Fanfic su artisti musicali > SHINee
Segui la storia  |       
Autore: Elayne_1812    27/05/2017    4 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
---------------------------------
- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti!
Ringrazio subito chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate, seguite e ovviamente tutti i lettori. Un grazie particolare a chi mi ha lasciato i suoi commenti: Blugioiel, Chocolat95, DreamsCatcher, Ghira_, Gonzy_10, Jae_Hwa, KimJonghyun23, MagicaAli, Panda_murderess, Saranghae_JongKey e vanefreya.
Ringrazio anche chi mi ha inserita tra gli autori preferiti: Blugioiel, Jae_Hwa e MagicaAli  *.*
Grazie per il vostro sostegno ^^
Spero di non aver lasciato troppi errori di battitura. XD
Buona lettura!
 
 
 
If you love him in a beautiful life
 
 
“You, who were like the dazzling weather
Your bright face
They are now parts of old memories
(…)
I’m alone again today”
Shinee, Beautiful Life
 
“If You Love Her
If you want her
More beautiful than flowers
You have to love her more
If You Love Her
If you need her
Tell her without holding back”
Shinee, If you love her
 
 
 
 
 
Taemin raggiunse l’armeria quasi strisciando, la spada in mano ed il viso stravolto tra la stanchezza ed il nervosismo impellente. Si sentiva come una molla pronta a scattare, eppure non riusciva a fare quel piccolo passo necessario ad esternare l’adrenalina latente. Un’agitazione che non lo stava portando da nessuna parte se non farlo sentire costantemente inquieto. Gli ultimi giorni, da quando la sua umma se ne era andata, li aveva passati senza né capo né coda. Era preoccupato, ma sapeva anche di non poter far nulla e questo lo faceva infuriare. Alla fine si era risolto a passare il tempo ad allenarsi distruggendo con fendenti e stoccate un buon numero di manichini, tutto perché nessuno sembrava intenzionato ad incrociare la spada con lui. Sbuffò e lanciò un’occhiata fugace ai manichini martoriati riposti in un angolo dell’armeria. Non avevano un bell’aspetto.
Bhe, forse questo non è un incentivo ad allenarsi con me, rifletté.
Per fortuna poi si era fatto avanti Minho, ma la cosa era più volte finita in tragedia.
Lui e i suoi dannati modi controllati! Non sono un bambino!
-Vuoi prendermi sul serio una buona volta? – gli aveva urlato in faccia.
Bhe, Minho era stato di parola. Forse anche troppo.
Taemin si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore e si ravvivò la lunga frangia biondiccia. Si sentiva i muscoli doloranti e doveva essere ricoperto di botte violacee in più punti. Si tastò un fianco indolenzito e strizzò gli occhi. Probabilmente avrebbe scoperto lo stato pietoso del suo corpo dopo un lungo bagno caldo. A quel pensiero un’espressione soddisfatta e rilassata gli animò il viso, ma subito il senso di colpa lo invase e tornò ad imbronciarsi corrugando la fronte.
Non posso pensare ad uno stupido bagno caldo in un momento simile!, si rimproverò.
Nemmeno l’ultima volta che era rimasto da solo al Rifugio si era sentito così. Frustrazione, senso d’impotenza, preoccupazione, rabbia. Decisamente troppo da gestire tutto insieme. Era preoccupato per Kibum, la sua umma era in pericolo e lui non poteva fare niente, Jonghyun era un fantasma, sparito!, non aveva lasciato dietro di sé nemmeno la traccia di una buccia di banana. Probabilmente stava passando le sue intere giornate chiuso in stanza a piangere come un coccodrillo.
Taemin scosse il capo e rispose la spada nella rastrelliera.
Quello scemo ingrato, pensò.
Come se non bastasse Minho gli ronzava costantemente intorno indeciso se rivolgergli la parola o meno.
Neanche mordessi! Quest’altro scemo, aish!
A chiudere il quadro suo fratello stava macchiando qualcosa. Non era esattamente una novità, ma Jinki aveva spedito dei messaggi a quella certa persona e ciò poteva significare solo che aveva qualcosa di grosso che bolliva in pentola.
Ummaaaa!!! Urlò dentro di sé.
-Taemin –
Taemin si voltò per trovarsi faccia a faccia con Minho il cui viso tirato era segnato da due profonde occhiaie. Nemmeno lui doveva passarsela bene in quei giorni. Taemin sapeva che aveva tentato più volte d’instaurare un dialogo con Jonghyun senza ottenere risultati. Il suo migliore amico non sembrava intenzionato ad intrattenere una conversazione ragionevole.
-Forse dovresti andare in infermeria farti vedere -, disse Minho.
-Certo! Prima mi fai a pezzi e poi mi dici di andare in infermeria?! –
Taemin agitò i pugni in direzione del più grande che sgranò gli occhi e poi si passò una mano tra i capelli scuotendo il capo.
-Prima mi dici di fare sul serio e poi ti lamenti -, osservò Minho.
Taemin sbiancò. Non si era accorto di aver parlato ad alta voce.
Non devo fare la figura del bambino!!!
-Scusa -, disse, - non ce l’avevo con te. –
Ed era vero, o meglio era arrabbiato con Minho- era sempre arrabbiato con Minho!-, ma quello sfogo era non dovuto a lui.
Taemin sospirò e si mise le mani tra i capelli con disperazione.
-E’ solo che mi sembra d’impazzire! Non riesco a stare qui senza fare niente. –
Minho annuì, pensoso, incrociando le braccia. –Lo so. –
-Insomma -, sbottò di nuovo il più piccolo, - l’hai visto anche tu quel tizio e la faccia di Kibum. Non mi piace sapere che è là con lui. –
-Non possiamo fare niente, Minnie, non ora. L’abbiamo già detto milioni di volte: Kibum sa’ quello che fa. –
Questo non rassicurava per niente Taemin, ma come diceva Minho c’era ben poco da fare. Il più piccolo sospirò. Calma, aveva bisogno di calma. Si appoggiò alla parete ed incrociò le braccia. Preso dalle proprie preoccupazioni e dal desiderio di prendere a schiaffi Jonghyun, Taemin udì la voce di Minho, simile ad un balbettante brusio, dire cose insensate senza raggiungere un punto preciso. Sospirò di nuovo. Quel giochetto andava avanti da giorni e più Minho sproloquiava più lui ci capiva sempre meno. Che senso avevano tutti quegli assurdi giri di parole per dire semplicemente…niente?
Taemin scosse il capo contrariato. Era frustrante. Taemin ne aveva decisamente abbastanza, se doveva dirgli qualcosa perché non lo faceva e basta invece di sprecare tutto quell’ossigeno?
Sbuffò sonoramente. Si rendeva conto di poter fare poco o nulla per aiutare Kibum o mettere del sale in zucca a Jonghyun, cosa che considerava un’impresa impossibile sotto molti punti di vista, ma Minho rappresentava indubbiamente uno dei suoi molteplici problemi e, benché il tempismo non fosse dei migliori, era anche l’unico che poteva risolvere.
O metterci una pietra sopra, s’appuntò mentalmente.
D’altro canto ne aveva abbastanza di quella situazione insensata che si trascinava da anni. Meglio mettere le cose in chiaro una volta per tutte.
Minho gli piaceva da troppo tempo e in quei mesi si era reso conto di quanto lo facesse soffrire l’idea di non poterlo avere vicino come desiderava. Dunque, allo stato attuale ormai vi era una sola cosa da fare.
Glielo devo dire, pensò risoluto.
Al resto avrebbe pensato in seguito.
-Minho – sussurrò.
L’assurdo parlottare del più grande si bloccò di colpo.
-Taemin? –
Taemin alzò lo sguardo e si rese conto che non era stato solo il tono di Minho a risultare apprensivo, ma anche i suoi occhi lo erano.
Quando doveva essere stata flebile e titubante la sua voce nel pronunciare il nome del più grande?
Taemin si schiarì la gola e si staccò dal muro per avvicinarsi all’altro. Era il momento della verità, doveva mettere la parola fine a quella storia una volta per tutte e aveva intenzione di affrontare la morte a testa alta. Annuì tra sé con determinazione.
-Quella cosa che hai detto giorni fa a Kibum hyung – si schiarì di nuovo la voce. –Hai detto che spesso è proprio alle persone a cui vogliamo più bene che fatichiamo a dire ciò che proviamo… -
-Sì, l’ho detto -, disse Minho sbattendo le palpebre. Perché improvvisamente il più piccolo iniziava a parlare di quello? Lui era da giorni che tentava di dirgli ciò che provava e ora che sentiva di essere ad un punto di svolta il più piccolo interrompeva così il suo discorso.
-Lo pensi davvero? –
-Certo, ma Taemin ascolta quello che stavo cercando di dirti è che…-
Minho si sentì la lingua secca. Glielo voleva dire, certo il tempismo non era dei migliori ma ne aveva abbastanza, era inutile imporsi una tortura senza conoscere davvero le conseguenze del proprio agire.
Se la mia testa dovrà rotolare per mano di Lee Jinki va bene, pensò.
Attualmente aveva un tale mal di testa che poteva quasi considerarsi una liberazione.
-Tu mi piaci – disse Taemin con voce ferma.
I pensieri di Minho s’arrestarono di colpo e sgranò gli occhi. Taemin era ad un passo da lui e lo fissava serio e determinato come mai l’aveva visto, ma anche con un leggero accenno di timore. 
Minho scosse il capo. Aveva capito bene o era la sua mente che gli stava giocando un brutto scherzo? Taemin gli aveva davvero detto una cosa del genere, era possibile?
Sto sognando, pensò.
-Tu mi piaci -, ripeté il più piccolo scandendo ogni singola parola.
Questa volta la voce di Taemin giunse limpida e chiara alle sue orecchie, inequivocabile nella sua semplicità. Se prima Minho si era sentito la gola secca ora aveva totalmente perso l’uso della parola. Era da anni che cercava di capire se i suoi sentimenti fossero giusti o sbagliati e quando l’aveva capito aveva iniziato ad arrovellarsi se rivelarli al diretto interessato e se sì come. Da giorni lanciava sassi in uno stagno senza però vederli raggiungere il fondo e ora era il più piccolo a dichiararsi con una tale semplicità da lasciarlo disarmato.
Minho deglutì. Era come se tutto fosse proceduto con estrema lentezza per poi subire un’accelerata finale. Arrancare nel fango per poi trovarsi a rotolare da una collina senza alcuna possibilità di frenata. Assurdo. 
-Non dici niente? – fece Taemin leggermente piccato.
Taemin strinse i pugni e nonostante la determinazione di poco prima gli venne voglia di urlare e piangere. Non aveva fatto alcun pronostico sulle possibili reazioni di Minho, ma qual silenzio era decisamente imbarazzante.
E umiliante, si disse.
Bhe, doveva mettere fine a quella cosa ed intendeva chiuderla in modo altrettanto umiliante, tanto ormai aveva ben poco da perdere.
Taemin si alzò sulle punte dei piedi e posò un bacio leggero sulle labbra dell’altro. Ecco, ora la sua umiliazione era completa. Tornò con i piedi per terra ed uscì dall’armeria senza degnare Minho di uno sguardo.
Minho rimase interdetto. Aveva appena iniziato a fare mente locale e a rendersi conto della consistenza delle labbra del più piccolo sulle sue che Taemin era sparito. Si grattò il capo e si guardò intorno stranito come se si aspettasse di vederlo riapparire da un momento all’altro. Solo allora si rese conto di essere rimasto muto e privo di una qualunque reazione visibile per tutto il tempo.
Aish!, fece grattandosi il capo e muovendo dei passi confusi.
Se voleva rimediare a quel pasticcio c’era un’unica cosa da fare. Dopotutto non stava già rotolando a gran velocità lungo il versante di una collina?
-Taemin! –
Uscì di corsa dall’armeria alla ricerca del più piccolo, ma di Taemin sembrava essere svanita ogni traccia. Si mise le mani tra i capelli. Dov’era finito? Di quel passo alla fine della collina avrebbe trovato un burrone. Iniziò ad aggirarsi per i corridoi, dopotutto Taemin non poteva essere svanito nel nulla a meno che non si fosse trattato davvero di un sogno. Raggiunse la stanza del più piccolo, l’unico luogo in cui era sicuro di poterlo trovare, ed aprì la porta. Come si aspettava Taemin era in piedi in mezzo a tutto il caos che contraddistingueva la sua tana e lo fissava sconcertato con gli occhi lucidi.
Minho deglutì, poi agì senza pensare e, superato lo spazio che li separava, questa volta fu lui a posare le labbra su quelle dell’altro. Prima che ne rendesse conto lo stava baciando, un bacio vero, uno di quelli che aveva a mala pena avuto l’ardire di sognare.
Taemin sobbalzò e sgranò gli occhi al primo contatto con le labbra dell’altro, mentre la sua mente cercava di capacitarsi di tutto ciò che stava accadendo intorno a lui. Com’era possibile che un attimo prima si stesse arrovellando su come risolvere il problema chiamato Minho e poco dopo si trovasse così? Ma non aveva importanza. Dischiuse le labbra rispondendo al bacio del più grande, dopo tanta calma piatta non chiedeva di meglio e non aveva bisogno d’altro. Una certezza null’altro. Era tutto ciò che desiderava e Minho gliela stava dando insieme ad una speranza che aveva coltivato per anni. Più il bacio si faceva inteso più si sentiva investito da una valanga di emozioni che sino ad allora aveva solo potuto immaginare. Le aveva guardate da lontano con invidia, ma anche con felicità e curiosità domandandosi se mai gli sarebbe stata donata la possibilità di provare altrettanto.
Il cuore di Minho sussultò non appena Taemin rispose al suo bacio. Provò un misto di sorpresa per quel contato così inaspettato ma che, dopotutto, già il più piccolo aveva preannunciato. Era pura follia. Follia ciò che provava, follia ciò che stava facendo, ma era perfetto. Aveva smesso di rotolare a velocità inaspettata per essere sbalzato in aria e fluttuare nel vuoto leggero come una piuma. In quel momento comprese il senso di quelle strane sensazioni di ubriachezza di cui Jonghyun parlava sempre e si lasciò sfuggire un sorriso.
Nessuno dei due seppe dire per quanto tempo rimasero così, a ritagliarsi quello spazio che per anni avevano lasciato in sospeso e che ora aveva deciso di travolgerli, tuttavia quando si staccarono il sorriso era palese e limpido su entrambi i loro volti. Le loro paure erano ancora lì, amiche fedeli che avevano fatto loro compagnia in quegli anni segnati dal senso di solitudine per l’assenza dell’altro o semplicemente dall’assenza di loro, tuttavia erano state messe da parte. In quel momento non avevano alcuna importanza. Avevano dovuto vedere la tristezza ed il senso di solitudine su visi altrui per capire che rinunciare a quel passo tra loro era follia tanto quanto gettarsi nel vuoto, così come avevano dovuto guardare da lontano la felicità e quel senso di completezza che a loro non apparteneva, domandandosi come sarebbe stato concedere a loro stessi la speranza di provare altrettanto.
-Da quanto tempo? – sussurrò Taemin.
-Ho perso il conto degli anni -, rispose Minho sfiorandogli il viso.
-Scemo. -, fece Taemin nascondendo una risata nella sua spalla. - Io almeno gli anni li ho contati. -
Minho non riuscì a trattenere una risata e riprese a baciarlo.
Entrambi desideravano godere di quel momento di assurda perfezione che li aveva travolti come l’onda anomala di un mare piatto e fermo che, ormai, rischiava di trasformarsi in acqua stagnante e priva di vita. Era la corsa finale sulla riva, lo scivolare sull’incresparsi dell’onda. Ogni cosa tra loro era stata segnata da un pessimo tempismo, dalla calma noiosa e snervante durata anni sino a quella battuta finale. Lì, in quel caos che era la stanza del più piccolo ma anche una propagazione materiale di ciò che albergava nelle loro menti e nei loro cuori, avevano finalmente trovato un equilibrio simile a quello del funambolo sul filo sospeso. Un bagliore di luce tra le paure, i se e i ma che li avevano sempre accompagnati senza portarli da nessuna parte.
 
 
***
 
 
Jinki tamburellò le dita sul tavolo e fece scorrere gli occhi sulla missiva che teneva in mano. Rilesse più volte tentando di comprendere il significato abilmente celato in quelle frasi enigmatiche che poteva dire tutto o niente. Alla fine si passò una mano sul viso stanco e segnato dalle occhiaie e si concesse un sorriso. Quella certa persona non si smentiva mai. Le frasi apparentemente naturali che nascondevano detti e non detti, fronzoli enigmatici di cui nemmeno lui, Lee Jinki, riusciva a trovare un capo per sbrogliarli, potevano anche essere giochetti divertenti, ma il Leader dei Ribelli non riteneva fosse il momento opportuno per dilettarsi in simili espedienti.
No, pensò, non è proprio il momento.
Guardò la teiera fumante di tè al ginseng ed arricciò il naso. Ora nemmeno una tazza di tè sarebbe stata in grado di tranquillizzarlo e ciò la diceva lunga sul suo attuale stato mentale.
Perché non risponde mai in modo chiaro?
Se non fosse stato così preoccupato probabilmente si sarebbe messo a ridere per l’ironia dei suoi stessi pensieri.
Si portò due dita al centro della fronte ed iniziò a massaggiarla.
Era passata circa una settimana da quando il principe aveva lasciato il Rifugio e stando a quando dicevano i suoi informatori ormai aveva fatto ritorno a Soul. E ancora non aveva notizie di Kibum. Sapeva che non sarebbe stato facile per il più piccolo riuscire a mettersi in contatto con lui nell’immediato, ma questo non gli impediva di essere preoccupato. Probabilmente non era mai stato così preoccupato in vita sua.
Calma, si disse, devo solo pazientare.
Doveva davvero imporsi un minimo di tranquillità o la sua testa sarebbe scoppiata. La situazione di Kibum a Soul non doveva essere facile e la sua libertà d’agire estremamente limitata.
Jinki riprese la missiva, lesse e poi la gettò in aria facendola svolazzare nella calma piatta e latente della stanza. Si sdraiò sul pavimento, fissò il soffitto e chiuse gli occhi massaggiandosi le tempie.
Kibum era molto coraggioso, non aveva dubbi, ma la sua situazione a Soul precaria, bastava un’unica mossa falsa, la minima distrazione capace di far sorgere il ragionevole dubbio per mandare all’aria l’intero castello di carte. Jinki avvertiva la necessità di una maggiore sicurezza, ne aveva bisogno. Ovviamente aveva un’idea che gli balenava in testa da un po'. Se solo quella certa persona si fosse disturbata a rispondergli decentemente! Detestava dipendere da altri, ma in quel caso non poteva fare altrimenti. Quella persona poteva davvero rivelarsi la loro carta vincente, uno scudo capace di metterli ai ripari nel caso la situazione fosse precipitata.
La missiva terminò di svolazzare posandosi sulla punta del suo naso.
Iniziava a temere di doversi recare lui stesso da quella certa persona nella speranza di ottenere delucidazioni. Questo non gli piaceva per niente ed il solo pensiero gli metteva i brividi, ma sembrava proprio che non avesse altra scelta.
Ma prima c’era una cosa che desiderava e sentiva il bisogno di fare.
 
 
***
 
Jonghyun scivolò nella vasca bollente nella speranza che un bagno caldo avesse il potere di rilassarlo, un’espediente inutile che tentava da più giorni senza risultati degni di nota. Il suo corpo rimaneva rigido, un groviglio di nervi tirati, la mascella serrata e la fronte contratta.
Ormai non si rendeva più conto di ciò che faceva e di rimando sorrideva amaro. C’era stato un tempo in cui non aveva avuto idea di dove la vita l’avrebbe condotto, anche se aveva sospettato con un pugnale in gola o tra le scapole, ma era sempre stato in grado di mettere un piede davanti all’altro. Viveva alla giornata, ma viveva. Ciò che stava facendo ora, invece, non era certo potesse definirsi vita. Nel momento stesso in cui aveva rimesso piede la Rifugio tutto era proceduto in modo insensato. Era come un automa e proprio come un essere capace solo di movimenti meccanici aveva attraversato i corridoi per rinchiudersi in camera dove aveva passato l’ultima settimana. Il suo corpo reagiva mosso dagli stimoli più naturali come la fame ed il sonno. Si sentiva un fantasma e come tale si muoveva. L’ultima conversazione che aveva avuto con esseri umani era stata con Minho e Taemin, anche se a posteriori dubitava si potesse considerare come tale. Li aveva incontrati lungo i corridoi non appena era rientrato al Rifugio gocciolante di pioggia, uno straccio che camminava lasciando dietro di sé ampie pozzanghere. Se c’erano state delle persone che aveva desiderato non incontrare erano proprio loro, ma a quanto pareva il destino aveva ancora qualche beffa in serbo per lui. Taemin l’aveva aggredito subito, ma Jonghyun aveva dato scarso peso alle sue parole, tanto meno le aveva ascoltata realmente. Aveva tentato di scansarli per rintanarsi nella sua stanza e seppellirsi vivo, ma non gli avevano dato tregua.
-Jonghyun dobbiamo parlare -, gli aveva detto Minho.
A quel punto era esploso. Dobbiamo parlare. Gli era venuto da ridere ad udire quelle parole e a ripensarci era costretto a trattenere a stento una risata metallica. Parlare, era davvero ironico.
-Oh ora volete parlare -, aveva detto loro sprezzante, - tempo scaduto, tic tac, avreste dovuto farlo mesi fa. –
Gli altri due si era guardati senza proferire parole.
-Datemi una sola ragione per cui non dovrei odiarvi? – aveva chiesto loro.
Oh li odiava, quanto li odiava in quel momento. Li odiava quanto aveva la certezza di aver perdonato Key e di amarlo come l’aveva sempre amato.
Jonghyun chiuse gli occhi e si lasciò sprofondare nell’acqua.
Si aspettavano davvero che fosse disposto a perdonarli come se nulla fosse? Se da un lato capiva il motivo delle bugie di Key, dall’altro non riusciva ad accettare il silenzio degli altri. Quali giustificazioni avevano da fornirgli? Jonghyun non ne vedeva, si sentiva solo furente e ferito nell’orgoglio.
-Tu non capisci, Kibum…-, aveva tentato di dire Taemin.
Jonghyun riemerse dall’acqua e si passò una mano sul viso e tra i capelli.
Kibum, Kibum, Kibum. Non riusciva nemmeno a sentir pronunciare quel nome. Perché lo inseguiva come una maledizione? Risvegliava nel suo cuore un caldo tepore e allo stesso tempo lo gettava nella più completa disperazione.  Era una medicina ed un veleno al tempo stesso e lui ne era totalmente assuefatto.
Uscì dalla vasca rendendosi conto che anche quel giorno aveva fatto l’ennesimo tentativo a vuoto, poiché era ancora rigido e dolorante. Si vestì e raggiunse la stanza da letto dove fece spaziare lo sguardo e, come sempre, fu colto dalle vertigini. Tutto, qualunque cosa, anche il più insignificante granello di polvere gli ricordava lui. Era ovunque. Nella vasca da bagno a crogiolarsi nell’acqua calda e a fare l’amore con lui, raggomitolato sul letto pronto a ricevere un bacio, dietro al paravento in un fruscio di abiti scelti con cura. Il suo profumo dolce e delicato aleggiava all’intono impregnando l’aria stessa satura di lui come se non se ne fosse mai andato. Svegliarsi alla mattina con quel profumo tra i cuscini era una tortura tanto quando addormentarsi alla sera. Più volte aveva aperto e richiuso gli occhi certo di trovarlo al suo fianco. Ma non c’era. C’era solo quel profumo simile a quello dei ciliegi in boccio, la promessa di una primavera mai giunta e destinata a sfumare, subito, in un rigido inverno o in un’estate torrida unicamente capace di fare terre bruciata all’intorno.
Jonghyun si gettò sul letto e rotolò su un fianco. Dormire, ecco cosa desiderava fare. Un sonno senza sogni, perché se avesse sognato sapeva che il viso dell’altro sarebbe stato lì ad attenderlo. Un fiore semitrasparente nel suo candore che si era dissolto tra le sue mani, sciolto sotto la pioggia di primavera.
Chiuse gli occhi e subito il suo profumo delicato si fece più intenso, come se smorzando la vista tutti gli altri sensi si fossero fatti più attenti.
Strinse a sé un cuscino e l’essenza di fiori di ciliegio lo investì in pieno, quasi con prepotenza, calamitandolo verso i ricordi.
Il viso di Key baluginava davanti a lui, cangiante come il cielo a primavera e cristallizzato in sottili gocce di pioggia dai colori acquarello dell’arcobaleno.
Allungò una mano sul materasso incontrando il vuoto. Non c’era niente, come non c’era più niente dentro di lui. Un tempo il sorgere del giorno era iniziato con un bacio per chiudersi con un rinnovato suggellarsi di labbra e corpi. Gli sembrava di rimirare attraverso uno specchio vecchie memorie. Ma la verità era che doveva dimenticare tutto.
Sono di nuovo solo, pensò.
-Jonghyun –
Jonghyun riaprì gli occhi e sbatté le palpebre per rimettere a fuoco la stanza. Ancora uguale, ancora vuota senza lui. Si mise a sedere portandosi una mano al capo e reprimendo un lamento. Ora sentiva anche le voci.
-Jonghyun –
Jonghyun si voltò per incontrare la figura di Jinki che lo fissava, serio. Credeva di avere i sensi all’erta, perché non l’aveva sentito entrare? Abbassò gli occhi per rivolgere al Leader un’occhiata obliqua. Ecco un’altra persona con la quale per il momento non voleva avere nulla a che fare. Jinki aveva sempre saputo troppe cose e Jonghyun non dubitava che il Leader avesse fatto accuratamente i suoi conti. Per quanto nutrisse per Jinki il massimo rispetto non si faceva illusioni. La mente del Leader era irrimediabilmente lineare nella sua assurda contorsione, come un serpente.
-Jinki -, disse lasciando trapelare il proprio fastidio. - Che cosa vuoi? –
Jinki lasciò trapelare un lieve accenno di sorriso e Jonghyun cercò d’ignorarlo, come ignorò volutamente la battuta, di spirito?, che seguì.
-Pensi sempre che io voglia qualcosa. –
-Tu vuoi sempre qualcosa. –
Jinki piegò il capo di lato e annuì tra sé. Jonghyun si domandò a cosa stesse pensando e a cos’avesse pensato in tutti quei mesi.
No, si disse, non posso farmi distrarre o sopraffare anche da questo.
-Come stai? – domandò Jinki.
Jonghyun sogghignò portandosi una mano dietro al capo e scompigliandosi i capelli. Come stai. Sembrava quasi che gli avesse domandato come stava dopo un violento raffreddore. Era decisamente un inizio vuoto ed inconsistente, una frase gettata a caso per iniziare un dialogo di cui entrambi potevano presagire il finale ma il cui inizio poteva essere oscuro.
Jonghyun non aveva alcuna intenzione di rispondergli. Che cos’avrebbe dovuto dirgli?
Sorrise tra sé ripensando a vecchie conversazioni ed immagini.
Uno spiritello mi ha rubato il cuore in una notte di mezza estate ed ora è svanito, pensò.
No, Jonghyun era stufo dei giri di parole. Non li aveva mai né capiti, né apprezzati preferendo parlare in modo chiaro e diretto. Tutto il contrario di Jinki ma, dopotutto, ora il Leader si trovava sul suo terreno di caccia.
-Lo volevi usare, vero? –
La frase uscì dalle labbra di Jonghyun senza che vi avesse riflettuto e benché pronunciata in tono interrogativo nella sua mente aveva di più l’aspetto di un’affermazione. Un pensiero sottile rimasto latente per giorni e che ora lo attraversava come un fulmine a ciel sereno.
-Jonghyun, non avevo scelta –
Jonghyun avrebbe voluto ridere. Ecco che gli proponevano la solita storiella del “dovevamo proteggerlo”. Da chi, da lui forse? Perché altrimenti non riusciva a spiegarsi come mai fosse stato l’unico idiota a non conoscere la verità.
-Non offendere la mia intelligenza, hyung, ti conosco. Tu volevi usare Key, hai progettato di farlo nel momento stesso in cui ha messo piede al Rifugio. –
La sua voce risuonò dura, quasi un rimprovero. Non gli piaceva quello che doveva essere balenato nella mente di Jinki in quei mesi. Non gli piaceva che qualcuno volesse o avesse voluto usare Kibum. Più guardava la situazione da tutte le prospettive possibili, più si rendeva conto di quella che doveva essere stata la situazione del più piccolo. Questo gli faceva male. C’era stato abbastanza per l’altro? Questa domanda lo tormentava. Soprattutto perché una vocetta gli suggeriva che no, non c’era stato abbastanza. Perché non sapeva o perché il suo subconscio non aveva voluto vedere, non importava. Non era stato abbastanza.
Gli si strinse il cuore in petto. Sapeva tutto di lui, di Key, ma per quanto Kibum conservasse la medesima innocenza ed il profumo, tale è quello della rosa se la si chiamasse con un altro nome, alcune sue tenui sfumature rimanevano per lui oscure e misteriose. Insondabili e seducenti quanto quegli occhi felini.
Jonghyun scosse il capo. Doveva allontanare quella visione da lui prima che lo risucchiasse.
-E’ così, era mia intenzione farlo. Ma…-
La voce tenue di Jinki lo riscosse.
-Era tutto programmato, dico bene? – iniziò a dire Jonghyun seguendo il filo logico dei suoi pensieri, ma senza sapere dove questi lo avrebbero portato. – Quella strada assurda per raggiungere Taegu ed imbarcarlo su quella nave che in realtà volevi impedirgli prendere. Gli allenamenti, le nostre abilità, forse anche noi. Era tutto per uno scopo. –
-Non lo nego, ho intravisto i vantaggi di averlo nel momento stesso in cui Taemin mi ha mostrato chi era. Ma ciò non toglie l’affetto, Jonghyun, né la preoccupazione. –
Fu una confessione quella di Jinki che sentiva di dovere a sé stesso e a Jonghyun, pensieri che necessita di tradurre in parole dotate di una loro sonorità.
Jinki si passò una mano tra i capelli e sospirò. Era stanco, stanco e preoccupato e una parte di lui sentiva di essersi recato da Jonghyun non solo per sapere come stava, ma anche alla ricerca di un perdono perché sapeva che le colpe erano anche sue. Sorrise tra sé. Jonghyun aveva ragione. Lui voleva qualcosa.
-Lo so che è difficile accettare tutto questo, ma ciò che Kibum sta facendo a Soul…-
-Non m’interessa. –
Jinki sbatté le palpebre sentendosi colto alla sprovvista. Tutto si aspettava da Jonghyun ma non questo. Non era normale. Comprendeva la sua rabbia. La delusione e l’orgoglio ferito erano tasselli emotivi che tutti loro avevo messo in conto, ma ciò che non comprendeva era quel costante rifiuto per ogni cosa. Giorni erano passati da quando KIbum se n’era andato, ormai era quasi una settimana, eppure Jonghyun si rifiutava di reagire. Rimaneva chiuso nelle sue stanze tanto quanto in sé stesso. Perché? Jinki ne era intimamente sconcertato. Di fronte al sacrifico di Kibum, alla scelta dolorosa ma matura di consegnarsi spontaneamente come “ostaggio”, per quale motivo uno come Jonghyun rifiutava di combattere quando la persona che amava stava facendo l’esatto opposto mettendo a repentaglio la sua stessa persona? Non era da Jonghyun. Era orgoglioso, vero, permaloso, facile alle delusioni a causa di un passato che di semplice e felice aveva ben poco, ma non era il tipo capace di arrendersi, al contrario.
Jinki non riusciva a trovare un senso e guardando Jonghyun si rese conto che proseguire quella conversazione era inutile, forse tanto quanto lo era stato iniziarla. Tuttavia non riuscì a tenere per sé i suoi pensieri. Volente o nolente, che volesse ancora Kibum o meno, il suo amico doveva reagire e uscire da quel pozzo buoi ed insensato in cui si era volontariamente calato privandosi della fune per uscirvi.
-Questa cosa assurda che stai portando avanti non ti porterà proprio da nessuna parte, posso capire come ti senti ma…-
-Davvero? – sbottò Jonghyun, - lo sai? Tu lo ami come lo amo io? -
Jinki serrò e assottigliò le labbra. – Lo amo come amo Taemin. -
-Allora risparmiami queste frasi fatte. Tu non lo sai, non sai cosa significa svegliarsi con il suo corpo caldo vicino, accarezzare le sue guance fredde con il solo desiderio di dar loro quel calore che da sole non riescono a trovare. Non sai cosa vuol dire trovare in un bacio, semplice, e in un abbraccio tutte le risposte che prima non avevi. E soprattutto non sia cosa significa svegliarsi ora e credere che sia qui, cercare lui nel suo profumo, nelle ultime tracce sulle lenzuola, e scoprire che è troppo lontano per te. Troppo.-
Jonghyun non parlava solo di una distanza fisica. Lo sentiva lontano in ogni cosa e per ogni cosa, tanto quanto prima l’aveva sentito vicino come se fosse stato parte di lui. Key faceva ancora parte di lui, ma Kibum…lui era al di là, oltre un muro trasparente ed invalicabile. Qualcosa che poteva solo guardare da lontano.
Le sue mani strinsero le lenzuola e si morse le labbra. – E’ come affondare in un mare d’inchiostro e sentirsi soffocare -, sussurrò. –La sua luce è tutto ciò che può trarmi in salvo, ma è l’unica cosa che non posso afferrare. Posso solo guardarla mentre affondo. –
Le sue labbra si deformarono in un ghigno sghembo.
Che morte dolce, pensò.
Jinki lo guardò senza sapere cosa dire. Perché quella di Jonghyun sembrava una docile resa quando quello era il momento di stringere i denti e prepararsi a combattere in vista delle battute finali? Perché parlava di Kibum come se il velo nero della morte li dividesse? Kibum era tornato a Soul non solo per sé stesso, ma anche per Chosun, per loro e più di qualunque altra cosa per Jonghyun.
Il Leader si alzò e s’avviò alla porta. Forse Jonghyun aveva bisogno di altro tempo per metabolizzare il tutto ma lui, Jinki, aveva parecchio lavoro da fare e non intendeva rimanere con le mani in mano.
Prima di uscire lanciò un’ultima occhiata a Jonghyun che teneva lo sguardo fisso nel vuoto, le labbra semi dischiuse e le mani strette con forza sulle lenzuola.
-E’ tornato a casa anche per noi, Jonghyun. Sai cosa significa questo? -
Jonghyun non rispose. Lo sapeva? Forse, dopotutto aveva visto sul viso di Kibum la paura di separarsi.
Ma Kibum doveva tornare a casa, era giusto, e Jonghyun sperava tanto che lo dimenticasse come invano stava cercando di fare lui. Sperava che l’amore per il suo promesso si sostituisse a quello che Kibum provava per lui, perché per quanto saperlo tra braccia altrui gli facesse male tutto ciò che desiderava era il suo sorriso. Il sorriso di Kibum era così bello, speciale, riluceva in mezzo al caos e non doveva andare sprecato. Tanto meno a causa sua.
Non aveva idea di chi fosse quell’altro e infondo poco gl’importava. Ma doveva amarlo, doveva renderlo felice, doveva trattarlo come il fiore delicato ed innocente che era.
-Che sia un addio o meno dipende da te. –
La voce di Jinki giunse lontana e ovattata alle sue orecchie.
Amalo e fa in modo che non desideri guardarsi indietro, sussurrò Jonghyun nella sua mente ad un volto invisibile.
 
 
***
 
 
Il mausoleo dei Kim di Soul troneggiava sulla sommità della collina occidentale della città imperiale. La sua cupola d’alabastro riluceva sotto il sole, mentre all’interno regnava una penombra fitta appena smorzata dalle candele. Il fumo dell’incenso s’arrotolava in grigi arabeschi nell’aria satura del suo profumo intenso.
Kibum, davanti al feretro marmoreo dell’imperatore, si sentì soffocare. Era una fortuna che alla corte non fosse consentito entrare in quel luogo sacro ma solo accompagnare la salma all’ingresso, altrimenti era certo che sarebbe svenuto. Decisamente una scena imbarazzante.
Si portò una mano al colletto di merletto, fasciato da un sottile nastro di velluto nero, e lo strattonò. Gli mancava l’aria ed il profumo dell’incenso non contribuiva a migliore il suo stato.
Kibum detestava doversi trovare lì a rendere l’ultimo saluto ad un uomo che odiava e che, se ne avesse avuta la possibilità, avrebbe ucciso lui stesso. Strinse con forza l’enorme corona di gigli che avrebbe dovuto deporre ai piedi della tomba. Anche il profumo dei fiori lo infastidiva, era tropo simile a quello che nella sua mente faceva da cornice al funerale di sua madre. All’epoca vi era stato quell’uomo al suo fianco, un assassino che accompagnava un bambino davanti alla tomba di sua madre, ora vi era Heechul. Un miglioramento a confronto.
Kibum guardò il sarcofago di lucente marmo bianco drappeggiato da ghirlande minuziosamente scolpite e, sul coperchio, il profilo dormiente dell’imperatore.
L’ennesima vertigine lo colpì come uno schiaffo facendolo barcollare ed Heechul gli strinse forte una spalla. Il più grande lo sbirciò di sbieco, apparentemente impassibile nel suo nero completo da lutto, ma Kibum l’aveva visto più volte mordicchiarsi un angolo della bocca e lanciargli occhiate tra il nervoso ed il preoccupato.
Era stato lui ad ucciderlo o davvero l’imperatore era morto in modo naturale?
Kibum stentava a credere alla seconda ipotesi, la prima era molto più realistica e più logica. Il principe percepì le gambe molli, quasi di cera, e d’istinto strinse un polso dell’altro. Era strano trovarsi lì con Heechul e ancora più strano era il fatto che, nonostante tutto, non desiderava essere lì con nessun altro.  C’erano cose che sapevano solo loro e che, nell’intimo, ancora li legavano per trovare in quel freddo luogo di morte la loro conclusione.
-Sei stato tu, vero? – la domanda uscì dalle sue labbra come un soffiò leggero, perdendosi nell’aria fumosa.
Voleva sapere.
La sua mano era ancora stretta al polso di Heechul e avvertì l’altro irrigidirsi. Alzò lo sguardo sul più grande per incontrare il suo viso pallido e serio. Non appena avevano messo piede lì dentro qualcosa era mutato in Heechul e Kibum aveva avuto la fugace impressione che parte del bambino che un tempo aveva conosciuto fosse tornata a galla.
-Kibummie –
Kibum percepì una chiara nota d’affetto nel modo in cui l’altro aveva appena pronunciato il suo nome, un suono che non udiva da anni e che dubitava, una volta lasciato quel luogo, d’udire ancora.
Non attese risposta.
-Se sei stato tu ti devo un favore -, disse freddo. – Lo odiavo. –
Il braccio di Heechul si rilassò. Kibum gli lanciò un’occhiata di sbieco da sotto le ciglia scure e vide che il viso dell’altro era atteggiato in quello che, ora, era il suo tipico sorriso scaltro e calcolatore. Probabilmente nella mente di Heechul quella farse equivaleva ad una dichiarazione, un doppio filo destinato a legarli stretti. O meglio a legare Kibum a lui.
Heechul gli accarezzò una guancia fredda con il dorso della mano e poi gli sollevo il mento con l’indice.
-L’ho fatto per noi – disse suadente e mal celando un sorriso soddisfatto.
Kibum represse a stento una risata ironica.
L’hai fatto per te, si disse.
Ecco che il più grande era tornato in sé, come se quella nota d’affetto non fosse mai esistita. Persa nei meandri di un tempo che aveva cessato d’esistere.
-Dovresti riporre i fiori – gli sussurrò accarezzandogli il capo.
Kibum strinse a sé la corona di gigli. Sì. Avrebbe dovuto riporli.
Ma non ai piedi di questa tomba, pensò.
I suoi piedi si mossero sulla scacchiera di marmo rosso e bianco che decorava il pavimento ed i suoi passi risuonarono in un eco che si perse nell’alto soffitto, sino alla cupola a cassettoni rivestita di rame dorato. 
Dietro di lui, Heechul sospirò contrariato e lo seguì.
Lungo le pareti circolari si aprivano delle grandi nicchie e Kibum si fermò davanti ad uno splendido sarcofago bianco modellato sulla sommità dal profilo di una donna dai tratti delicati. Allungò le dita su quel viso così famigliare, ma ormai freddo e distante, e lo sfiorò.
Heechul si fermò a meno di un passo da lui e di nuovo calò il silenzio.
Incurante, Kibum depositò i fiori ai piedi del feretro.
-Lei ti manca, vero? – domandò Heechul.
Kibum annuì.
-Non mi sono mai abituato alla sua assenza. –
Heechul gli posò le mani sulle spalle. Fu un tocco diverso dal solito, come se essere di fronte a quella tomba avesse avuto il potere di portarli indietro nel tempo. L’estati calde fatte di sole e risate, il profumo dei roseti e le notti di temporale. Fuori il mondo continuava come sempre, ma lì il tempo e lo spazio appartenevano al passato.
-La tua ti manca? – chiese Kibum.
Anche la madre di Heechul era morta, non molto tempo dopo la sua a dire il vero. Un’altra morte misteriosa ed insensata che il passato aveva lasciato dietro di sé.
-Quando se n’è andata -, iniziò Heechul, -è stato come se una parte della mia vita si fosse chiusa. –
Kibum annuì. Non faticava a credere a quelle parole perché il bambino che Heechul era stato aveva iniziato a cambiare d’allora.
-Pensi che se fossero ancora vive noi saremmo diversi? – domandò a bruciapelo.
-Non lo so. –
Dalle labbra di Kibum fuoriuscì un sospiro che mutò in un singulto, mentre la sua mano scivola leggera lungo il marmo. La sua vista di fece sfuocata, tremolante, e si rese conto che le sue guance erano umide. Stava piangendo in silenzio. Si portò le mani al viso.
Heechul lo voltò verso di lui, lo strinse e gli pose un bacio sul capo.
Kibum decise di lasciarlo fare. Ne aveva bisogno. Aveva bisogno di tornare indietro, di sentirsi ancora per un momento il bambino che correva a piangere dal più grande.
Il modo in cui Heechul lo abbracciò fu il primo gesto sincero e sentito dopo anni, ma apparteneva anche ad un tempo che non poteva essere replicato.
Per un attimo, entrambi si fermarono.
Kibum si strinse al petto del più grande inumidendogli il completo di lacrime calde, mentre Heechul gli accarezzava il capo stringendolo a sé, quasi cullandolo.
Tuttavia, Kibum non si faceva illusioni. Fuori da quel mausoleo sospeso tra la vita e la morte tutto sarebbe tornato come prima, perché per quanto triste quella tomba bianca era l’unica cosa che ancora li univa. Bastava un passo e tutto sarebbe tornato ad essere null’altro che la cenere di vecchie memorie.
Kibum pianse. Pianse per sua madre, per Jonghyun, per sé stesso, per quei bambini spensierati persi per sempre, e anche per Heechul, per ciò che era stato e che non poteva più essere.
 
 
 
 
Con un movimento elegante, il principe snodò il nastro di velluto che gli stringeva il colletto e lo gettò a terra. Stanco e tormentata da un latente mal di testa prossimo a scoppiare, camminò a piedi nudi sui tappeti arabescati dei suoi appartamenti privati e si sedette scompostamente su un’ampia poltrona. La schiena appoggiata al bracciolo, le gambe penzolanti dall’altro lato ed il corpo apparentemente rilassato.
Kibum chiuse gli occhi e sospirò, massaggiandosi la fronte con i polpastrelli, mentre il suo petto sia alzava ed abbassava a ritmo regolare. Nonostante l’odore dell’incenso misto a quello di fiori funerei fosse ancora presente nelle sue narici, sentì di essere nuovamente in grado di respirare.
Come aveva immaginato non appena avevano messo piede fuori dal mausoleo tutto era tornato identico a prima. Heechul gli aveva offerto il braccio e guidato all’esterno per sfilare davanti alla corte e montare in carrozza per fare ritorno a Soul e, per tutto il tempo, il più grande l’aveva guardato orgoglioso come se stesse mostrando un trofeo ed i suoi tocchi erano tornati ad essere possessivi e mossi da un affetto malato che, ormai, Kibum era in grado di distinguere in modo chiaro.
Questo non solo aveva aumentato il suo disagio, ma l’aveva anche rattristato e si era domandato più volte come fosse stato possibile che tutto l’affetto buono e sincero fosse svanito. Si era ripetuto che non ci doveva pensare, in passato aveva sperato che fosse tutto un terribile scherzo, ma la verità era che Heechul gli aveva già spezzato il cuore molti anni prima.
Sbuffò e si passò una mano tra i capelli corvini.
Un vassoio d’argento fu posto sul tavolino di fronte a lui e le ceramiche tintinnarono quando il giovane servo sollevò la teiera fumate per versare il tè.
Kibum aprì i felini occhietti sottili e gli rivolse uno sguardo sonnacchioso e annoiato. Quel ragazzo che Heechul si era portato da Busan e che si ostinava a mettergli alle costole non gli piaceva. Non ne comprendeva il motivo, ma lo infastidiva come se fosse stato punto da un nugolo di moscerini, scatenandogli un intimo disagio. Era sempre intorno e provvedeva alla sua persona in tutto e per tutto. Più volete Kibum si era quasi sentito studiato.
-Puoi andare -, gli disse.
Il giovane drizzò la schiena e non accennò a muoversi.
-Lord Heechul mi ha detto…-
Kibum lo guardò di sbieco. -E io ti sto dicendo che per ora non ho bisogno di te. –
-Ma…-
Era ridicolo!
-Un principe deve forse domandare il permesso ad un servo per stare da solo? –sbottò.
Perché risvegliava i suoi istinti peggiori? Non si era mai rivolto a qualcuno in quel modo.
Il giovane s’inchinò ed uscì e Kibum tornò a massaggiarsi la fronte. Furono dei passi sicuri sul tappeto ed il tintinnare di una spada a ridestarlo dal proprio torpore, o dalle costanti lucubrazioni mentali. Non appena riaprì gli occhi si trovò di fronte Siwon.
Kibum sorrise.
Il cavaliere era come sempre impeccabile e sostava ritto come un fuso a pochi metri da lui. Se avesse potuto avrebbe fatto la guardia ai piedi del suo letto. Era felice di averlo ritrovato, sempre vigile e pronto a difenderlo. Per mesi si era torturato al pensiero che fosse morto a causa sua e rivederlo sano e salvo l’aveva rincuorato, facendolo sentire meno solo e più al sicuro in quel mondo luccicante e pericoloso. Sapeva di poter contare su di lui in ogni occasione e che se la situazione si fosse fatta critica non avrebbe esitato a proteggerlo, come del resto aveva sempre fatto. Siwon si era rivelato molto restio a parlare di quanto accaduto in quei mesi di separazione, ma Kibum non aveva bisogno di sottoporlo ad un interrogatorio serrato per sapere non erano stati passeggiata per lui.
Tuttavia, in quel momento il principe percepì una vena di disappunto nello sguardo dell’altro, in realtà era una nota che aveva notato spesso in quei giorni e che si mostrava con prepotenza ogni volta che lui, Kibum, concedeva delle effusioni innocenti ad Heechul. Siwon era sempre protettivo ed il fatto che Kibum non fosse ancora stato in grado di metterlo al corrente dei suoi piani rendeva lo sconcerto dell’altro indubbiamente più acuto.
In ogni caso, in quel momento Kibum capì che il disappunto di Siwon era dovuto alla sua posa scomposta. Il principe incrociò il proprio riflesso in un grande specchio ovale che decorava una parete. Piedi scalzi, camicia di cotone lasciata scivolare fuori dagli stretti pantaloni neri e lungo una spalla, capelli in disordine. Non era esattamente il massimo della compostezza, ma era davvero stanco di sentirsi cosa doveva fare.
Trattandosi di Siwon decise ricomporsi, fosse stato Heechul avrebbe solo trovato uno spunto per tormentarlo ed irritarlo, attività in cui si dilettava molto spesso negli ultimi tempi.
Si aggiustò la camicia, i capelli, si sedette elegantemente accavallando le gambe e sorseggiò il suo tè.
-Siwon – disse con calore. – Dovresti sederti, non so’ più come dirti di non rimanere lì in piedi come una statua. –
Davvero Kibum non sapeva più come fare. Le occasioni per rimanere soli erano state ben poche, ma in quei rari momenti quella frase faceva ormai da colonna sonora.
Kibum aveva scoperto molto presto di non essere più abituato a tutta quella formalità.
-Sì, signorino. –
Siwon prese posto sul divanetto di fronte a lui, sempre rigido e con una mano sul pomo della spada.
-Kibum – disse il principe sorridendo. – Ti ho detto di chiamarmi per nome quando siamo soli. –
Anche quella frase faceva ormai da colonna sonora tra loro, ma più della prima faticava a trovare riscontro.
Kibum sospirò. A giudicare dall’espressione di Siwon gli stava fornendo parecchi motivi di sconcerto e tutto sommato non poteva dargli torto. Passava dal gatto morto e quello stizzoso in presenza di Heechul come se nulla fosse e quando lui ed il cavaliere erano soli insisteva affinché fossero informali.
Il principe sorseggiò il tè, fece fluttuare con sottili fili bluastri d’energia la teiera e verso un’altra tazzina per Siwon.
Siwon allargò gli occhi e parve fare un balzo all’indietro prima di prendere la tazza e ripiegare il capo di lato in segno di ringraziamento.
-Sai, non è difficile. Sono solo cinque lettere Ki-bum. Prova? –
Kibum sorrise ed appoggiò il mento sul dorso della mano puntellando il gomito sul ginocchio.
-Kibum -, ripeté il cavaliere per poi bere un lungo sorso di tè.
Kibum annuì e sorrise, poi abbassò gli occhi sulla superficie dorata della bevanda calda e si perse a riflettere. Heechul gli stava sempre attorno e le sue possibilità di agire si stavano rivelando molto più limitate del previsto. Era passata quasi una settimana da quando aveva lasciato il Rifugio ed il suo tempo si stava assottigliando velocemente.
Un mese, pensò.
Più ci pensava e più vedeva in Siwon la sua unica possibilità di riuscita. Doveva essere il cavaliere ad agire per lui.
Si voltò a guardare la porta d’ingresso del salottino privato. Del più grande non vi era traccia e Kibum si chiese per quanto tempo ancora avrebbe goduto di un po' di tranquillità. Se voleva parlare con Siwon dei suoi piani quello era il momento buono per farlo.
Fece per aprire bocca, ma Siwon lo precedette.
-Signorino…uhm Kibum…-
-Sì? – chiese divertito.
-La vostra vita privata non è esattamente affare mio, il mio compito è garantire la vostra sicurezza… –
-Ma? –
-Lord Heechul…non ho potuto fare a meno di notare che siete più…-
-Affettuoso? –
Kibum sogghignò. Non era molto carino da parte sua ma doveva ammettere che vedere Siwon così sulle spine era abbastanza divertente.
-Non preoccuparti Siwon, non ho dimenticato con chi ho a che fare. Ho intenzioni di liberarmi di lui molto presto. –
Anche perché non ho molte alternative, s’appuntò mentalmente.
Il viso di Siwon si rilassò per poi rabbuiarsi.
-Vi state prendendo gioco di lui -, osservò. – E’ una cosa molto pericolosa, state giocando con il fuoco. –
Kibum non riuscì a trattenere una risata. – Sì, immagino di sì! –
-Sing…Kibum! –
Kibum si ricompose e tornò serio. –Devo raccontarti cos’è accaduto in questi mesi. Vedi, non sono mai stato prigioniere dei Ribelli. –
-Non lo siete stato? – domandò Siwon, perplesso.
Kibum scosse il capo e sorrise, poi iniziò a raccontare di come era finito al Rifugio, di Jinki, Taemin, Minho e nominò anche Jonghyun per quanto pronunciare il nome dell’altro ad alta voce gli provocasse sentimenti molto forti e contrastanti. Ma soprattutto parlo del loro piano, del suo piano.
-Se potessi dare il benservito ad Heechul seduta stante lo farei volentieri, ma vi sono una serie di complicazione. –
-Come mezzo esercito di Busan in giro per Soul e metà di quello imperiale al suo soldo -, osservò Siwon.
-Già. –
Kibum fece dondolare la gamba accavallata, pensoso.
-Probabilmente anche i nobili del consiglio reale sono stati corrotti da lui. –
Siwon strinse i denti.  -Non mi aspetterei niente di meno da quella serpe a piede libero. E’ un…-
Siwon si morse la lingua. Aveva molti insulti in mente, ma non aveva idea di quanto fosse opportuno pronunciarli di fronte a Kibum. Era pur sempre il suo principe!
-Non mi piace come vi guarda -, si risolse a concludere.
Kibum sorrise triste, non piaceva neanche a lui, tuttavia l’osservazione di Siwon gli scaldò il cuore.
-Ho bisogno di te, Siwon, io non ho alcuna possibilità di movimento. -
-Cosa desiderate che faccia? –
Siwon drizzò la schiena pronto a ricevere gli ordini, come se si aspettasse di guidare una carica da un momento all’altro.
-Trova un modo per fare entrare i Ribelli nel palazzo in modo che possano prenderlo per me. Qualunque cosa, ma voglio evitare spargimenti di sangue a meno che non vi sia altra scelta. una falla nel sistema difensivo, vecchi passaggi che non conosciamo, deve esserci qualcosa.  –
-Lo sapete che non sarà facile, vero? –
-Lo so. Loro non sono un esercito e io non ne ho uno, ma se agiamo segretamente e con astuzia possiamo farcela. –
Siwon annuì.
Kibum sorseggiò il tè.  La situazione sembrava più critica del previsto ed iniziava a ritenere fosse stato fin troppo positivo, benché la presenza di Siwon segnasse un punto a suo favore.
Niente esercito, niente alleati…, rifletté.
Si strinse nelle spalle. Le notti erano irrimediabilmente fredde e le lenzuola pregiate sapevano solo di pulito. Lui sentiva la mancanza del corpo caldo di Jonghyun, dei suoi abbracci, delle sue carezza, dei suoi baci, delle sue mani calde sul suo viso e dei piedi sotto le lenzuola. Il suo profumo, quello dei fiori di pesco in boccio, era un ricordo che si portava con sé come la sensazione delle sue mani e delle sue labbra sulla sua pelle.
-Signorino? –
-Sì? –
-Questo Jonghyun di cui avete parlato…tenete molto a lui? –
Kibum sbatté le palpebre, perplesso. Di cosa stava parlando?
Siwon si concesse un sorriso. –Vi conosco e raramente vi sentito parlare di qualcuno con affetto. –
Aveva parlato con affetto di Jonghyun? Non se n’era accorto.
Tossicò.
-Noi -, tossicò di nuovo, - siamo stati insieme in questi mesi. –
Quella conversazione stava prendendo una piega imbarazzante.
-Insieme? –
Questa volta fu la voce di Siwon a tremolare. – In che senso? –
Kibum sgranò gli occhi, si portò una mano alla bocca e rise di gusto. Siwon stava rivelando di avere un certo senso dell’umorismo.
-Come due persona che si amano. –
Siwon rischiò di strozzarsi con un sorso di tè.
-Non hai motivo di preoccuparti, Siwon. –
Kibum abbassò il capo e le sue gote s’arrossarono. – I lo amo -, disse.
Siwon ripose la tazza e lo squadrò, troppo protettivo per lasciarsi andare ed accettare incurante quella dichiarazione.
-Lui vi ama? –
Kibum si morse il labbro. Lo amava? Sì, quell’ultimo bacio…ma la verità era che Jonghyun non lo voleva più.
Alla fine annuì.
-Perché vi ha lasciato venire qui? –
-Perché…- la voce di Kibum tremò.
Il principe si stropicciò le mani e sospirò. Gli mancava tutto di lui. La sua luce era l’unica cosa in grado di infondergli coraggio, ma anche ciò che, se anche fosse uscito vittorioso da quel piano suicida, probabilmente aveva perduto per sempre.
-Perché non gli ho detto che sarei stato un ostaggio. -
 
 
 
Un applauso alla 2min che finalmente si è dichiarata, ci ha messo solo 32 capitoli…complimenti XD

 
Jonghyun è…Jonghyun. Povero. Ma cosa farà quando scoprirà “come” Kibum è tornato Soul?

 
Image and video hosting by TinyPic Jinki complotta e beve tè, nulla di nuovo u.u, ma chi sarà “questa persona” che mette i brividi anche a lui?

 
Diva&Diva si sono concessi un attimo di tenerezza…vi sfido a non shipparli nemmeno un po' a fine storia XD

 
Image and video hosting by TinyPic Siwon è tornato e pronto a combattere!

 
Image and video hosting by TinyPic
I prossimi capitoli dovrebbero essere incentrati su Diva&Diva. Quello che deve succedere a Soul sarà la parte più corposa e quindi sto cercando di organizzarmi per rendere il tutto cronologicamente sensato XD vi suggerisco dunque di fare attenzione ai riferimenti temporali nel testo, in ogni caso vi darò le mie soliti indicazioni noiose a inizio capitolo ^^
La situazione si farà sempre più seria e vi preannuncio che potrebbero esserci dei capitoli a raiting rosso. Nulla di sconvolgente, ormai conoscente il mio stile di scrittura, ma dato che non conosco il vostro grado di sensibilità preferisco mettere le mani avanti. Comunque vi avviserò a inizio capitolo.
Vi ricordo che ho iniziato una raccolta dedicata ad Orbit (Orbit. River flows in you).
I primi episodi sono tutti incentrati sull’infanzia di Kibum e Heechul, vi consiglio la lettura perché permetterà di approfondire alcune cose (cosa qui non possibile) e di seguire l’ordine di pubblicazione se volete avere un’idea generale chiara.

Se vorrete essere così gentili da lasciarmi un commentino vi ruberà solo due minuti e salverete un’autrice dal suicidio rituale XD
 


Image and video hosting by TinyPic Alla prossima!
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > SHINee / Vai alla pagina dell'autore: Elayne_1812