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Autore: marig28_libra    11/05/2017    2 recensioni
Le ombre del vespro si abbattono minacciose sul leone dei de Jarjayes, protettore araldico di una stirpe da secoli servitrice della corona francese.
Colpiti dal lutto delle loro bambine , François e Judith non riescono più a generare un erede sano e a vedere la serenità degli animi…
Oltre i campi di battaglia e le oscure incomprensioni, i due dovranno trovare il coraggio di prendersi ancora una volta per mano e riscoprire se stessi…Tra passato e presente , la ricerca dell’origine : la maturazione dell'amore assoluto e contorto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes, Madame Jarjayes, Marron Glacé
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAP 3 - La dimora dei pomi d'oro: melodie da lontano

3

La dimora dei pomi d’oro:

melodie da lontano

 

 

 

 

 

 

“ Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l'umano
la mia compagna, ti prendo per mano. “

 ( E. Sanguineti)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il sole delle cinque già si avviava verso ovest con andatura sicura. D’inverno pareva  avesse fretta di ritirarsi come un sovrano vanaglorioso, che concesso udienze ad alcuni sudditi, chiudeva le porte del proprio palazzo lasciando molte preghiere inascoltate. Nell’azzurro, ancora chiaro, s’intravedevano le prime dorature arancioni che formavano il bagliore del  tesoro regale sepolto dietro il solco intangibile del mare.
François guardava,  da dietro le vetrate del salone della villa, le colline dei meli che fissavano quello spettacolo inermi e rassegnate con le foglie in parte secche e in parte verde scuro.
Anche lui , nonostante la contentezza, sentiva una parte di se accoccolata tra quei rami…Il tramonto annunciava che la sera avrebbe invaso tutto : quello strano giorno,  che l’aveva visto prima sulla nave e poi proiettato in famiglia,  iniziava a incanutire.

-         Provate già nostalgia del mare? – chiese con lieve scherzosità Cosimo portando una tazza di tè.

-         Mi basta guardarlo da lontano – rispose sorridendo François – sono saturo delle navigazioni. È sempre una gioia camminare sulla terraferma.

-         Chi vi da torto? Quando viaggio in veliero  un occhio dorme e l’altro veglia.

-         Le tempeste accadono dappertutto ma , sbattuti tra le onde,  si ha l’impressione di finire ingoiati nell’infinito, senza alto né basso. Non esiste un suolo.  

-         Il suolo c’è a dire il vero – considerò aggrottando la fronte l’altro – è un lunghissimo deserto nella calma…non differisce dal Sahara e dalla steppa.

-         Beh sì  l’immobilità fa male in ogni luogo. Privati dei soffi di vento ci si scorda davvero di respirare…eppure…

Il Generale rifletté : le visioni paurose restavano in una lontana stasi  però riusciva a toccarle come fossero vicine.

-         L’oceano m’inquieta di più – continuò- Forse è la potenza di Nettuno…negli attimi in cui le onde si alzano, hanno forme più mostruose delle tempeste di sabbia o delle valanghe che si staccano. E’ proprio il fatto che si elevano con sagome distinte e pesantissime.

Cosimo sorseggiò il tè e fece leggermente ondeggiare il liquido residuo in fondo alla tazza:  nella colorazione ocra s’intravedeva qualche minuscolo e stordito brandello di foglia aromatica.

-         Prima il mare è limpido e piano , poi si smuove, si imbizzarrisce e si sporca… È il voltafaccia della natura. Anche noi uomini ne facciamo parte. Io mi rapporto con i commercianti, François, voi con la corte e l’esercito.

-         L’Europa è tutto un mare inaffidabile. Ora non si comprende cosa l’Impero Asburgico voglia fare, né se l’Inghilterra continuerà questi tafferugli Sfornita di una dichiarazione di guerra…In Francia sto sempre meglio anche se ci sono ugualmente trappole.

-         Nutrite ostilità verso il mare…- disse serafico Cosimo– ma vi garantisco che amarlo è un bel modo per sopportare le furberie del mondo. Sprovvisti di rotte commerciali ci s’instupidisce. Non bisogna sopravvivere dentro circuiti locali, ognuno chiuso in un’autoproduzione piccola. L’economia è un sistema universale di concorrenza e patteggiamenti. Tutti gli stati appartengono a questa scacchiera e voi capite che tutti sono uguali nelle brame. Vi abituerete a non farvi trovare impreparato da amare sorprese.

François arcuò il sopracciglio:

-         La rassegnazione gioca un ruolo dominante…non voglio cederle il passo anche se rischio di ammalare il sangue…

-    Così porterete perennemente ferite aperte. Siete leale, un autentico cavaliere ma la rabbia vi darà avvelenamento piuttosto che reale giustizia.

-         Mio padre era più negoziatore di me e  so bene che l’epoca dei veri cavalieri è finita.

-         Credo che vi aiuterà pensare alla rassegnazione identica ad una creatura attiva…Se evitate di prendere a cuore i normali disordini diplomatici , preserverete ancora più attentamente la vostra famiglia. Mi dedico a navi e traffici per proteggere a meglio la tana. Lo faccio per Oriane, per Samuele…Mio figlio dovrà imparare a sgomitare parecchio e a identificare la stupida malignità delle persone. Servirà a non versare troppe lacrime.  

-         Già…la famiglia.

“ Che insegnerò a mio figlio?” pensò François    a comportarsi come un Orlando o farsi i fatti propri? Servire la corona come leone o come volpe?”
Osservò il nipotino Samuele intento a mostrare ai nonni il suo cavalluccio di legno a ruote. Muoveva briosamente la testolina di capelli rossi, resa buffa dall’ampia fronte e dalle guance sporgenti. Si chinava poi a terra sgualcendo il gilettino blu e farfugliando con parole e gesti il funzionamento del giocattolo quasi fosse uno strumento magico.  

-         Eh, Suele – sorrise Cosimo – sta facendo vedere com’è bravo a domare il suo cavallo…è così che capirà: trascinare la pazienza e la volontà in ogni dove.

-         Parole sante – rise il generale-  per dar credito al discorso di prima, bisogna saper vendere le proprie qualità a qualsivoglia interlocutore.

-         È una legge che ci accompagna fin da piccoli – sospirò il barone – Samuele non può ancora captare ma se un attimo pensiamo alla nostra infanzia, avete il ricordo di quelle ansie di approvazione? Insomma catturare la benevolenza e l’affetto di tutti ?

 Il Conte tacque per qualche secondo: gli riaffiorò un rapido ricordo dell'età di sei anni, quando diceva alla balia Angéle e al buon Berthold che era andato a cavallo la prima volta. Si figurò,  con letizia,  i loro visi pieni di qualche dolce ruga che lo incoraggiavano entusiasti.
Un altro ricordo , abbacchiante e imbarazzante,  lo vide che esibiva al padre Jean Antoine un cavalluccio costruito con rametti secchi. Riusciva ancora a sentire la risposta grugnente :” piuttosto che fare ciarpamerie ripassa le prime due declinazioni di latino che non sai neppure cincischiare!”     

-         Sì…- ammise piegando la bocca– dicono che i bambini non abbiano pensieri, invece se dovessi tornare indietro, non sceglierei per nulla l’età degli scolaretti. D’accordo che , se vediamo dalla nostra ottica quei giochi e capricci,  ci sembrano sciocchezzuole…però percepivo il problema di piacere e non piacere, portare la pesantezza di un cannocchiale che ingigantiva.

-         Verissimo… - fu d'accordo il cognato – era una missione strappare la benedizione di chi ci circondava. Certo,  adesso Samuele è bello tranquillo. Il caro Grégoire è una garanzia in fatto di serenità e sicurezza. Sembra che quegli occhi e quel sorriso  siano stati costruiti apposta per quietare i piccoli.

-         Non vi è dubbio che ha dato prova d’essere grande precettore a palazzo – appurò François - Il Re da sempre nutre profonda stima verso di lui. Il Delfino Luigi Ferdinando continua a scrivergli e, in occasione delle ricorrenze sante, gli manda doni.

Stava per aggiungere che anche Etienne fu un precettore eccezionale e che più volte si era confrontato su metodi educativi  con Grégoire. Preferì, tuttavia, evitare rinnovata sofferenza. Quel pensiero sembrò distanziarsi allo stesso modo della cameriera che prese con garbo la tazza vuota di Cosimo e se ne andò silenziosa:

-         Ahinoi , nostra suocera – disse poi sottovoce il cognato con quell’umorismo leggero ma mai perfido – è una dama veramente di roccia. Possiede una muraglia che protegge da attacchi o suscettibilità. Noto che con Samuele è molto più vellutata…

Seduta sul canapè color crema del salotto, ricamato con foglie e frutti, Benedicte sorrideva al nipote. Sembrava che il pallore regale del viso avesse assunto una tonalità più rosea e che la schiena, dalle vertebre di vetro, si fosse rilassata in morbidezza cartilaginea. Il marito,  accomodato nella poltrona vicino, si accordava con il salotto illuminato dalle luci del tardo pomeriggio. Era un elemento naturale appartenente a quell’eco sistema dalla delicata carta da parati vegetale e dai mobili di legno chiaro…

-         Mio padre era un uomo molto rude –evidenziò François – quando si sedeva davanti al camino c’era aria di spade e pietre. Da piccolo temevo che il fuoco lo mutasse in drago!

Cosimo rise e appoggiò:

-         Anche mio padre era un tipo severo. Ho in mente quell’eleganza notarile e scura che mai ammetteva controbattute. Non usava urlare ma già bastava lo sguardo a zittire ogni lagna. Rimasi stupito quando conobbi la prima volta Grégoire…ha una calma completamente diversa a cui ero abituato da bambino… penso porti un innato senso femminile. Non certo che sia un effeminato! No!

-         Ho inteso perfettamente…ha il talento di capire le proprie figlie. Judith mi aveva raccontato che , da ragazzina , preferiva confessare i propri errori a lui che alla madre e quando , in collegio, aspettava di tornare a casa voleva vedere scendere dalla carrozza sempre e solamente lui.

-         Sì, Oriane mi ha descritto cose meravigliose. Da ragazza , quando le erano successi  guai, è grazie a Grégoire che si è riappacificata con la madre…Sapete, il modo in cui la Contessa affronta determinati problemi.

-         Non me lo ricordate, Cosimo…Judith non ha l’indole di esternare rabbia ma in privato l’ho vista davvero esasperata .

I due uomini si chiesero, con reiterata perplessità, quale equazione chimica potesse tenere congiunta una simile coppia. Persino le loro mogli non avevano saputo trovare risposta o forse non volevano preoccuparsi di conoscerla. I suoceri formavano un duo osmotico. Le differenti soluzioni di base arrivavano ad un certo punto a congiungersi,  scambiarsi molecole, rinnovare i propri liquidi e poi tornare allo stato di prima. Se per un periodo gli affari di famiglia erano appalto del marito mentre quelli domestici della moglie, giungevano a invertire quelle mansioni in un'altra fase . La stessa cosa avevano fatto per l’educazione delle figlie. Il padre tante volte aveva rivestito il ruolo di madre mentre la madre tante volte quello di padre. Grégoire era stato capace di credere che Judith e Oriane gli fossero cresciute nel ventre. Benedicte , tenendo fede all’appellativo di “ Normanna”, reggeva il bastone del comando disciplinare.

-         Suele, attento! – richiamò Cosimo.

François avvertì il  giocattolo urtare contro la sua scarpa e ribalzare di lato. Sorridendo,  si chinò , raccolse l’imprudente destriero e lo porse al bambino che si precipitò  con il viso rosso tale e quale al bulbo dei capelli.   

-         Beh ? – incalzò il padre – cosa devi dire adesso?

-         Scusate , zio François – balbettò il piccolo – non l’ho fatto apposta.

-         Va bene giocare…ma non dare fastidio alle persone.

-    Non è successo nulla , Cosimo – intervenne tranquillo il Generale – si sa che non è facile addestrare i cavalli…Vero, Samuele?

Il nipotino annuì silenzioso fissandolo con soggezione e ammirazione : era abituato ad alzare spropositatamente il mento per vedere la lunga statura del padre ma lo zio lo impressionava per la maggiore robustezza fisica. Benché fosse dimagrito per le battaglie e i viaggi, l’ossatura robusta restava. Il viso, ora intenerito di serenità, era forte e gli occhi blu, dalle ondeggiate brillanti, si notavano a distanza.

-         Come si chiama il tuo cavallo? – domandò.

 Il piccolo si sentì felicemente incoraggiato, specie da un parente che gli era sembrato serissimo e duro alla prima impressione.

-         Si chiama Pigna -  spiegò con professionalità – perché è nato da un pino.

Cosimo scosse la testa divertito e precisò sottovoce al cognato:

-         Avevo detto che è fatto di legno di pino ma Samuele ha interpretato a fatti suoi.

-         Lui è nato da un pino! – contrastò il figlio che aveva sentito quei bisbigli insidiosi – e per questo è forte!

-         Hai ragione, tesoro, hai ragione.

-         Allora deve essere un cavallo magico – accondiscese François -  sa volare?

-         Sì – rivelò fieramente il bambino – ho insegnato tante magie!

Lo zio frugò in tasca facendo bisbigliare un leggero tintinnio:  

       -   Ecco, piccolo. Queste sono per te.

Tirò fuori tre biglie colorate: una dipinta di blu decorata di magenta, una di legno tatuata con motivi geometrici verdi e una che pareva uscita da un quarzo con particolari cromature argento e nere. Le aveva comperate in America in una piccola bottega d’artigianato.

-         Guarda che belle, Samuele –ammirò Cosimo – luccicano proprio tanto!

 Il bimbo ringraziò e le afferrò piano dalla mano dello zio. Esaminò le tre sferette senza perdere alcuna variazione di sfumatura. 

-         Ma – esclamò stupito – fanno un colore se le metto al sole e un altro se le metto all’ombra!

-         Già – soggiunse lo zio – cambiano a seconda del movimento della luce.

-         Allora sono magiche!

-         Certo, tu potrai aumentare il loro potere!

-         Faranno  più potente anche Pigna?

-         Esatto. Hanno moltissima energia!

Samuele riguardò orgoglioso le palline quasi avesse trovato un’altra chiave per dominare le sfere della natura. François ricordò i giochi bizzarri che s’inventava Etienne da piccolo che mai rispettavano il raziocinio delle regole.

-         Eccoci finalmente – comparve nel frattempo Judith seguita da Oriane -  oltre ai miei soliti spartiti, ho trovato persino vecchie composizioni!

-         Diciamo sorella che sono io ad aver frugato nei meandri dei tuoi armadi di fanciulla.

-         Va bene Oriane, riconosciamo i meriti delle tue antiche abitudini di ficcanasa.

Grégoire  interruppe lo scherzoso battibecco:

-         Su , fanciulle mie, risparmiate la vostra carica per la musica.

Judith si avvicinò al pianoforte del salone mentre la sorella al violino adagiato su un tavolo di quercia poco distante . Tra lo stropiccio  dei pentagrammi si consultarono a bassa voce per scegliere le arie da eseguire . François prese posto su una poltrona vicino al suocero mentre Samuele e il padre si sedettero sul divano poco distanti dalla contessa Bénédicte.

-         Con quale brano cominciate? – domandò alle figlie .

-         Stavamo pensando – meditò Judith – di aprire con Vivaldi…

-         Potremmo però suonare l’Aria sulla quarta corda– propose Oriane – è quello che hai adattato per violino e pianoforte.

-        Sì, è vero…credo comunque sia meglio iniziare con Vivaldi e poi con Bach. Cominciare con una bella ondata di primavera.

-         Hai ragione – assentì la sorella cercando lo spartito giusto -  daremo un po’ di movimento anche se è tramonto.

-         Approvo pienamente! Ottima scelta – commentò Grégoire – oh, perdonatemi François! L’ospite d’onore siete voi! Avete qualche preferenza?

-         Giusto – inarcò le sopracciglia  Judith voltandosi  verso il marito– desideri ascoltare qualche composizione concertistica particolare? Ne ho a disposizione tante.

-         La scaletta è perfetta – le rispose lui sorridendo pacato -  Se mi verrà in mente qualcosa per il dopo lo dirò volentieri. Sono una garanzia di qualità Bach e Vivaldi.

-         Non tanti nostri contemporanei apprezzano quest’ultimo – si rammaricò Grégoire – continuano ad affermare che sia stato un eccelso violinista ma un compositore mediocre.

-    In effetti – espresse Bénédicte – prediligo indubbiamente Bach. Vivaldi, differenti volte, mi ha dato l’impressione di un’esecuzione che perpetuava gli stessi motivi.  

-         Non sono d’accordo,  cara. Io ho notato una grande leggerezza e vitalità dinamica. Non dimentichiamo che Bach debba molto a tutto questo repertorio.

-         Su molte opere di Vivaldi – intervenne Cosimo – ero all’inizio scettico, invece dopo aver assistito a diversi concerti di camera e sinfonici mi sono ricreduto!

-         Ognuno avrà lo spazio che merita – rise Oriane – seguiamo il suggerimento di Judith.

Sollevò il violino posandolo tra la spalla e il collo intanto che la sorella aggiustava lo spartito adagiando le dita sulla tastiera del pianoforte.
L’arco salì immediato e tonante, come se i fiori avessero anticipato la nascita dei germogli . Il pianoforte scandì i voli e le zampettate degli uccelli che si scontravano dolcemente sulle superfici acquatiche o sulle foglie. Le vibrazioni divennero ventose, corsero forti simili a tanti pesci che nuotavano in fiumi rapidi e bruschi e poi tornarono,  spensierate e allegre,  per quietarsi e lasciare spazio all’altra stagione.
François si sentì sprofondare in una pace stupefatta: conosceva quel celebre brano, ma sentirlo dopo tanto tempo lo rendeva commosso dentro, felice delle eufonie che lo riabbracciavano alla maniera di un bambino che faceva capolino all’entrata di casa. I fracassi delle armi da fuoco e i cupi suoni tribali dei pellerossa gli avevano reso estranea la sua Europa, tutti i suoni famigliari , centenari.
Ad accomodare il giaciglio ancora di più  sovvenne l’aria di Bach.
La musica principiò dolcemente spontanea , priva di lentezza ed eccessiva velocità…le corde dell'arco fecero sbocciare le note da un’acqua tremula e serena, mentre l’ arrangiamento del pianoforte accompagnava l’andamento con passi grevi e delicati scandendo un sottofondo cristallino.
Conclusa in un tenue bagliore la sinfonia, si concesse spazio esclusivo a Judith con l’indomita Toccata e fuga in re minore. Non ebbe bisogno dello spartito poiché conosceva a memoria la giovanile composizione di Bach.
Drizzò tranquilla la schiena e sdraiò le dita sulla tastiera del piano con la naturalezza di quando ci si appresta ad aggiustare le pieghe di un lenzuolo. Non vi doveva essere alcuna increspatura nell’inizio.
Ci fu  silenzio e poi la scintilla.
François ascoltò ogni movenza delle braccia di sua moglie. Era sempre stata un’anima apparentemente placida ma nei balzi e nelle giravolte rischiose delle note affiorava una corritrice incredibilmente scapigliata e poco incline alle norme didattiche. Nel terreno della musica venivano a galla curiose differenze con Oriane: quest’ultima, estroversa, schietta e riluttante ai comandi , diventava,  col violino , mansueta quasi inconsciamente rientrasse in un recinto di autodisciplina ; la sorella minore,  al clavicembalo o all’organo della cappella del collegio,  aveva fatto intimorire le badesse. L’intelletto serafico ardeva all’odore fosco e brillante dei pedali , delle canne di metallo o del complesso intreccio di corde…
Il generale notava il modo in cui si slanciava  da un tasto all’altro , pinzando con ruvide carezze le note più alte e percuotendo elegante quelle più gravi. Era uno sfarfallio di libellule. La velocità veniva tradotta da quelle mani delicate che sapevano rendersi d’acciaio domando dorsi di cavalli selvaggi o toccando quelli più docili. Uno scavo di falangi sicuro e da falco pose fine all’esecuzione del pezzo.
Seguì uno scroscio di applausi e complimenti: Samuele batteva allegramente le mani per  tentare di fare più rumore del padre, Bénédicte, intransigente alle variazioni degli arrangiamenti, sembrava tranquilla e soddisfatta.  

-         Magnifico, Judith –apprezzò François – devi darci un’altra dimostrazione! Cos’hai tra le composizioni originali ?

La donna sorrise composta all’infuori, ma profondamente felice nel cuore. La musica era riuscita ad attrarre la nave del marito nella baia ormai congiunta a lei.

-         Dunque…- passò in rassegna gli spartiti - a parte qualche lavoro incompleto a cui sto lavorando, ci sono produzioni di anni fa…questa è rimasta senza titolo, questa è Passi di pioggia , questa è Sonata in sol maggiore ….

Oriane raccolse alcuni fogli che erano caduti. Li sfogliò e all’improvviso una favilla rese grigio cristallino i suoi occhi :

-         Oh, sorella! Guarda ! Te nei sei proprio dimenticata!

Judith prese in mano quel vecchio pentagramma: aggrottò la fronte,  e  fece guizzare in alto le sopracciglia…un moto d’imbarazzo e riso.

-         Cielo! E’ materiale primitivo!

-         Di che si tratta? – domandò il generale.

-         L’attraversata di Febo…la realizzai da adolescente…rabbrividisco se penso a quell’ accozzaglia di note che osai fare!

-         E’ il brano che suonasti…al nostro primo ballo…

-         Giusto! – sollecitò Oriane picchiettando l’avambraccio della sorella- A maggior ragione, lo devi eseguire per tutto l’uditorio.

-         Obbedirò  solo perché è un desiderio di mio marito.

 Cosimo si strofinò il mento con sorriso d’acqua  frizzante :  

-         Fu , allora, un brano galeotto!

-         In un certo senso sì, caro – gli spiegò la sposa - però bisogna precisare che i veri galeotti sono state persone in carne e ossa.

-         Che cos’è galeotto? – interrogò Samuele stupito da quel suono tondeggiante  che gli ricordava un appetitoso dolcetto di panna e caramello.

-         Non te lo posso spiegare ora, amore – rivelò la madre accostandosi – te lo dirò quando sarai più grandicello…

-         La memoria non t’inganna Oriane – sospirò intanto Judith attraverso una piccola smorfia di sopportazione - Quella sera a villa Blanchard. Mi ci hai letteralmente trainata!

-         Se non fosse stato per me non avresti : primo, avuto il coraggio di esibirti in pubblico con la tua composizione…

-         Senza alcun preavviso,  mi sono ritrovata  uno spettacolo fuori programma…

-         Lasciami concludere! Secondo punto ( il più importante ) hai fatto la conoscenza di un giovane ufficiale che ora è Generale.

 

  

Dagli appartamenti privati ove alloggiavano i conti de La Seigne, a Versailles, proveniva un intenso  sfrigolio di voci e suole di scarpette. Nella stanza delle due fanciulle sbalzavano tra le mura piagnucolii e rimbrotti tra una spazzola che cadeva e il mugolio di cassapanche che venivano aperte.

-         Accidenti a te, Oriane!- sgridò Judith -  Sta sera non mi andava di partecipare a questo evento!

-         Un baule pieno di ferramenta sarebbe più leggero da trascinare.

-         Mi conosci! Detesto  questo genere di ricevimenti!E poi perché ti sei messa d’accordo per farmi esibire nell’orchestra dei Blanchard….

Una delle serve allacciò il corpetto della ragazza , togliendo  quasi il respiro al torso sottile. Un’altra cameriera più anziana appurava che la biancheria intima fosse ordinata e discreta sotto il panier, l’impalcatura in stecche di balena che doveva sorreggere il drappeggio della gonna. Oriane, che indossava un vaporoso vestito celeste di taffetà   , si muoveva per la stanza con la leggiadria di un cerbiatto , valutando gli accessori  per l’abito della sorella. Sul letto era disposto un raffinato andrienne rosa opaco decorato da  una minuta tessitura di ricami floreali blu.    

-         Cara – bofonchiò scegliendo i fermagli per capelli più adatti -  basta già l’allodola impagliata nello studio di papà a stare zitta e immobile!

-         Odio i cambiamenti di programma! Non sapevo nulla di quello che ti svolazzava nel cervello!

-         Se non ci fossi io staresti a marinare nella tua teglia d’aglio e aceto come un’acciuga anemica.

-         Oriane. Io non sono te. Un giaguaro che si getta a capofitto nella jungla e ruggisce e mostra gli artigli.

Le due cameriere presero a vestirla sbalzandola  da una parte all’altra alla stregua di una piccola ape immischiata tra i panneggi di  una tenda.  

-         Sai emettere le nenie che facevi da piccola – cantilenò la sorella maggiore -  quando non riuscivi ad arrampicarti su un alberello di melograni! Neanche avessi dovuto scalare una sequoia! 

-         È che…è che…insomma mi sento non molto diversa da quei candelabri di bronzo sulle pareti!

 Judith si guardò al lungo specchio della camera dal cornicione di ottone che imitava edere di vite…Aveva il viso imbronciato, rughette che marchiavano il centro della fronte e i lunghi capelli castani ancora scomposti alla maniera di una bambina che aveva giocato in un fienile. Il contrasto tra l’eleganza dell’andrienne e l’ aria scontrosa e offesa era buffo.
Oriane si accostò: possedeva ben altra presenza…Nonostante emanasse pepe effervescente era proprio donna nel suo abito e nell’accurato tupè con lunghi riccioli laterali e persino un’audace frangetta.

-         Judith. Sei una delle dame di compagnia della regina. Hai sedici anni e ormai la soglia di questo ingresso l’hai varcata. Devi analizzarlo in ogni suo antro e…aguzzare la vista!

-         Cielo! Ti sembra appendere gli occhi a ogni nobile che cammina nella nostra circoscrizione ?

-         Sorellina, da quando hai compiuto quattordici anni, avrai danzato con esemplari maschili della fauna nobiliare cinque o sei volte.

L’adolescente  si voltò, gesticolando col braccio e indicando con mano seccata il proprio volto:

-         Non mi asfissiare! Sulla mia fronte non è inciso il responso della sibilla delfica!  Se non mi sposo entro l’anno prossimo non sarò destinata ad una grama vita da zitella!

Le pazienti cameriere la fecero accomodare alla toilette per pettinarla e preparare l’ acconciatura mentre Oriane assunse un ghigno grottesco e spettrale come quelli che mimava da bambina e che la madre trovava sconvenienti per damigelle compite.  

-         Ih!ih!ih! ricordi la vecchia Clotilde? - gracchiò ruvida -  Quella nonnetta tartarugosa e  dall’incarnato di fiele?

-         Per favore! Ora ti metti a raccontare…

-         Rimembra, sorella, la vicenda di quella donna inumata nella sua casa salata dall’oceano e dalle velenose amarezze. Ah…con il corredo, un tempo candido e soffice, ora gelido , indurito e lasciato alle mandibole delle vili tarme…

-         Basta, Oriane!

-         Il timore ti avviluppa le membra e la mente, eh?

-         Se pensi che possa sotterrare me medesima,  sbagli enormemente.

La sorella maggiore ridacchiò facendo tornare il viso alla squisita grazia smaliziata.

-         Lo devi dimostrare, tesoro mio – predicò -  È impossibile registrare e valutare fenomeni atmosferici se non si manifestano.

-         Quale turbolenza potrò mai creare?

-         Ascolta, la questione non è stipulare nozze fra tre o sei mesi uno o sette anni…Dovresti conoscere più gente per selezionare amici o amiche e magari valutare i giovani che ti interessano. Il tuo pianoforte è un ottimo mezzo per metterti in luce!

-         Non so…è che davvero vorrei evitare messe in scena compassionevoli e imbarazzanti…insomma fare la particina della fanciulletta che si aggira pallida e triste…oppure una smunta musicista ammattita dallo studio…ecco mi auguro di non tradire una tale impressione!

Mentre le serve le legavano all’estremità una matassa di boccoli, la giovane, sta volta più protettiva,  le immerse un fermaglio a forma di rosa bianca che parve illuminare la carnagione intimidita.    

-         Judith! Non dirlo manco per scherzo! Non appartieni al circolo delle ragazzotte disperate in cerca di  cavaliere! Sei soltanto…molto riservata e composta e vai bene in questo modo. Esistono gli uomini che ammirano le ragazze discrete ed eleganti, non temere…Evita, tuttavia, di stritolarti troppo nella taciturnità! Sorridi finemente ma non abbozzare sorrisi…appariresti identica ad un bastone d’ottone per tende. Uno perde il gusto di corteggiarti e approfondire la tua conoscenza. Ovviamente è sbagliato l’opposto. Ridere chiocciando , inarcando troppo la schiena per far emergere certi rilievi collinari. Ecco…quello proprio no. Chiacchiera sì, ma non ammorbare le orecchie con poemi omerici sulle tue fissazioni e dettagli …Non svelarti eccessivamente.

-         La tua morale oraziana rifulge anche in queste occasioni…il problema è che tu sei capace di nuotare in questo lago senza sbattere goffamente i piedi. A me non pare naturale.

 

 

Judith avvertì le parole adolescenziali confluire, in un’inconsapevole simbiosi, nel racconto del marito.

-         Quella sera ero più che indisposto! –affermava enfatico -  Mi vedevo rosolare nell’intimità della rabbia! Nessuno  poteva parlare di divertimenti e bisbocce varie, figuriamoci dei balli!

-         Beh, François – rispose il cognato -  personalmente gradisco le piccole feste con buona musica e buona compagnia . Le danze non mi dispiacciono però niente mascherate!

-         Confesso che non ho mai partecipato a un ballo di carnevale organizzato dal nostro re – sospirò Grégoire grattandosi una guancia -  poiché per me l’imbarazzo è molto. Mi preoccupavo sempre di architettare una scappatoia per declinare gli inviti.

-         Ah…le mascherate – emise un soffio di disappunto Bénédicte -  Scempiaggini di colori e recite inconcepibili. La sovrana di Russia, a quanto pare, si diletta nel promuovere serate scandalose in cui gentiluomini si vestono da donne e le dame da cavalieri. Bah!

-         Contessa – dichiarò con coraggiosa soggezione il napoletano -  non so se sia più vergognoso per un uomo costumato, agghindarsi da donna o da pennuto ibrido ( misto di gallinaccio e cinciallegra ) a causa di una scommessa perduta.

-         Non mi era accaduto qualcosa di simile, Cosimo – lo consolò François - in compenso temevo di trovarmi chiuso in una gabbia di uccellastri chiassosi!

 

 

 
Se avesse spalancato le fauci ,  il salone da ballo sarebbe stato abbrustolito dal suo refolo lavico.
François emetteva nubi vesuviane dal naso, dalle orecchie, dagli occhi.

Odiava i lampadari di cristallo.
Odiava i pavimenti laccati di melliflue venature vegetali.

Odiava i riccioli barocchi dei capitelli delle colonne.

Odiava i soffitti  popolati da divinità che lo deridevano.

Sarebbe stato bello quella sera, fumigare in santa pace tra le rassicuranti mura di casa…
Cena alle otto, lettura di un buon libro fino alle dieci e mezza e poi a letto, per scordare i succhi gastrici che bruciavano i malumori  della giornata.
Sventuratamente, all’ora del vespro , Blaise ed Etienne erano piombati a Villa de Jarjayes con sorriso vampiresco riferendo che villa dei conti di Blanchard si sarebbe svolta una serata di gala .
Il sergente, già comodamente in tenuta casalinga, aveva declinato l’invito pronto a congedare i molestatori a suon di pedate sul deretano.
Sapeva che quel duo di demoni lo doveva  costringere al supplizio di una festicciola broccata e giuliva.
Dopo un duro combattimento, il leone era uscito sconfitto e  inamidato da capo a piedi grazie alla premura della servitù.

Ora si trovava proprio a palazzo di quei nobili vestito con l’alta uniforme di raso pesante dalla giacca blu e col giusta corpo e pantaloni bianchi. Le spalline d’oro gli rendevano le spalle ancora più cubiche e le mandibole contratte si armonizzavano cuboidi e stirate. I capelli mossi , pettinati alla bell’è meglio, lasciavano intirizziti alcuni pelicchi che trasportavano all’esterno l’elettricità nervosa.

-         Mio buon François, scommetto che la tua  aurea ilare  farebbe invidia persino a Caronte.

Blaise , sorridendo,  si era affiancato all’amico facendo un’ironica ramanzina. Anche lui indossava la divisa di gala ma la portava con garbata disinvoltura. Lasciava luccicare le medaglie quasi fossero fiori dorati sbocciati in modo spontaneo sul suo fusto. I bei capelli rosso scuro erano ordinatamente acconciati sulle spalle, morbidi e spumosi di lavatura.

-         Chiedo scusa, principino sfavillante – replicò bisbetico  l’altro sergente – se ricordo bene, non avevo dato il consenso al mio rapimento! Potevo farne a meno sta sera di spettacoli zoologici!

-          Arcuare la boccuccia all’insù, non costa erculea fatica…ti aggiri per il salone tale e quale ad uno spettro! Tra poco la gente farà gesti di scongiuro.

-         Che dovrei combinare, Blaise?! Iniziare a lanciare boccioli in aria saltellando e cantando?!

-         Non dico che tu debba volteggiare come un drogato bacchico, ma almeno alleggerire l’espressione…

-         Cosa diamine dovrei alleggerire?!

-         Sai, penso che neanche un fulminante diabete t’ addolcirebbe l’acidume nelle vene.

S’intromise tra i due un adolescente dai capelli corvini e lunghi che sprizzava verve da tutti i pori, vestito da uno stravagante completo verde che disperdeva aroma di frutti esotici. 

-         Su, fratellone! Blaise ha ragione! Hai un grugno più rugoso dei gargoyle di Notre Dame!

François afferrò Etienne per il gassoso jabot candido.

-         Noi non dovevamo essere qui, caro pappagallo  smeraldino!

-         Oh…per l’artrosi di Matusalemme! – sbuffò il fratello spintonandolo-  cominci a fare il pentolone schiuma-querele?!

-         Tu sei fresco fresco di espulsione dal Collegio dei Gesuiti, mentre io sospeso dal servizio militare per tre mesi! È solo per questo muso maculato che siamo finiti  qui!

Blaise incrociò le braccia sul petto: una delle poche cose che non tollerava sin da piccolo erano gli appellativi ironici alle sue lentiggini che lui stesso non sopportava.

-         Ehi! – ribatté - Dovresti ringraziare che io abbia prelibate conoscenze tra le beltà dei fiori cortigiani!

-         E sai che fiori impollinati…

-         Non sono un lenone! Semplicemente ho detto che conosco alcune dame di compagnia della regina!

Etienne tornò alla riscossa assumendo una smorfia di fanciullesca buffonaggine: 

-         François, ma hai diciotto o settant’anni? Ammorberesti persino gli evangelisti, Gesù Cristo e gli arcangeli!

-         Siamo de De Jarjayes! I leoni della corona da generazioni!

-         Appunto! Siamo leoni dotati d’audacia!

 Il sergente si mise una mano in fronte sollevando al cielo uno sguardo da martire.

-         Siamo leoni che devono avere l’audacia di non finire nel fango davanti al re! Lui sa cos’abbiamo combinato!

-         Non dobbiamo temere le lingue biforcute dei serpenti e delle vipere che strisciano qui! Proprio perché ce ne infischiamo dei pensieri degli altri! Osare, conquistare, regnare!

-         Io ti…

Blaise trattenne il balzo da belva di François con l’abilità di un domatore da circo. Gli circondò le spalle scrollandolo come un tamburello.  

-         Coraggio amico , ci sono damigelle ansiose di conoscerti! Approfittane…l’alta uniforme non giova soltanto nell’esercito…fai brillare bene le stellette. 

-         No, grazie…non sono foraggio per  giumente!

-         Ecco….- lo stuzzicò Etienne dandogli una gomitata nelle costole - sei il solito erotofobico…

-         Io rimango coi piedi per terra a differenza di certi farfalloni a domicilio!

-         Risparmia le scintille per le colombelle che attendono di essere messe sulla graticola!

-         Quale intruglio mefistofelico vi frulla in testa?!

Blaise tondeggiò gli occhi identico ad un bimbo che chiedesse spiegazioni su un qualcosa di scandaloso.

-         François…non sarai per l’amore….socratico?

-         Macché amore socratico e socratico!

-         Beh, Socrate affermava “ io so di non sapere”…

-         Sodomita?! Giammai!

Etienne diede una pacca sulla schiena poderosa del povero sergente.

-         Allora apposto!  Ho detto di avere un marcantonio di fratello dagli splendenti occhi blu e dallo spirito ardente!

-         Non c’era bisogno di decantarmi…

-         Ci penserai tu, François, a dare conferma delle nostre lodi!

-         No! Resto qua!

Blaise lo prese energicamente:

-         Suvvia, abbatti il tuo fortilizio e mostra la cittadella del cuore! Non ti ha insegnato nulla l’amor cortese? Siamo cavalier  anche noi!

-         Andate cortesemente alla malora!

 François era allergico alle feste e malauguratamente non vi era scampo a quell’incubo avicolo. Il cervello gli esibiva , tramite  una lente  iperbolica,  le specie volatili che affollavano il salone da ballo. Nugoli olezzanti di gallinelle razzolavano attorno al gallo di turno dal petto rigonfio e colorato. Vi erano poi gallinacce burrose che speravano ancora di attrarre poiché non accettavano di finire nel brodo. Non mancavano albatros incapaci di  reggere ali di sbruffonerie troppo grandi per goffe zampe. Tacchini di superbia intellettualoide discutevano animatamente mentre piccioni dallo sguardo di tonda ottusità ascoltavano senza capire davvero.Dovunque lo sventurato posasse lo sguardo avvertiva il cicaleccio di becchi che gli perforava le tempie.

-         Finalmente Sergente de Jarjayes…siamo molto liete di aver l’onore della vostra presenza.

Bene: le colombelle. Avrebbe messo in padella quei fagiani di Etienne e Blaise a fine serata.  Ora era obbligatoria una recinzione contro i lisciamenti muliebri.  Il sergente constatò che fossero fanciulle molto belle che trasmettevano un’inevitabile fascinazione.
Una, vestita di blu cobalto,  aveva una capigliatura corvina legata da grosse trecce e che sfavillava preziosa  sulla carnagione chiara. Era la maga Circe. Un’altra, che ostentava un abito arancio,  possedeva un’impalcatura di riccioli ramati e un rossetto esasperatamente cremisi. Pareva una bambola troppo pitturata. La terza, dallo sguardo languido e umido, portava una grossa e attorcigliata cascata di crini biondo scuro che imitavano i drappeggi del vestito color crema. Probabilmente credeva di appartenere alla cerchia delle  ninfe di Bacco. 

-         Sarebbe stato un sincero dispiacere non potervi conoscere di persona – riprese la Circe -  Rochebrune ed Etienne ci hanno raccontato del vostro animo illuminato di incandescente giustizia.

-         Non provate alcun timore a difendere schiettamente i vostri diritti e soprassedere a ridicole etichette – pigolò la bambola rococò. 

-         Beh…- rispose il giovane -io sono stato semplicemente colto da un atto di sconveniente collera. Eh,stanchezza mentale…non mi sarei dovuto abbandonare ad un simile comportamento.

-     Sarete stato poco ortodosso – musicò dolciastra la ninfa -  ma non è necessario sconfortarsi colpevolmente. Avete dato voce a un legittimo dissenso.  Vi siete impegnando faticando corpo e spirito perché siete determinato e onesto. 

-          Vi siete  presentato  fiero ! – spumeggiò la cortigiana ricciuta. 

-         Questo è grazie a loro - stiracchiò un sorrisetto il sequestrato indicando i sequestratori – mi hanno invitato  e…vivacemente esortato a venire….

-         È così che bisogna agire…- approvò Circe - è raro trovare un uomo della vostra tempra.

-         Chi sarà la prima dama a danzare con voi?- chiese la ninfa.  

-         Ecco signore, io…devo lasciare questo privilegio ai miei due amici…

-         Come?- si mortificò la bambolina-    Ci volete arrecare tale dispiacere? 

-         La riservatezza è  virtù ammirevole…- supplicò la mora -ma non è delittuoso partecipare a istanti di giocosità.

-         Sono costernato, ma i capogiri mi stanno assillando per mancanza d’ossigeno… vado a prendere una boccata d’aria.

Marciando  impacciato e guerresco, come avesse un bombardino nell’esofago, François si diresse verso la finestrata ad arco che volgeva su un’immensa balconata di pietra. Prima di uscire dalla vetrata s’inciampò sul piccolo gradino del terrazzo.

-         E’ un tantino spigoloso il nostro sergente – fece sprezzante la ninfa.

-         La rigidezza marziale lo rattrappisce fino alla punta dei capelli! – ridacchiò la Circe.

-         Ci ha guardate neanche fossimo mostri spaventevoli – si mise a braccia conserte la damigella tinteggiata.

-         No, care amiche – scherzò la bruna -  il nostro giovane ufficiale è probo di mente e di…carne! Poveretto!

-         Quindi – finse di riflettere la naiade  - non saprà descrivere il profumo di una bella chioma o di una pelle levigata.

Tutti risero ma Etienne e Blaise, che avevano poi sinceramente a cuore François , cercarono di valorizzarlo :

-         Pazientate, fanciulle – pregò Etienne – François esterna  la scorza di un orso, spande il ringhio di un lupo  e ha la pazienza di un leone in gabbia. Dietro questa composizione chimerica di bestie da selva , è veramente tenero e gentile. Bisogna prenderlo per il verso giusto.

-         Sì, non è per nulla facile – continuò l’amico – io che lo conosco da alcuni e anni e tu che sei suo fratello, fatichiamo a sollecitare il meglio di lui. Abbiamo, fortunatamente,  visto questa parte brillante. E’ nascosta però esiste. Certo alberga in una testa di piombo….

 

 Per alcuni attimi François venne ricondotto al presente dalle voci di Oriane e Judith che stavano trovando la maniera di iniziare il nuovo brano:

-         Coraggio, Oriane ! L’accompagnamento del violino mi è indispensabile per riprendere confidenza con l’adagio…

-         Ma non potrei rivelarmi più un’interferenza rischiando di appesantire l’apertura?

-         Assolutamente no. Anzi il tuo arpeggio si connette con l’ingresso del pianoforte…ti sto dicendo che seguiremo  la seconda versione de L’attraversata di Febo !

-         Penso sia indubitabile la soluzione di Judith – insistette Grégoire – le composizione dei duetti le sono sempre riuscite armoniche anche se parecchie sono per clavicembalo o piano solisti.

-         Ricordo addirittura – riesumò François - un duetto con l’arpa e un altro con il mandolino…il primo lo eseguì assieme a Etienne e il secondo a Damian.

-         D’accordo- si decise Oriane riprendendo in mano il violino – allora avrò l’onore di rispolverare per prima la vecchia storia di questa sonata!

Sorridendo cominciò un delicato arpeggio che diventò sempre più argentino e cadenzato…

 


-         Fratello! –sollecitò  Etienne uscendo dalle finestrate – animo! Rientra!

-         No – pronunciò burbero l’altro – mi godo questa postazione senza cicalii e profumi che attentano lo stomaco.

-         Favoloso. Preferisci fare monologhi davanti ad una platea di pipistrelli, gufi e barbagianni… Perché non ti ha accolto una congrega di becchini?

-         E tu perché non fai il saltimbanco circondato da babbuini?

Etienne lo ghermì per un braccio costringendolo a una piroetta destabilizzante.

-         Toglimi di dosso le tue zampe da scimmia! – vociò il guerriero.

-         Piantala, cervello di muflone! Tra poco si esibisce il primo pianista! Tu ami i concerti!

-         Sì, ma non all’interno delle aie!

L’ adolescente ormai l’aveva ricondotto nel salone pungolandolo in avanti. Blaise e le tre Esperidi cercavano di trovare una buona posizione per vedere meglio l’orchestra.

-         Oh , finalmente! – ridacchiò piano l’ufficiale – il nostro borbottone ramingo è tornato in società!

-         L’ho dovuto rimorchiare di peso! – sottolineò Etienne – se no si sarebbe mimetizzato con la boscaglia notturna.

-         Giuro …- ringhiò François – giuro che dopo il concerto giro i tacchi e filo a casa!

-         E smettila di fiatare,trombone! – rimbrottò Blaise – lascia che gli archi e il pianoforte accordino la loro musica...   

Il sergente si aggiustò nervosamente il colletto della giacca,  scrollò via dalle maniche un’invisibile polvere batterica e si scostò in malo modo dalla fronte un ciuffo impertinente. Alcuni signori di mezza età scambiarono,  a bassa voce ,  qualche commento altezzoso e sarcastico che lui captò con gli orecchi propensi prudentemente sempre al male. Lanciò un’occhiataccia a quei paperi sputasentenze con l’intenzione di rendere pan per focaccia però fu prontamente dissuaso dalla musica. Le note lo trasportarono con tranquilla e gaia gentilezza verso l’orchestra.

 

Judith s’inserì dolcemente tra le insenature del violino, assumendo connotati sempre più freschi…Le dita si muovevano a tal punto svelte ed eteree che non sembrava toccassero i tasti…
Il generale la rivide, sovrappose l’immagine dell’adolescente che da nebbiosa mutò in splendente materia…

 

Notò, a mano a mano che la sinfonia ascendeva, lo squillante e delicato rumore di passi del piano forte che s’innalzava impetuoso al di sopra degli archi. Sembrava imitare i balzi pieni di spuma di un delfino che rompeva in alto e in basso le onde…o un carro…Sì…un galoppo, un ritmo di zoccoli celesti che trainava la biga di un dio. Poteva afferrare la luce solare perché ogni nota acuta, ogni nota grave componeva i differenti raggi della chioma di Apollo. Così incontenibili eppure leggerissimi…
Dalla prospettiva in cui si trovava, non riusciva a intravedere bene l’artista…Scorgeva solo una matassa di capelli mossi. Avanzò tra gli spettatori e ne contemplò finalmente l’aspetto: una fanciulla.
Sorprendente…

Dall’elegante energia delle mani poteva essere scambiata per un giovane uomo. Il sergente restò intinto in una piacevole confusione. Considerò che fosse piuttosto magra: il gioco delle luci tracciava lievi ombreggiature sotto le clavicole mentre gli avambracci , dai polsi piccoli, contrastavano con le rotondità dei merletti delle maniche. Il vestito andrienne, fine e ricamato, lasciava cadere dalle spalle sottili un tenue manto e il corpetto restituiva al busto un diametro così affusolato che il piccolo seno pareva quasi inesistente. François si chiese se quella ragazza digiunasse giornalmente o  fosse un angioletto pronto a frantumarsi da un momento all’altro. In che modo riusciva quel collo pallido e longilineo a sorreggere l’acconciatura dei  boccoli? Doveva ammettere che comunque il fermaglio bianco a forma di rosa la rendeva proprio graziosa…un po’ evanescente ma carina. Il viso era un disegno luminoso: composto ma trascinato dall’amplesso del ritmo. Il naso e la bocca facevano volteggiare sulla pelle i chicchi di luce dei lampadari dando l’idea di lacrime incostanti e mute.

Al termine del pezzo, tutti applaudirono colpiti. La fanciulla si alzò incoraggiata dai padroni di casa e s’inchinò un po’ intimidita. La sua figura apparve ancora più sottile e bambinesca nonostante non fosse esattamente di piccola statura.
L’ufficiale  aveva applaudito serio in volto ed enormemente convinto. Era in grado ancora di vedere le note sfarfallare nell’aria simili a fiori di pesco.

-         Accidenti ! – riconobbe Etienne – allora è vero, Blaise, quello che si dice su di lei. Pensavo  si trattasse di un musicista bravo sì, ma sopravvalutato. Insomma una bravura comune e invece…

-         Secondo ciò che ho sentito  – seguitò l’altro – non sarebbe dovuta venire alla festa. È stata una sorpresa questa esibizione conoscendo il suo carattere.

-         Sì – rispose la Circe con arietta di sufficienza – a Versailles l’avremmo vista pochissime volte passeggiare nei giardini o giocare le domeniche. Esiste il sospetto che sia una sorta di fantasma…

-         Sì – sostenne la bambola laccata – magari possiede l’abilità di murarsi viva. Ma in quale maniera crede di poter vivere a corte quell’uccelletto che compare e scompare?

Incuriosito , François chiese:

-         Chi è la fanciulla? Conosciamo la sua famiglia, Etienne?

-        È una delle figlie dei Conti de la Seigne. Si chiama Judith Emile Marguerite. Appartiene alle damigelle di compagnia della nostra regina. Non ho mai avuto modo di parlarle direttamente visto che è parecchio riservata e taciturna. In compenso mi è capitato di incontrare il padre, il precettore reale Grégoire Isaie. Una persona garbata, brillante e nobile come se ne trovano poche.

-         La figlia maggiore, Oriane – continuò Blaise – è lì. È quella giovane coi capelli scuri  vestita di celeste. Oltre che un autentico splendore , è  amabilissima ,sagace e ci sta davvero stare con le persone. La piccola Judith non sembra trovarsi a proprio agio. Eppure , grazie al talento e all’ eleganza, sorgerebbe ancora più squisita. Certo, è notevolmente…snella.

-         Snella? –ironizzò la Ninfa – è talmente mingherlina che un alito di vento invernale se la trascinerebbe via!

-         È una fanciulla affascinante – controbatté Etienne – è proporzionata, possiede un bellissimo viso e sa suonare divinamente! La regina si circonda di persone che valgono! Ha composto un brano che ha i toni dell’improvvisazione e al contempo un calcolo spontaneo ma senza  arzigogoli didattici.

-         Concordo – rinforzò Blaise – non aveva proprio nulla da invidiare agli altri musicisti più grandi di lei. Ha tenuto testa a tutti. E’ emersa genuinamente.

François ascoltava ammutolito e nello stesso tempo non perdeva di vista Judith che stava parlando con la sorella…La  scrutava ,la testa di vuota levità, tranquillo e interessato.  Il cuore non gli palpitava violentemente ma restava a monitorare scrupolosamente i suoi movimenti …Da un lato avvertiva una strana soggezione che lo costringeva a rintanarsi nella propria conchiglia spigolosa, dall’altra un fuocherello gli bisbigliava di trovare un po’ d’audacia e farsi avanti.
Chiedere di danzare…Un gesto semplice ma troppo galante per un ritroso per nulla avvezzo a quei rituali. Per non parlare di lei che sembrava stesse escogitando un modo per volare via oltre le finestrate del salone.

Un’accoppiata comica un ragazzo e una ragazza  con lo stelo rivolto al suolo identici a  graminacee sbattute dalle correnti.

-         Fratello – sghignazzò Etienne – stai imparando a tendere gli occhi come una canna da pesca?

-         Effettivamente – rise volpone Blaise – è da un po’ che stai stralunato a fissare madamigella Judith…

-         Vi piacciono le fatine rarefatte, sergente ? – chiese la Ninfa scatenando i risolini delle altre amiche.

-    Io…io…stavo of…- s’impappinò infastidito il giovane – uff! volevo soltanto sapere con quale repertorio si esibirà l’orchestra….

-         Certo, certo – lo burlò il fratello minore – sei curioso di vedere quant’è bella la pianista da vicino.

-         Io non sono un calabrone ronzante!

-         D’accordo, vecchio mio – lo stuzzicò l’altro ufficiale – resta appeso alla noia uguale ad una caciotta ammuffita.

Punto dall’arpione dell'irritazione e dell’orgoglio, François abbandonò il gruppo intenzionato a chiedere un ballo a damigella de la Seigne. Si scontrò in malo modo con dei gentiluomini senza chiedere scusa : in quel momento tutti erano  pericolosi rivali  che potevano mandare a monte la missione. Nel momento in cui oltrepassò il gruppo dei musicisti ,,la ragione lo irrigidì  peggio di prima.
Sentendosi ridicolo, s’inibì e camminò cautamente fingendo disinteresse e mostrandosi il doppio più ridicolo.  Judith, infatti, lo stava esaminando  profondamente imbarazzata.

-         Oriane – chiamò piano – stai vedendo quel comandante?

-         Sì…- sorrise spiritosa– è il sergente François Augustin de Jarjayes.

-         Ricordo, cielo! La famiglia de Jarjayes! E’ il militare sospeso dall’esercito?

-         Esatto! – rise alla fine l’altra ragazza  coprendosi la bocca – è quello che ha steso con un pugno sul muso il nipote del cardinale Fournier! È un temibile atleta, sai?  

-         Che faccio? Sembra che abbia intenzione di invitarmi a ballare...si sta spostando nella mia direzione.

-         Beh…considera il lato positivo: è alquanto bello, alto, imponente …mica un esemplare scalcagnato come quelli con cui ballasti gli scorsi anni.

-         Emh…sì…non gli manca nulla ma…m’inquieta un tantino. È  strano.

-         Ti do ragione: agilità e morbidezza da bufalo delle praterie. Felino da salotto: zero . Però, secondo me, non è realmente un mostro mangia faccia. Ha soltanto i piedi di latta e la schiena calcarea. Forse se ammirasse più da vicino le tue lunghe ciglia si scioglierebbe fin dentro i tendini.

-         Oriane! – esclamò sottovoce l’altra ricolma di panico -  Non t’accorgi del suo viso? Sa di cenere e granate! Se gli pesto uno stivale mi folgora  mostrando i denti!

-         Esagerata! Si tratta di concedergli un minuetto. Un ballo! Nessuno ti sta ordinando di sposarlo!

François intuì da lontano che Judith si era resa conto della sua presenza, del suo deambulare inquieto e maldestro. In quei terribili minuti si fecero largo le paranoie più disparate: sembrava patetico? Un soggetto tanto impacciato da dar l’idea di uno tardo mentalmente? Oppure era stato scambiato per uno dai malsani appetiti che attendeva il momento propizio di toccare un’esponente del gentil sesso?
Il disgraziato moriva di vergogna e gli sovvennero le disavventure dei primi amori di ragazzino: si era infatuato timidamente di donzelle fini ma dagli animi poco garbati. A tredici anni venne respinto da una duchessina col nasetto spocchioso troppo sensibile agli odori del prossimo; a sedici anni era stato preso perfidamente in giro da una baronessa che prima lo aveva illuso e poi trattato alla stregua di un ebete.

D’accordo, non si definiva  innamorato, ma sentiva che si sarebbe avvilito se Judith lo avesse preso moralmente a schiaffi tenendo fermo il dolcissimo volto…
Quasi nessuno sapeva di quella sensibilità aggressivamente taciuta, diffidente un po’ verso tutti e verso le donne...Quel timore  che qualcuno potesse giudicare male o beffare la sua andatura...Nel petto brulicavano miriadi di fiamme insopportabili che gli alitavano pesantemente lo sguardo della gente…
Tuttavia il troppo era troppo , giunto sul trampolino doveva tuffarsi una volta per tutte! Al diavolo il pubblico!
Riprese  la camminata,  veemente e selvatico… riprese avvicinandosi a Judith. Lei lo vide fermarsi davanti, sollevando il mento con contegno severo. Pareva dovesse presentare le armi ad un capitano di pattuglia piuttosto che rivolgersi ad una donzella. Nonostante il brusco approccio cercò comunque di ammorbidirsi arretrando leggermente  il passo e inchinandosi.  Porgendo , lento e delicato, la mano destra chiese :

-         Madamigella de la Seigne, concedete a me, sergente de Jarjayes, l’onore di questo ballo? 

Ottimo. Dritto al punto senza formule di cortesia. Gran prova di galantuomo.
François pensò che , dopo il rifiuto di Judith , avrebbe chiamato una carrozza per tornare a casa lontano dal pericolo di ulteriori figure barbine.

-         Sì, sergente – rispose inaspettatamente la fanciulla trasmettendo  rossore e gentilezza – avrò il piacere di essere la vostra dama per il prossimo minuetto.

Il giovane, avvampato in tutto il viso , si eresse rigidamente e balbettò un tenero ringraziamento facendo scivolare sulla fronte i soliti ciuffi indomiti.
Lei sorrise , prima guardandolo negli occhi trepidamente e poi abbassando lo sguardo,  cercando di aggiustare  inesistenti pieghe fuori posto nei drappi della gonna. Si domandava agitata se avesse fatto bene a concedere quel ballo oppure se si fosse cacciata in una situazione terribilmente scomoda. Lanciò una rapida occhiata di aiuto a Oriane che invece strizzò  sorniona l’occhio. 

L’orchestra si concesse  una breve pausa per suonare il passo del minuetto.
Il dado era stato tratto.
François si mise alla destra di lei prendendole la mano. Avvertiva strana felicità e al contempo angoscia: le sottili dita della sua danzatrice erano leggere e precarie uguali alle zampe di una farfalla aggrappata alla corolla di un fiore. Trasmettevano morbidezza e il freddo della tensione.
Dal canto suo Judith percepiva  disagio ma si mostrava  incuriosita dalla mano grande e un po’ ruvida del  cavaliere. Ripensò  fosse bizzarro che con quella avesse tirato un pugno e con quella la guidava verso il centro del salotto con impacciata dolcezza temendo di recarle male.

I padroni di casa guardarono interessati la novella coppia di ballerini ,scambiandosi parole di ammirazione : finalmente i giovani più schivi della festa avevano deciso di prendere parte alle danze. Non scarseggiavano i nobili che canzonavano quella coppia di asociali dicendo che “ Dio li fa, poi li accoppia” oppure giudicandoli bambinetti dilettanti.
Etienne e Blaise ridevano sottovoce:  François era buffissimo impettito come un Lancillotto d’altri tempi ma soprattutto  si congratularono tra loro per aver strappato dalla tana il lupo della tundra.

Le coppie di danzatori si disposero in due ordinate file parallele e intanto  flauti e clarinetti presero ad aleggiare una sinfonia volitiva e vivace assieme ai violini.
François e Judith si misero l’uno di fronte all’altra guardandosi  preoccupati: non era un vellutato e semplice minuetto classico bensì un minuetto rondò italiano.
Il rischio di gaffe era assicurato specialmente in un ritmo abbastanza dinamico.
Il ragazzo, evitando di pensare alle disastrose lezioni di ballo  preadolescenziali ,cominciò: s’inchinò in maniera neanche maldestra, sufficientemente elegante.
Judith , rincuorata dal gesto, s’inchinò rispondendo delicata ma attenta a non sembrare legnosa.
I due si afferrarono per mano avvicinandosi e allontanandosi seguendo le battiture della musica. Ruotarono un po’ distogliendo gli occhi e un po’ guardandosi cercando di tenere ben viva la concentrazione.

Da prassi, la fanciulla s’interruppe flettendo leggermente il busto mentre il sergente le girò intorno : le ammirò velocemente la chioma e il mantello che  donava un’ aurea da lucente vestale.

Quando toccò a lei volteggiare attorno a lui , si concesse il tempo di studiare la sua postura e la sua schiena: Oriane aveva ragione. Era indubbiamente un giovane plasmato proprio bene munito di gambe slanciate e forti e spalle vigorose.

I due si presero nuovamente per mano passeggiando fianco a fianco e dopo si voltarono avanzando nel senso opposto. Dovettero al fine disporsi ancora una volta l’una di fronte all’altro ma leggermente  in diagonale facendo una mossa piuttosto giocosa: la ragazza si dovette flettere all’indietro mentre lui di fianco piegando lievemente il ginocchio.
Le loro espressioni assunsero un’aria così infantile e comica che  scattò il bagliore di un piccolo riso. Naturale. Furtivo.
Ripeterono le stesse movenze di prima più disinvolti e semplici . Nonostante i caratteri introversi , non riuscirono sta volta a fissare altrove. Trionfò un interesse mai provato prima: François si sentì accolto dall’ amabilità del viso di Judith e Judith si accorse che il viso di François non stava trasmettendo neppure lontanamente lampi scorbutici. Quelle iridi blu riverberavano di una tonalità robusta ricalcata dalle folte sopracciglia  eppure  osservavano deferenti senza osare sovrapporsi prepotentemente.
Al termine del ballo , il giovane si scusò aggiustandosi le ciocche impertinenti con tenue imbarazzo: 

-         Perdonatemi , madamigella de La Seigne…ahimè ho cercato di danzare decentemente.

-         Oh, non vi preoccupate – sorrise lei - avete eseguito i passi con molta finezza. Siete stato proprio abile.

-         Io…sono lieto che la pensiate così. Mi auguro di non avervi messa a disagio.

-         Ecco…no.

Lei calò il volto mettendosi apposto i merletti delle maniche: meglio cercare di affondare il rossoretra la selva dei ricami. Lui , temendo sempre di non essere all’altezza della “ politesse” , sfoderò l’arma dell'autocritica:

-         Non rappresento il fior fiore della cavalleria…nonostante appartenga ad essa. Me ne rendo conto.

      -         A essere sinceri…- riprese coraggio Judith - mi ha lasciato perplessa il fatto che mi abbiate chiesto di              ballare.

Sorridendo , un po’ punzecchiato dalla vergogna , il giovane si toccò un attimo il colletto della giacca e ammise:

-      Non frequento spesso la corte…e sono alquanto profano in materia di salotti. Sì, effettivamente, è eccezionale che un rozzo prenda l’iniziativa di uscire dalla propria catalessi.

-         Beh se è per questo , neppure io ballo tanto.

-         Io vi ho trovata agile e assai raffinata.

-   Grazie. Ma non gradisco stare per molto tempo al centro della scena…dopo che ho concluso un’esibizione devo tornare al sicuro nel mio nido…mi sento al pari di quegli uccellini che rientrano nel loro tronco d’albero.

Il sergente lanciò un’occhiata colma di accorata e sincera lode:

-         È improbabile madamigella che voi possiate nascondervi per bene se offrite musica bellissima.

 La ragazza si zittì sorpresa da una piacevole letizia. Chiese posando le dita sulle labbra quasi avesse paura di  rivolgersi  sfrontata:

-         Vi…vi è piaciuto il mio brano?

-         Tanto. Avrei terribili sensi di colpa se non vi avessi domandato di danzare…Sono stato immobile e rintronato durante l’esecuzione del vostro pezzo.

-         Mi riempite di gioia,  sergente. È una composizione personale a cui stavo lavorando da parecchio tempo.

-         Adoperate i virtuosismi barocchi ma non eccessivamente…- commentò serio il ragazzo - nel vostro stile c’è anche la ponderazione dei nostri melodrammi francesi. Siete una compositrice irregolare.

Judith si accorgeva che il viso di François prendeva una fisionomia più tersa e dolce . Parlava e effigiava sorrisi:  gli s’intravedeva una bella dentatura genuina che invitava sicuri confronti e confidenze. Stranamente lei  non si mostrò reticente a raccontarsi:

-         Quando frequentavo il convento, le badesse rimproveravano che mi avvalessi di contrappunti insoliti e a momenti disarmonici, quando invece sono stata introdotta a corte, le persone lamentavano un’eccessiva rigidezza. Così ho deciso di conciliare , in questi ultimi due anni, una linea classicista e una barocca. Trascorro più ore nel mio appartamento a studiare musica che a stare con le altre dame. La regina, tuttavia, s’interessa molto di me e incentiva la mia attività.

-         Beh, sul modo equilibrato di gestire le note mi ricordate André Campra . Ho assistito alla rappresentazione di alcune tragedie al teatro dell'Opera.

-         Oh! Infatti! È uno dei miei punti di riferimento! È stato maestro di cappella a Notre Dame più di trent’anni fa ! Le sue musiche sacre mi hanno dato modo di riflettere su alcuni miei esperimenti  un po’ troppo pomposi. Però le composizioni  di Charpentier restano insuperabili per le sue dissonanze e cromatismi che modulano silenzi per rimanere comunque rigorosi.  E dire che è stato ingiustamente criticato per quest’efficaci sperimentazioni.

-         Stando in tema di contrappunti gotici, immagino che abbiate ben presente Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Handel.

-         Sarebbe un oltraggio non conoscerli! Il difetto di noi francesi è che abbiamo timore di accogliere influenze esterne che ci sarebbero utili per far evolvere il nostro stile e dotarlo di maggiore flessibilità. Non amo i barocchismi estremi ma la classicità può essere sempre interpretare in chiave innovativa. Noto con piacere che ve ne intendete di musica…persino autori stranieri. Suonate qualche strumento?

 François rise un po’ costernato. Sperava di non deludere quella fanciulla che gli stava piacendo sempre  più.

-         Purtroppo no…Ho avuto un’educazione più che altro militare anche se la mia famiglia non disdegna per nulla l’opera sacra e profana. Mio padre e mio fratello maggiore Philippe sono più legati alle liturgie mentre il più piccolo Etienne è più intraprendente e compone ogni tipo di brano. Sa suonare benissimo l’arpa ma se la cava anche con il clavicembalo. Io…mi reputo un ascoltatore interessato. Se non fossi stato costretto alla carriera dell’esercito mi sarei gettato su un percorso letterario e musicale… Quando stavo a Berlino e a Napoli per dei corsi di formazione , approfittavo delle sere libere per andare ad ascoltare concerti , drammi o commedie.

-         Avete avuto modo di vedere il San Carlo? È stato inaugurato tre anni fa…

-      Ho avuto questa fortuna, madamigella e non sapete con quale fatica sono riuscito a entrare…ammetto che ero diffidente verso la musica italiana e in parte mi sono dovuto ricredere…certo alcune cose mi lasciano ancora perplesso specialmente riguardo a talune scelte di cantanti…uomini in ruoli femminili! 

-         Emh…i giovani che fanno concorrenza alle soprano?

-         Naturalmente madamigella!- criticò fervente l’ufficiale -  Scusate  la cruda schiettezza! Non riesco a capacitarmi che un castrato possa essere paragonato allo stesso  livello di una donna . Saranno abilissimi, ma ho la fastidiosa sensazione di ascoltare il canto di un cappone! 

Si misero a ridere di gusto in tutta vivacità e continuarono a chiacchierare a lungo. Si concedevano qualche ballo e poi tornavano a parlare, raccontare, ridere o lamentarsi di situazioni scomode per entrambi. Si stava ormai instaurando quell’empatia serena degli amici che si conoscono da tempo…i due ragazzi,  che all’inizio scalciavano dall’impazienza di andarsene dalla festa , conversarono fino alle tre di notte…Giunta l’ora si salutarono promettendo d’incontrarsi qualche mattina a Versailles o le domeniche a messa o in qualche altra occasione. Nel cuore albergava la leggerezza frizzante di chi abbia ricevuto acqua rinvigorente.

 

***§***

 

 Oriane aggiustò premurosamente le coperte al piccolo Samuele che era crollato dal sonno dopo aver giocato nel salone fino quasi alle undici. Di solito andava a dormire verso le nove e mezzo massimo dieci in punto ma in quella serata gli avevano concesso maggiore spazio di scorrazzate.  Tra gli interstizi delle ombreggiature calde e dorate delle candele, si scandiva il ritmo di una ninna nanna silenziosa. Quella cameretta , dalle pareti arancioni costellate di disegni di bacche,  comunicava direttamente con la stanza matrimoniale dei genitori. Un tempo era stata uno studiolo connesso ad una piccola biblioteca che aveva cambiato la sua originaria funzione in seguito ad un’esigenza logistica di ampliare e trasferire gli scaffali dei libri .

-    Mi stava quasi per cadere – sussurrò scherzosa Oriane – è sempre un’impresa svestirlo e mettergli il camiciotto da notte!

La sorella sorrise mentre ripiegava i vestiti del bambino per posarli su una seggiola di legno.

-         Ha corso avanti e indietro – disse piano – con tutta l’energia che  ha bruciato per poco non si addormentava in piedi…

-         Come il suo cavalluccio Pigna.

La madre levò il giocattolo dal tappeto ai piedi del letto , dov’era stato depositato senza ceppi, per posarlo su una piccola scrivania di fronte. Tornò dal figlioletto per dispensargli un’altra dose di carezze delicate e dargli un bacetto sulle guance ravviando i capelli rossi.
Judith s’incantò in quei brevi minuti avvertendo una sorta di tenerezza ammirata che sfumò nel dolore più recondito: dapprima pensò al grande amore di Oriane e Cosimo verso il bambino, che nonostante non avesse alcun legame biologico con loro, era diventato sangue delle carni e dell'anima…successivamente vide sé stessa e François  orbi di un figlio…vide sé stessa, nella villa de Jarjayes, aprire l’ex cameretta delle sue  bimbe completamente bianca ,disadorna e  vuota. Era un sepolcro derubato da ogni gioiello. Era la conca che lei  aveva fatto spogliare da ogni ricordo di teneri e morti sospiri.

-         Judith …- la scosse Oriane intuendo il turbamento nei suoi occhi azzurri – stai bene? Sei un po’ pallida…

-         No, tranquilla …è una tua impressione, cara…Pensavo che il piccino abbia la fortuna di avere genitori come te e Cosimo.

Mentre uscivano felpate dalla cameretta per entrare nella stanza matrimoniale , la sorella maggiore sorrise …
Aveva un’espressione seria piena di una soddisfazione che sgorgava dal cuore. Una convinzione di avanzare sicura.

-         Io – prese a raccontare a voce bassa – non mi aspettavo tutto questo Judith. Insomma, ricordi? Da ragazza ero presa e trascinata dalle fiamme del mio amante Franz…d’accordo, i bambini mi sono sempre piaciuti però all’epoca esisteva quell’amore che non dava tregua ai pensieri. Era vita per me, vita che sentivo sferzare…vita che poi mi ha reso in parte cieca. Sia chiaro, ho vissuto senza rimorsi : ho amato e non ho commesso alcun delitto ma ero stata sprovveduta su alcune cose. Franz si rivelò inabile a sorreggere , comprendere e accompagnare  veramente. Non ero stata ricambiata fin nel midollo puro.

-         Ricordo …- soggiunse Judith -  che Cosimo , già prima del termine di quel rapporto , s’interessò a te …Era da tempo un nostro amico di famiglia. Mai stato indiscreto, invadente…temeva di causare disagio per una qualsiasi piccolezza. Qualche volta domandava o a papà o a me come stavi, ti sentivi…

-         Cosimo mi era simpatico però non avvertivo la benché minima attrazione nei suoi confronti. C’erano volte che, senza una ragione precisa, non lo potevo vedere. Specialmente il periodo in cui m’infuriavo ad ogni minima sciocchezza. Lo captavo ( poveretto) alla maniera di una presenza molesta, spilungona , l’antitesi della fascinazione.

-         Lui ti ha adorato invece sotto ogni sfaccettatura…anche quando avevi un diavolo per capello!

-      Già…solo qualche tempo dopo mi sono resa conto che esiste un altro sentimento, una maturazione inaspettata ,incredibile. Sai bene che me ne sarei scappata di casa piuttosto che accettare un matrimonio combinato e rendere felice nostra madre…eppure …fu assurdo. Cosimo, con tutte le malelingue che mi davano della sgualdrina, se ne infischiò e mi disse che non gli importava, che anche lui aveva vissuto un lungo rapporto con un’altra donna conclusosi male.

-         Si è rivisto in te Oriane, privo d’ipocrisia e  pieno di grande spirito. Lui desiderava scrivere un altro capitolo…il più importante della sua esistenza.

-         Vero…alla fine , quando avanzò la proposta,  non mi tirai indietro. Risposi “sì” ricolma di confusione, dubbi…non sapevo più che forma possedessero i miei sentimenti… Grazie al Cielo ebbi la prova più che tangibile di una benedizione. Certo, fu molto diverso dalla passione per Franz ma non meno intenso, no. Ecco…io…durante la prima notte di nozze…non me la sentii di concedermi. Lo confessai mortificata. Mai avvertito un’insicurezza del genere. Cosimo mi tranquillizzò esprimendo che potevamo condividere lo stesso letto e  che mai avrebbe osato fare qualcosa contro la mia volontà. Per quasi due settimane non accadde nulla ma io mi ero iniziata ad abituare al sibilo del suo respiro, al modo in cui si girava nel letto senza ansia o movimenti bruschi, l’odore pulito delle sue camice e dei capelli. Mi accorsi che ogni cosa dettava tranquillità, una tranquillità che non era noia ma  equilibrio sorprendente. Notai che il suo volto è bello a suo modo, metà giovane metà maturo. Tutta la sua altezza è bella , pure quegli arti lunghi che all’inizio trovavo ridicoli. Fare l’amore con lui mi venne spontaneo perché sapevo che c’era una dolcezza mai conosciuta prima.

-         Senza Cosimo non ci sarebbe stato Samuele, la vostra famiglia…il vostro tutto.

-         Cosimo è autentico. È il marito che non riuscivo a immaginare. Mi ha dato sempre l’onestà , l’ottimismo nei momenti in cui i bimbi non arrivavano, la devozione pura. Ha costruito il nostro nido. Mi ha ricostruita da capo . Non esito a diventare una furia e una sconsiderata se qualcuno gli manca di rispetto o lo insulta. Possa schiacciarmi un albero se divento folle da causargli male.

La sorella minore annuì ridendo ma tornò ad assumere quell’espressione di mitezza fittizia, l’inquietudine che la sera tornava a palesarsi a fior di pelle, nonostante la soavità del volto.

-         Ne abbiamo parlato…- incitò l’altra stringendola per le braccia - non farti trascinare dalla disperazione, dalla tristezza orribile che rende infecondo ogni terreno. Pensa al qui , all’ora per il domani. Pensa a stare con François…torna a vedere la felicità senza inquadramenti razionali. Siate tu e lui . Basta. Una nuova creatura  non può comporsi senza una connessione veritiera .

Le due donne si congedarono abbracciandosi. Judith lasciò la stanza sorridendo a Oriane nel fascio tiepido di luce che sbucava dalla porta semi aperta. Prendendo la candela , lasciata su un mobile del corridoio , s’incamminò silenziosa verso la camera sua e del marito. L’alone della fiammella, carezza docile , fece ripiombare nel sonno blu nero  quadri e suppellettili.

 

***§***

 

Avvolto in un pesante mantello di lana, François odorava l’aria della prima notte. Dopo essersi intrattenuto con il suocero e il cognato, si era concesso una sana sferzata di aurea invernale. Nel giardino della villa, distante dal gazebo in marmo, guardava il cielo completamente scuro. Le stelle parevano cancellate da una polvere grigio nera, compatta e stranamente leggera. Il freddo toccava ogni cosa ma non possedeva quell’umidità appuntita che s’infiltrava tra le ossa della faccia. C’era  un clima di stallo… L’uomo in parte si dispiacque di non vedere gli astri notturni e la luna, dall’altra parte provò bizzarro sollievo: guardare magneticamente il cielo stellato , fin da bambino, gli creava una meraviglia angosciosa e terrificante. Tutta quell’immensità brillante lo faceva sentire smarrito in una trappola infinita dove non esistevano un centro , né mappe. Le costellazioni erano disegni illusori. Se si annullava il circuito della fantasia diventavano tanti punti inspiegabili, una gelida folla immobile e grandiosa.

-         Tempo di neve – giudicò Grégoire raggiungendo il genero - Già nel pomeriggio erano comparse strane nubi.

-         Dite che verrà a nevicare e non a piovere?

-         Sicuro. Il terreno è particolarmente freddo ma negli strati intermedi dell’aria la temperatura è  più calda.  Percepite la secchezza?

François espirò incuriosito  guardando il rivolo pallido del suo fiato che si dissolveva nel vuoto.

-         E’ vero…io che son stato in Louisiana ho imparato a conoscere bene l’umidità…Non c’è quella fastidiosa  sensazione di bagnato pregnante…

-         Esatto. Per nevicare è necessaria una situazione di stabilità , una sorta di armonia chimico fisica.

Il generale sorrise non potendo dargli torto. Quell’uomo , protetto da un rassicurante soprabito spesso, era l’immagine stessa dell’armonia. Fosse stato facile e spontaneo diventare lui! Un maestro come lui, un padre come lui…

-         Curiosi i fiocchi di neve. A occhio sprovvisto sono perfettamente identici l’uno con l’altro ma se li osservate cadono per terra con ritmi differenti …derivano da una medesima composizione ma si evolvono mostrando peculiarità.

-         Un po’ come si sa dove si nasce e non si sa né dove nè come si muore .

Grégoire rise piano accompagnato da una greve consapevolezza:

-         Basta che pensate a Oriane e Judith nate da me e Bénédicte…sono cresciute in uno stesso ambiente ma hanno mostrato modi diseguali di addentrarsi nella vita…

François spostò lo sguardo verso la finestra della sua  camera intravedendo  la sagoma della moglie chiudere le tende lasciando un sipario schiarito debolmente dalle candele. Sapeva che in quel momento non esisteva  tensione  nondimeno fu un gesto che istintivamente lo impensierì.

-         Anche all’interno di una stessa casa – aggiunse aggrottando la fronte – anche all’interno  di una stessa circostanza si matura in modi diversi che alcune volte spiazzano, causano tempeste e poi silenzi…Oppure tutto è già in potere nella mente e nello spirito e si palesa bruscamente a fasi…

L’uomo più anziano intuì l’allusione che riassumeva attimi dolorosi di vita condivisa. Fissò anche lui verso la finestra della figlia. Restò tranquillo alla visione delle piccole luci che filtravano dai tendaggi. Tornò a esaminare il cielo e poi si rivolse al generale:

-         Sono felice che voi abbiate fatto ritorno. Judith si è di nuovo illuminata…Vi confesso che, purtroppo, mia moglie ha il triste vizio di far gravare sulle nostre figlie ansie e aspettative. È preoccupata per la faccenda di un secondo nipotino…ma io le ho suggerito caldamente di non intromettersi nell’attesa…se gli eventi devono evolvere lo fanno nella legge dell’armonia…

I primi lontani e intrepidi cristalli di neve presero a caracollare senza fremiti    fretta…

-         Vedete? – indicò il suocero - Ecco che iniziano a sorgere lentamente, uno per volta perché le nubi si sono aggregate spontaneamente…

L’ufficiale sorrise volgendo l’attenzione alla seconda porta d’ingresso della villa , la luminosa sagoma dei vetri che stava inchinata sul prato.

-         Avete ragione, Grégoire… Vi auguro una serena notte.

-         Buona notte, generale. Abbiate veramente tutto il tempo per riprendervi.

Prima di rientrare , François si fermò un breve attimo per salutare il padrone di casa.
Si inoltrò poi nelle sale dormienti marchiate dalle bolle luminescenti emanate dai candelabri. Prese uno di questi per salire le scale che conducevano al piano superiore. Attraversò il lungo corridoio per raggiungere la stanza. Una volta dietro la porta blu bussò piano, sentì “ l’avanti “ di Judith ed entrò. La trovò in camicia da notte seduta alla toeletta. Davanti allo specchio era intenta  a sistemarsi i lunghi capelli disciolti dalla crocchia. Lui sorrise togliendosi il mantello infreddolito e posandolo su una sedia. Fece lo stesso con la marsina mettendola sul letto.

-         Scusami  - disse avvicinandosi– stavo parlando con tuo padre...ti ho fatto aspettare molto?

Lei ricambiò il sorriso vedendo , tramite il riflesso dello specchio, il marito che le posava le mani sulle spalle.

-         Non è trascorso tanto tempo – rispose -  mi sono comodamente messa in camicia e liberata dai fermagli…

-         Eri così la prima notte di nozze – rammentò François – la prima volta che ammiravo i tuoi capelli sciolti e che ti conoscevo coperta da una semplice veste…non immagini, da ragazzo,  quanto avrei dato per poterti anche solo accarezzare.

Si chinò per posarle le labbra sulla guancia e sul collo.

-         Judith …non hai idea in America , quale incantesimo avrei cercato, pur di vederti dormire nel mio letto per una notte intera….

La donna si voltò  per baciarlo forte:

-         François, è stato terribile – confidò prendendogli il viso tra le mani – nonostante quello che abbiamo passato, ho finto di abituarmi alla solitudine della casa…sai,  nella tranquillità mi sarei voluta mostrare più fredda  per provare a tutti che potevo diventare pietra e infischiarmene di tutte le piogge. In realtà non era forza, bensì apatia…quel silenzio disumano che avvertivo nella tua assenza…

Si alzò di colpo allontanandosi dal marito:

-         E’  il mutismo che sento qui – sussurrò sfiorandosi il ventre – sì…chissà se resterà in questo modo nelle ombre…Avevi scritto nell’ultima lettera che sono passati tre anni senza il concepimento di un figlio…sembra un’orribile immensità.

La moglie tremò , come fosse scossa da invisibili bisce glaciali, e gli occhi avvamparono di umidezza.  Il generale capì che voleva espandere la sua apprensione restata stretta a lungo nel soggiorno coi genitori.

-         Devi mandare avanti la tua stirpe, François…sei…sei rimasto soltanto tu…S-se io…non riuscissi più a darti nulla…mi ripudieresti?

L’uomo venne travolto da un’ira improvvisa dettata dall’orgoglio. Non l’orgoglio militare bensì il ben più sofferente e sacrale orgoglio d’amore:

-         Cosa diamine dici?!

-         Che te ne faresti di una moglie come me?

-    Osi pensare queste idiozie?

La donna si sedette sul lato del letto tentando di prosciugare le lacrime. Il marito , a quella visione,  si addolcì immediatamente avvertendo lo sdegno svaporare tra le protettive mura della camera. Si mise davanti a lei posando un ginocchio sul tappeto e accarezzandole le gambe.
Un lungo silenzio gli fece riaffiorare un ricordo buio, un ricordo che la mente aveva sotterrato presa dall’istinto di una collera nera.

-         Judith – rivelò  – ricordi…quando litigai per l’ultima volta con mio fratello Philippe ? dopo che noi perdemmo Othénse?

Lei assentì debolmente scrutandolo negli occhi che risplendevano di un blu scuro  rasserenato dalle candele.

-         Ecco – seguitò lui -  sai che non sono mai così andato d’accordo con lui e ti aspettavi che saremmo giunti ad un punto di non ritorno.  Troncai definitivamente i rapporti perché vi fu una goccia che fece traboccare il vaso…non te l’ho mai detto ma quel giorno persi il senno perché Philippe …ebbe il coraggio di insultarti. Mai gli ho perdonato quel gesto. Neanche quando vidi la sua sepoltura. Non voglio riportare quei termini ignobili…

 

Quella stanza, ricolma di scabra ampiezza color ocra, conteneva la virulenza di Philippe che toccava ormai apici di agrezza esasperata e rabbiosa. I poveri camerieri conservavano una pazienza sovrumana sapendo che era una delle loro incarichi arginare il dispotismo del malato padrone. Sebbene François non provasse piacere a vedere quel volto rattrappito di sudore e spigolature nere, si trovava davanti al suo capezzale tentando di placare una delle solite sfuriate:

-         Philippe! Calmati! Sei appena guarito da una febbre orrenda! Vuoi peggiorare ancore le cose?

Si accostò al comodino dove  era posato il portavivande con teiera e  tazze .

-         Lasciami , razza di imbecille! – sputò l’altro -  Perché non torni a casa a pensare alla tua rammollita spina dorsale? Porta questa tazza di te a quella femmina inutile e incapace che chiami moglie.

Il ragazzo sentì un violentissimo tremito di bile che gli salì in gola facendolo impallidire fino agli occhi. Restò un breve momento con le braccia tremanti finché poi,  in un raptus dissennato, scaraventò per terra il vassoio e le tazze formando una distesa di schegge appuntite e agonizzanti. Gettò sul fratello tutto il sangue delle ferite aperte e indifese.

-         Sai per quale motivo non cammini , Philippe? – esclamò con voce uccisa dalle lacrime – Sei una carogna. Le carogne hanno le gambe mangiate da vermi e scarafaggi! Impiccati  e vai all’inferno!

 

Le carezze della moglie sul viso diradarono i nugoli pece del passato.

-         François…- mormorò lei - ti prego…dimentica quello che ho detto…

Lui sorrise alzandosi da terra e togliendosi il gilet. Si avvicinò a lei stringendola tra le braccia , trovandosi  tra l’invitante arrendevolezza dei nastri della veste e i lacci ondulati della sua chioma.

-         Ora basta, Judith… mi sei mancata troppo…

La donna gli mise le mani sul petto scostandolo leggermente e ampliando l’apertura della camicia. Le dita saggiarono il solco delle clavicole e quello dello sterno.

-         Ricordi – rise - quando , la prima volta che facemmo l’amore,  mi vergognavo da morire? Ti chiesi se dovevo…togliermi la camicia da notte?

-         Ti ho detto prima niente idiozie. Specialmente in un momento come questo! Non dirmi che temi il freddo !

-         Mica sono affetta da reumatismi!

-         Smettiamola di chiacchierare, allora …

L’uomo s’inoltrò , con le mani, a toccarle le gambe nude nascoste dalla sottana fino a che non le sfilò la camicia da notte allo stesso modo di un bambino che volesse giocare un dispetto. Ammirò quel corpo da sempre sottile, ora ammorbidito dalle gravidanze passate ma comunque magicamente liscio sul piccolo petto disteso . L’addome recava sulla superficie ,vicino agli inguini, piccole striature  pallide,  dolci alfabeti di smagliature in miniatura. In fin dei conti chi non portava segni d’onore o battaglie? Anche lui, una volta denudato, si accorse che la moglie gli sfiorò le forti impronte sbiancate e zigrinate delle cicatrici sul costato e il fianco sinistro…memoriali fossili della battaglia di Dettinghen che mai se ne sarebbero andati ma sempre avrebbero ricevuto la visite della mano e delle labbra di lei.
Nel momento in cui egli le affondò il respiro nella bocca, iniziando con fervore ad addentrarsi nel suo corpo, sentì incredulo e felice le sporgenze di quei delicati fianchi che lambivano i suoi, le gambe che si aggrappavano imprigionandolo in quella dolcezza piena di fiamme . Mentre le afferrava la calura del seno, che non osava liberarsi dal palmo della mano, la neve si librava fuori dalla villa  lontanissima.
Il mare poteva ingoiare ghiaccio all’infinito…
Nel profumo delle pelli vulnerabili ad ogni carezza, il conte capì di avere ritrovato sangue ed essenza...
Era realmente tornato a casa.

 

 

 

 

 

Note personali:

 ciao a tutti! ^^ perdonate se pubblico con due giorni di ritardo ma ho fatto un esame dell’università e ieri sono stata via…mi ero illusa di potercela fare entro l’otto o il nove e mi sbagliavo XD l’importante è comunque aver terminato il capitolo 3!
Spero che vi sia piaciuto e che vi siate divertite/i a conoscere il primo incontro dei nostri due protagonisti. Non vedevo l’ora di raccontare questa parte e mettere a confronto i François e Judith adulti con i François e Judith ragazzi…un momento di altre problematiche e leggerezza . Diciamo pure che non vedevo l’ora di mettere la prima scena di ballo in assoluto di questa storia.
Ecco brevi note storico musicali ( sugli autori più sconosciuti): ahimè io non sono intenditrice di musica e quindi ho dovuto perdere tempo un po’ a documentarmi. Come avete notato siamo in un periodo un po’ particolare che risente fortemente delle influenze barocche…

André Campra ( 1660-1744) : fu sacerdote e maestro di cappella, autore di musica sacra e teatrale. Compose circa 43 opéra-ballet. La raffinatezza melodica delle sue composizioni univano le caratteristiche della musica italiana con quella francese.
Marc Antoine Charpentier ( 1636- 1704) anche lui scrisse oratori, musica sacra e opere . Fu uno dei massimi esponenti della musica sacra. Celebre è il Te deum
Teatro San Carlo ( Napoli)  :  fondato nel 1737 per volontà di Carlo di Borbone e costruito da Giovanni Antonio Medrano , è il più antico teatro dell’opera europeo.

 Fatte queste piccole precisazioni , per descrivere il minuetto rondò sono andata a fare una ricerca su you tube dei video delle società di danza…i minuetti classici erano molto belli ma troppo graziosi per uno come  François XD perciò ho optato per una bella esibizione del minuetto italiano sabaudo che era elegante ma non eccessivamente “ frou frou” XD
È stato uno dei capitoli più faticosi fino ad ora se si esclude il primo con la ricostruzione delle battaglie in Baviera…
Mi auguro di aver reso bene questa concatenazione di scene con la parte finale un po’ più triste ma che si conclude lo stesso lietamente…
Al prossimo aggiornamento ( il 16 maggio) ;)
Un saluto affettuoso!

p.s una peculiare dedica a ladydreamer che attendeva con ansia la scena del ballo! XD

 

 

 

 

   
 
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