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Autore: Levyan    05/05/2017    1 recensioni
Due anni dopo gli eventi dello speciale Omega Ruby e Alpha Sapphire, molte cose sono cambiate. E molte vecchie conoscenza avranno modo di reincontrarsi ad Holon, un resort per Allenatori in cui tradizioni e leggende sono sostituite da comodità e attrazioni. Sarà necessario far fronte ad un nuovo pericolo. Purtroppo non tutti gli amici che si hanno accanto sono sempre quello che crediamo siano.
Ma la follia è come la gravità, basta solo una piccola spinta.
Genere: Avventura, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Levyanbräu (Pokémon Adventures)'
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Capitolo 9: Notturni pt. 2
 
 
“Non attaccate mai per primi. Se si prende tempo, cambiate Pokémon o perderete. Non cercate di prenderlo d’anticipo, ma evitate le azioni troppo banali” li aveva allertati Kalut. “Impeditegli di comunicare con i suoi Pokémon, limitate la sua possibilità di sfruttare il terreno di scontro a proprio vantaggio” aveva invece consigliato.
I Dexholder si erano preparati duemila schemi in mente, ognuno dei quali sarebbe teoricamente stato in grado di sovvertire le sorti della battaglia contro Zero a proprio favore. Purtroppo per lui, Ruby non aveva udito nessuno di questi preziosi avvertimenti.
Zero, alle venti e trentadue, aveva fatto terra bruciata attorno alla sede dell’organizzazione FACES di Porto Alghepoli. Non aveva colpito il palazzo, lo aveva solo circondato. Era sceso dall’alto, in groppa ad un Braviary, aveva lanciato sul campo di battaglia un Lycanroc, uno Scizor e un Druddigon. Intendeva utilizzarli come guarnigione per penetrare nel palazzo, ma si era trovato davanti tutti i membri della squadra di Ruby. E così, mentre i due Allenatori erano impegnati a fulminarsi a vicenda con lo sguardo, i loro Pokémon avevano cominciato a scannarsi senza pietà alcuna. I loro colpi avevano messo in allarme la città intera: un Martelpugno di Swampert, eluso da Lycanroc, aveva trasformato un auto parcheggiata in un cartoccio di lamiere; un Dragopulsar di Druddigon, deviato da Flygon, aveva fatto esplodere tutte le finestre del secondo piano del grattacielo; un Forbice X di Scizor, evitato da Mightyena, aveva scrostato cinque metri quadri di asfalto stradale.
 
­­− ­Prendete le correnti tiepide, passando sul mare. A quest’ora dovrebbe essere la condizione più rapida per volare. Quando avrete raggiunto Porto Alghepoli probabilmente Ruby sarà già stato sconfitto, due di voi dovrebbero tenere Zero occupato mentre il terzo si occuperà dei civili e dei feriti. Non so che cosa abbia in mente di preciso, ma sono quasi sicuro che il suo piano preveda l’eliminazione totale della sede FACES. In ogni caso, pensate ai civili, lasciatelo demolire il palazzo, se riuscite a impedire che ferisca le persone – spiegava Kalut nella comunicazione condivisa. Era rivolto a Silver, il quale riportava tutto a Crystal e Sapphire. I tre erano in volo: le due ragazze sul dorso di Tropius e il fulvo sulle ali di Honchcrow. Stavano letteralmente mangiando il percorso tra Ciclamipoli e Porto Alghepoli. Sapphire teneva la schiena inarcata e il corpo perfettamente aderente alle squame del suo Pokémon per guadagnare aerodinamicità. Guardava il puntino lontano che era il loro obbiettivo e pregava di non star di nuovo andando ad assistere ad un’apocalisse come quella di Vivalet. Ruby era intervenuto alla svelta, anticipando Zero, il che faceva supporre che qualcuno, nella FACES, si era reso conto dell’imminente attacco all’ultimo momento, mandando a chiamare il loro guerriero migliore. Vincolato alla Federazione per chissà quale ragione. Eppure, nessuno di loro riusciva a comprendere. Da che cosa era stato tradito Zero? Quale indizio aveva permesso a Ruby, o a chi per lui, di prevedere l’attacco a Porto Alghepoli? Ciò che pesava sulla coscienza della ragazza era la loro disattenzione. Il fallimento della meticolosa mente di Kalut che non era arrivata a studiare ogni minima sfumatura della situazione.
E poi c’era il sibilo dell’aria, il quale sferzava gli zigomi della Dexholder di Hoenn come una lama affilatissima. Tutto attorno era silenzio, al centro del mondo solo lei, il suo Pokémon e il nemico.
 
In città, le persone fuggivano, i telefoni cominciavano a digitare il numero della polizia. Intanto, Zero sembrava non riuscire ad avanzare. Ruby, schierato come un oplita davanti all’entrata del palazzo, non accennava a fare un passo indietro. Il ragazzo sembrava volergli saltare addosso per malmenarlo, come fossero anche loro due Pokémon. La sede FACES era piena di lavoratori che avrebbero già dovuto timbrare il cartellino per la fine del loro turno di lavoro. Quella giornata era sembrata fin troppo noiosa e ripetitiva, si era proprio avvertito il bisogno di un minaccioso assassino pronto a far crollare un palazzo sopra alle loro teste. I poveracci non riuscivano a fuggire, nonostante la resistenza del Campione di Hoenn stesse dando loro un gran quantitativo di tempo. Non vi era un’uscita sul retro o una scala antincendio e l’unica porta principale era già stata sfondata una volta, prima che il Milotic di Ruby intervenisse contro quel minaccioso Lycarnoc. Ad ogni modo, la fuga non era sicura.
Ruby se ne rese conto, ma provare a spingere il nemico all’angolo era molto più facile a dirsi che a farsi. Impose alcune condizioni di complicazione ai Pokémon avversari, ma ogni strategia era inaffidabile e facilmente contrastata dall’intelligenza strategica di Zero: il congelamento di Druddigon durò pochi istanti, poi Scizor attirò un Fuocobomba di Castform e lo evitò all’ultimo sciogliendo il blocco di ghiaccio dell’alleato; il vapore creato da Milotic non riuscì ad ostruire la vista dei nemici, poiché Braviary lo scacciò via con le sue forti ali; le rocce affilate evocate da Flygon non limitavano il movimento, Druddigon le afferrava e le lanciava come proiettili. Lo scontro sembrava alla pari e perdurava su un caotico equilibrio da quasi venti minuti.
Poi, il Campione di Hoenn commise un errore: tentando di spostare la lotta sul lato destro, senza quindi forzare la posizione di Zero ma cambiando solo l’angolazione, mostrò il fianco per un istante, accorgendosi troppo tardi dei tre civili intrappolati all’interno della macchina al lato della strada. Zero era troppo vicino a loro, Druddigon era impegnato in un corpo a corpo con Milotic e se avesse vinto avrebbe potuto distruggere involontariamente l’auto, ammazzando due signori e un ragazzino. Ruby si rese conto della situazione con un istante di ritardo: gridò un ordine a Milotic per farlo spostare, ma non poté evitare il colpo di Scizor che era comparso sulla sua destra.
Il crostaceo gli chiuse la chela attorno alla spalla, avvicinandosi pericolosamente al collo. Ruby percepì il metallo acuminato lacerargli la pelle attraverso i vestiti e mordere tenacemente la sua carne. Zero aveva mirato direttamente a lui. Poi, la seconda chela del Pokémon, chiusa a pugno, lo colpì fortissimo sullo stomaco, scaraventandolo qualche metro indietro. Non riuscì ad alzarsi, perdeva molto sangue e gemeva di dolore.
Zero ebbe campo libero, i suoi avversari, preoccupati per il proprio Allenatore e privati di una guida, andarono al tappeto in poco tempo.
Il Campione di Holon si avvicinò minaccioso al palazzo, lasciò i suoi Pokémon a fare la guardia e vi entrò incedendo con terribile calma. Ruby era a terra con la sua squadra, per le strade c’era il caos, davanti a lui sostava una tremolante massa di inutili impiegati che non sarebbero riusciti a fermarlo neanche se lo avessero attaccato tutti insieme, il palazzo FACES era in suo possesso.
 
Pochi minuti dopo, Silver, Crystal e Sapphire giunsero sulla scena. Scesero al volo dai propri Pokémon atterrando sull’asfalto della strada martoriata dalla lotta di Ruby e Zero. Videro il palazzo FACES, il grattacielo di vetro le cui finestre erano state tutte infrante fino al quarto piano circa. L’ingresso era divelto, così come le decine di macchine spazzate via dai loro parcheggi che occupavano la strada. Vi era il deserto, una scialba folla di persone sembrava osservare da lontano la situazione, priva del coraggio di farsi avanti e della paura sufficiente per darsela a gambe. Sapphire individuò subito il corpo di Ruby disteso sulla strada. Il ragazzo si muoveva appena, cercava di alzare la testa per guardarsi intorno. Cercava i suoi Pokémon. Questi ultimi, similmente al loro Allenatore, erano tutti a terra, privi di energie.
−Ruby! – esclamò lei, gettandosi sull’amico.
Esaminò il suo corpo: la maglia nera che portava era stata forata in più punti, come se qualcuno gli avesse inflitto diverse pugnalate. Sapphire, non senza difficoltà, gliela tolse. Inorridì di fronte alla visione del suo torace: i tatuaggi lineari e perfetti generati dalle gemme erano spezzati in più punti, la carne era lacerata lungo una parabola precisa e i tagli arrivavano in profondità. Stava perdendo molto sangue.
−Cazzo−esclamò la ragazza. – Chiamiamo qualcuno, chiamiamo un’ambulanza! – gridò ai suoi compagni.
− No – gemette Ruby, digrignando i denti. – Bisogna fermare Zero.
Sapphire non capì. Il ragazzo aveva parlato, il che era un bene. Tuttavia non si capacitava di come potesse avere tale priorità persino in una condizione del genere.
− È là dentro – mugolò il ragazzo.
− Ruby, cazzo, devo portarti… −improvvisamente la ragazza ricordò.
I due si guardarono negli occhi. Ruby comprese di esser stato capito.
− Riesci a rifarlo…? – chiese lei.
− Adesso sì – rispose lui, con voce più ferma.
E la ragazza udì ancora quel rumore sfrigolante di metallo rovente immerso in acqua. L’odore di bruciato era coperto dalla puzza di asfalto e polvere. Davanti agli occhi di nuovo esterrefatti di Sapphire, ogni lacerazione sul corpo di Ruby si chiuse spontaneamente. Le sue ferite vennero istantaneamente cauterizzate e trasformate in linee colorate simili a quelle del suo tatuaggio. Ruby aveva il fiatone ed un colorito strano. Quel processo sembrava parecchio doloroso.
Sapphire fece due passi indietro, Silver e Crystal fissavano la scena muti ed esterrefatti. Non avevano mai visto i tatuaggi di Ruby, e ciò li aveva spiazzati un po’, ma dovettero convincersi di non star sognando tutto, quando videro il ragazzo rialzarsi dalla sua pozza di sangue, sano, seppur barcollante.
− Per quello che so ha con sé uno Scizor, un Lycanroc, un Druddigon e un Braviary – spiegò Ruby con tono affaticato. −Insieme dovremmo fermarlo.
− Che diavolo è appena successo? – chiese Silver.
− Le gemme… hanno degli effetti collaterali – spiegò Ruby sommariamente, rimettendosi la maglia. – Dobbiamo muoverci.
I quattro Dexholder, dopo aver somministrato qualche Revitalizzante alla squadra di Ruby, entrarono nel palazzo.
− Aveva intenzione di distruggerlo, perché non lo ha ancora fatto? – chiese Sapphire.
− Potrebbe essere sceso ai piani sotterranei per piazzare qualche ordigno? – tentò Crystal.
− Non penso, di solito utilizza solo i propri Pokémon. Sinceramente non so cosa abbia in mente, ma dobbiamo trovarlo nel minor tempo possibile – fece il ragazzo.
− Kalut sarebbe utile in questo momento – commentò Silver.
− Aspettate – Ruby chiamò all’appello Gardevoir. – Riesci a individuare tutte le persone che sono dentro questo palazzo? Dovresti individuare una mente molto somigliante a quella di Kalut – le chiese. Il Pokémon acconsentì e chiuse gli occhi, concentrandosi sull’obiettivo.
− Ci sono altre persone? – chiese Sapphire, allarmata.
− Sì, tutti i dipendenti che lavoravano qui, credo li stia tenendo in ostaggio.
− Merda… − commentò Crystal.
Gardevoir emise un verso. Ruby comprese e chiuse gli occhi, percependo le informazioni inviate del Pokémon.
− Ok – annuì. – Ci sono più di cento persone rinchiuse nei piani sotterranei, dovremmo farle uscire tutte. Zero si trova invece all’ultimo piano, è da solo.
− Io scenderò a liberare gli ostaggi – disse Crystal. – Siete voi i più forti, dovete affrontare Zero.
Aveva ragione, ma Ruby ebbe un dubbio.
− Potrebbe aver messo alcuni Pokémon a guardia degli ostaggi, non sarebbe tanto stupido da lasciarli soli. Forse faremmo meglio a dividerci in un due coppie – spiegò.
− Ok, non perdiamo altro tempo, io scendo con Crystal – annuì Silver.
− Non appena avrete tirato fuori le guardie, raggiungeteci – li esortò Sapphire.
− Va bene.
− Fate attenzione – aggiunse Crystal, rivolta a Ruby e Sapphire.
Li aveva guardati con occhi dolci, pur nel pericolo. Non aveva ancora perdonato Ruby né tantomeno si era riappacificata con Sapphire, ma sapeva di essere dalla loro stessa parte e di tenere alla loro salute. Alla fine, anche loro erano i suoi migliori amici.
E così, due Dexholder di Hoenn si avviavano verso l’esterno per raggiungere il piano più alto in volo, mentre i due di Johto imboccavano le scale di corsa, verso la posizione degli ostaggi.
− Come sapevi che avrebbe attaccato qui? – domandò Sapphire, lanciando la Ball di Tropius. – Anzi, come sapevi che Zero avrebbe dovuto attaccare?
− Kalut… lui ha scelto di allertare anche me. Poi un agente della sicurezza interna mi ha rivelato la posizione di un individuo molto somigliante a Zero, una manciata di minuti prima dell’attacco – spiegò lui.
− È un mostro.
− No, è un avversario come un altro. Dobbiamo solamente concentrarci.
− Ruby, stavi morendo fino a due minuti fa!
− Ma non sono morto. Senti… possiamo farcela, puoi farcela. Sei più brava e più forte di quanto tu creda, sei diventata molto più abile di quanto tu sia mai stata, non aver paura. Ho fiducia in te – le disse, prendendola per le braccia.
Sapphire rimase stupefatta. Ruby l’aveva gettata giù dal suo stesso Tropius per non farla lottare contro Max e Ivan, sette anni prima, e quando la Devon aveva scoperto la faccenda del meteorite, tempo dopo, aveva scelto di tenerla all’oscuro di tutto. Quel ragazzo aveva sempre scelto di caricarsi delle responsabilità al posto degli altri, per non mettere a rischio le persone a cui teneva. E ora, dopo così tanto tempo e dopo due anni di silenzio, le stava dando tutta quella fiducia. Sapphire si sentì piena di qualcosa che non riuscì a descrivere. Dalla sua bocca non uscirono parole. Si gettò al collo di Ruby e lo baciò sulle labbra, si strinse a lui più forte di quanto avesse mai fatto.
− Andiamo – la esortò lui, staccandosi dopo una manciata di secondi.
Sapphire aveva un sorriso assolutamente inadatto alla situazione stampato in faccia, quando salì in groppa al suo Tropius. I due Allenatori si staccarono dal terreno vincendo la forza di gravità. Ruby volava sul suo Flygon. Cominciarono a passare rasente alle vetrate, piano dopo piano, avvicinandosi sempre di più alla vetta.
 
Numerosi metri più in basso, Silver e Crystal stavano lottando contro un Darkrai la cui forza spropositata minacciava di far tremare tutto l’edificio. Lei aveva mandato in campo Hitmonchan mentre Silver stava utilizzando Feraligatr. Il Pokémon sembrava combattere come se avesse avuto un Allenatore a guidarlo. Teneva d’occhio tutto, riusciva a prevedere i movimenti dei nemici, elaborava tecniche complesse per abbattere le difese avversarie. Ma Crystal e Silver non si lasciavano intimorire. Avevano lottato insieme un numero esorbitante di volte, conoscevano i rispettivi punti di forza e punti deboli bene quanto i propri. Riuscivano a combinare le proprie forze.
Certo, lottare in un parcheggio non era comunque il massimo, il nemico riusciva a mimetizzarsi ai loro occhi trasformandosi in un’ombra bidimensionale e tentando agguati alle loro spalle. In ogni caso, riuscivano a tener testa al Pokémon Leggendario e pure ad assestargli qualche affondo violento, quando l’occasione lo permetteva.
− Gelodenti! – e Feraligatr attaccava.
Darkrai diventava un’ombra, allora Hitmonchan caricava un Centripugno con cui colpire il primo oggetto che si fosse mosso attorno a lui.
Il nemico emergeva dall’oscurità e cercava di utilizzare Vuototetro su Feraligatr, ma il potente maglio di Pokémon di Crystal lo scaraventava decine di metri più indietro.
− Sembra funzionare, dobbiamo continuare con questo ritmo – esclamò Silver.
 
− Che schifo… siamo così inutili… − si lamentava Blue.
Lei, Gold e Green si trovavano in volo su un aereo di linea che avevano praticamente preso per un secondo di anticipo. Entro circa un’ora sarebbero arrivati a Hoenn, ma erano ben lontani dal potervi giungere in tempo per essere d’aiuto nella lotta. Per questa ragione Green si massaggiava le nocche che aveva quasi distrutto prendendo a pugni mura e saracinesche e Blue si martoriava massacrandosi le unghie con i denti, Gold aveva invece creato dei coriandoli con il menu di bordo. Tutti e tre sentivano il bisogno di gridare come bambini. Eppure, non potevano far altro che aspettare e immaginare cosa stesse succedendo in quel momento a Porto Alghepoli.
Rocco e Camilla erano nella stessa situazione, solo che loro cercavano di annegarla lentamente nel bourbon. Il pilota del jet della Campionessa di Sinnoh, non senza molteplici problemi, aveva dovuto effettuare una deviazione. Il calcolo del carburante, della condizione e delle capacità del motore, tuttavia, lo avevano obbligato a rinunciare. Non avevano possibilità di raggiungere Hoenn. Non sarebbero entrati in battaglia. E questo li faceva star male.
La maggior parte delle persone rifuggono il pericolo e la difficoltà. Al contrario, gli Allenatori che hanno dovuto vivere in prima persona delle battaglie gigantesche come loro, non erano capaci di stare fermi. Non che cercassero il rischio e le battaglie, erano solamente degli spiriti ardenti e poco portati al relax e alla debolezza.
 
− Ci siamo! – esclamò Ruby.
All’ultimo piano della sede centrale FACES di Porto Alghepoli, un Tropius e un Flygon cavalcati da due Allenatori sfondarono le vetrate penetrando negli uffici. Ruby e Sapphire si ritrovarono in una stanza arredata in legno massello e pavimentata da una moquette morbidissima. Non c’era anima viva.
Imboccarono la porta, attraversarono un corridoio finché, guardandosi intorno, intravidero l’unica luce accesa. Proveniva da una stanza rivolta nell’ala sud, preceduta da un lungo corridoio tappezzato di quadri, ritratti e foto.
− Eccolo – mormorò Ruby correndo verso l’obiettivo.
Sapphire gli tenne dietro. Attraversarono il corridoio e svoltarono l’angolo, irrompendo nella stanza con le Poké Ball pronte ad essere lanciate.
Si trovarono davanti qualcosa che mai avrebbero potuto immaginare. L’ufficio apparteneva sicuramente ad un pezzo grosso, forse all’uomo più importante lì dentro. Aveva mobili in mogano e una vista sul mare veramente invidiabile. Era arredata alla perfezione e pulitissima, tranne per un particolare: un quadro era stato malamente lanciato a terra, nascondeva una cassaforte il cui sportello era stato lasciato aperto. In mezzo alla stanza, sotto la luce del lampadario, stava Zero. Solo, senza nessun Pokémon, disarmato.
Aveva un fascicolo di foglio nella mano e sembrava averlo appena letto.
Piangeva.
   
 
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