo servizio.»
«Perché sai i pensieri perversi che potrebbero avere?»
«Forse.»
«Forse…» Adrien sospirò, intrecciando le mani dietro la schiena di
Marinette: «Stiamo facendo progressi» dichiarò, dandole un nuovo bacio e
allontanandosi da lei: «Vado adesso.»
«Ok.»
«Ci vediamo oggi pomeriggio al meeting indetto da Lila?»
«Tutti allo Starbucks allegramente.»
Thomas sbadigliò, osservando la professoressa mentre stava segnando
qualcosa alla lavagna: sarebbe stato ucciso dalla noia, da un momento
all’altro. Ne era certo.
Sbuffò, incrociando le braccia e appoggiandovicisi il viso, sentendo
Jérèmie ridacchiare al suo fianco: «Manca poco alla fine dell’ora» lo
consolò l’amico, segnandosi qualcosa sul tablet e tenendo l’attenzione
sulla donna.
Thomas stava per ribattere, quando un rumore assordante lo fece balzare in
piedi, assieme a molti altri compagni: senza attendere alcunché il ragazzo
si calamitò fuori dalla classe, ignorando l’urlo dell’insegnante e
osservando sorpreso ciò che aveva davanti agli occhi: «C’è Golem nella mia
scuola?» domandò, osservando il mostro, fatto completamente di roccia, che
tanto gli ricordava il pokemon.
Si guardò attorno, scattando verso la zona ove era la palestra e
attraversando velocemente la distanza che lo separava, elencando
mentalmente le cose da fare: arrivare negli spogliatoi, controllare che
non ci fosse nessuno, chiamare gli altri e poi trasformarsi.
Sì, poteva farcela.
Girò l’angolo, continuando a correre e osservando il mostro che, usando la
forma sferica del suo corpo, rotolava per tutto il piazzale interno,
distruggendo tutto ciò che trovava: i professori stavano cercando di
mettere al sicuro la maggior parte degli alunni e Thomas osservò molti
suoi compagni guardare pietrificati la creatura.
Sorrise, vedendo davanti a sé la porta dello spogliatoio e aumentò
l’andatura, allungando una mano davanti a sé e aprendola, fiondandosi
all’interno e addossandosi poi contro di questa; si tastò le tasche della
felpa, alla ricerca del cellulare: «Rispondi…» mormorò, una volta composto
il numero di Alex e rimase in attesa, finché non sentì l’americano
rispondere all’altro capo: «Alex! C’è una creatura di Dìcoso!»
«Thomas? Cosa?»
«Alla mia scuola, è apparsa una creatura di Dìcoso.»
«Dì Ren, Thomas. Dì Ren.»
«Sì, del tipo.»
«Contatto subito gli altri.»
«Ottimo» Thomas chiuse la chiamata, osservando il cellulare e si guardò
velocemente attorno: «Nooroo» mormorò, voltandosi verso il kwami violetto:
«Trasformami»
«Niente male, vero?» domandò l’uomo, incrociando le braccia e osservando,
attraverso l’enorme polla d’acqua che dominava l’androne dell’abitazione,
la creatura che stava seminando panico e distruzione nella scuola: «Niente
è più forte della pietra. Niente.»
«Non pensi di cantare vittoria troppo facilmente, Taotie?» domandò
Hundrun, affiancandolo e battendo un piede per terra: «Anche la nostra
signora era convinta di battere quel gruppo di eroi, eppure è tornata con
un nulla di fatto.»
Taotie si voltò, fissando la donna da dietro la maschera di metallo, che
era parte integrante dell’elmo che indossava, e poi riportando
l’attenzione sulla creatura che aveva generato grazie al potere che il suo
signore gli aveva concesso; alzò il mento e strinse la presa sul manico
della lancia, sorridendo di fronte a ciò che la creatura di pietra stava
facendo: «Sarò io a portare i Miraculous al nostro signore.»
«Ah, quanta ingenuità in così poche parole…» sospirò Hundrun, voltandosi e
andandosene, accompagnata dal suono della propria risata.
Taotie strinse la presa sulla sua arma, storcendo le labbra: «Ti farò
pentire delle tue parole, donna!» tuonò nella stanza ormai vuota.
«Fatemi capire bene…» mormorò Peacock, atterrando su un tetto e scuotendo
il capo: «C’è un pokemon? Un maledetto pokemon nella scuola di Hawkmoth.»
«Eh, a quanto pare sì» dichiarò la voce di Alex, seguita da un rumore
ritmico: «Occupato!»
«Ma dove accidenti sei?»
«In un bagno» sbottò l’americano: «Hawky mi ha chiamato mentre ero a
lezione e ho cercato un posto tranquillo dove mettermi al lavoro. Voglio
il mio pc e la mia casa.»
«Veramente sarebbe casa del maestro» dichiarò Chat, ridacchiando: «Quindi
ci stai guidando da un cesso. Uao. Siamo caduti proprio in basso.»
«Io sono caduto in basso…» bofonchiò Alex, facendo ridere gli altri due:
«Volpina. Bee. Tortoise. Ladybug. Siete vivi?»
«Purtroppo sì» borbottò l’italiana, sospirando pesantemente: «Ascoltavo
ciò che il trio di idioti stava dicendo. Noi quattro siamo nei pressi
della scuola, comunque.»
«Ottimo, Peacock e Chat stanno arrivando. E anche Xiang è in zona.»
Hawkmoth balzò a terra, osservando il mostro ruggire in direzione di
alcuni alunni più giovani: Alex gli aveva detto di aspettare, ma non
poteva farlo. Non poteva lasciare i suoi compagni in balia di quel coso.
Mise mano ai due boomerang e li lanciò contro il bestione, attirando su di
sé l’attenzione: «Scappate!» urlò, rivolto al gruppetto e sorrise,
vedendoli eseguire immediatamente il proprio ordine, mentre lui
riagguantava le proprie armi: «Se avessi una pokeball ti catturerei. Sai,
mi manchi nel gioco» dichiarò, osservando il mostro girarsi lentamente
verso di lui e ricambiare la battuta ruggendo: «Capito. Capito. Non vuoi
essere catturato» sospirò il ragazzino, mentre il mostro assunse la forma
di una sfera e rotolò nella sua direzione: Hawkmoth attese, balzando a
sinistra e osservando il bestione schiantarsi contro l’ennesimo muro.
«Sbagliato mira?» domandò divertito, lanciando nuovamente i boomerang e
storcendo le labbra: la sua arma lo colpiva ma non provocava nessun danno.
Sarebbe stato un vero problema affrontarlo.
E più che altro cosa era?
Un akumatizzato come ai tempi di Papillon?
No, quelli li creava lui adesso.
Un guerriero nero come quelli di Coeur Noir?
Di certo non era uno dei soldati di quel pazzo tedesco che aveva tenuto
sotto tensione la città per qualche mese…
Che cosa era?
Un singulto femminile lo fece voltare e osservò Manon Chamack uscire dalla
palestra, lo sguardo sbarrato e rivolto verso il mostro, anche
quest’ultimo la notò e Hawkmoth lo vide riassumere la sua forma sferica e
rotolare in direzione della ragazzina.
Scattò, raggiungendo Manon e prendendola per una mano, tirandola via dalla
direzione che il bestione aveva preso: non ce l’avrebbero fatta, quel coso
si muoveva troppo veloce e lui…
Qualcosa si avvolse attorno ad Hawkmoth e, stringendo forte Manon contro
di sé, si sentì tirare via dalla traiettoria del mostro: «State bene?»
domandò la voce divertita di Ladybug, mentre Hawkmoth riapriva le palpebre
e fissava la compagna: «Sai, Hawk, ci dispiacerebbe perderti subito.»
«Ladybug…» mormorò Manon, osservando l’eroina a pois e il gruppo assieme a
lei.
Erano giunti.
In tempo.
Hawkmoth si mise a sedere, guardando i propri compagni e sorridendo: «E’
la tua fidanzatina, Hawky?» domandò Peacock, indicandolo e rimediando una
manata sulla spalla da parte di Bee: «Che ho detto? La tiene stretta come
se fosse Chat con Ladybug.»
Cosa stava facendo?
Hawkmoth riportò l’attenzione su ciò che il suo corpo stava facendo e,
liberata la ragazzina dalla sua stretta, balzò lontano, fissandola con lo
sguardo sgranato: «Io…io…»
«Grazie per avermi salvato» mormorò Manon, aprendo la bocca e scuotendo
poi la testa, regalandogli un sorriso appena accennato: «Se non fosse
stato per te, sarei morta.»
«D-di niente.»
«Mettiti al riparo, Manon» ordinò Ladybug, sorridendo alla giovane e
osservandola mentre annuiva, scappando poi via dopo aver osservato
Hawkmoth: «Ok. Che cosa è quel coso?»
«Un Golem» dichiarò Chat, baldanzoso: «Ho dovuto pregare in ginocchio un
certo dj di nostra conoscenza per farmi scambiare il mio Graveler e avere
un signor Golem.»
«Potevi chiedere a me, mon chatton.»
«Oh certo. Immagina la scena: scusa, vorrei scambiare questo pokemon, così
mi evolve. Ci stai? Ah…eh…co-co-co..ah…mh…» Chat sorrise, inchinandosi
leggermente davanti la ragazza: «Era un po’ difficile parlare con te.»
Ladybug gli fece la linguaccia, voltandosi e osservando il mostro di
pietra: «Io però vorrei sapere cosa è? E’ una persona oppure no?»
«Xiang dice che è una creatura di Quantum» la informò Alex: «Aspetta, la
metto in linea. Qualcuno ha dimenticato a casa il proprio auricolare…»
«Non tutti sono fissati con queste cose moderne» sbuffò la voce della
cinese: «E’ già tanto se mi ricordo di prendere il cellulare.»
«Ciao, Jian» la salutò Chat Noir, posando le mani sui fianchi e
sorridendo: «Che bello sentirti mentre litighi con il tuo bello.»
«Con chi?»
«Con me!» trillò allegro Alex: «Il tuo futuro…»
«E’ una creatura fatta di Quantum» dichiarò Xiang, interrompendo
l’americano: «Dopo lo scontro con Yi, Dì Ren si deve essere accorto che
possiamo…come dire? Liberare le persone possedute e…»
«E quindi ci manda contro dei pokemon?»
«Avrà preso l’ispirazione da lì...»
«Questo Dì Ren inizia a starmi simpatico» sentenziò Chat, stirando le
braccia verso l’alto: «Come lo fermiamo?»
«Distruggendolo.»
«Oh. Questo mi piace. So farlo benissimo.»
«Il problema è fermarlo» dichiarò Tortoise, osservando il mostro che, nel
cortile interno della scuola, rotolava da un punto all’altro: «Spero non
esca altrimenti…»
«Le ultime parole famose» mormorò Bee, osservando il golem creare una
seconda apertura vicino l’entrata della scuola e andare a schiantarsi
contro l’inferriata del cortile esterno: «Tortoise, non potevi stare
zitto?»
«Chiedo scusa.»
«Con quel coso le mie illusioni non funzioneranno» dichiarò Volpina,
muovendo stizzita il flauto: «Non so cosa potrebbe fargli il mio fuoco
fatuo.»
«I miei boomerang rimbalzano, invece.»
«Quindi lo faranno anche i miei pungiglioni…»
«O i miei ventagli.»
«Tortoise, devi cercare di tenerlo in un limite circoscritto con le tue
barriere» sentenziò Ladybug, sorridendo all’amico: «Peacock, il tuo
compito è quello di vedere: Jian ha detto di distruggerlo, ma voglio
essere sicura prima di far usare a Chat il suo Cataclisma.»
«Ok, boss.»
«Volpina, Bee. Voi dovrete proteggere Peacock» continuò l’eroina in rosso:
«Mentre noi dobbiamo attirarlo in una zona dove Tortoise può creare una
barriera senza problemi» dichiarò, rivolta a Chat Noir e Hawkmoth,
abbassando poi lo sguardo sullo yo-yo che teneva in mano: «Forse il Lucky
Charm può esserci di aiuto.»
«Il Lucky Charm ci è sempre stato di aiuto, my lady» dichiarò il felino,
guardandosi intorno e illuminandosi alla vista del marciapiede che
divideva le due strade davanti la scuola: «Che ne dici, my lady? Torty
potrebbe creare lì la sua barriera e noi ce lo spediamo dentro.»
«Ottima idea, mon chatton» dichiarò Ladybug, avvicinandosi e grattando il
mento al biondo, che alzò il capo per godersi quelle attenzioni: «Invoco
il Lucky Charm e voi…»
«Hawky ed io giochiamo agli allenatori di pokemon» sentenziò Chat,
facendole l’occhiolino e mettendo mano al bastone: «Forza, farfallino è
tempo di acchiappare quel coso.»
Ladybug sorrise, osservando Chat e Hawkmoth attirare l’attenzione del
mostro e costringerlo a rimanere nel cortile; si voltò, in tempo per
notare che Peacock aveva riaperto gli occhi e le stava facendo un segno
affermativo con la testa: perfetto, qualunque cosa aveva visto significava
che potevano usare il Cataclisma di Chat su quell’affare di pietra.
Lanciò in aria lo yo-yo, invocando il proprio potere e osservando
l’oggetto creato cadere fra le proprie mani: «Una fune elastica?» domandò,
studiandola e poi guardandosi attorno: a cosa poteva servir…
Si fermò, aprendo la bocca e sorridendo: «Volpina, puoi creare del fuoco
fatuo davanti il cancello della scuola?» domandò, osservando l’italiana
annuire e invocare il proprio potere, facendo ciò che le era stato detto;
Ladybug rimase in attesa, notando come il bestione, deviò il proprio
percorso per evitare le fiamme di Volpina.
Perfetto.
A quanto pare era fatto di pietra, ma mal tollerava i loro poteri.
«Bee, usa una frusta di energia per mandarlo contro la porta della
scuola.» sentenziò Ladybug, lanciando lo yo-yo e balzando all’interno del
cortile: «Tortoise, prepara la tua barriera!» urlò, atterrando su un
albero e osservando Bee, Chat Noir e Hawkmoth che limitavano gli
spostamenti del nemico: «Chat!»
L’eroe nero alzò la testa al richiamo della compagna e lei gli lanciò un
capo della fune, indicando con la mano libera la porta della scuola: «Bee!
Mandalo nella nostra direzione, possibilmente a tutta velocità!»
«Cosa?»
«Fidati, Chat»
«Mi fido, ma…»
Ladybug gli sorrise, tenendo il capo di fune che aveva ben stretto fra le
mani e osservando Chat fare lo stesso dall’altra parte della porta, mentre
Bee a suon di frustate costringeva il mostro a rotolare verso di loro:
«Non lasciare la presa, Chat» mormorò l’eroina rossa, poco prima che il
nemico rotolasse verso l’interno della scuola; Chat e Ladybug serrarono la
presa, facendo appello a ogni oncia della loro forza e la fune elastica
fece il suo lavoro, quando fu al massimo della sua elasticità ritornò alla
sua forma originaria, spedendo il golem nell’aria e dritto nel punto in
cui Tortoise aveva creato una barriera: «Chiudila, Tortoise!»
L’eroe verde annuì, concentrandosi e chiudendo la barriera attorno al
mostro: «Tutto tuo, Chat!» esclamò, osservando il felino correre nella sua
direzione con la mano impregnata di forza distruttrice, balzò in alto e,
sfruttando la mancanza di un soffitto nella barriera di Tortoise, atterrò
all’interno e posò le dita sul mostro, osservando l’energia del cataclisma
divorarlo e tramutarlo in polvere.
«E il titolo di eroe della situazione va a Chat Noir» dichiarò l’eroe in
nero, sogghignando e voltandosi verso i compagni: «Ah, se non c’ero io…»
«Vi prego, ditemi che d’ora in poi non sconfiggeremo i nostri nemici
grazie a Chat…» mormorò Volpina, voltandosi verso Ladybug e osservandola
mentre lanciava in aria il Lucky Charm, ripristinando tutto: «Non potrei
sopportarlo. Non potrei reggere il suo ego.»
«Ah, volpe, se non c’ero io eravate ancora in balia di quel coso rotante.»
«Avete finito?» domandò Alex, sospirando: «No, perché sembra che questo
sia l’unico bagno funzionante della zona e…beh, vorrei uscire. Quello che
è stato nel box di fianco al mio non deve aver mangiato bene ieri…»
«Sì, Mogui. Abbiamo finito» sentenziò Ladybug, sorridendo: «Ci vediamo
oggi.»
«Non mancherò. Tutti da Starbucks.»
«Ah. Starbucks.» sospirò Rafael, sedendosi accanto a Sarah: «Quanto non mi
mancavano le nostre riunioni post-battaglia che facciamo qui» dichiarò,
prendendo il proprio the dal vassoio e guardando il resto del gruppo: « E
sottolineo il non.»
«Oh, andiamo! Stiamo un po’ assieme!» domandò Lila, sorridendo dolcemente:
«Insomma, non ci vediamo quasi mai.»
«Veramente noi stiamo sempre assieme» la contraddisse il parigino,
scuotendo la testa: «Vedo più voi di mio padre.»
«Ok, volevo provare il nuovo frappuccino. Contento?»
«Ma voi italiani non dovreste odiare questa catena che ha distrutto il
vostro caffè?»
«Sì, però i frappuccini mi piacciono, quindi gli perdono quel peccato
mortale.»
«No, maledizione!» sbottò Alex, abbandonando il proprio cellulare sul
tavolo e sospirando pesantemente: «Una sola nota mancata e potevo fare la
Full Combo» bofonchiò, passandosi le mani fra i capelli e recuperando la
propria ordinazione, tirando su dalla cannuccia e fissando lo schermo: «Ma
sarai mia, Maki. Mia.»
«E’ impazzito del tutto?»
«No, sono ancora sano di mente, Lila» dichiarò il newyorkese, sorridendole
e mostrando lo schermo del cellulare: «Solo che un mio compagno di corso
mi ha fatto conoscere questo paradiso in terra: è un gioco musicale, dove
puoi collezionare carte di idol…» si fermò, armeggiando con lo schermo e
mostrando la propria collezione: «Cioè di due gruppi di idols: Maki è la
mia waifu. E immaginati la mia frase con un cuoricino finale.»
«Oh, lo conosco» mormorò Marinette, sorridendo: «Juleka ci gioca, è molto
brava.»
«Juleka, Juleka…»
«Alta, mora, stile dark» l’aiutò Adrien, sorridendo: «Non la diresti
appassionata, lo so.»
«Era al vostro matrimonio?»
«Sì, era insieme a Rose» mormorò Marinette, battendosi le dita sulle
labbra: «Adrien?»
«Cosa?»
«Ora che ci penso…» la mora si voltò verso di lui: «Ti ricordi il ragazzo
che era con Rose?»
«Ehm…forse?»
«Non era il principe Alì?»
«Abbiamo avuto il principe Alì al nostro matrimonio?»
«Adrien e Marinette. Gli unici che non si ricordano se hanno avuto un
reale al proprio matrimonio» dichiarò Rafael, scuotendo la testa:
«Solamente voi…»
«Beh, erano presi l’uno dall’altro.»
«Presi l’uno dall’altro? Wei, quando Marinette è arrivata all’altare,
c’era il prete che stava facendo notare l’ora, perché questi due avevano
da miagolare.»
«Non è vero» bofonchiò Adrien, fissando male l’amico: «E non dovremmo
parlare del nemico?»
«Dì Ren fa creature di Quantum che battiamo nel solito modo» riassunse
Volpina, sorridendo: «Ecco, abbiamo parlato del nemico.»
«Veloce come discussione» commentò Xiang, studiando il the che aveva
ordinato: «E’ veramente…»
«Forse è differente rispetto a quello cui sei abituata» sentenziò Rafael,
scuotendo la testa: «Ma qualcuno qui è fissata con Starbucks.»
«Hai problemi?»
«Lila…» sospirò Wei, poggiando una mano sul capo della ragazza e
sorridendo, mentre l’italiana fissava imbronciata il modello moro: «Lascia
in pace, Rafael.»
«E’ lui che non lascia in pace me.»
«Rafael, lascia in pace Lila» sentenziò Sarah, ridacchiando e osservando
lo sguardo di Adrien, posarsi sull’uno e l’altra, pronto ad aprir bocca ma
venendo fermato da un solo sguardo di Marinette.
«Io lascio in pace entrambi. Capito il concetto.»
«Che bello, siamo tornati alle vecchie storie? Lila, Rafael e Adrien che
si beccano a vicenda, mentre Sarah, Wei e Marinette li devono fermare»
sentenziò Alex, divertito: «Ed io non ho fatto full combo di nuovo.»
«Posso provare?» domandò Xiang, prendendo il cellulare e armeggiando con
questo, aggrottando le sopracciglia mentre Alex la incitava e anche Thomas
fissava incuriosito lo schermo.
«Parlando di cose serie…» mormorò Lila, voltandosi verso Sarah: «Tu ora
vai a vivere con il piumino e noi dove faremo le nostre serate al
femminile a suon di drama?»
«Sarah, ma ce n’è una che non hai contagiato?» domandò Rafael, fissando la
ragazza: «Perché vi piace soffrire così tanto? Non ce n’è uno dove non
piangete.»
«Concordo» sentenziò Adrien, annuendo con la testa: «Ne ho visto uno con
Marinette e sul finale…»
«Scatola di fazzoletti?»
«Scatola? Si è fatta fuori non so quante confezioni...»
«Esagerato.»
«Marinette, Plagg navigava in un mare di fazzoletti e usava una scatola di
camambert come zattera!»
«Voi siete miscredenti che non comprendono la bellezza dei drama. Ecco»
dichiarò Sarah, alzando il mento: «Sono certa che, vedendo il drama
giusto, anche voi piangereste.»
«Ne ho visti parecchi con te…»
«Oh, ma non ti ho fatto vedere quello che ti fa male proprio qui» dichiarò
Sarah, battendosi il pugno all’altezza del cuore: «Moon Lovers.»
«Sarah…» mormorò Lila, inspirando profondamente: «Quella ferita è ancora
aperta.»
«Moon Lovers sarebbe...»
«Non l’hai visto, Rafael.»
«Sarà come gli altri.»
«Oh, ti assicuro che non è così» dichiarò Lila, scuotendo il capo:
«Anch’io la pensavo come voi e invece…»
«Full combo! Grande Xiang!» esclamò Alex, attirando su di sé l’attenzione
dell’intero gruppo, mentre le prendeva il viso e le regalava un sonoro
bacio sulla guancia: «Sei un mito.»
«Non è difficile…»
«E Xiang si appassionò al gioco» sentenziò Rafael, ridendo: «Se stai con
Alex, impari a giocare.»
«Pennuto, per favore, se vuoi fare battute devi avere un certo non so
che.»
«Gattaccio, piantala di miagolare…»
Lila sospirò, alzando gli occhi al cielo: «Quanto mi mancavano le nostre
riunioni post-combattimento…»
Felix sorrise, osservando la donna in completo nero che sedeva davanti la
sua scrivania: «Non aspettavo una tua visita, Bri» dichiarò, chiudendo
dietro di sé la porta dell’ufficio e raggiungendola: doveva essere passata
dal parrucchiere perché le onde bionde, che aveva avuto fino a poco tempo
prima, adesso erano scure come la notte.
Non le disse niente, sicuro che lei avrebbe trovato una scusa al suo
cambiamento e non dandogli nessuna soddisfazione.
Aveva cambiato anche look quel giorno, preferendo un sobrio completo
giacca e pantalone, rispetto alle gonne attillate che indossava di solito.
«Hai saputo?»
«Che sono il favorito per l’elezione di sindaco? Sì, il mio segretario mi
ha informato.»
La vide sospirare e sistemandosi più comodamente allo schienale della
poltroncina: «No, Dì Ren. Ha attaccato nella scuola di Thomas.»
«Sì» sospirò Felix, poggiandosi alla scrivania e incrociando le braccia:
«Un mostro di pietra. Alex mi ha chiamato poco dopo, dicendo che era
qualcosa simile a un…»
«Golem dei pokemon. Sì, l’ha detto anche me» dichiarò Bridgette,
sorridendo: «Cosa ne pensi?»
«Che ha calibrato il tiro. Si è accorto di aver fatto una cazzata – e
passami il termine – con Yi e quindi si è regolato.»
Bridgette annuì, tamburellando le dita sul bracciolo e sospirando:
«Manderà altri così?»
«Non so dirtelo, Bri» dichiarò Felix, scuotendo la testa e sorridendo:
«Però posso dirti una cosa.»
«Cosa?»
«Tu. Io. Un tavolo al Taillevent. Stasera. Che ne dici?»
«Non ti arrendi mai?»
«Non quando so di poter vincere. Allora?»
Bri si alzò, sorridendogli zuccherosa, preludio di un sicuro no: «Stasera
devo vedermi con Maxime.»
«E chi diavolo è Maxime?»
«Il mio assistente, genio.»
«Ah.»
Felix la osservò, mentre recuperava la pochette e raggiungeva la porta,
fermandosi: «Prenota per un altro giorno» dichiarò la donna, aprendo la
porta e chiudendosela dietro, mentre Felix sorrideva divertito.
Taowu sbadigliò, osservando la distruzione fatta da Taotie e poi la polla
d’acqua scura: a quanto pareva l’emissario del compagno era stato
annientato. Distrutto.
Gli eroi di Parigi avevano vinto nuovamente.
Una folata di vento gli mosse i capelli, facendolo sorridere: «No, non
manderò te» dichiarò, alzando la mano e sentendo l’aria intrecciarsi alle
sue dita: «Non ancora. Lascia che se la giochino gli altri.» Il vento si
mosse nuovamente e Taowu avvertì una carezza sulla nuca: «Noi useremo
un’altra strada.»