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Autore: Emmastory    15/05/2017    1 recensioni
Dieci anni. Questo l'esatto lasso di tempo trascorso dall'ultima battaglia contro i famigerati Ladri, esseri ignobili che paiono aver preso di mira la bella e umile Aveiron, città ormai divenuta l'ombra di sè stessa poichè messa in ginocchio da fame, miseria, dolore e distruzione. Per pura fortuna, Rain e il suo gruppo hanno trovato rifugio nella vicina Ascantha, riuscendo a riprendere a vivere una vita nuova e regolare, anche se, secondo alcune indecisioni del suo intero gruppo, tutto ciò non durerà per sempre. Come tutti ben sanno, la guerra continua, e ora non ci sono che vittime e complici. (Seguito di: "Le cronache di Aveiron: La guerra continua)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VI-mod
 
 
Capitolo XX

Libertà e vendetta

Per la prima volta, dopo tanto tempo, tutto sembrava andar bene. Io non ero più ansiosa, il gruppo appariva più unito che mai, gli allenamenti dei ragazzi proseguivano spediti, e cosa più importante, riuscivo a sentirmi di nuovo felice. Ormai abituata a considerare la quiete merce alquanto rara, avevo quasi dimenticato cosa fosse e significa, ma adesso, finalmente, rieccola. Proprio all’interno del mio animo, quella bellissima sensazione di calma e pace interiore, che dati i miei trascorsi e la miriade di avvenimenti negativi che avevano colpito me e il mio intero gruppo senza pietà, pareva aver smesso di visitarlo. Sono ora seduta a rileggere quanto scritto nel mio diario, e nel farlo sorrido. Sono felice di poter riprendere a respirare, e in questo giorno così soleggiato, ho fiducia. Con un sorriso stampato sul volto, continuo a leggere, e fra una riga e l’altra, vengo travolta dal fiume in piena dei miei stessi ricordi. Per pura fortuna, tutto va bene, e improvvisamente, un suono mi distrae riportandomi alla realtà. Incuriosita, guardo fuori dalla finestra, scoprendo che non c’è da preoccuparsi. È per così dire colpa di Rose. Operosa e ligia al dovere, si sta allenando a centrare finti bersagli nel giardino di casa, che per la mia gioia ha costruito praticamente da sola, usando legno, vernice e feltro. Anche se lentamente, il tempo scorre, e lei diventa sempre più brava. Forse è il mio essere madre a parlare, rendendomi quindi di parte, ma nonostante questo sono orgogliosa di lei, e credo fermamente che un giorno diventerà un’esperta nel campo del tiro con l’arco. Da quanto vedo, è già sulla buona strada, e mentre io sono seduta a leggere e ricordare, sono felice di vedere che non è sola, e che sia i suoi fratelli che suo padre sono con lei. Perfino Chance le fa compagnia, e incontrando gli sguardi di tutti, saluto con la mano. Proprio allora, Stefan fa un singolo gesto, e annuendo, comprendo alla perfezione il suo muto linguaggio. “Scendi.” Mi da modo di capire, rimanendo calmo e tranquillo. Voltandomi per un attimo, lascio il mio diario sulla scrivania, e poco dopo, sono al loro fianco nel giardino di casa. Con una buona dose di pazienza e un pizzico d’aiuto da parte di suo padre, Stefan ha letteralmente ricostruito i manichini usati da Aaron e Isaac, per ora ancora illesi e pieni di sabbia. A quanto sembra, nessuno li ha ancora toccati, e guardandomi intorno, scopro che qualcuno ne ha realizzato ben tre a misura di Chance. Più resistenti e adatti alla forza e ai morsi canini, chiaro, ma pur sempre una bella idea. “L’abbiamo fatto io e Rosie.” Afferma lo stesso Isaac, tronfio e soddisfatto. “Rosie? Gli faccio eco, prendendolo bonariamente in giro. “Sì, Rosie. Mi ha aiutato lei. È forte!” risponde, calmo e composto. Sorridendogli, riesco a renderlo felice, e poco dopo, lo vedo allontanarsi. Mia figlia lo ha appena chiamato a sé, e ha in spalla la sua faretra. Spinta da una genuina curiosità, mi fermo a guardarli, notando con piacere che i due parlano fra loro, e che lei sta tentando di insegnarli a usare arco e frecce. “Vuoi provare?” propone, con il sorriso sulle labbra. “Perché no?” risponde lui, lasciandosi poi sfuggire una risata. Di lì a poco, l’arco passa in mano ad Isaac, e pur concentrandosi sul bersaglio e chiudendo un occhio per prendere bene la mira, sbaglia e non riesce a centrarlo. In piedi di fianco a lui, Rose non può fare che ridere, e lui la imita, apparendo però leggermente sconsolato. “Dai, guardami.” Gli dice, invitandolo a fare attenzione ai suoi movimenti. Calcolati e leggeri, sono degni di un vero arciere, e nel momento in cui la freccia colpisce il centro del bersaglio, lui rimane basito. “Però!” commenta, con occhi sgranati per la sorpresa. “Hai visto? È facile! Lo rassicura lei, scostandosi qualche capello dal viso. “Tu dici? Dubita, non avendo fiducia nelle sue capacità. “Certo, fa come ho fatto io.” Gli consiglia, sorridendo ancora. “Non ce la faccio, pesa.” Si lamenta, ancora troppo sfiduciato per provare. In quel momento, lei si immobilizza, e mettendosi proprio dietro di lui, decide di aiutarlo. “La mano non deve tremare. Adesso tendi e…” un secondo consiglio che fornisce con serietà mostruosa, e che sembra davvero funzionare. Da quel che vedo, Isaac è più calmo, e ripete a bassa voce la lezione che ha appena imparato. “Non tremare.” Sussurra a sé stesso, concentrato come mai prima. “Lascia!” continua Rose, non appena si accorge che il momento è propizio. Quasi fosse un automa, Isaac obbedisce, e non appena riapre gli occhi, scopre l’impensabile. Preferisce la spada, certo, ma ce l’ha fatta. Ce l’ha davvero fatta. La freccia ha colpito il bersaglio, e lui ne è davvero felice. I suoi occhi brillano come stelle, e anche la sua giovane insegnante è orgogliosa di lui. “Volere è potere, Isaac. Ricordalo.” Il terzo di tanti consigli, che raggiunge le sue orecchie e si insinua nel cervello, rimanendo lì per tutta l’eternità. “Lo farò, grazie Rose.” Risponde, con un’espressione neutra e un leggero sorriso sul volto. Di lì a poco, lei si volta per tornare ai suoi personali allenamenti, ma lui la ferma afferrandole il polso. “Sei fantastica. Le sussurra, per poi lasciarla andare. “Tu un guerriero.” Rispose lei, dopo alcuni attimi passati a guardarlo negli occhi. Due iridi marroni e più scure delle sue, alle quali, per qualche strana ragione, lei non riesce a resistere. Entrambi sono poco più che bambini, ma li conosco meglio di me stessa, ragion per cui credi sia giusto pensare che un giorno le cose fra loro cambieranno. Forse non oggi, forse non domani, ma presto. So bene di non essere stata l’unica a notarlo, e infatti Stefan è d’accordo con me, e insieme, in qualità di cavaliere e principessa, come lui stesso mi chiama ormai da anni,  continuiamo a batterci per un futuro migliore sia per noi che per i nostri figli, sperando in un avvenire sereno dettato da aneliti e desideri di fresca libertà, nonostante ogni nostro nemico, fuori dalle domestiche mura che ci proteggono, non faccia altro che gridare vendetta.
   
 
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