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Autore: BowtiesAreCool    14/05/2017    1 recensioni
AU! Gemme Dell'Infinito
Coppie: Phil/Clint - Accenni Steve/Tony - Accenni Thor/Loki
Dal banco dietro Coulson proveniva un sonoro russare: era inconcepibile come un ragazzo dell'età di Anthony Stark potesse avere tanto sonno arretrato, eppure non c'era lezione mattutina che egli trascorresse sveglio, vigile, attento alle parole del professore. Abbandonato sulla superficie costellata di scritte e graffiti, Tony poggiava gli scarmigliati capelli neri sulle braccia coperte di ematomi, chiudeva le palpebre cerchiate di livida insonnia, quindi spalancava la bocca ad un quieto, letargico russare. Persino gli insegnanti avevano perso ogni speranza di vederlo interessato a quel che avevano da dire.
Con un mezzo sorriso, Phil si girò, sistemandosi i capelli castani sulla fronte, gli occhi azzurri posati gentilmente sul viso dell’amico, e lo scosse appena. “Ehi.” Bisbigliò. “Va bene dormire, ma evita di russare, così disturbi tutti.”
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Sei

 



"Ehi! Ehi!" A chiamarlo era stata una voce alle spalle. Una voce trafelata e trafelato era il ragazzo cui apparteneva, coi capelli scarmigliati e il viso appena arrossato dalla corsa: indossava pantaloni della tuta neri, un po' lisi sulle ginocchia, ed una canotta viola incandescente. Le ciocche bionde, sparate in ogni direzione, non migliorarono nemmeno quando il ragazzo, fermatosi dinanzi a Phil, vi ebbe passato le dita. "Scusami! Ma mi mancano ancora cinque di questi volantini, sono in ritardo e rischio che il capo mi ammazzi." Spiegò, tutto d'un fiato. "Li vuoi? La gente pensa che sia uno spacciatore!" E non erano altro che innocui volantini del Carson Carnival, il circo appena arrivato a Central Park.
Phil stava camminando a passo spedito verso scuola, la tracolla che gli ballonzolava sul fianco sinistro e la mente impegnata a pensare a Steve e il Capitano. Si bloccò di colpo e fissò l'altro stralunato, spostando poi gli occhi sui volantini. "Scusa tanto, ma cosa dovrei farci?"
Il ragazzo fissò i pezzi di carta, per poi fare spallucce. "Aeroplanini?"
"Perché non li imbuchi nella posta o li metti sulle macchine?" Il ragazzo strinse la tracolla tra le dita. "E ora, se vuoi scusarmi." Lo sorpassò senza neanche degnarlo di un'ulteriore sguardo, riperdendosi nei suoi pensieri.
Tap tap tap tap di suole di scarpe sul marciapiede. "Ci vuole un permesso per quello. Altrimenti ti multano."
L'altro sospirò esasperato. "Buttali in un cestino, allora!"
Il ragazzo sbuffò, calciando un inesistente sassolino sul marciapiede. "Capito l'antifona." Commentò. "Deduco che non verrai al circo, allora?"
Phil assottigliò appena gli occhi, infastidito. "Odio il circo. Odio i Clown, odio vedere quei poveri animali schiavizzati e affamati. E ti posso assicurare che ho di meglio da fare!"
"Ehi! Guarda che mi occupo io degli animali. Fidati, mi affamo io piuttosto che lasciarli senza cibo.”
E l’altro lo guardò con tanto d'occhi, cercando di capire se lo stesse facendo di proposito. "Ma sei stupido o cosa? Ho detto che non mi interessa." Scandì, sorpassandolo poi di nuovo e riprendendo la strada di casa.
"I giovani d'oggi!" Fu la sua esclamazione, poi torse le labbra in un sorriso. "Allora ti aspetto, eh! Venerdì sera!"
L'altro lo ignorò completamente, mordendosi le labbra di nuovo immerso nei suoi pensieri.
 
***
 
"Mamma mia che faccia." Lo salutò Tony -Aveva anche lui in mano un volantino del circo. "Che è successo?"
"Un tizio del circo mi ha fermato e voleva darmi cinque di quei cosi!" Indicò il foglio per poi accigliarsi. "Tu perché ne hai uno?"
Stark alzò le spalle. "Non lo so. Me lo hanno dato e non l'ho ancora buttato via."
Sbuffò. "Odio il circo e il tizio era davvero insistente!"
"Potevi dirgli Sì sì e poi buttarli via."
Phil sbatté le palpebre. "Ma certo." Disse, "La prossima volta mi fingerò cortese e interessato. Come ho fatto a non pensarci da solo?"
"Ah ah ah." Tony gli diede una spallata, un sorriso ironico sulla bocca; appallottolò il volantino, quindi lo lanciò nel primo cestino disponibile. "Oggi fumetteria?"
"Certo che si! Ci sono novità?"
"Nessuna. Ho provato a contattare il Capitano, per sapere se era di ronda ieri sera: non mi ha risposto."
Sollevò un sopracciglio. "Davvero?" Poi lo fermò e lo portò in bagno, chiudendo a chiave la porta. "Senti... Tu non ti sei fatto un'idea su chi è questo tizio?"
"Il Capitano?" Tony appoggiò le spalle sulla parete. "So solo che ha una Gemma. Lo sento."
"Si, questo lo so, ma secondo te, chi è?"
"Un Marine, forse. E non credo arrivi oltre i trent'anni."
Phil si mordicchiò le labbra e gli poggiò le mani sulle spalle. "E se fosse Steve?"
"Cosa--?! Steve? Ma! Ma non può essere lui!"
"Pensaci! E' comparso lo stesso giorno in cui Steve è arrivato a scuola. Entrambi sembrano cadere dalle nuvole quando si parla di cose elettroniche e Steve zoppicava in questi giorni. Si è fatto male alla stessa gamba del Capitano. Non possono essere solo coincidenze!"
Stark scosse la testa, con forza. "Ma non sembra lui.. "
"La sua Gemma potrebbe cambiare il suo aspetto fisico." Inclinò il viso. "Noi non sappiamo nulla di nessuno dei due. Dobbiamo smascherarlo e capire cosa vuole. E se la sua fosse solo una recita per ucciderti e prendere la Gemma?"
Stark trattenne il respiro e piegò la testa, abbassando le palpebre. "E se fosse un inviato del nostro nemico?"
"Dobbiamo capire se ci sta ingannando e tu devi stare attento, ti prego."
Il ragazzo fece un sorriso ironico e incolore. "Dannazione. Che botta."
Phil lo abbracciò. "Mi dispiace. Ma dobbiamo essere cauti, ora. Tu in special modo."
"Per fortuna ho te a guardarmi le spalle."
"Qualsiasi cosa accada avrai sempre me, Tony." Gli sorrise. "E ora andiamo in classe."
Steve era già seduto: abbozzò un sorriso incerto, nel vederli entrare, imbarazzato. Alzò la mano, in un segno di saluto cui Tony nemmeno rispose.
Phil si sedette e rivolse all'altro un sorriso cortese e un semplice. "Buongiorno."
"Volevo scusarmi per ieri sera. Per tutto il disagio che ho creato."
"Non importa, va tutto bene."
Steve negò col capo. Tony dietro di lui, si trincerò nel silenzio e tenne la bocca cucita, il viso nascosto nelle braccia. "Ho rovinato la serata."
"Ma no, non preoccuparti. Dai più importanza alla cosa di quello che è." Phil scosse le spalle ed estrasse quaderni e libri. "Mettiamoci una pietra sopra." Rispose, mantenendo sempre un tono cortese, quasi finto.
"Okay." Da quel momento Steve rimase in silenzio. Unicamente a fine lezione, si girò verso Coulson. "Pensavo di andare a studiare in biblioteca."
Il ragazzo sorrise cordiale. "E' un'ottima idea. Io e Tony, purtroppo, siamo impegnati. Ma possiamo studiare insieme domani."
"Certo." Il ragazzo di Brooklyn sorrise, pur se una stilla scura ombreggiava occhi e sguardo. "Sempre se domani non siamo impegnati di nuovo." Si intromise Tony. "La mia agenda è fitta di impegni."
Phil ridacchiò e afferrò la tracolla. "Andiamo o faremo tardi. A domani Steve."
"A domani..."
 
***
 
"Notizie strane dal DNA. Vieni a casa appena puoi. Mamma Is."
Questo il messaggio che era arrivato a Coulson, nel pomeriggio. E che non prometteva niente di buono.
Il ragazzo tornò a casa un paio d'ore dopo, trafelato. "Ho fatto il prima possibile!"
Isabelle stornò gli occhi dal portatile. Victoria dilatò le narici e si umettò le labbra. "Siediti." Gli consigliò. "È meglio."
"Che succede?" Si lasciò cadere sul pavimento, esausto. "Mi state spaventando."
Isabelle scambiò una occhiata con la moglie. "Abbiamo trovato il tuo amico." Esordì. "È stato... Dichiarato disperso in missione a Montecassino. Nel 1945."
"Nel 19-- Cosa?" Spalancò occhi e bocca. "Che state dicendo? E' impossibile!"
"Non c'era traccia del suo DNA nel database." Spiegò Victoria. "Nessuna anamnesi. Nessuna storia famigliare. Cosi abbiamo allargato i campi di ricerca, su più server e parole chiave." Allargò le braccia ed un pannello olografico si aprì a mostrare una raccolta di vecchi fascicoli militari, resoconti di guerra, di missioni ed una foto in seppia, di un ragazzo dai cappelli e gli occhi chiari. "Steven Rogers. Suo padre Joseph era nel centosettesimo. Sua madre Sarah una infermiera. È nato a Brooklyn, ma i suoi genitori erano di origine Irlandese."
Phil spalancò gli occhi e si sollevò di scatto, fissando la foto in cui riconosceva perfettamente Steve. "State dicendo che la Gemma l'ha reso immortale?"
"No. Tra i suoi sedici anni e l'apparizione al fronte sono passati anni in cui di lui non si sa nulla. Non lo ha reso immortale: lo ha spostato nel tempo."
Corrucciò le sopracciglia. "Quindi la sua è la Gemma del Tempo? E come fa a cambiare aspetto?"
"Muta i suoi anni. Invecchia." Isabelle gli mostrò una foto di Steve giovane, alla scuola d'arte di Brooklyn, e una al fronte -Ed era evidentemente Capitan America, nei tratti e negli occhi.
Scosse la testa. "E' impossibile. Io-- Non ci posso credere."
"È la Gemma del Tempo. Non della Realtà. Spiegherebbe molte cose."
"Ma così non può cambiare il futuro? Insomma-- Se proviene dalla seconda guerra mondiale, andando avanti e indietro potrebbe cambiare il futuro giorno dopo giorno, no?"
"Non sappiamo se sia in grado di farlo, né se sia possibile."
Phil continuava a guardarle incredulo. "Quindi quando la Gemma l'ha trovato l’ha spedito qui ed è rimasto intrappolato nel nostro tempo?"
Isabelle prese un respiro. "È l'ipotesi che riteniamo maggiormente probabile."
"E io sono stato così imperdonabile..." Bisbigliò, improvvisamente pallido. "Devo andare da lui, dove abita?"
"Brooklyn." Victoria scrisse veloce un biglietto. "È l'indirizzo del suo primo domicilio. Quello segnato sui documenti scolastici è fasullo."
Annuì e afferrò il bigliettino. "Grazie. Avvertite Fury di tutto."
Isabelle annuì, quindi prese una pistola d'ordinanza S.H.I.E.L.D. "Potrebbe essere pericoloso."
Phil fissò la pistola e poi la donna. "Vado solo da lui, non credo voglia uccidermi."
"Hai unicamente appurato che la sua è la Gemma del Tempo. Non da che parte sta."
"Verremo con te." Si disse d'accordo Victoria. "A distanza di sicurezza."
"Ma non ce ne bisogno! Se avesse voluto uccidermi l'avrebbe già fatto!"
Victoria strinse le labbra. "Siamo preoccupate. Non interverremo. Non senza un buon motivo, rimarremo fuori dell'abitazione."
Il ragazzo sorrise. "Grazie ma credo di potermela cavare da solo."
"E per questo siamo fiere di te."
Ma questo non impedì comunque alle due donne di seguirlo, una volta che fu fuori -Non importava quanto Phil fosse bravo: era del mondo che avevano timore.
 

***

 
Il condominio di Brooklyn era fatiscente, si reggeva a stento sulle fondamenta. Era con ogni probabilità disabitato e il tempo aveva smangiato l'intonaco, riducendolo a meno di polverosi brandelli; unicamente due dei cinque piani della palazzina mostravano finestre integre e unicamente quelle avevano i vetri puliti e non troppo rigati. Vi si poteva accedere tramite una scalinata cigolante, che puzzava di urina ed era sporca da cima a fondo di graffiti e segni osceni.
Phil si guardò intorno con una smorfia -Come si poteva vivere in un posto del genere? E come poteva essere stato così cattivo con Steve senza neanche conoscerlo? Si diede dell'idiota per l'ennesima volta e bussò alla porta, ben attento a non farsi male con le schegge di legno.
Dall'interno non provenne alcun rumore-Probabilmente Steve nemmeno si aspettava che qualcuno venisse lì e adesso era attento, dietro la porta, guardingo.
"Steve? Sono Phil. Ci sei?" Bussò di nuovo. "Volevo scusarmi con te."
Il cigolio dei cardini, quindi il volto del ragazzo che spuntava dal filo di luce della porta. "Phil? Come sei arrivato qui?"
Il ragazzo piegò le labbra in un mezzo sorriso. "Io-- Ecco--" Scosse le spalle. "Ho indagato un po' su di te."
L' altro prese un sospiro. "Entra."
Entrò ben attento a dove mettere i piedi e si guardò distrattamente intorno, girandosi subito dopo a guardare l'altro. "So che sei il Capitano e che possiedi la Gemma del Tempo."Andò subito al sodo.
"Dritto al punto." L'appartamento era ammobiliato alla meglio, con un tavolo grezzo, un divano tarlato, un vecchio frigo ed un fornelletto da campo. "Quindi?"
"Quindi volevo chiederti scusa." Abbassò il viso. "Sono stato davvero cattivo con te ma pensavo ci stessi prendendo in giro. Sono davvero dispiaciuto e vorrei aiutarti."
Steve si sciolse in un sorriso caldo e amichevole. "Parliamone davanti ad un tè." Consigliò lui. "C'è molto da dire."
Il ragazzo annuì e lo seguì. "Dio, ma come fai a vivere in un posto del genere?" 
"È tutta questione di prospettive ed esperienze."
"Potresti trasferirti da me." Sorrise. "Avresti anche una tv."
"Da...Te?" Steve, sgomento, rimase col bollitore a mezz' aria. "Cosa...?"
"Sei intrappolato qui?" Chiese, invece, sedendosi su una sgangherata sedia. "Non riesci a tornare nel tuo tempo, vero?"
Steve controllò la fiammella, rimanendo in silenzio per alcuni istanti. "Non lo so. È la Gemma che mi porta."
"Come funziona? Ti porta a suo piacimento?"
"Esatto. Mi ha portato in Guerra perché fossi pronto ad affrontare questo."
"L'hai sempre avuta con te?"
Il giovane scosse la testa. "Avevo sedici anni. Ho sentito come se il cuore avesse iniziato ad ardere: ho alzato la testa ed è caduta dal cielo, come una cometa."
Lo guardò sorpreso. "Avevi-- Perché, scusa, quanti anni hai adesso?"
"È complicato. Ne avevo sedici quando la Gemma venne da me, ma ventisei quando andai in Guerra. A occhio e croce ora come ora dovrei aver raggiunto anagraficamente il centenario."
Spalancò la bocca. "Ma puoi tornare a casa, no? Sei tu che controlli la Gemma, non il contrario!"
"Ma non posso controllare lo scorrere del tempo. Ciò che è stato è stato e non si può cambiare."
L'altro mugugnò pensieroso. "Quindi non puoi tornare indietro e cambiare il futuro? Non puoi tornare a casa tua?"
"Cambiare il futuro sottintende cambiare il passato." Steve passò a Phil una tazza un po' sbeccata ai bordi, tenendo poi per sé un bicchiere venato. "E il passato ha condotto a tutto questo. Un passato in cui io non ero presente: se tornassi indietro, cosa potrebbe accadere? O peggio, non accadere?"
"Ma così rinunci alla tua casa, ai tuoi amici, alla tua famiglia!"
"Credi che io non voglia tornare?" Gli occhi di Steve, ora duri, incutevano timore per la loro freddezza. "Se avessi potuto lo avrei già fatto."
Il ragazzo abbassò il viso. "Mi dispiace, non ci avevo pensato."
Il fischio del bollitore interruppe il silenzio che si era creato. Il giovane si mise in piedi, versando l'acqua e passando una bustina di tè economico all'altro. Gli diede poi un bricco di latte da discount, insieme a delle zollette di zucchero che si sfaldavano soltanto a guardarle. "Era Destino che venissi qui. Le Gemme vogliono riunirsi."
Phil si alzò di scatto e gli gettò le braccia al collo. "Mi dispiace così tanto!"
Steve rimase interdetto come non mai da quel comportamento inatteso. Sgranò gli occhi, per poi stringerlo di rimando. "Ehi. Tranquillo."
"Non volevo essere così cattivo, ero preoccupato per Tony e non volevo perderlo né che tu gli facessi del male."
"Lo so. Non ti scusare, davvero."
Phil gli si strinse di più contro. "Mi dispiace che tu abbia dovuto rinunciare a tutto per salvare noi."
"Beh." Steve cercò di sorridere, col cuore che guaiva nel petto. "Ora ho voi, no?"
"Certo." Lo guardò negli occhi. "Prepara le tue cose, verrai a stare da me."
"Ma---E le tue zie? E cosa dirai a Tony?"
"Le mie zie sanno di te e Tony..." Scosse le spalle. "Gli diremo la verità ma non come io ti abbia scoperto. Per quello non è ancora pronto."
Il giovane aggrottò la fronte. "Che intendi?"
L'altro si mordicchiò le labbra e poi sospirò. "Lavoro per una agenzia segreta, lo S.H.I.E.L.D. I miei genitori erano agenti, sono morti in azione e anche le miei zie ne fanno parte, perciò sono stato affidato a loro. Sono stato addestrato fin da piccolo ma Tony non lo sa e per ora non deve saperlo o non mi permetterà di proteggerlo."
"Il tuo segreto è al sicuro con me."
Sorrise. "Grazie. Tony è il mio migliore amico, da sempre e quando ha trovato la Gemma e me l'ha confidato, sono stato incaricato di proteggerlo e proteggere la terra da quei mostri."
"Allora permettimi di aiutarti. Ho combattuto i Nazisti, questi alieni hanno soltanto un alito peggiore."
Scosse la testa. "Non è così. Loro non vogliono ucciderci. Sono qui per studiarci. Crediamo cerchino il vostro punto debole per impadronirsi delle Gemme."
"Allora è nostro dovere mostrargli il nostro punto di forza." Steve tolse le bustine dal bicchiere e dalla tazza. "Essere divisi è il nostro punto debole."
Il ragazzo annuì. "Prendi tutto, domani parleremo con Tony. La camera degli ospiti è molto più bella è comoda di questa catapecchia." Piegò le labbra in un sorriso triste. "Con tutto il rispetto."
"Mia madre ti avrebbe rifilato un'occhiata gelida." Steve sorrise, ma per nascondere le implicazioni e i sentimenti di quel sorriso preferì girarsi per raggiungere una delle finestre e guardare fuori. "Mi chiedo sempre perché io. Perché. Tra tutti."
"Non so come le Gemme scelgano i loro possessori." Gli si avvicinò e poggiò una mano sulla sua spalla. "Forse scelgono le persone in base alla purezza del loro cuore o per qualche caratteristica particolare."
Il giovane di Brooklyn guardò il proprio fiato appannare appena il vetro. "Chissà."
"Andiamo. Abbiamo bisogno di una buona dormita."
"Certo. Aspetta..." Steve si avviò nell'altra stanza, un riquadro appena più grande della cucina, si inginocchiò sopra la terza asse da sinistra e questa, già allentata, venne via in un colpo. Ne estrasse una vecchia scatola, al cui interno riposava una foto ingiallita, accanto ad un paio di pennelli, un penny e una vecchia chiave. "Ho preso tutto. Possiamo andare."
Phil corrucciò le sopracciglia. "Tutto qui?"
"Sì. Non ho altro. Ma questo... È qui da quando ero ragazzo."
"Oh... Va bene, allora, andiamo."
Steve annuì, mettendo la scatola sottobraccio. "Non so come ringraziarti."
"Non devi farlo, lo faccio volentieri."
"Troverò comunque un modo."
Sorrise. "Rendi felice Tony. E' l'unica cosa che mi interessa."
Steve si schiarì la gola, le orecchie un poco morse di rosso e imbarazzo. "Certo."
Il ragazzo lo prese a braccetto. "Andiamo, le miei zie ci stanno aspettando."
 

***

 
Tony guardò prima Steve, poi Phil -La sua perplessità era palese, insomma, non si era detto che i contatti con Rogers dovevano essere minimi e bla bla bla? Perché lo avevano chiamato con tanta urgenza? Decise di bere un sorso di Coca Cola, regalo di Isabelle per il pomeriggio di svago e studio, insieme a merendine e schifezze varie. "Dunque?"
Phil sorrise, afferrando una merendina al cioccolato. "Ti starai chiedendo cosa ci facciamo tutti qui... Beh... Tony, ti presento il Capitano Steven Rogers." Disse, senza mezzi termini.
Il cuore di Stark mancò un battito. "Capitano...?" Esalò, bianco in volto. Steve annuì e si trattenne a stento dall'allungare la mano verso la sua. "Sono il possessore della Gemma del Tempo, Iron Man." Si presentò. "E vengo da molti anni lontano da qui."
Fu Phil a poggiare una mano su quella dell'amico. "Ehi. Possiamo fidarci di lui, non hai nulla da temere."
Stark ritirò immediatamente le dita, scottato dalla rivelazione, dalle conseguenze, dalla presa di coscienza di chi e cosa aveva davanti.
"Quanti anni?" Ringhiò. "Quanti?"
Il Capitano si umettò le labbra, serrando poi la bocca per cercare di trovare le parole adatte a quel momento.
"Ero... A Montecassino, insieme ai miei uomini, quando la Gemma mi portò qui. Era il 1945, poco prima della fine della Guerra."
"Tony calmati, ti prego. Questo non cambia nulla, credimi."
"Non cambia nulla? Non cambia--È un relitto di una guerra vecchia di anni, un dannato vecchiume che se la fa coi ragazzini è---È---"
"Un pedofilo?" Concluse per lui l'amico, scuro in volto. "In questo momento la sua età anagrafica è di sedici anni e poi ha rinunciato a tutto per essere qui e salvarci, quindi merita almeno un po' di rispetto da parte tua."
"Non mi sembra proprio che Capitan America abbia sedici anni."
"Capitan America ne ha ventisei." Rispose Steve, senza che il suo sguardo tradisse una singola emozione. "La Gemma mi ha semplicemente portato lì. Sedici anni, in un corpo di ventisei. La Gemma invecchia il mio corpo, ma io non ho esperienza di quegli anni che trascorrono. Io non cresco."
"Tony." Lo richiamò Phil. "Capisco quello che provi, credimi. Ma puoi fidarti di lui, non ti farebbe mai del male."
"È troppo anche per me." Tony tirò indietro la sedia. "Mi dispiace. Non è razionale. Non è logico."
"Le Gemme non sono razionali o logiche!" Saltò su l'altro. "Neanche la tua lo è! Che importa quanti anni ha o da dove viene? È qui per aiutare ed è sincero! Non dovrebbe importarti di null'altro!"
Tony emise un verso frustrato, ringhiando suoni incomprensibili tra i denti serrati. "Se elimini l'impossibile." Disse allora Steve. "Quello che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità."
"Arthur Conan Doyle."
"E Howard Stark." Aggiunse il Capitano. "Era tuo padre, vero?"
Phil aprì la bocca, sorpreso. "Hai conosciuto suo padre?"
"Faceva parte di una divisione dell'esercito. L'SSR."
"Davvero?"
"Davvero." Rispose Steve. "Conobbi lui e Peggy Carter durante--"
"Sei tu." Tony girò finalmente gli occhi verso di lui. "Peggy mi parlava sempre di te. Come ho fatto a non riconoscerti prima?"
"Non era razionale. Che io fossi l'uomo che lei ricordava."
Phil girava gli occhi dall'uno all'altro, confuso.
"Ho bisogno di aria." Annunciò Tony, prendendo la sacca che aveva lasciato sulla sedia e mettendola sulla spalla. "Non cercatemi per un po'."
"Ma Tony--"
"No. Niente Tony. Non ora. Non adesso."
"Ti prego non te ne andare." Phil gli afferrò la mano. "Insieme possiamo affrontare tutto, ricordi?"
Ma il ragazzo tirò via il braccio, con un gesto secco, e non si voltò indietro. La porta si chiuse alle sue spalle con un tonfo sordo. Steve si alzò, per stringere il braccio attorno alle spalle di Phil. "Deve accusare il colpo."
Phil poggiò il viso sulla sua spalla. "Non oso immaginare come reagirà quando gli dirò di me..." Bisbigliò, lasciandosi stringere.
"Ci sarò anche io quando glielo dirai. Non sarai solo."
"Grazie." Sorrise. "Tornerà presto."
Il Capitano annuì. "Non pensavo che la mia vita e la sua potessero essere tanto collegate." Ammise. "Non pensavo nemmeno che Howard mettesse la testa a posto al punto da avere una famiglia."
"Chissà cosa direbbe se fosse ancora qui..." Sospirò. "Probabilmente ti studierebbe come un fenomeno da baraccone."
"Prima mi tirerebbe un pugno in faccia."
Sollevò il viso per guardarlo. "Perché?"
"Per essere sparito tutto questo tempo."
"Eravate amici?"
Steve fece segno di sì col capo. "Non so perché, visto che eravamo due caratteri decisamente agli antipodi. Diceva che riuscivo a mitigare il suo cinismo e dargli quella ventata di patriottismo che è un toccasana per gli affari."
Phil ridacchiò. "Tony non ne parla mai." Disse poi. "Non so se è perché non lo ha ancora accettato o perché non andavano d'accordo."
"Non era una persona facile. Molti nell'esercito non lo sopportavano."
"Ma tu si."
"Non era una persona malvagia, né disdicevole. Era un uomo d'affari."
Phil si limitò ad annuire, lasciando l'abbraccio dell'altro con un sorriso grato. "Mettiamoci a studiare."
"Adesso lo vuoi il mio aiuto per il saggio di storia?" Sorrise il Capitano.
Il ragazzo ridacchiò. "Si, grazie!"
 
   
 
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