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Autore: Himenoshirotsuki    11/05/2017    5 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Fuoco 2

7

Forza d'Animo

"Imporre la propria volontà agli altri, è segno di forza. Imporla a se stessi, è segno di forza superiore."
Lao-Tzu

Quando tornarono alla tana, la prima cosa che Noriko fece fu andare a informare Dariush del carico di spezie in arrivo. Nemeria non la seguì, preferì tornare in tenda, adducendo come scusa la spossatezza del tatuaggio e del viaggio attraverso i quartieri, ma la verità era che sentiva un bisogno quasi fisico di stare da sola. Così si raggomitolò sulla sua stuoia, lo sguardo fisso sulla fanoos che pendeva sopra la sua testa e gli occhi malinconici di Pavona impressi a fuoco nella mente. Non sapeva cosa pensare, sinceramente: la sensazione di averla già incontrata non l'aveva abbandonata per tutto il viaggio di ritorno alla tana, ma più cercava di ricollegare il viso della donna a quelli dei membri della tribù, più si faceva strada in lei la certezza di non averla mai vista. Non era mai stata un'attenta osservatrice, però di lei si sarebbe ricordata, era troppo bella perché passasse inosservata persino ai suoi occhi disattenti.
Sospirò, si girò a pancia sotto e, sbuffando, appoggiò il mento sulle mani intrecciate, lasciando i piedi a dondolare nell'aria, mentre la sua mente rimuginava su Noriko, sulla sua storia e sul passato pieno di segreti. Non la conosceva, sapeva solo le informazioni più semplici, eppure doveva farsi violenza per non concederle piena fiducia: soprattutto dopo aver conosciuto Asuka e Arsalan, si era resa conto di quanto Noriko per lei fosse quasi al pari di un'estranea.
“Forse dovrei provare a parlarci più spesso. Per quanto mi abbia fatto rabbia il suo comportamento con Hirad, con me è stata gentile.” rifletté, rotolando dubbiosa sul fianco, “Mi ha portato dai suoi amici, ha speso il credito che aveva con loro per farmi fare un tatuaggio e...”
- Cosa cavolo ti è successo ai capelli?! -
Nemeria non fece nemmeno in tempo ad alzarsi che Altea si era già precipitata vicino al lei, gli occhi sgranati e la bocca aperta in un'espressione a metà tra lo stupito e il deluso. La prese per la spalla e la costrinse a sedersi per poi slegarle con gesti incerti il nodo della bandana.
- Scoiattolo... ma... ma perché li hai tagliati? Erano così belli, mi piaceva tanto pettinarli. -
- Noriko... Noriko mi ha detto che qualcuno aveva portato i pidocchi. -
- Se così fosse è un gran brutto problema. Ha già parlato con Dariush? -
- S...sì, penso di sì. - balbettò e poi aggiunse, - Ero io ad averli, in realtà, non volevo dirlo a nessuno perché mi vergognavo e così ho chiesto aiuto a Noriko. -
Altea aggrottò le sopracciglia: - Da quanto voi due siete così in confidenza? -
“Perchè non riesco a dire una bugia senza darmi la zappa sui piedi?”
- Non lo siamo, però ai gemelli non sto per niente simpatica e ho pensato non fosse una buona idea rivolgermi a te o a Hirad dopo quello che è successo ieri. - si giustificò e si grattò nervosamente il collo, - A proposito lui... lui come sta? -
La Sha'ir si spostò i capelli dietro l'orecchio e trasse un profondo respiro, prima di prendere posto vicino a lei, spalla a spalla, con la testa che sfiorava quasi quella di Nemeria.
- Sta che non parla. Stamattina mi sono avvicinata e lui non ha nemmeno alzato lo sguardo dalle bozze delle nuove mappe. Ha persino lasciato la sua porzione di zuppa, quella che Afareen fa con le lenticchie. - si massaggiò la fronte e si stropicciò gli occhi stanchi, sottolineati dalle profonde occhiaie, - Lo so che non possiamo pretendere che si riprenda da un giorno con l'altro, ma vederlo così mi fa piangere il cuore. Ho provato a parlare con Dariush, a fargli notare che è stato crudele con lui, ma non ha voluto sentire ragioni. L'unica cosa... buona è che stanotte con me è stato molto gentile, quasi dolce per certi versi. Mi è sembrato di ritrovare il ragazzo di cui mi sono innamorata quando sono arrivata qui. -
Nemeria si morse le labbra per non rispondere e si scroccò le dita, scuotendo appena la testa.
- So che a te non piace, ma ti assicuro che non è una cattiva persona. Quello che facciamo... solo a volte è doloroso, ma ti assicuro che è normale per una donna. - le batté una pacca sulla spalla con un sorriso incerto, - Quando diventerai una signorina e ti innamorerai di un uomo capirai quello di cui sto parlando. Allora ti ricorderai di me, di questa conversazione e dirai “Per tutti i karuş del sultano, Altea aveva ragione!” -
Il tono platealmente tragico della Sha'ir fece ridere Nemeria che, dopo aver arricciato le labbra provando a trattenersi, si abbandonò al riso che contagiò anche la sua compagna. L'allegria sottrasse aria alla rabbia e la soffocò così com'era divampata, prima che diventasse un incendio.
- Piuttosto, c'era un motivo particolare per cui hai fatto irruzione nella mia tenda? -
- Nella tua tenda... guarda come la scoiattolina rivendica il suo territorio. - la punzecchiò, prima di farsi seria e tirare fuori dalla tasca un foglio accartocciato, - Mentre stavamo aiutando Hirad a mettere a posto, ho trovato questo. -
Curiosa, Nemeria lo distese sulla stuoia, lisciando gli angoli con il pugno chiuso in modo da poterlo osservare meglio. Il disegno non era completo, mancava un pezzo della parte superiore e una parte della spalla, ma quella testa mezza rasata e l'orecchino con la catena era impossibile non riconoscerli. Gli occhi di Altea la fissavano dalla pergamena, catturati in un momento in cui erano leggermente più aperti, come se la loro padrona avesse appena visto qualcosa di così meraviglioso da volersene riempire e la bocca atteggiata in un sorriso sorpreso, delineato con tratti leggeri e delicati fino a uniformare le linee nel profilo delle labbra a cuore. Era così bella e così realistica che Nemeria pensò per un momento che Altea la stesse prendendo in giro e si fosse fatta fare un ritratto da uno degli artisti sulla Via degli Usignoli.
- Anche io stentavo a crederci. Sapevo che Hirad era bravo, le mappe che fa sono sempre chiare e precise, ma non mi ero mai soffermata a vedere gli altri disegni. Ne ho conservati altri e dovresti vedere quanto è bravo. Non ho mai visto nessuno come lui, nemmeno tra i miei clienti più facoltosi. -
- Clienti? Eri una mercante? -
Altea si rabbuiò e la luce nel suo sguardo si smarrì in chissà che ricordi. Nemeria le strinse il braccio e le prese la mano tra le sue, il senso di colpa che già faceva breccia nel suo cuore.
- Ero merce, Scoiattolo, vendevo il mio corpo per sopravvivere. -
Nemeria aveva la gola secca, non riusciva nemmeno a deglutire.
- Vengo da una famiglia poverissima che viveva nelle campagne vicine alla catena montuosa dell'Abint Değlar. Per quanto i nostri genitori amassero me e i miei fratelli, non potevano sfamarci tutti, così hanno venduto qualcuno di noi per permettere la sopravvivenza degli altri. Io sono finita qui e l'uomo che mi aveva comprata mi ha messa a lavorare nella sua casa di piacere. - intrecciò le dita con le sue, le strinse forte e tirò su col naso.
- Quanti... quanti anni avevi? -
- Meno di te, Scoiattolo, molti meno di te, ma l'età era indifferente: i soldi potevano comprare tutto, soprattutto ciò che la legge vieta. - le fece un buffetto sulla guancia e distese le labbra nel suo sorriso più rassicurante, - Ma non voglio parlare di me, nella mia vita non c'è niente di cui valga la pena parlare. -
- Qualcuno ha sicuramente da ridire. -
- Forse... ma non sono venuta qui per me, ma per Hirad. Volevo proporti di rubare delle pergamene e di consegnargliele al più presto possibile. Voglio che torni a sorridere, a straparlare come suo solito e... - raccolse il foglio e lo accarezzò con la punta delle dita, quasi con deferenza, - Voglio solo che stia bene, Nemeria, non ce la faccio a vederlo così per colpa mia e della mia incapacità. -
“Tu non hai niente da rimproverarti, è tutta colpa di Dariush!”avrebbe voluto gridare Nemeria, ma tenne quella considerazione per sé, la recluse nel ripostiglio della sua mente assieme a tutto l'odio e la rabbia che provava nei confronti del loro capo prima che la sopraffacesse.
- Cosa... pensi di fare, quindi? -
- Pensavo di rubare delle pergamene e un paio di pastelli colorati. La scorsa settimana ho notato una bottega nel Quartiere della Pergamena che ne vendeva di molto belli. Non so se sono migliori rispetto a quelli che ha ora, ma credo potrebbe fargli piacere riceverne di nuovi, non pensi? -
- Mi sembra una buona idea, però non saprei come aiutarti. Io non sono granché a fare la spesa, rischierei di mandare a monte tutto. -
- Ah, di questo non ti devi crucciare, i miei piani sono sempre infallibili. Vedrai, non correrai alcun rischio. -
- È sarcasmo quello che sento nella tua voce? -
- No, io? Sarcasmo? Non so nemmeno cosa sia!- rise e le pizzicò il naso, - Allora, ci stai? -
- Non penso di avere scelta... -
- No, in effetti non ce l'hai, Scoiattolo. -
- Allora perché me lo hai chiesto? -
- Semplice cortesia. -
- Sono commossa da siffatta gentilezza, Altea la Sha'ir. -
La ragazza tirò una schicchera sulla guancia e poi scrollò la testa con una plateale espressione altezzosa, da vera nobildonna, facendo tintinnare le catene dell'orecchino e spostandosi i capelli scompigliati in un gesto stizzito. Poi si alzò stiracchiandosi e si approssimò all'uscita.
- Ah, non penso serva dirlo, ma vorrei non ne parlassi con nessuno, nemmeno con Noriko. - aggiunse, - Non prenderla a male, sai che comunque la stimo, ma è davvero strana ed è molto vicina a Dariush. Non vorrei che gli riferisse quello che abbiamo intenzione di fare. -
- Non avevo comunque intenzione di dirle nulla. -
Altea non rispose, rimase in silenzio a guardarla un momento, come se stesse soppesando le sue parole.
- Va bene, mi fido di te, Scoiattolo. Ora andiamo a cena, prima che Afareen e Chalipa comincino a berciare perché siamo in ritardo. -
Nemeria la seguì fuori dalla tenda e si accomodò attorno al fuoco, vicino a Hami e Kimiya che, non appena la videro, la salutarono, il primo con un cenno del capo, la seconda con un sorriso timido e appena abbozzato. Soltanto in un secondo momento parvero accorgersi del suo cambio di capigliatura, ma nessuno dei due fece commenti, sebbene a Nemeria non sfuggirono le occhiate confuse e corrucciate che loro e gli altri membri della famiglia di tanto in tanto le scoccavano. L'unico che non fece una grinza fu Hirad, che si limitò ad alzare appena lo sguardo per poi spostare nuovamente la sua attenzione su un sasso ai suoi piedi, le mani intrecciate abbandonate nel vuoto e le spalle basse, come senza forze, stanche con i gomiti che sembravano troppo deboli persino per sostenere il peso delle braccia. Nemeria provò una grande pena per lui, per il silenzio in cui si era trincerato e valutò, scartandola subito, la possibilità di sederglisi vicino. In qualche modo sapeva, sentiva, che così facendo non avrebbe fatto altro che aggiungere mattoni al muro che si era costruito, così si aggrappò al piano di Altea, promettendosi che avrebbe fatto l'impossibile perchè funzionasse.
La cena venne servita una ventina di minuti dopo. Come al solito, Chalipa e Afareen chiacchieravano tra di loro, scambiandosi battute e ricordandosi a vicenda quanto sale aggiungere, quanti pomodori tagliare, le proporzioni di acqua necessarie. La pentola sobillava e il fumo spandeva un profumo intenso di lenticchie mescolato a quello del limone. Alla prima cucchiaiata Nemeria non fu l'unica a storcere le labbra per il sapore troppo asprigno, che contrastava e soverchiava quello vellutato dei pomodori. Persino Hami, che mangiava sempre tutto senza fiatare, non riuscì a trattenersi dal lanciare una battutina sagace nei confronti delle ragazze, guadagnandosi un'occhiata truce e un mestolo puntato alla gola. Quella scena, così buffa e comica, riuscì a strappare un sorriso persino a Hirad che, per la prima volta in tutta la sera, smise di rimestare la minestra per godersi quel divertente battibecco tra suo fratello, calmo e con un sorrisetto malvagio sulle labbra, e Chalipa, battagliera e armata di tutti gli utensili da cucina a mo' di gladiatrice. Nemeria sospettava che lo avessero fatto apposta, che l'aver aggiunto quella spruzzata di limone solo dopo aver servito Dariush non fosse stata una semplice dimenticanza come aveva addotto Afareen, ma si avvide bene dal dirlo: quando il loro capo aveva distrutto i disegni di Hirad non avevano fatto nulla, quello, ne era certa, era il loro modo di scusarsi e di fargli sapere che c'erano.
Mentre tutti erano occupati a vedere il duello all'ultimo sangue tra le due ragazze e Hami, Nemeria cercò Noriko con lo sguardo. Intercettò la sua testa rossa dietro ai gemelli; stava finendo la sua minestra seduta per terra con le gambe intrecciate e la schiena dritta, con gli occhi occupati a fissare il vuoto davanti a sé, senza prestare la minima attenzione agli altri. Non appena si accorse di essere osservata, girò la testa nella sua direzione e puntò le sue iridi azzurre su di lei. Erano spilli acuminati, frecce ghiacciate che la trafiggevano da parte a parte e in Nemeria si rifece viva la percezione che quegli occhi potessero vedere i suoi pensieri, i suoi ricordi, i suoi segreti più intimi. Abbassò lo sguardo sulla sua ciotola lentamente, nel gesto più fluido e naturale che i suoi muscoli le permettevano, e portò alle labbra un paio di cucchiaiate, nella speranza che la ragazza non interpretasse quella sua ritirata come un'ammissione di colpevolezza.
“Non sa nulla, non essere paranoica. É un essere umano e tu ti stai facendo troppi problemi.” tentò di tranquillizzarsi, ma la sua voce si perdeva nel marasma di paure e angosce che le ingombravano la testa.
Trasse un profondo respiro e buttò giù l'ultimo pezzo di pomodoro. L'aria scivolò in gola, lungo la trachea e le riempì i polmoni quel che bastava per alleggerire il peso che le gravava sul petto. Non c'era niente che potesse fare, se non aspettare, sondare il terreno, capire se sotto quelle polle d'acqua non erano nascoste sirene pronte ad affogarla, eppure in quel tiro alla fune tra il bisogno di fidarsi di qualcuno e la paura di farlo, Nemeria sentiva di essere al limite, che l'incertezza che la dilaniava dall'interno presto l'avrebbe spezzata.
“Non puoi cedere ora, hai troppo da perdere.” si disse, ma nel profondo sapeva che l'unico motivo per cui continuava a procrastinare il confronto con Noriko era uno solo: la paura che, se lo avesse fatto, sarebbe morta, uccisa dalla sua nuova famiglia o gettata nell'arena a combattere fino al suo ultimo respiro. E, sebbene sapesse di meritarselo, continuava a fuggirle.
“Sei una codarda.” le sussurrò una voce malevola.
- Lo so. -
- Bene, adesso che avete finito tutti di mangiare, dobbiamo parlare. -
Dariush uscì dalla tenda e a grandi falcate arrivò vicino al fuoco. Le fiamme danzavano sul suo viso, disegnando il profilo volitivo della mandibola e la linea dura delle labbra sottili, che i giochi di luce e ombre accentuavano e sfumavano al ritmo pulsante del focolare. Li scrutava a uno a uno, le sopracciglia folte leggermente aggrottate e le braccia intrecciate sul petto largo, in attesa che tutti gli rivolgessero la dovuta attenzione. Non era imponente, agli occhi di Nemeria non lo era mai stato, ma le occhiaie scure e la pelle tirata del viso lo rendevano quasi spettrale, un mortale a un passo dal diventare un mostro.
- Noriko mi ha riferito che tra tre, quattro giorni Harmad sarà di ritorno con un carico di spezie. Come tutti sapete, spesso commercia nel Quartiere del Legno, ma considerando il viaggio che ha fatto dubito che la sua merce sia per la gente comune. É possibile che dovremmo andare a “fare la spesa” in uno degli altri quartieri ed è possibile che ci incontreremo con una delle altre bande. - soppesò il suo sguardo su ognuno di loro, - Per quanto non mi piaccia invadere i territori altrui, stavolta dobbiamo fare un'eccezione alla regola: se è come penso io, rivendendo quelle spezie a chi di mestiere, potremmo metterci a posto per un bel po'. Domani io, Noriko e i gemelli andremo in perlustrazione, voglio sapere quanti sanno del ritorno di Harmad. Sappiate che dovrete tenervi pronti, perché stavolta dovremo organizzare un piano perfetto e tutti voi dovrete collaborare, che vi piaccia o no. Altea? -
La Sha'ir alzò il capo.
- Domani tu, Kimiya e Nemeria andrete a rifornirvi di unguenti e medicine nel Quartiere del Ghiaccio. Tenete occhi e orecchie bene aperti, mi aspetto che se trapela qualche informazione su un possibile acquirente, me lo riferiate, chiaro? -
- Sarà fatto. -
- Non mi aspettavo altro. - posò il suo sguardo da squalo su Nemeria, - Tu, vedi di non essere quantomeno d'intralcio durante questa missione. Ricordati che sei qui per mia gentile concessione. -
La ragazza si morse le labbra e si piantò le unghie nei palmi, incassando in silenzio. Si impose la calma e lasciò che le parole le scivolassero addosso, ma queste erano vino sulla sua pelle in fiamme, la bruciavano alimentando la rabbia che ardeva nel suo essere. La pietra luna non riuscì a contrastarle. Nemeria scattò in piedi con le mani che formicolavano e il potere elementale che si irradiava in ogni fibra del suo corpo, smanioso di riversarsi all'esterno. Anche Noriko si alzò e agile come un gatto le fu vicino, le serrò il braccio in una stretta d'acciaio e le sussurrò qualcosa all'orecchio che però Nemeria non udì. Esistevano solo lei e Dariush, il suo sorrisetto borioso da vincitore che gli si allargava sulla bocca.
- Qualcosa da ribattere, mocciosa? -
Aprì le braccia e alzò il mento, invitandola a farsi avanti. Nemeria tentò di liberarsi dalla morsa di Noriko, le diede uno strattone, ma la ragazza rimaneva ferma, poteva vedere di scorcio i suoi occhi adombrati da una sincera preoccupazione, ma non le importava: il desiderio di farlo a pezzi, di vedere il suo corpo divorato dalle fiamme era più forte della paura di scoprirsi. Poi, prima che potesse colpire Noriko con una gomitata, una mano si posò sulla sua spalla. Era magrissima e le dita lunghe, affusolate, leggermente sporche di colore; la sua mente le collegò immediatamente all'unico membro della famiglia a cui potevano appartenere.
- Ti sta provocando, non fare stupidaggini. -
C'era una calma piatta nella sua voce, non un tremore, un'esitazione. Strinse la presa e si fece così vicino, così tanto che Nemeria potè sentire il suo calore attraverso i vestiti.
- Non devi perdere la calma, è questo che lui vuole. - le sussurrò ancora, - Ho già perso abbastanza, non voglio perdere anche te. -
- Ha ragione, dagli retta. Se ti scopre, è la fine. - aggiunse Noriko un istante dopo.
Nemeria trasse un profondo respiro e socchiuse le palpebre. La rabbia premeva contro lo sterno, raschiava le ossa lottando per uscire, ma più si concentrava sulle mani dei suoi due compagni, più essa si affievoliva, smorzandosi nel tepore della pietra luna e nel calore del contatto delle loro mani. “Non sono sola.”
Il cuore diminuì la sua folle corsa, rallentò fino a tornare camminare, mentre la tensione abbandonava i nervi e i muscoli. Quando riuscì a respirare normalmente, cercò gli occhi di Dariush e quando li trovò non riuscì a trattenere un mezzo sorriso: era deluso, deluso e irritato dalla situazione.
“Ho vinto.”
- Bene, per oggi è tutto. Mehrdad, Malakeh, Noriko, domani vi voglio svegli all'alba. Chalipa, Afareen, preparate la colazione in anticipo e anche il pranzo. - grugnì, prima di girarsi e infilarsi nella sua tenda.
Hami e gli altri membri della famiglia ripresero a parlare, anche se il nervosismo appesantiva ancora l'atmosfera. Noriko tirò un sospiro di sollievo e rivolse a Nemeria un'occhiataccia severa e piena di sussiego, ma lei la percepì appena, tutta concentrata sulla mano di Hirad ancora posata sulla sua spalla. Quando l'allontanò, le sembrò che si portasse via una parte di lei.
- Grazie. Grazie a entrambi, io... -
Hirad scosse la testa e le tirò una schicchera in mezzo alla fronte.
- Fai solo più attenzione, va bene? Non... devi metterti nei guai, soprattutto con Dariush. - la pelle gli si accapponò quando pronunciò quel nome, - Ora torno ai miei studi e alle mie mappe. Non ho ancora terminato di disegnare quelle che abbiamo visitato insieme, tu pensa. -
- Sei diventato pigro da quando stai sempre chiuso in tenda. -
- Lo sono sempre stato, lo sai che preferisco studiare piuttosto che uscire all'aria aperta. Non per altro il mio soprannome è “Ratto”. -
- Allora lo sei più del solito! -
Il ragazzo abbozzò un sorriso e si rivolse a Noriko: - Tienila sott'occhio tu, io... devo occuparmi delle carte. -
Diede loro le spalle, poi prima di entrare in tenda, si girò un'ultima volta.
- Stai molto bene così, anche la bandana ti dona. -
Nemeria si sentì avvampare. Si massaggiò il collo imbarazzata, cercando di comporre una frase di senso compiuto con le poche parole che non erano corse a rifugiarsi chissà dove.
- Piacciono... piacciono molto anche a me. -
Avrebbe voluto aggiungere altro, un qualcosa di più intelligente e meno scontato, quando la mano di Noriko le strinse forte il polso, mettendo in fuga ogni suo buon proposito.
- é tardi, dobbiamo andare. Domani devi alzarti presto. - le ricordò senza troppi preamboli con un tono monocorde, quasi atono.
- Ah, sì... sì, è vero. Allora, buonanotte Hirad. -
- Buonanotte a entrambe. - le salutò e prima che Noriko la trascinasse via, le sembrò che il ragazzo le avesse sorriso ancora una volta.
Non appena giunsero nella loro tenda, Nemeria avrebbe tanto voluto lasciarsi cadere sulla sua stuoia e di addormentarsi con l'immagine di Hirad che sorrideva, ma la sua compagna non le diede nemmeno il tempo di distendersi. Prese il barattolino e le ordinò di sedersi dandole le spalle, con una voce che non ammetteva repliche. Nemeria si tolse la bandana e, sebbene controvoglia, obbedì. Il tessuto era punteggiato da piccole macchioline d'inchiostro e sangue, ma nonostante tutto era più che pulito per gli standard in cui aveva imparato a convivere.
- Tra cinque, sei giorni non ci saranno più neanche quelle. - Noriko le spalmava il balsamo con delicatezza, seguendo le linee del tatuaggio con l'indice, - Domani ti sveglio prima di andare, così te lo metto. -
Nemeria rimase in silenzio, in attesa di un “va bene?” o di un “se sei d'accordo” che però non arrivò. Non era una domanda, ma una dichiarazione d'intenti, e anche se lei non avesse voluto, capì che Noriko lo avrebbe comunque fatto.
- Cosa significa il tuo nome? -
Aveva pronunciato quella domanda senza la mediazione del cervello e, soltanto quando la udì, si rese conto che non aveva più la consistenza dei pensieri.
Il dito di Noriko si fermò a mezz'aria per una frazione di secondo, prima di tornare ad applicare l'unguento sopra l'orecchio.
- Bambina esemplare. Perché ti interessa saperlo? -
- Una... mia parente diceva che non è il nome in sé a essere importante, ma il suo significato perché in esso è racchiusa la nostra essenza e quella che i nostri genitori volevano infonderci. Diceva anche che rivelare un'informazione così importante è segno di... fiducia. - inspirò, espirò e ispirò di nuovo, racimolando tutto il coraggio che aveva e si posò una mano sul petto, - Nemeria, nella lingua Školt, significa “indomabile”. Mio padre credo venisse dalle terre del Seber, dall'estremo Nord. L'unica eredità che ho di lui è quest'ipotesi e il nome che ha scelto per me. -
Noriko tacque un momento, poi si pulì le mani sui pantaloni e chiuse il barattolino. Era pensierosa, almeno questa era l'impressione che Nemeria aveva, sebbene non avesse fatto una grinza nonostante quello che le aveva rivelato.
- Fidarsi non è semplice, hai avuto coraggio. - commentò e si stese sulla sua stuoia, - Non hai mai conosciuto tuo padre, quindi. Tua madre, invece? -
Anche Nemeria fece lo stesso. La luce calda del focolare ondeggiava sulla tenda, proiettando le ombre sul tessuto, ora trasformato in un palcoscenico dove delle figure dai contorni sfumati si muovevano, ballavano e sparivano in un battito di ciglia. La tranquillizzavano, in un certo qual modo, non erano come le ombre che vedeva nascoste nel buio, erano quello che lei voleva che fossero, assumevano la forma che la sua mente imponeva: Rakshaan che giocava col suo pupazzo, Etheram che correva nella foresta di bambù, le Anziane che ballavano attorno al fuoco, Hirad che le sorrideva rientrando in tenda.
- Non lo so chi fosse, cioè... non so chi mi ha messa al mondo, ma la persona di cui ti parlavo prima diceva sempre che è l'amore con cui si crescono e non il sangue che condividiamo a renderci figli di qualcuno. Io la mia mamma la conoscevo, il suo nome era Hediye. Le volevo molto bene. -
- É morta? -
- Sì. -
Aveva la voce strozzata e il cuore le faceva male. La stanchezza le rendeva le palpebre pesanti, ma non era abbastanza per seppellire il dolore che premeva da sotto lo sterno. Ancora faceva male, nonostante il tempo, le settimane, faceva ancora male.
Noriko si girò e le prese la mano, la strinse appena e passò l'altro braccio sotto il collo in modo da cingerle le spalle.
- Non voglio dormire, ho paura che se chiudo gli occhi loro mi verranno a cercare. - ammise Nemeria in un bisbiglio.
Non sapeva nemmeno lei a chi si riferisse: le ombre, i predoni, i mostri che popolavano i suoi incubi sembravano tutti darle la caccia, incessantemente, sempre. Persino nei sogni, nelle terre dove i vivi e i morti possono incontrarsi, non c'era via di fuga.
- Non permetterò a nessuno di farti del male. Nessuno, Nemeria, ti potrà toccare. - il corpo di Noriko aderì al suo, le sue gambe si intrecciarono con le sue, in un incastro perfetto, - Ora dormi, domani sarà una lunga giornata, sia per me che per te. -
- E se venissero a cercarmi? Se riuscissero... -
- Non accadrà, perché io glielo impedirò. -
Nemeria avrebbe voluto chiedere come, ma il sonno la stava già reclamando. Mentre si addormentava, cullandosi nel sorriso di Hirad e nell'abbraccio di Noriko, la voce dell'Alta Sacerdotessa risuonò nella sua mente. Era nitida, viva come se la donna fosse stata lì vicino a lei, ma quando Nemeria tentò di aprire gli occhi, le palpebre rimasero chiuse, incollate.
Vedo lontano, oltre le nebbie. Vedo un mondo che non mi è più caro, un eterno inverno dove il sangue scorrerà imbrattando la virginea bellezza della primavera. Il disonore prevarrà, la lealtà verrà calpestata, il coraggio arderà nelle fiamme degli incendi. Ogni uomo diverrà un traditore, ogni tradito un omicida. Allora sarà l'Era della Falce e verrà emesso il giudizio sul mondo.
Una mano le sfiorò la guancia, era tiepida, morbida e le dita erano lunghe. C'era una delicatezza infinita in quella carezza.
Figlia di Chandra, considera il lato nascosto delle cose e chiediti cosa non conosci. Scruta al di là delle ombre, diffida dalla luce, segui il sentiero che ti trascinerà verso l'abisso e ti innalzerà al di sopra degli altri figli di Chandra e Heydar.
“Dove siete? Alta Sacerdotessa, siete viva? Mi state chiamando?”
Provò a parlare, ma la bocca non si mosse e la sua speranza rimase intrappolata nella sua mente, inespressa, mentre la mano continuava ad accarezzarla, catturando le lacrime che sfuggivano dalle ciglia ad una ad una. E Nemeria avrebbe voluto toccarle quelle mani, rivedere quella donna che aveva dato la sua vita per la salvezza della sua gente, ma per quanto lottasse, non riusciva a muovere un muscolo. Soltanto quando la stanchezza vinse ogni sua resistenza, riuscì a schiudere appena le palpebre e a scorgere una chioma bianca svanire nella luce tenue del focolare.

  
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