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Autore: Ghost Writer TNCS    03/06/2017    4 recensioni
Leona è nata con un potere terribile e straordinario, una forza inarrestabile originata nel cuore più profondo dell’Inferno, capace di sbaragliare qualsiasi avversario. Un mostro.
Alphard non è nemmeno nato: lui è un ibrido, il prototipo di un nuovo tipo di supersoldato. Un esperimento.
Insieme si sono diretti su Shytia, un pianeta devastato dalla guerra civile e ora saldamente nelle mani di criminali senza scrupoli, e lì hanno fondato una gilda: la Brigata delle Bestie Selvagge. Ma hanno bisogno di una grande impresa per riuscire ad emergere, per dimostrare quanto valgono.
Un giorno vengono a sapere che Adolf O’Neill, il fuorilegge che controlla la vicina Traumburg, è entrato in possesso di un antico artefatto dal valore inestimabile. Ucciderlo vorrebbe dire liberare la città, ma anche e soprattutto poter saccheggiare la sua ricchissima collezione.
Prima però dovranno trovare degli alleati: qualcuno abbastanza folle da voler attaccare la roccaforte di O’Neill insieme a loro. Qualcuno che abbia la stoffa di una Bestia Selvaggia.
“Non siamo eroi, ma se avete bisogno di un eroe, chiamateci.”
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Azione, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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20. Noi siamo la BBS

I quattro membri della BBS avanzavano con cautela, seguendo in silenzio Axel Rad-šatah. La struttura della villa di O’Neill era chiaramente quella di una base militare, ampia e robusta, tuttavia ogni ambiente era stato arredato con cura, combinando mobilia semplice ma elegante con svariate opere d’arte. Tra i quattro invasori, Kael era l’unico a poter vantare una certa conoscenza in storia dell’arte, quindi solo lui si era potuto accorgere che il valore dei capolavori che incontravano stavano progressivamente aumentando. La cosa non stupì il coleotteriano: se avesse avuto così tante opere d’arte e una villa intera in cui esporle, anche lui avrebbe concentrato le più preziose nei pressi della sua area privata.

Come preannunciato, l’onnipresente sistema di sorveglianza non dava segni di vita, e lo stesso valeva per le persone riverse a terra che di tanto in tanto incrociavano sul loro cammino. Nessuna di loro riportava segni di ferite, sembrava infatti che avessero solo perso i sensi.

Anche quello faceva parte del piano delle Bestie Selvagge: dopo aver lasciato Traumburg, avevano atteso un paio di giorni, dopodiché Leona e Kael erano tornati in città sotto mentite spoglie per cercare degli alleati. Ma non alleati qualsiasi: avevano bisogno di qualcuno che potesse accedere liberamente alla villa, così da poter disattivare i sistemi difensivi dell’ex base militare e spianare loro la strada. Non era stato facile trovare la persona adatta – O’Neill non era molto amato dai suoi subordinati, ciononostante quasi tutti avevano troppa paura per tradirlo –, alla fine però erano venuti a conoscenza della storia del metarpia e avevano deciso di fare un tentativo.

Durante la guerra civile Axel aveva combattuto sotto O’Neill, quindi, dopo la fine delle ostilità, aveva pensato che un uomo come lui sarebbe stato in grado di dare stabilità a Traumburg, rendendola una città sicura per sua moglie e sua figlia. Quando aveva capito le reali intenzioni dell’ex militare, era ormai troppo tardi, e la minaccia che venisse fatto del male alla sua famiglia gli aveva negato la possibilità di ribellarsi. Non era stato facile per lui accettare di tradire O’Neill per aiutare la BBS, alla fine però aveva capito che quella era la migliore occasione, anzi probabilmente l’unica, per riottenere finalmente la libertà.

Ora avanzava deciso, convinto della propria decisione, alle sue spalle c’erano Leona e Gardo’gan, pronti a respingere un eventuale attacco frontale, mentre a chiudere la fila si trovavano Alphard e Kael, che grazie alle raffinate percezioni e ai sofisticati sensori avrebbero potuto ridurre al minimo l’eventualità di subire un’imboscata alle spalle.

Tra i cinque, l’ibrido era quello che più di tutti avrebbe potuto avvertire la presenza di eventuali minacce, tuttavia non riusciva a concentrarsi fino in fondo. Prima aveva cercato di comportarsi in maniera allegra come al solito, ma in realtà si sentiva frustrato per aver perso così miseramente contro Danray. Lui era un supersoldato immortale, ma alla fine se erano salvi, era solo grazie a Leona. Certo, sapeva di non poter rivaleggiare con la forza della figlia dell’inferno, però non riusciva a darsi pace: avrebbe voluto fare di più per aiutarla.

Una volta sistemato O’Neill, per prima cosa si sarebbe comprato un’arma decente, e poi avrebbe cominciato ad allenarsi con molta più serietà, proprio come aveva fatto Gardo’gan. Cavolo, lui sì che si era fatto onore! Loro due avevano lo stesso compito, eliminare più nemici possibile mentre Leona si occupava di Hannibal, ma probabilmente lo spadaccino ne aveva sconfitti meno della metà del rettile.

Guardò l’anello argentato che portava al medio della mano sinistra, la cui superficie era impreziosita da sottili incisioni. La prossima volta sarebbe andata diversamente: avrebbe reso onore all’addestramento ricevuto da sua madre. Prima però c’era una cosa che voleva fare.

«Ehi, Kael.»

Il coleotteriano si voltò appena verso di lui.

«Mi faresti un favore?»

«Siamo arrivati» annunciò Axel una volta che ebbero raggiunto la fine di un ampio corridoio. «Dietro questa porta ci sono le stanze private di O’Neill.»

«Puoi aprirla?» gli chiese Leona.

Il metarpia scosse il capo. «Solo O’Neill può farlo.»

«Ci penso io» affermò Gardo’gan facendo un passo avanti e sciogliendosi le spalle.

Si preparò a colpire, ma la serratura scattò da sola e i battenti cominciarono a muoversi con aria solenne. Oltre la soglia si trovava un ampio studio, lo stesso dove il padrone della villa era solito ricevere i suoi uomini per assegnare loro gli incarichi. Anche quel locale richiamava lo stile degli altri ambienti, ma ad un livello nettamente superiore: la mobilia aveva un’aria più ricercata – in particolare l’imponente scrivania in legno che dominava l’ambiente – e ai lati opposti della stanza c’erano un paio di statue antiche dal valore inestimabile. Una parete era occupata quasi interamente da una finestra olografica raffigurante un panorama montano, mentre alle spalle della scrivania c’era una teca con all’interno un’armatura un po’ rovinata risalente ad alcuni anni prima.

E in piedi, appena appoggiato all’imponente tavolo, stava lui: Aaron O’Neill. Mentre nel giardino della villa si consumava un’aspra battaglia, lui aveva avuto modo di vestirsi e sistemarsi. Era da tanto che aspettava di ricevere qualcuno abbastanza forte e motivato da ucciderlo, quindi in un certo senso si sentiva in dovere di accoglierlo con il massimo rispetto.

Fece un passo avanti, sforzandosi di tenere una postura fiera nonostante la pancia voluminosa. «Devo ammetterlo, non pens-»

Un colpo di pistola interruppe le sue parole. Due. Tre. L’ex militare cadde all’indietro, sbatté contro la scrivania e poi stramazzò a terra.

Alphard restituì l’arma a Kael, che la prese senza palesare alcuna emozione. Al contrario, quando l’ibrido si voltò, scoprì di avere addosso lo sguardo incredulo di Gardo’gan e quello un po’ stupito di Leona.

Li guardò alternativamente per qualche istante. «Beh? Prima uccidi, poi chiacchiera. Dai, è la prima regola dell’assassino!»

Tra i quattro membri della BBS calò un inaspettato silenzio, fino a quando la figlia dell’inferno non si schiarì la voce per prendere in mano la situazione. «Bene, direi che adesso abbiamo davvero finito.»

«Ne sei proprio sicura?» obiettò Kael.

«Uffa, e chi manca? Abbiamo ucciso tutti, no?»

Il coleotteriano sospirò. «“Uovo dei Sindri” ti dice niente?»

La giovane drizzò coda e orecchie, tirandosi una pacca sulla fronte. Si era concentrata così tanto sui nemici da sconfiggere che si era completamente dimenticata dell’Uovo. «Cazzo, è vero! Eeh… Ehi, tu sai dov’è l’Uovo dei Sindri?»

Axel, rimasto sul ciglio della porta, annuì. «Si trova nel caveau, insieme a tutti i tesori più preziosi di O’Neill. Il problema è che O’Neill era l’unico in grado di aprirlo.»

«Troveremo un modo» gli assicurò Leona. «Dai, facci strada!»

Il metarpia entrò a sua volta nello studio e poi condusse le Bestie Selvagge nella zona riservata ad O’Neill, quasi ignorando il cadavere dell’ex militare che ancora perdeva sangue.

In breve raggiunsero il caveau e, come previsto dalla figlia dell’inferno, alla fine riuscirono ad aprirlo grazie all’inesauribile forza della giovane.

Alphard, Gardo’gan e Kael cominciarono a raccogliere tutto quello che potevano, nel frattempo la figlia dell’inferno ne approfittò per andare in bagno e cominciare a pulirsi dal sangue che la incrostava dalla testa ai piedi.

“Se ti vedono conciata così, penseranno che siamo dei pazzi omicidi e ci scambieranno per i cattivi!” aveva esclamato l’ibrido.

Leona si tolse il giubbotto antiproiettile e cominciò a lavarsi le mani. Notando l’espressione corrucciata di Axel, che le aveva fatto strada fino al lussuoso bagno, decise di provare a rassicurarlo: «Appena avremo piazzato un po’ di roba, ti daremo la seconda parte del compenso.»

Lui fece un mugugno d’assenso, come se i soldi non lo interessassero minimamente. «Scusa, faccio una chiamata.»

La figlia dell’inferno annuì e cominciò a sciacquarsi la faccia.

Meno di due minuti dopo il metarpia fu di ritorno.

«Tutto a posto?» gli chiese lei.

Axel fece di sì con la testa. «Ho chiamato mia moglie» aggiunse dopo qualche secondo. «Lei e mia figlia sono andate alla stazione, così, se fosse andata male, almeno loro sarebbero potute fuggire mentre gli uomini di O’Neill erano impegnati qui alla villa.»

La giovane annuì. «Pensate di rimanere?»

Il metarpia si strinse nelle spalle. «Finalmente siamo liberi e possiamo andare dove vogliamo, ma la nostra casa è qui. Se riuscirò a trovare un lavoro, allora resteremo, se no dovremo andare a cercare altrove.»

Dopo essersi asciugata il viso, Leona andò a recuperare il suo giubbotto per dare anche a lui una rapida ripulita. «Sai, stavo pensando: che ne diresti di unirti alla Brigata? D’accordo, non saremo proprio dei santi, però stiamo bene insieme e ci farebbe comodo qualcuno con le tue capacità.»

Il metarpia, anche se interessato, preferì non sbilanciarsi troppo: «Ci penserò, grazie per l’offerta.»

I due tornarono al caveau e per la prima volta la figlia dell’inferno ebbe modo di vedere dal vivo quell’Uovo dei Sindri da cui tutto aveva avuto inizio. La forma era proprio quella di un grosso uovo grigio scuro, con la superficie formata da placche lisce e lucenti intervallate da solchi più scuri che di tanto in tanto pulsavano di un flebile bagliore azzurrino. Ovviamente non era l’aspetto a dargli valore, bensì la leggenda che lo identificava come l’unico oggetto capace di condurre alla mitica Fucina dei Sindri.

Nessuno dei presenti sapeva se tale voce fosse vera, in ogni caso erano ben felici di poter mettere le mani su un artefatto così prezioso.

Dopo aver razziato a dovere la villa, i cinque raggiunsero il giardino e lì trovarono una manciata di ex subordinati di O’Neill di nuovo in piedi. Uno in particolare si diresse verso di loro: era il centauro dal manto focato che in un primo momento aveva guidato la difesa del cortile.

«Che ne è di O’Neill?» chiese semplicemente.

«Morto» rispose Leona, lapidaria. «L’abbiamo ucciso.»

L’uomo chinò il capo, pensieroso più che dispiaciuto. «Avete intenzione di reclamare la città?»

«No. Questa città merita un vero governo, a noi interessano solo le opere d’arte di O’Neill. E non abbiamo intenzione di combattere ancora con voi.»

«D’accordo.» Il centauro fece per voltarsi, ma si fermò. «Chi siete voi?»

La figlia dell’inferno sollevò inconsciamente il mento, fiera. «Io sono… Noi siamo la Brigata delle Bestie Selvagge.»

L’ex subordinato di O’Neill chinò appena il capo in segno di rispettoso saluto e si allontanò.

Nel surreale clima di silenzio venuto a crearsi, alcuni raggi di sole cominciarono a filtrare da oltre le mura, rischiarando il giardino e scaldando l’atmosfera. Sarebbe stata un’alba meravigliosa e poetica, l’inizio di una nuova vita per Traumburg, ma proprio in quel momento una fastidiosa pioggerella cominciò a riversarsi sulla città.

«Aah, no! Io odio la pioggia!» imprecò Leona, cercando di coprirsi con le braccia. «Mi finisce sempre nelle orecchie e mi rovina tutti i capelli!»

«Sbrighiamoci a raggiungere la fermata» suggerì Alphard.

«E lui che fa?» chiese Gardo’gan accennando ad Axel.

«Me ne torno anch’io a casa» rispose il metarpia. «Voi andate pure.»

Le Bestie Selvagge lo salutarono rapidamente e poi corsero verso il grande cancello principale, che nel frattempo avevano riaperto.

Nonostante la pioggia sempre più insistente, non poterono fare a meno di notare le macchie rosse che pian piano si stavano moltiplicando sugli edifici: erano lenzuoli, vestiti o anche semplici pezzi di stoffa che i cittadini avevano esposto appena avevano capito che qualcosa era cambiato.

Il rosso, il colore degli indipendentisti nonché il simbolo dei loro ideali di libertà e autodeterminazione, poteva finalmente tornare a sventolare, fiero come dopo la fine della guerra civile.

«Sembrano contenti» commentò Leona, felice di scoprire che altre persone avrebbero beneficiato della loro impresa.

«In realtà il difficile per loro viene adesso» fece notare Kael.

«Ehi, non fare il guastafeste!» lo sgridò Alphard. «Siamo degli eroi! Certo, siamo anche degli assassini, ma siccome abbiamo ucciso i cattivi, allora siamo degli eroi! Giusto?»

«Mah, quello che conta è che adesso tutti sapranno chi siamo e quanto siamo forti» affermò Gardo’gan.

«Beh, non posso darti torto» annuì l’ibrido. «Ehi, aspettate: “Non siamo eroi, ma se avete bisogno di un eroe, chiamateci”. Potremmo usarlo come messaggio pubblicitario!»

«Possiamo parlarne dopo?!» imprecò la figlia dell’inferno. «Mi sto inzuppando tutta!»

I quattro si affrettarono a scendere nella più vicina fermata del treno, ma questo non bastò ad evitare loro di bagnarsi da capo a piedi. I loro vestiti erano robusti e impermeabili, tuttavia solo Kael si era preoccupato di rimettersi il casco.

«E con questo possiamo dire tanti saluti alla nostra uscita di scena trionfale» commentò Alphard.

«Certe cose è meglio lasciarle agli eroi col mantello» ironizzò Gardo’gan.

«Giusto! Dalle nostre parti si festeggia con fiumi di alcol!» esultò Leona. Sollevò il pugno e subito venne imitata dai suoi compagni. Perfino Kael si prese la briga di tirare su un braccio superiore.

Avevano appena portato a termine la loro prima vera impresa, era tempo di festeggiare, ma non si sarebbero crogiolati a lungo nel loro successo: la storia della Brigata delle Bestie Selvagge era solo all’inizio.



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