Ciao tutti! ^^ ritorno nuovamente da nebbiose
e lontane lande dopo tanto tempo…Tra impegni vari e alcuni
problemi sono
riuscita a proseguire la storia che non mi ero certo scordata di
mandare
avanti…col fatto che ho altre due fan fiction belle corpose
cerco di fare il
possibile per non dimenticare nessuna!
Dunque ricapitolazione
sui contesti :
-
storico
- famigliare
Per quanto concerne Judith, abbiamo
conosciuto l’affezionata sorella maggiore Oriane,
estroversa, positiva e
dal carattere fervente, il cognato ( e marito di quest’ultima
) Cosimo,
un barone napoletano con numerose attività commerciali e il
nipotino Samuele
( l’amato figlio della coppia adottato da un
convento)
Ultima parentesi riguarda la servitù dei due
protagonisti ( cioè i
membri comparsi
fino ad ora) : Marie , la nonna di
André, Berthold, il servo che
accudiva Philippe sempre rimasto al servizio della famiglia, e Albert
, maggiordomo di Etienne che
poi è stato trasferito nella dimora de i de Jarjayes.
François,
dopo la missione in America di Fort Necessity , sta per approdare in
Francia…
3
antiche paci.
Te,
mela,
voglio
celebrare
riempiendomi
la bocca
col tuo nome,
mangiandoti.
Sei sempre
nuova come niente altro,
sempre
appena caduta
dal Paradiso:
piena
e pura
guancia arrossata
dell’aurora!
Quanto difficili
sono
paragonati
a te
i frutti della terra,
le uve cellulari,
i manghi
tenebrosi,
le prugne
ossute, i fichi
sottomarini:
tu sei pura manteca,
pane fragrante,
cacio vegetale.
(P.
Neruda) )
Valle
dell'Ohio
30
giugno 1754
Cara
Judith,
Fa male perché a marzo di quest’anno ti ho lasciata senza chiarirti nulla.
Non possiamo mettere a mondo un altro bambino se io non imparo di nuovo a darti tutto me stesso.
Mi sono
dilungato ancora una volta su cose che, purtroppo, non ammettono
fantasie molte
costruttive…Perdonami…
François
15 novembre 1754
Sentire il tuo nome soffiarmi nelle orecchie e cadermi sugli occhi è una sensazione meravigliosa quanto inquietante e triste.
Tu hai perfettamente ragione a dire che ora ci siamo noi.
Sento che
andrà bene, François…perché
quando ci rivedremo ci toglieremo dagli occhi tutta
quella brina che ci ha fatto scordare che, benché siamo
diversi, troviamo
sempre il modo e la sostanza di combaciare.
Judith
Le Heavre
28 gennaio 1755
Le Heavre era la solita bestia
acquattata, distesa con le
sue maculature di tetti grigi su un bacino d’acqua. Le
affusolate zampe
stiracchiate formavano i bracci del porto con l’unico ciuffo
ribelle della
pelliccia che pareva contemplarli:
la
torre della cattedrale barocca di Notre-Dame cercava di alzarsi sempre
per far
temere il proprio appuntito cappello vescovile.
Un grumo di fumo comparve ,a un certo punto, nel cielo
argento e azzurro del mattino.
Una schiera di cannoni neri , caricati
a salve , lanciarono
ruggiti di deferenziali saluti.
- Qui c’è sempre
puzza
di termiti che corrono e intasano!
- Almeno siamo in
Francia e non più a Nouvelle Horléans…
- Beh, mica scanso il pantano
e le fontane di polvere…sono le schifezze a fortificare la
salute …
- …. anche una dose di
ben cotti manrovesci giusto, Damian?
- Sono sempre
abbrustoliti alla perfezione, non temete. La qualità non
è andata perduta
neppure in America.
- Te li sei meritati
tutti, dato che la
tua zucca più che
abbrustolita si è carbonizzata a furia di rosolarsi nelle
idiozie.
- Ancora con
quest’argomento, signore?
- Capisco che l’Europa e
l’America siano lontane– ammise –
però, maledizione, contattare uno scrivano a
buon prezzo e farci sapere qualcosa di tanto in tanto non è
mandare missive a
Saturno! Due anni! Due anni!
- È stato difficile,
generale…So che ho sbagliato a causa…a
causa…di quello che mi è successo.
- Se beccavi qualcosa di
peggio potevi morire in una stamberga puzzolente! Non hai pensato a
quel
disgraziato di tuo padre Berthold? Non gli sei rimasto che tu.
Ringrazia il
cielo che sia una specie di santo…fossi al suo posto ti
ridurrei a ecce homo.
- Invece son io a
metterlo in croce…povero papà...Mi è
mancato tanto. Dovremo andare a trovare
assieme mamma , Celine ed Etienne.
- Già…Angéle…Celine.
- Dovevo andarmene,
signore…- sospirò il servo guardando i carretti
con le mercanzie che rullavano
tra le vie - grazie a voi mi sono potuto imbarcare altrove per diverso
tempo.
- Ti ho prelevato da
quel postribolo il giorno prima della partenza del Saint-Michel
d’or – il conte
preferì arginare i pensieri luttuosi - Non so davvero se sia
stata una mano
divina a guidarmi verso le urla tue e di quella ragazzaccia.
-
Diamine! e la
sgualdrina mi aveva garantito di essere sotto controllo
medico…insomma! Aveva
vent’anni, una pelle perfetta e…
- Come un bel salmone ti
sei buttato nella corrente e sarai fuori combattimento per un
bel po’.
- Meno sento parlare
inglese , meglio è…- l’uomo si
fermò un attimo -Ehi, avete notato? La Compagnia
britannica pare piuttosto tranquilla…temevo
chissà che risse e incidenti.
- Deve stare con la
testa bassa, Damian…dobbiamo farlo tutti. La battaglia
nell’Ohio è stata
un’esplosione in una piccola polveriera che comunque si
è sentita qui e in
Inghilterra. Tra dodici giorni dovrò recarmi con Blaise a fare
rapporto al re a al consiglio di guerra. Lui
attraccherà a
giorni.
- Dobbiamo procuraci una
vettura e raggiungere la dimora de La Seigne…
- François!
François!
- Signore! Ma avete
sentito?
- Sembra…sembra lei?
- François! Sono qui!
Sono qui!
***§***
- Che
strana sensazione essere tornato in
Francia…- sospirò disteso il Generale inclinando
la testa all’indietro – tutto
ciò che mi è famigliare, mi sbatte in faccia
nuovo…anzi rinnovato.
- Anche a me non pareva
vero che la tua nave fosse
all’orizzonte…L’ho intravista dalla
terrazza della
villa e ho fatto preparare la carrozza.
- Non speravamo in
questa sorpresa…io e Damian stavamo provvedendo per
una vettura.
- Avremmo perso tempo a pizzicare
un onesto cocchiere, Madame – ridacchiò il servo
seduto sul sedile destro
davanti a loro
- Ma Judith…–
domandò il
generale con un sopracciglio inarcato e
a denti stretti – hai scelto Serge come
cocchiere?
- Suo fratello non stava
bene e lui è stato così gentile da mettersi a
disposizione…
- Beh, vedo in forma il
nostro Serge – diluì Damian - siete stata
provvidenziale in ogni senso, signora.
- E’ da tantissimo che
manchi da casa. Sono molto felice di rivederti…Appena
arriveremo dovremo
mandare una lettera a Joyssigni , così Albert
potrà riferire a tuo padre che
sei sano e salvo.
- Salvo sì,
sano…eh!eh!
- È accaduto qualcosa di
grave?
- Il nostro giovine ha
avuto qualche problemuccio di salute che sta
sistemando…
- Non vi preoccupate
Madame – evase arrossendo Damian –
piuttosto…papà sta bene?
- Berthold si è sforzato
un po’ troppo in questo periodo. Prima di andare ad Arras
abbiamo chiamato un
medico e ha riscontrato un
principio di
artrosi.
- È sempre stato
così…lavora tanto quando c’è
un pensiero grosso che lo assilla. Beh…ora il grosso
pensiero è in Francia e
festeggeremo i
suoi settant’anni assieme!
- Assolutamente –
sorrise Judith – sai,Marie si domanda quando ti sistemerai e
farai il
brav’uomo?
- Quella donna nutre
un’eccessiva fiducia – scoccò ironico
François - ne
passeranno di diluvi universali prima che
Damian prepari paglia e rametti per il suo nido.
- Signore – si
drizzò
fieramente il servo – le mie ossa sono pietra e i miei
muscoli brace! Troverò
la soluzione a tutto…A proposito Madame, cosa dice Marie?
- Sì – aggiunse il
conte
– non
aspettava il nipotino?
- E’ felicissima –
rispose con le ciglia leggermente incrinate – il suo
André è nato ad agosto. A
quanto pare è bellissimo,
pieno di
salute e affamato.
- Buon segno! – rise
allegro Damian – inizierà da subito a fare scorte
di energia! Da grande avrà un
fisico di ferro.
- Abbiamo tutto il tempo
– mormorò - …non abbatterti…
- Serge! Per le corna di
Satana! Volevi scassare la carrozza?!
- P-perdonatemi,
Generale de’Jarjayes! Non ho visto quella buca…
Questo pezzo di strada è un po’
accidentato…
- Accidentato sarai tu!
Non sapresti vedere neanche
la voragine
creata da un elefante!
- Caro François –
gli
disse l’uomo - siamo
lietissimi di
accogliervi tra
queste mura dopo tanto
tempo.
- L’onore è mio
,signori
– sorrise lui cordialmente – dopo il baccano del
mare e i terribili movimenti
delle navi, per me è come essere entrato in un tempio.
- Speriamo che possiate
riposare in tutta tranquillità – si rivolse al
genero – la vostra camera è
quella dalla porta blu che guarda a est , verso il porto
della città .
- E’ la vecchia ubicazione
, François – rise Judith – sai quanto io
ci tenga…
- Sì,
è vero – ammise il marito afferrando
quel
gesto di complicità - ricordo
che fin da
ragazza hai avuto una grande affezione per i rifugi con le pareti
floreali…
- Saremo a disposizione per
qualsiasi evenienza – si sforzò di essere tenue e
garbata - pranzeremo
verso l’una così, François, avrete
tutto il tempo a disposizione per sistemarvi .
- Esatto – aggiunse il
suocero con disinvolto calore – mettetevi comodo e dite
subito se desiderate
qualcosa.
- Vi ringrazio di cuore
– rispose rispettosamente il generale – in effetti
ho proprio bisogno di
ridarmi una sistemata da capo a piedi …
- Allora facciamo
preparare la vasca per il bagno – proferì Judith
– vedrai che ti sentirai come
rinato…
- Cosimo e tua sorella
Oriane sono assenti?
- Si trovano ancora giù
in città per sbrigare alcuni servizi. Torneranno a
mezzogiorno o forse prima.
- Bene ! Sarà meglio che
mi tolga questa divisa che non è più fatta di
stoffa ma di alghe e sale!
***§***
All’inizio sciattamente quieto poi sempre più
incuriosito e
ansioso, il generale si acconciò sempre più
lentamente fino a che non contò uno
per uno i capelli grigi o bianchi che incappavano tra i dentelli del
pettine.
Abituato a portare la parrucca si era scordato della piantagione che
evolveva
sul suo capo.
Non era uomo vanesio ma si rattristò
alle graffiature della vecchiezza. Quei filamenti
erano le firme che la pazienza cupa, il dolore e la rabbia avevano
deposto poco
per volta e che s’immergevano nella sua castana e matura
giovinezza per poi
emergere e rammentargli che proseguivano la
loro semina.
Per sollevarsi spostò lo sguardo sulla parete di fronte
, un po’
più in alto dov’era appeso un ritratto
ovale di Judith
adolescente… Il pittore
l’aveva tratteggiata con magistrale delicatezza in un abito
estivo arancio chiaro
che le lasciava scoperti gli avambracci, le spalle e il collo. Sul viso
, senza
trucco, regnava imperitura la morbidezza ingenua della pelle; le belle
labbra sorridevano
tranquille e gli occhi erano
gocce mattutine
spruzzate da un pennello
inumidito in un mare calmo. I boccoli erano legati solo in parte da un
nastro
bordò all’estremità del capo. Il resto
della chioma era una profusione di libertà
angelica e rinascimentale. Seduzione irresistibile.
François dovette ringraziare il cielo e la propria tenacia
sincera
e disobbediente: sarebbe finito ammogliato con una duchessa se non si
fosse opposto
al padre Jean Antoine. Le unioni combinate erano all’ordine
del giorno tra
aristocratici ma lui non le aveva mai sofferte: la vita militare non
gli aveva
impedito di maturare il senso dell'autodeterminazione nella sfera
più intima
del proprio essere.
In
seguito ad animose discussioni,il genitore s’era dovuto
ricredere alla conoscenza diretta di Judith.
L’uomo rammentava un episodio che aveva svelato un’
inedita
angoscia, un’angoscia che spiegava l’intelaiatura
di un capo famiglia che
programmava e programmava cercando di far quadrare qualsiasi tassella
nell’ottica delle sicure disillusioni.
Padre e figlio passeggiavano nel cortile
della loro villa… Un primo pomeriggio morsicato qua e
là da rigurgiti di nubi
grigie che si ritraevano a tratti lasciando sgocciolare un sole
primaverile e
tremolante come il tuorlo di un uovo...
- Voglio sposare
Judith – dichiarò privo d’esitazione il
giovane - …lo voglio con tutto me
stesso. E’ una delle poche certezze della mia vita. Grazie a
lei…ho avuto il
coraggio di scoperchiare tante cose e paure orribilmente
ridicole.
- Son rari questi
tipi di matrimoni, figlio mio…- rispose respirando
l’umidità asprigna delle
cortecce dei pini - non
so se essere immensamente
felice.
- La mia relazione
non è un contratto di vendita ! Parlerò da
ragazzino, ma non concepisco
un’esistenza di negoziazioni ,
tranquille bugie e…
- Non ho nulla da
ridire sulla tua fidanzata – riprese l’anziano in
tono calmo - Sono
vecchio ma non rimbambito a tal punto da
non cogliere l’energia che ti trasmette e
dona. Ha devozione, franchezza e profondità. Un
tesoro preziosissimo e
piuttosto pesante.
- Una felicità grande
può essere pesante?- interpellò il ragazzo
lievemente urtato - La
fortuna è un dramma?
- La grandezza non
è opera leggera. Il mondo ha la consistenza di una piuma? Tu
e la tua futura
sposa sorreggete reciprocamente i
vostri
universi.
- Dunque, padre , dove
scorgereste l’inquietudine?
- Mi domando,
François – sospirò Jean Antoine - in
che maniera gestirai gli incoraggiamenti,
le dichiarazioni della passione, ogni verbo d’amore che ti
correrà via dalle
labbra.
- In che senso?
- Nel senso che ci
sono parole che non tornano più indietro. Le potrai ripetere
ma tutte le volte, lentamente, avranno un
sapore diverso. Si
sprecano spesso e poi si dimenticano
in
un lungo rapporto in procinto di ghiacciarsi…
- Sarai in grado di
non lasciare deteriorare un cibo che ti dovrà alimentare per
infiniti anni? La
libertà fa correre su distese fiorite ma anche su deserti
pieni di massi aguzzi…
Se hai scelto di non aver catene, potresti calpestare sentieri luminosi
così
come potresti barcollare su un
precipizio.
Il conte ricevette i vestiti ordinati.
- Sono felice che voi e
Madame vi siate riuniti – esordì il servo mentre
aiutava il generale a
sistemare la giacca sulle spalle.
- Sì…stento a
crederci…Finché
non l’ho presa tra le braccia temevo si trattasse di un
miraggio.
- Non posso più pensare
alla distanza…- confessò accennando un sorriso -
continuo tuttavia a
essere smarrito…devo
ancora riprendermi…
- Beh…- appurò
massaggiandosi il mento - Il
letto è
stato preparato con grande cura.
- Damian!
- Dovete rimettere in
moto quello che avete lasciato dormire. Se no, tanti saluti disgelo!
- La baionetta funziona
bene anche senza proiettili.
- Suvvia, vi do
suggerimenti da uomo a uomo…- mormorò costui
sorridendo e battendogli una mano
sulla spalla - se volete ritrovare la vostra dimensione pensate alla
felicità
di Madame…non avete visto il modo in cui vi guarda?
- Spolverati via.
- François
– chiamò
Judith
– è permesso?
- Madame: vostro marito
è pronto. Risplende amabilmente da cima a fondo somigliante
ad un angelo del
paradiso.
- Ti farò risplendere
appeso al tetto di questa magione – minacciò il
generale – se non righi
dritto alla tua postazione!
- Mai che quell’asino
smetta di spiattellare asinerie – brontolò il
padrone cambiando poi tono
rivolgendosi alla moglie – scusami…spero
di non aver tardato troppo.
- No – rassicurò
lei –
la tavola è già apparecchiata ma Oriane e Cosimo
devono ancora arrivare...ti va
se aspettiamo in terrazza?
- Incredibile che tu sia
accanto a me. La tua espressione e il tuo corpo si sono ridotti su
fogli di
lettera per troppo tempo. Ho potuto sgridarti soltanto attraverso
l’inchiostro.
Per fortuna adesso è diverso.
- Desideri già somministrarmi
fucilate? Ti prego, sono saturo di proiettili…hai tutto il tempo per
randellarmi più tardi.
- Hai proprio ragione,
caro. Ne abbiamo di conversazioni da fare. Sarà impossibile
annoiarsi.
- È
così…bisogna
recuperare in ogni senso.
- Inevitabile. Tante
cose ci cadono per strada mentre andiamo di corsa.
- Ho la pessima
abitudine di correre troppo e leggo
ad
alta voce sentenze credendo che gli altri non possano avere
facoltà di
rispondere…molte volte l’ho fatto con
te…Credo che ci siano germi che restano
perennemente nel
cuore. Ne sono talmente
tanti che non basta una vita per toglierli tutti. Alcuni si estirpano e
altri
si generano o rigenerano…Judith, non ne ho idea di quanto io
possa migliorare o
peggiorare…In America , quando mi trovavo a cenare da
solo…la vuotezza che mi
stava di fronte era aliena… Non diceva nulla. Si limitava ad
esistere nella sua
assurdità senza forma. Certo la spada, la divisa e lo
stendardo della mia
famiglia appartengono
al re… ma tutto
quello che ho dentro, il sangue, la rabbia, la tristezza, la mente
piena di
cianfrusaglie appartengono alla mia anima che siede qui, attaccata a
te.
Ecco…anche nella stupidità più nera mi
rendo conto che sono tuo. Posso urlare
quanto mi pare ma la legge dell'anima resterà questa.
- Invece , François , io
ho la pessima abitudine di scappare dalle battaglie…Temo di
non sapere
impugnare le armi e perciò le lascio cadere credendo che sia
inutile. Anche le
corazze mi spaventano perché le trovo opprimenti e
impediscono di camminare.
Posso provare a dare fuoco per prima e ci riesco ma dopo, per tanto tempo , mi gelo.
Io non ho avuto
abbastanza forza per cavarti sempre fuori dai fossati in cui ti
infilavi. Sai quanto
odio dormire da sola…ho avuto il terrore, per molte notti,
di trovarmi in un
mausoleo funebre …col pensiero poi della culla delle nostre
bambine che sta
chiusa in soffitta…
- Ci sarà una nuova
culla, Judith. Me l’hai scritto nell’ultima
lettera, ricordi? Sarà così perché
ti vedo diversa. Guarda, il tuo volto è ancora
più bello…I tuoi occhi sono
forti e si muovono come acqua corrente..Sento che mi saprai sfidare a
duello
meglio di prima, qualunque cosa possa accadere…Sei la mia
luna. La mia
splendida luna.
- La nostra camera è
quella che guarda a est, voltata verso il mare. Io l’ho
sempre adorata perché,
quando eri via, almeno
potevo immaginare
il tuo sguardo. Sia di notte che di giorno, il colore delle onde cambia
ma
rimane lì, a vegliarmi da lontano…
I conti della Seigne non erano sperperatori di opulenze, ma
si premuravano che la gastronomia di casa offrisse prodotti di alta
qualità.
Dai frutti di mare pescati dal gustoso furore dell'oceano agli animali
allevati
nel pregiato clima salmastro dei pascoli costieri: c’era da
perdersi in quel
tempio sugoso di profumi forti, dolci e gioiosi. Grégoire ci
teneva a far
pervenire da Neufchatel-en-Brain, l’omonimo cacio
d’antica tradizione normanna.
Il particolare gusto farinoso si sposava con l’innaffiatura
amarognola e fine
del sidro.
- Prego , signori! –
invitò il padrone sollevando la brocca di ceramica- È
d’obbligo per il palato e la gola questo
nettare di famiglia.
- Ormai le nostre
cantine a Napoli rischiano di esser popolate più da
bottiglie di sidro che
vino! Ci manca
soltanto una coltivazione
di meli sul nostro terrazzo per ottenere i giardini pensili di
Babilonia!
- Oh ,Cosimo! –
accusò Oriane
- Dovremmo tornare qui
durante la bella stagione! Da noi in Italia non esistono questi tesori
di
coltivazioni…tu cerchi di rifilarmi , ogni domenica,quel
dannato amaro alla
rucola dal sapore di medicinale per tosse!
- Suvvia , cara…sai che
sono un amante delle tradizioni d’Ischia ma non per questo
disdegno i sapori
della Normandia, anzi…
- Questo sidro è
un’antica
lavorazione che rende il gusto più fermo e dolce –
accennò Grégoire.
- Non vedevo l’ora di
tornare a berlo – dichiarò François
sorridendo - Se non
sbaglio penso di averlo assaggiato la prima volta proprio da voi quando
ero
ragazzo.
- Sì –
confermò la sposa
seduta affianco - quella
primavera in
cui venisti con tuo padre e tuo fratello.
- Già…la fioritura
dei
meli…uno spettacolo favoloso. Facevamo passeggiate
lunghissime.
- I fiori degli alberi
sono molto belli. Sembrano rosa acceso quando sono chiusi , quasi
provino
vergogna , e poi aprono la corolla che è bianchissima.
- Da piccole costruivamo
delle coroncine – ricordò Oriane che stava di
fronte alla sorella dalla parte
opposta del tavolo - Te
ne feci una
molto bella, Judith…sarebbe stata perfetta abbinata agli
orecchini che hai ora.
- Li ho da parecchio
tempo. Me li regalasti tu, François, all’inizio
del nostro fidanzamento.
- Helene! –
rimproverò
la contessa Bénédicte, imperiosa a capo del
tavolo –Rischiavi di rovesciare il
dolce!
- Perdonatemi, signora!
La cameriera arrossì
costernata : era una ventiseienne
minuta e pallida, dai capelli neri legati in
una treccia e
dalla bocca piccola
travolta bruscamente dall’incandescenza delle guance.
- Madame –
giustificò Damian
che stava aiutando a portare i piatti –lo sconsiderato sono
io che ho
involontariamente intralciato la ragazza. Sono grande e ingombrante.
-
D’accordo, ho compreso
– concluse scabra la padrona –
l’importante è che stiate attenti. Per cortesia
giacché è stato servito il tortino di mele portate anche il calvados.
- Ti sei ricordata bene,
cara – aggiunse Grégoire -
non può mancare
questo assaggio prima del dessert. è come una goccia di
fiamma dolce in gola.
- No, papà – rise
Judith
– credo proprio che rinuncio. Non sono abituata a finire
neppure un intero
bicchiere di vino!
- Io ne prendo solo una
goccia – disse Bénédicte che assaggiava
sempre il sidro con estrema
moderazione– per tener fede alla nostra tradizione.
- Non preoccuparti papà
– gioì Oriane – io non persisto mai al
Calvados. Mi auguro che non ti
comporterai da taccagno se domando una bottiglietta da portarmi a casa.
- Puoi stare tranquilla,
figliola – sorrise il padre – io sono sempre
orgoglioso di saperti ottima
degustatrice dei nostri prodotti.
- E la nostre collezione
di bevande normanne si allarga sempre di più –
scherzò Cosimo – sentiremo odore
di mele anche prima di entrare in casa.
- Se tu importi casse di
liquore rucoloso , io lo faccio col sidro e il calvados.
- Povero rucolino!
Sempre con lui, ce l’hai!
- Tranquillo –
rimbrottò
Oriane - nessuno
ruba la tua parte! Non
fare la scimmia…c’è prima la torta.
- Ma – bofonchiò il
bimbo – a me piace prima il caramello….
- Suele – mormorò
il
padre mescolando francese a incrinature partenopee – una cosa
per volta e in
piccole parti! Visto che l’altro giorno hai avuto mal di
pancia?
- Posso avere un altro
po’ di succo di mela?
- Certo, piccolo –
s’accinse il nonno a prendere un’altra piccola
caraffa di ceramica.
- No, papà – lo
fermò
Oriane – così si abitua troppo alle cose
zuccherate. Va bene assaggiare tutto
ma non troppo.
- Ma – oppose dispiaciuto
l’uomo – mi sembra che abbia soltanto bevuto un
bicchiere.
- Effettivamente sarebbe
meglio che il bambino non toccasse neppure il caramello –
ammonì la nonna – la
torta è bella buona Samuele, vedrai che già con
quella sarai pieno.
- Samuele può mangiare
un pochino di torta e un pochino di caramello –
puntualizzò la madre.
- Una fetta di torta è
sostanziosa – predicò la contessa – se
il piccino prende sia l’uno che l’altro
potrebbe sentirsi di nuovo poco bene come diceva tuo marito.
- Madre, controlliamo
che Samuele possa abituarsi a mangiare con noi a tavola senza strafare.
Ha
avuto la sua porzione di primo e secondo e ora può
assaggiare il dolce.
- E dopo tanti assaggi
di tal genere che è stato costretto a letto.
- L’altra volta –
ribatté l’altra sull’orlo
dell’irritazione – ha combinato pasticci con accostamenti di cibo che
gli hanno colpito lo
stomaco!
- I nonni si preoccupano
per i nipotini – sospese la diatriba Judith –
può succedere che non
si sappia quali
alimenti diano fastidio ai più piccoli.
- Per fortuna che Samuele mostra appetito - fece calmo Grégoire – è giusto che il suo palato si adegui piano piano a ogni cosa.
- Sta volta si è
regolato bene – osservò Cosimo –
può prendere la sua parte di dolce
tranquillamente…e poi è l’occasione del
ritorno dello zio François.
- Io più di una volta mi
sono sentito male da bambino – ammise lui –
perché avevo l’abitudine di andare
a mangiare di nascosto i biscotti al miele. Infatti mai mi sono
scordato quei
bei momenti di traballamenti intestinali.
il secondo capitolo l’ho
concluso con la parte Un
proiettile nella mente . All’inizio tutta
questa scena doveva essere
l’ultima parte del capitolo secondo ma poi ho deciso che
ormai sanciva un’altra
fase degli eventi.
Ci sono novità per il
quarto capitolo! Praticamente le
prime due parti le avevo già completate da un pezzo
….quindi ci saranno
ulteriori aggiornamenti il 16 maggio, il 31 maggio
…l’ultimo sarà probabilmente
a metà giugno perché lo devo revisionare da cima
a fondo e apportare modifiche…