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Autore: DarkYuna    24/05/2017    3 recensioni
"Inarca le sopracciglia, livida in viso, sta per dare sfogo alla furia e il malcapitato è il sottoscritto. Se è in fase premestruale posso iniziare a scrivere il mio necrologio. Migé avrebbe potuto cantare al funerale o magari Linde, un’Ave Maria Heavy Metal, con chitarre distorte e voci roboanti."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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16.
 
*Profumo di notte, inverno e morte *






 

 
L’aria è irrespirabile, afosa, pesante, riconosco trame di crisantemi, incenso e sacralità che si incuneano come un cazzotto nel naso, giù per la gola e bruciano lo stomaco. Non riesco a respirare, non è un attacco d’asma, però gli assomiglia.
Sono in una chiesa, non rammento come ci sono giunto, sono tutti vestiti di nero, mia madre, mio padre, Jesse. Riconosco Linde, Burton, Seppo, amici di sempre e poi Francesca, con i due ragazzi che ho incontrato in ospedale e molti altri giovani. Piangono tutti e sono sommerso da una sequela di emozioni terrificanti, un incubo che diviene realtà. La voce del prete è un confuso sussurro di fondo, le orecchie si rifiutano di ascoltare, sto rinnegando la realtà, anche se so perfettamente cosa sta accadendo e non è come lo avevo immaginato: è peggio.
 
 
Seduto al primo posto, cerco tra la moltitudine di persone… lei, la mia bellissima sirena. Non è da nessuna parte, i suoi occhi invisibili nella folla amareggiata.
Solo alla fine intuisco che sto guardando nella parte sbagliata, perché Amelia è qui, ma non tra i vivi… il corpo freddo ed immobile è adagiato in una bara bianca dinanzi all’altare. Indossa un vestito elegante nero che le fascia il corpo smilzo e la fa assomigliare ad una Biancaneve in versione gotica, solo che lei non è stata avvelenata dalla mela della strega cattiva, la malattia dunque ha vinto.
Nessuno la risveglierà, tantomeno io, che non sono un principe azzurro e nel mio bacio non c’è nessun potere per ridarle la vita.
 
 
Uno schianto cupo si sbriciola nel petto, ho il cuore in schegge insanguinate e lo vedo tintinnare sul pavimento di marmo, perdo sangue dagli occhi. Un urlo agghiacciante scoppia in bocca.
Devo andare da lei, non possono portarmela via, non sono ancora pronto.
Cado in ginocchio e mi trascino come un verme fino alla bara.
 
 
La morte l’ha resa un angelo pallido, le labbra cremisi sono piene, i capelli neri le ricadono lisci sul cuscino di seta bordeaux. Non mi guarda più con gli occhi di grano irrorati dall’intensa luce dell’amore, non sorride più innamorata, ha smesso di arrossire quando la osservo, niente più battute a mie spese, la pelle è gelida e rigida, non vi è più niente della mia Amelia in quel corpo privo di vita, è solo un involucro vuoto che ha le sue fattezze.
 
 
Affondo il viso nell’incavo del collo, ha addosso ancora il profumo dolce di zucchero filato, le lacrime rosse le macchiano il volto di porcellana, invoco il nome sconvolto e mentre sto per toccarle la bocca con la mia, mi sveglio di soprassalto nel mio letto.
Il cuore è un treno in corsa che non accenna ad arrestarsi, sono zuppo di sudore dalla testa ai piedi, i capelli appiccicati alla fronte bagnata e respiro come se avessi corso per un’ora. Amelia è serenamente addormentata al mio fianco, in penombra è proprio come nel mio incubo, ma è ancora viva, calda e bellissima accanto a me.
Deglutisco a fatica, affondo disperato il viso tra le mani, sono talmente turbato che non riesco a riprendermi, era così vero ciò che il mondo onirico ha mostrato, che sto per avere una crisi di panico in piena regola. Scalcio via le coperte e vado a sciacquarmi la faccia in bagno. Nello specchio riflette l’immagine di un uomo divorato dalla paura e dal dispiacere, sono teso come una corda di violino sul punto di spezzarsi da un momento all’altro, non so per quanto tempo riuscirò a mantenere il controllo o a sopportare l’intera faccenda.
 
 
Io non posso perderla.
 
 
Salgo in terrazzo, il quadro nel complesso di Helsinki è una groviglio ordinato di case, alberi spogli, strade bagnate, residui di neve e luci arancioni dei lampioni. La notte è una coperta che abbraccia la città, il mare un nastro corvino che si perde nell’oscurità.
Gli occhi si smarriscono all’orizzonte e scorgo alcuni lampi nelle tenebre, segno che un bell’acquazzone invernale verrà a fare visita alla capitale il giorno dopo.
Le mani tremano visibilmente, mentre accendo una sigaretta che non trasmette la giusta calma che di solito ne traggo. Non basta fumare per spegnere la sensazione di malsana molestia che ho alla bocca dello stomaco. Sto male e non ne esco. Getto il mozzicone qualche minuto dopo.
 
 
<< È davvero bellissimo qui sopra. >>, mormora la dolce e stanca voce di Amelia. È avvolta in un plaid grigio, piedi nudi, intravedo la sottoveste bianca e rimembro il sogno, anche se lì era vestita di nero. È la prima volta che sale fin in terrazza, ha paura dell’alto e se l’ha fatto è perché, invece di preoccuparmi io per lei, lei lo fa per me.
Non sono nemmeno bravo nel prendermi cura di una persona a cui tengo, non sono bravo a niente!
 
 
Annuisco appena, volto le spalle alla mia Helsinki e sono tutto per lei.
<< È troppo freddo, torna di sotto, tra poco ti raggiungo: altrimenti ti ammalerai. >>. Non credo che riuscirò a riprendere sonno, inizierò la processione dei caffè e Red Bull alle quattro del mattino.
 
 
Scuote le spalle, avanza pigra e sorride armoniosamente.
<< Non sarà un’influenza ad uccidermi, Ville. Ti ho promesso che resisterò più a lungo possibile… perché, invece, non mi dici cos’è che agita il tuo sonno? >>. Ancora spero di potergli dare a bere le mie balle, ma siamo troppo uguali per far sì che ci creda.
 
 
Volto il viso al di là del cornicione, non voglio che mi scruti, conosce già la risposta ed inizio a fare fatica ad articolare parole sulla malattia. Auspico vivamente che non parlandone, la morte non passerà a prenderla. Il nodo in gola si fa in maggior misura pressante.
<< Niente di importante, faccio sempre fatica a dormire la notte, non preoccuparti. >>, mento sfacciatamente, lei finge di credermi, concepisce che non riesco a parlarne, che mi fa male solo ponderarlo e non sono in grado di affrontare il discorso.
 
 
Poggia le mani sul petto ossuto, poi è la volta del viso morbido, ascolta i battiti del mio cuore in fibrillazione. Vorrei che il resto della mia vita potesse trascorrere così e sapere che non accadrà, mi porta di nuovo al limite della stabilità mentale.  
<< Se credi di non poter sopportare questo contesto, posso andarmene, Ville.  So che ti sto chiedendo troppo. >>.
 
 
Allarmato dal poter essere separato da lei prima del previsto, mi fa sobbalzare e per risposta la stringo così tanto, quasi da farle male.
<< Non dirlo. >>, la supplico innervosito. Le parole escono tremanti e rivelano lo stato d’animo appeso ad un fragile filo. È come essere in apnea.
 
 
Scosta il volto, ha gli occhi grandi colmi di lacrime, mi scruta nemmeno fossi un angelo sceso in terra, ed ho i brividi, ma non per il freddo. È la prima volta che la vedo piangere ed è come una stilettata. Le mani scivolano in su, percorrono il non pettoruto torace, lo sterno, le spalle, le guance scavate e tira indietro i capelli sudati. È costretta ad issarsi in punta di piedi a causa della mia altezza.
<< Sono i tuoi occhi l’ultima cosa che voglio vedere. >>, e mi uccide definitivamente. È buffo come si possa arrivare ad amare perdutamente una persona entrata da poco nella propria vita, che si è destinati a perdere. E più prendo coscienza di ciò e più la amo.
La amo, perché non potrà essere mia per sempre. Il mio bisogno di lei aumenta, ogni secondo, sempre più e non fa ragionare. Niente razionalità, solo cuore ed istinto.
Gli amori impossibili, sono quelli che durano per l’eternità.
 
 
<< Amelia… >>, sussurro, non è mia intenzione articolare una frase decente, sono senza parole, vorrei che potesse sentire ciò che si dirocca nell’anima, perché a voce non riesco a spiegarlo.
 
 
Poggia l’indice sulla mia bocca.
<< Ti amo abbastanza per tutte e due, non devi preoccuparti di questo. Se tu non provassi qualcosa, non saremmo qui. >>, è come se stesse tentando di rassicurarsi.
 
 
Con sgomento, afferro cosa si cela dietro l’espressione malinconica.
<< Non lo faccio per pietà. Credi sia così meschino? >>. Perché non riesco a pronunciare quel “ti amo” che avverto fin nelle viscere? Perché lo taccio con caparbia? Perché ho così paura?  
 
 
I lineamenti si rilassano e le iridi brillano.
<< Credo che tu sia sotto pressione a causa mia. Sono successe troppe cose negative a causa mia. Con quella donna, Migé e adesso ti tolgo anche il sonno. >>.
 
 
Tiro un angolo della bocca da un lato, mi sforzo di sorriderle.
<< Sai cosa ho letto una volta, da qualche parte? >>.
 
 
Scuote la testa, assomiglia ad una bambina che segue zelante la lezione dal suo maestro.
<< No, cosa? >>.
 
 
<<  Si dice che gli amori migliori sono quelli che, prima di aggiustarti la vita, te la incasinano. >>.
 
 
Lambisce con entrambe le mani la mia faccia.
<< Spero di poterti aggiustare la vita adesso… te l’ho incasinata anche abbastanza. >>, ammette, con un sorriso afflitto.
 
 
<< L’unica cosa che hai fatto fino ad oggi, è aggiustare tutto ciò che di sbagliato c’era nella mia vita e in me. Mi hai salvato in modi che non si possono spiegare: c’eri quando ne avevo bisogno. Non hai incasinato niente. >>.
 
 
Mi perdo nel mare d’oro che le si agita nelle iridi, nulla può battere lo sguardo innamorato della donna che si ama, perché riesco a vedere il riflesso di un uomo non più sbagliato, pieno di colpe imperdonabili, demoni famelici, adesso sono la persona più perfetta di questo mondo.
Morirò senza Amelia, è questa la realtà, inutile prendersi in giro, quando il suo cuore si fermerà, il mio farà ugualmente, perché non c’è vita senza amore, così come non esisterò più io senza di lei.
Una balzana idea varca la mente in un baleno, non ho panico stavolta, non rigetto il concetto a prescindere, è bislacco che adesso voglia fare qualcosa da cui sono sempre fuggito. Appare semplice, facile, come bere un bicchiere d’acqua o respirare.
 
 
<< Faresti qualcosa per me? >>, esigo esitante, ciò nonostante mi basta incontrare quegli occhi grandi per smettere di avere paura di vivere.
 
 
<< Tutto quello che vuoi. >>. Non è dubbiosa, non teme che possa pretendere chissà cosa, magari sarebbe in grado di tornarsene in Italia, se solo glielo chiedessi, ma sono una creatura composta da puro egoismo e non sono in grado di staccarmi da lei, nemmeno per un momento.
 
 
Batto più volte le palpebre, è incredibile che sia giunto questo giorno alla fine, eppure sono certo che sia il passo giusto da fare e la persona giusta con cui farlo.
<< Sposami. >>, dichiaro sincero ed onesto e la mia voce si perde nel silenzioso inverno scandinavo.
Per una manciata di secondi non esiste altro che la mimica piacevolmente spiazzata di Amelia, il vento che soffia delicato su di noi, il rossore acceso sulla pelle pallida e il cuore che ha ingranato la quinta.
 
 
Deglutisce appena, il sorriso nasce come un alba carminio su una distesa di neve bianca, le labbra si strofinano tra di loro. 
<< È come se avessi detto di sì. >>, replica, ma la risposta stona di netto con le aspettative.
 
 
Increspo le sopracciglia, non è possibile che abbia capito male, non possono esserci malintesi in questo. Il cuore ha una brusca frenata e il responso è come una secchiata d’acido sull’orgoglio maschile.
<< È un no? >>, sbotto incredulo. Chiedo ad una donna di sposarmi e lei mi rifiuta? Roba da matti! Ci sono donne che farebbero carte false e lei non accetta?
Si deve essere capovolto il mondo!
 
 
<< So che il tuo ego ne sta risentendo, Ville, ma sì: è un no. Suonerebbe fasullo e forzato, chiedere ad una persona di sposarti, senza amarla davvero, dopo così poco tempo, solo perché sai che non resterà per sempre con te, non credi? Non voglio che tu faccia nulla per pietà, devi essere te stesso fino alla fine. >>. Distoglie lo sguardo, schiarisce la voce e l’emozione le tira un brutto scherzo. Le lacrime scendono spedite, rigando le gote arrossate. << Ma ti giuro che non avresti potuto dirmi cosa più bella di questa, Ville. Davvero, non credevo che avresti potuto farmi più felice di così… e invece puoi. >>.
 
 
Sono più deluso di quanto lascio vedere, è come una frustata in pieno volto, la ferita aperta infiamma. Volevo un “sì” e non riesco ad accettare un “no”, il concetto di riferirmi a lei come “mia moglie” era allettante.
<< Non è pietà la mia. >>, assicuro risentito. La amo davvero.
 
 
Sospira teatrale, vuole sgonfiare la bolla del matrimonio, allontanarsi dalla proposta. Lo sta facendo per me, solo che non ne comprendo la bislacca motivazione.
Si appoggia al cornicione in legno bianco e guarda giù.
<< E cosa faranno le tue fans, eh? Immagino un aumento di suicidi improvvisi nel mondo. >>. Poi sorride maliziosa, tornando ad essere la ragazzina solare di sempre. << Beh, ammetto che l’idea di sposare Ville Valo ed averlo tutto per me, fin quando mi sarà concesso, è una cosa che mi alletta parecchio, non mi sono mai vantata in vita mia di riuscire ad ottenere un qualcosa molto ambito da migliaia di donne… però, no, non è per me tutto ciò. Io voglio avere solo te e basta, senza contratti che ci obbligano a stare insieme o che si sappia in giro. >>. Il profilo è baciato dal bagliore aranciato di un lampione in strada. È triste, sconsolata, devastata, solo ora riesco a scorgere al di là della maschera, non è così che aveva progettato la sua vita e questo frangente con me.
In una condizione normale, io non le avrei chiesto di sposarla e lei avrebbe accettato di farlo: l’esatto contrario di quel che è avvenuto stanotte.  
Preferisce restare in anonimato, si illude che così, dopo che non ci sarà più, sarà più facile ricominciare. Se la notizia di noi due trapelasse o se accettasse di sposarmi, diverrebbe impossibile tornare a vivere, perché, a quel punto, sarebbe ovunque.
Ed è ciò che desidero.
Non vuole tenermi legato a sé, anche dopo la morte, ma è proprio questo il punto, io sono già legato a lei, sia in questa vita che in quella dopo.
 
 
<< Io non voglio morire. >>, confessa a stenti e i lucciconi brillano una luce di angoscia. << Non adesso che ci sei tu, non adesso che sei entrato nella mia vita, non adesso che sono felice, non adesso… non adesso. Non è giusto che dopo che ci ho provato per anni, adesso mi restano pochi mesi da condividere con te. Non è giusto! >>.
 
 
Il respiro mi trema in gola, non ho niente di sensato da dire per poterla consolare, mi stringo alle sue spalle e l’avvolgo in un abbraccio di autentica emozione. L’impulso è quello di portarla via, ma dove? Non esiste posto a questo mondo dove rifugiarci, la morte se la porta dentro e non potrà mai essere un nemico da seminare.









Note: 
Ho aggiornato un po' prima del solito, tanto la storia l'ho terminata di scrivere e quindi posso velocizzare i tempi. 
Beh, che dire è un capitoletto un po' di passaggio, giusto per creare più dolore ed angoscia un po' in tutti e dare maggiore introspezione ai pensieri di Ville. Mai una gioia per Ville, nelle mie storie xD
Ho proprio il melodramma nel sangue, sarà il Secco che ispira ciò.


Ringrazio come sempre chi legge, chi commenta e chi fa il fantasmino. 


La storia può presentare errori ortografici.

Un abbraccio.
DarkYuna   
  

 

 
 
  
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