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Autore: JoeyTre    27/05/2017    0 recensioni
Che cosa succede quando il passato è un mistero che tormenta il presente? Kim è una ragazza combattiva e sicura di sé, ma un mistero che riguarda le sue origini la trascinerà alla pericolosa scoperta della sua identità.
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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piccola

"Kim, che cosa è successo?" mia madre corre trafelata verso di me, e si guarda intorno per cercare di capire il motivo che ha portato il preside della scuola a volerle parlare proprio oggi.
Alzo gli occhi al cielo.
"Mamma, un coglione ha deciso di prendermi in giro. Io gli ho tirato un pugno. E' tutto okay" dico, cercando una gomma da masticare all'interno della mia borsa. Siamo entrambe sedute in questa buia sala d'attesa che sembra essersi fermata al 1995. Mia madre si porta entrambe le mani alla testa.
"Tu hai fatto... cosa?!" mi chiede esterrefatta.
"Sì. L'ho colpito. Mi hai sempre detto di difendermi, no?"
"Non ho mai ammesso la violenza, Kim, e lo sai. Mio dio, cosa penseranno i professori di me?".
"Che hai una figlia tosta?" chiedo, cercando di strapparle un sorriso.
Mia madre sembra su tutte le furie. Evviva, le cose si mettono sempre meglio per me.
Qualcuno pronuncia il nostro cognome. Io e mia madre entriamo nell'ufficio del preside, un uomo sui cinquanta anni che siede tranquillo dall'altra parte dell'enorme scrivania in legno. Davanti a lui, in piedi, c'è quello stupido Jake. Ha la testa bassa, e un'aria dispiaciuta.
"Ebbene, signorina Dohmen" mi dice l'uomo "pensavo di poterla conoscere in un modo completamente diverso, ma lei ha fatto il resto. Intanto, colgo l'occasione per presentarle mio figlio, Jake Touillard".
"Oh mio dio, Preside Touillard, la prego di scusare mia figlia per tutto quello che è successo" s'intromette mia madre, con quel suo tono patetico che mi fa venire voglia di vomitare.
"La ringrazio, signora Dohmen. Ma noi siamo qui per un compito molto difficile, che è quello di educare. E' per questo che ritengo che entrambi i nostri figli abbiano sbagliato, e che perciò siano meritevoli di una punizione".
Mia madre annuisce prontamente.
"Assolutamente, e spero anche che sia esemplare".
Non credo alle mie orecchie, e per un attimo spero che mia madre debba trasferirsi dall'altra parte del globo terrestre. Qualsiasi cosa, pur di non restare qui a subìre questa conversazione.
"Jake e Kim passeranno i prossimi tre mesi a ripulire l'intera biblioteca della Princeton High. Un compito ingrato, certo, ma che sono sicuro possa servire a farli riflettere sulla possibilità di riparare a quanto fatto".
"Ma papà, tre mesi sono lunghissimi! Ho gli allenamenti di basket!" Jake parla per la prima volta. E ovviamente dice qualcosa di così prevedibile, che se fosse in un programma TV, la pubblicità sarebbe più interessante.
"Non m'importa nulla. Avresti dovuto pensarci prima" gli risponde l'uomo.
"Ha assolutamente ragione, Preside Touillard. Spero che anche Kim impari qualcosa" continua mia madre.
Sono letteralmente schifata da tutto questo, e proprio mentre cerco di mantenere un'espressione neutrale, il preside mi rivolge la parola.
"E in quanto a lei, Kim. Qui alla Princeton High sappiamo quanto sia negativa e orribile la violenza. Ho deciso di non sospenderla solo perché è il suo primo giorno, e dobbiamo ancora conoscerla bene. Ma ecco... la teniamo d'occhio. Non se lo dimentichi".
Annuisco.
Vorrei esplodere un'altra volta di rabbia, ma respiro profondamente.
Non avrebbe senso farlo adesso, perciò annuisco meccanicamente, e mi volto per uscire al più presto da lì. Jake Touillard mi rivolge uno sguardo intriso di un odio primordiale.
Da oggi, quel ragazzo è sulla mia lista nera.


 



"E questa è l'ala della biblioteca dove si trova tutta la letteratura inglese del settecento e ottocento" il signor Coles è impegnato a spiegarci con chirurgica attenzione tutta la disposizione della biblioteca più inutile del secolo.
"Signor Coles, lo sa che oggi esiste Wikipedia, vero?" Jake è dietro di noi e spara cazzate miscelate con ovvietà da quando è entrato. Alzo gli occhi al cielo, consapevole del fatto che non mi libererò di lui molto facilmente.
"Certo, Touillard, ma questo non può e non deve svalutare quello che i libri hanno fatto e continuano a fare per l'umanità!".
Io mi avvicino a Jake, che continua a guardarsi intorno con aria schifata.
"Cerca di chiudere quella boccaccia, e lascia che Coles faccia il suo lavoro" sibilo a denti stretti, affinché l'uomo non ci senta.
"E' arrivata la paladina della giustizia. Dovrei chiamarti Sailor Moon?" mi risponde con odioso sarcasmo. Io gli tiro un calcio calibrato a livello dello stinco. Jake spalanca gli occhi e si costringe a non emettere alcun suono. Inghiotte il dolore e poi si allunga verso di me per afferrare il mio braccio. Mi attira a sé con violenza, mentre io gli faccio resistenza e sostengo il suo sguardo infuriato.
Non mi fa paura, e voglio che anche lui lo sappia.
"Fai attenzione a chi crei casini, mocciosetta. Mi hai già fatto arrabbiare una volta".
"Che cosa succede qua?" Coles è tornato indietro, e scruta la mano di Jake che stringe il mio braccio. Lui mi lascia andare con uno scatto, e sposta lo sguardo verso il vecchio professore.
"Niente, signor Coles. Evidentemente abbiamo iniziato con il piede sbagliato" dice, forzandosi di mantenere un tono calmo.
Il resto del tour si svolge in maniera regolare. Non ho prestato molta attenzione a quelli che sono i nostri compiti all'interno di questo grande deserto polveroso e abbandonato da tutti. Il signor Coles si raccomanda per l'ultima volta di rispettare il luogo in cui siamo, e si allontana, dopo aver preso con sé alcuni dei suoi libri preferiti.
Io e Jake Touillard restiamo da soli.
"Ti conviene iniziare a catalogare tutti i libri dell'ala ovest. Prima finiamo il lavoro e meglio è per tutti" gli dico.
"Tu sei davvero convinta che farò qualcosa? Ho appena perso l'opportunità di partecipare al campionato annuale di basket. Non muoverò un dito qui dentro" mi risponde, sedendosi su una vecchia poltrona di pelle nera e portando le mani dietro la nuca. Il sole che filtra dalla finestra illumina i suoi capelli neri e la sua pelle bianchissima. Jake chiude gli occhi.
"Benissimo, meglio così. Farò tutto da sola" gli dico, mentre mi trascino verso una pila di libri in completo disordine.
"Perché sei arrivata qui a Princeton?" sento la sua voce farmi questa domanda.
"Perché mia madre lavorerà qui, almeno per il prossimo anno" gli rispondo senza voltarmi e continuando a spostare i libri.
"Da dove vieni?" mi chiede, e quel suo tono non mi è nuovo. Emetto un sonoro sospiro.
"Sono stanca della gente che me lo chiede di continuo. Sono nata qui in California, okay? I miei genitori erano Coreani e vivevano a Los Angeles da diversi anni. Sono morti in un incidente stradale quando ero molto piccola e io sono andata in affidamento. Vivo con mia madre da sedici anni".
"Non hai un padre...adottivo?".
Quella domanda m'infastidisce ancora di più.
"Non sono affari tuoi" dico con un tono che non ammette possibilità di replica. Io e mia madre siamo sempre state da sole, ma non ho voglia di raccontare la storia della mia vita a questo completo sconosciuto. Ho già detto troppo.
"Ti chiedo un accordo, Sailor Moon" continua lui. Mi volto per incrociare i suoi due occhi azzurri che mi studiano attentamente. Jake è a pochi passi da me.
"No, non faccio patti con smidollati come te".
"La mia reputazione è andata a puttane per colpa tua. Ho in mente una vendetta che non ti piacerà" il suo tono serio mi provoca un lungo brivido dietro la schiena. Il modo in cui mi guarda è inquietante, ma faccio di tutto per non fargli capire che sono preoccupata. Devo nascondere tutti i miei punti deboli.
"Tra pochi giorni ci sarà una festa a casa mia, con tutta la squadra di basket e i senior della Princeton High. Esci con me, e saremo pari".
Trattengo il respiro, incredula. Il primo ragazzo che ho conosciuto qui è anche quello che odio di più. E mi ha appena chiesto di uscire con lui per scongiurare una terribile vendetta contro di me.
Trattengo una risata isterica.
"Non mi credi?" mi chiede lui. Il suo sguardo è affilato come la lama di un coltello.
"Vendicati pure, Jake. Non uscirò mai con uno come te".
Lui abbassa lo sguardo e si allontana senza dire nulla.
"Ehi, non puoi andartene. Manca ancora un'ora!" gli urlo mentre lo guardo avvicinarsi all'uscita secondaria di emergenza che collega la biblioteca al cortile della scuola. Lo vedo camminare accanto ad una grossa pila di libri che il signor Coles ci ha lasciato da catalogare. Jake la spinge con un braccio, facendola crollare. La guardo disintegrarsi, mentre una grossa nuvola di polvere si solleva per poi dissolversi all'interno della grande stanza in cui rimango da sola.
Deglutisco, mentre torno a fare il mio lavoro e cerco di non pensare a quello che è appena successo.
Una voce dentro di me, però, non vuole smettere di ripercorrere gli ultimi momenti, e quelle sue odiose parole continuano a ronzarmi in testa e non mi lasciano tregua.
Temo che sia solo l'inizio.


 
   
 
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