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Autore: Morgana89Black    05/06/2017    3 recensioni
E se Lily Potter avesse avuto un secondo figlio, poi dato in adozione?
Dal capitolo 2:
"Ti lascio queste poche parole, nella speranza che quando le leggerai non mi odierai per essere stata codarda e non aver avuto la forza di tenerti con me. Purtroppo temo che non vivrò comunque abbastanza per vederti raggiungere i tuoi undici anni, il perché forse un giorno lo scoprirai da sola, per ora ti basti sapere che io e tuo padre siamo una strega ed un mago".
Dal capitolo 22:
“Draco... Draco... svegliati”. Le ci vollero diversi minuti per convincere il ragazzo ad aprire gli occhi ed inizialmente lui parve non notarla neanche mentre sbatteva ripetutamente le palpebre nella vana speranza di comprendere cosa fosse successo.
“Nana...”, la ragazza sorrise della sua voce impastata dal sonno. Era quasi dolce in quel momento e sicuramente molto diverso dal solito Malfoy, “è successo qualcos'altro?”. Parve svegliarsi di colpo, al sentore che doveva essere accaduto qualcosa di grave se lei lo svegliava nel pieno della notte.
Dal capitolo 25:
Prima che attraversasse l'uscio per scomparire alla sua vista, udì poche parole, ma sufficienti a gelargli il sangue nelle vene, “lei è un mangiamorte”.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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La coppa del Mondo di Quidditch.

 

22 agosto 1994

 

La mattina seguente dovettero alzarsi prima dell'alba, per dirigersi verso il luogo di ritrovo per i maghi della zona che desideravano recarsi alla coppa del mondo di Quidditch. Il signor Weasley aveva loro spiegato che, trattandosi di un evento di fama mondiale, il Ministero aveva dovuto trovare un luogo adatto ad ospitare migliaia di maghi senza che il mondo babbano avesse alcun settore della loro presenza. Ci stavano lavorando ormai da mesi ed, a sentir l'uomo, era stato un lavoro difficile che aveva coinvolto molti degli uffici del governo magico.

Morgana sorrideva felice mentre, insieme ad Harry, Ron, Hermione e Ginny seguiva il capo famiglia in una lunga passeggiata in mezzo a prati e boschi.

“Si può sapere perché stai sorridendo?”, il brontolio assonnato del fratello ebbe il solo effetto di farla ridere, “a te neanche piace il Quidditch”.

“No. In effetti non mi piace per nulla, però cerco di cogliere almeno il meglio che questa gita mi riserva”.

“E quale sarebbe il meglio?”.

“Ovviamente questa passeggiata, Ronald!”.

“Harry lo sai che tua sorella è pazza, vero?”.

“Sorella?”, come al solito quel ragazzo riusciva ad arrivare nei momenti meno opportuni ed ad intervenire con le affermazioni più stupide. Con un sono sospiro Morgana si volse a guardarlo. Di fianco a lui un uomo che non poteva che essere suo padre, osservava il gruppetto con un sorriso bonario.

“Amos!”, il saluto gioviale del signor Weasley interruppe i pensieri della ragazza, che stava facendo il possibile per trattenersi dal rispondere male a Cedric.

Mentre i due adulti discutevano tra di loro, la ragazza si ritrovò nel mezzo di un accesa guerra di sguardi, fra suo fratello ed il nuovo arrivato. Quando il tassorosso di avvicino per salutarla, fece istintivamente un passo indietro.

“Perdonami. Non intendevo metterti in imbarazzo. Davanti a tuo fratello soprattutto”.

“Diggory, noi non siamo amici, ma neanche nemici... però se ti avvicini a mia sorella, ti faccio pentire di essere nato”, il sibilo strozzato di Harry fu udibile solo a loro tre, ma sembrò sufficiente a frenare il ragazzo, che con una lieve alzata di spalle si allontanò dal gruppetto per ritornare di fianco al padre.

Il gruppo, ora più numeroso, riprese il cammino verso la metà, ai più sconosciuta. Prima di riuscire a fare anche solo pochi passi verso gli altri, Morgana avvertì la presa di suo fratello sul polso. La mano di Harry stringeva forte sulla sua pelle delicata.

“Che cosa stai facendo?”.

“Io non faccio nulla, Harry. E lui che continua ad avvicinarsi a me e a cercare in tutti i modi di parlarmi... io non lo sopporto neanche!”.

“Hai delle pessime amicizie...”, il grugnito del fratello la fece infuriare.

“Senti chi parla!”, con quelle poche parole si allontanò dal ragazzo senza dargli il tempo di pronunciare anche solo un'altra sillaba.

Camminarono ancora a lungo, senza rivolgersi alcuna parola, un po' perché la strada diveniva sempre più impervia e difficoltosa, un po' perché la tensione era ormai palpabile nel piccolo gruppo variegato. In molti avevano capito che doveva esserci stato un litigio familiare, perché i due ragazzi stavano alla massima distanza possibile.

Dopo l'ultimo sforzo per giungere in cima, si trovarono tutti intorno ad un vecchio e logoro stivale, che, a detta del sig. Weasley avrebbe dovuto fungere da passaporta e trasportarli vicino al luogo in cui si sarebbe tenuta la coppa del mondo. La sensazione provocata da quell'oggetto nel momento in cui si attivò fu orribile, Morgana si sentì risucchiare e schiacciare in un ambiente fin troppo piccolo e stretto.

Ebbe la sensazione, seppur per una frazione di secondo, che sarebbe morta soffocata e che non avrebbe mai più rivisto la luce del sole. Stranamente in quel momento ebbe la chiara visione di un mare in tempesta. Ci mise qualche attimo per capire di non essere più schiacciata nel nulla, ma di trovarsi seduta su di un prato, tentanto, con difficoltà, di riprendere a respirare. Aprire gli occhi, che per qualche assurdo motivo, aveva chiuso, le costò moltissimo. Il sole, ormai alto in cielo, seppur era ancora molto presto, sembrò ferirle le iridi, che si erano adattare in fretta al buio completo.

Riuscì ad alzarsi grazie all'aiuto di Harry, che le porgeva la mano, dimentico di tutto quel che si erano detti poco prima.

“Ti senti bene?”, al suo cenno d'assenso il ragazzo parve rassicurato.

“La prima volta è sempre la più terribile. Non sai cosa ti aspetta e come reagire. Vedrete che tutte le altre saranno migliori”, al suono di quelle parole, la ragazza non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto, che fece sorridere bonariamente il patriarca. Ricordava ancora il suo primo viaggio con una passaporta, era stato orribile. Ed aveva giurato che non ne avrebbe mai più utilizzata una. Ovviamente quel giuramento era durato poco e solo pochi mesi dopo si era ritrovato, nuovamente, ad utilizzare il medesimo mezzo di trasporto.

“Dovete spostarvi. Ne arriverà un'altra fra poco”, a chieder loro di muoversi era stato un uomo sulla quarantina, con un'aria molto professionale. Morgana si allontanò dal luogo in cui erano giunti, seguendo gli altri.

Poco tempo dopo dovettero salutare Cedric e suo padre, con suo enorme sollievo e si diressero lungo un sentiero sterrato verso l'ingresso di quello che doveva essere un campeggio babbano. Harry dovette aiutare il signor Weasley a pagare l'ometto che si trovava all'ingresso e che, probabilmente, era il gestore del luogo. Dopo di ché si diressero tutti insieme verso la loro piazzola.

Morgana dovette trattenersi dal ridere, quando l'uomo cominciò a sembrare un bambino dinanzi ad un negozio di dolciumi solo perché ebbe la possibilità di montare le tende senza l'uso della magia o di accendere il fuoco con i fiammiferi.

Rimase ad aiutarlo, mentre Harry, Ron ed Hermione si allontanarono per andare a prendere dell'acqua per il pranzo. Aveva il timore, molto probabilmente fondato, che se lasciato da solo sarebbe riuscito a creare qualche casino.

La giornata proseguì fra chiacchiere con membri del ministero, alcuni a detta di Ron anche piuttosto famosi. L'eccitazione generale venne alimentata dalla comparsa di un uomo corpulento e leggermente sovrappeso, il quale indossava una divisa da Quidditch nera e gialla.

Non ricordava il nome, ma venne presentato come un noto giocatore di una qualche famosa squadra inglese. Ex giocatore ad esser sinceri. Il che spiegava come mai ora fosse decisamente fuori forma e sicuramente poco atletico.

Stanca di rimanere immobile dinanzi alla folla e di tutto quel trambusto convinse il signor Weasley a lasciar andare lei e Ginevra a fare una passeggiata in mezzo alla folla di tende, con la promessa che sarebbero tornate al più per le cinque di quel pomeriggio, in modo tale da avere tutto il tempo di prepararsi e recarsi allo stadio.

Camminarono per qualche minuto in silenzio, troppo intente ad osservare le tende che si ergevano fiere nelle diverse postazioni. Molte erano per lo più tende normali, il cui interno era stato modificato con la magia per essere più confortevole ed adeguarsi alle esigenze di chi le abitava.

Altre erano costruzioni così bizzarre che, ovviamente, non potevano essere che magiche. Morgana si chiese come potesse, il ministero, tollerare la presenza di costruzioni evidentemente non babbane, visto che, seppur gli ospiti fossero solo magici, i gestori dei campeggi non lo erano certamente.

“Guarda quella tenda!”, l'amica la riscosse dai propri pensieri indicandole una delle tante tende che non sarebbero potute passare per babbane. Non era particolarmente grande, non molto di più di alcune di quelle che si trovavano in commercio nei negozi non magici.

Era di un acceso giallo limone (e già questo poteva sembrare un po' strano), ma era la grande luna che si ergeva in cima alla tenda ad essere, evidentemente, fuori luogo.

“Dev'essere la tenda del padre di Luna”, Ginevra parve convinta di quell'affermazione e Morgana si chiese se non stesse un po' esagerando. Insomma, poteva capire l'amore di un padre per la propria figlia, ma faticava a credere che anche il genitore più amorevole potesse mettere in mostra in quel modo l'affetto per la propria bambina.

“Ehm... ne sei certa?”.

“Secondo me è la sua... vieni... andiamo a vedere...”, la prese per mano, come da sua abitudine, trascinandola verso quell'imponente astro che, man mano che si avvicinavano si dimostrava sempre più grande.

Mentre si avvicinavano a quella che, ben presto avrebbe scoperto essere veramente la tenda della famiglia Lovegood, un'altra costruzione attirò l'attenzione di Morgana. Era enorme ed imponente. Non poteva in alcun modo passare inosservata, non solo a causa dei colori, ma soprattutto per colpa dei pavoni albini che vi erano appostati davanti. Sembrava che ogni cosa in quella tenda fosse stata costruita col solo ed unico intento di attirare l'attenzione.

“Ginevra... Morgana...”, Luna doveva essersi accorta che stavano arrivando e le aveva precedute. Come al solito l'entusiasmo dell'amica era dirompente e la ragazza era saltata loro al collo, abbracciandole e dando ad ognuna un bacio sulla guancia.

Morgana si ritrovò a sorridere serena, mentre l'altra corvonero offriva ad entrambe una tazza di tè. Si erano viste qualche volta durante l'estate, ma erano stati incontri sporadici e non particolarmente duraturi.

Si sedettero sull'erba a chiacchierare, ma ad un certo punto lei smise di ascoltare i racconti delle amiche, troppo intenta ad osservare la tende che aveva attirato la sua attenzione poco prima.

Il padre di Luna dovette accorgersene, perché non si fece attendere con i suoi commenti in merito, “come al solito i Malfoy devono mostrare al mondo la loro ricchezza ed il lusso che possono permettersi”.

“I Malfoy?”, Ginevra, sino a quel momento non aveva degnato la costruzione che di qualche sguardo sbalordito.

“La tenda con i pavoni, appartiene alla famiglia Malfoy. Lucius adora mettersi in mostra e dimostrare a tutti coloro che lo circondano che è più ricco e più potente”.

“Probabilmente adora farlo, perché può permetterselo”, la voce gelida che rispose alle parole dell'uomo lo fece sobbalzare, come un bambino colto con le mani nella marmellata.

Narcissa Malfoy si ergeva alle spalle di Xenophilius Lovegood, algida e fredda come sempre. L'uomo, che era in piedi di fianco alla figlia, si volse al suono di quelle parole ed i suoi occhi azzurri incontrarono quelli di ghiaccio della donna.

Non potevano essere due persone più diverse. Lei bella come il sole e fredda come il ghiaccio, elegante nel suo abito blu notte, altera e sicura di sé, come solo una donna che non teme il confronto con niente e con nessuno può essere.

Lui, un uomo segnato dalla vita, che cerca ancora di alzare la testa, ma che non ha la forza di ergersi fiero ed indomabile. Un uomo che nasconde dietro alla sua eccentricità le proprie insicurezze e le proprie paure.

Morgana vide tutto questo in quelle due persone che si osservavano l'un l'altra. E vide altro. Vide uno sguardo nell'uomo che non lasciava alcun dubbio. Un dolore così profondo che non può che venire da un sentimento molto potente. Non seppe mai cosa le avesse dato quella certezza, ma ebbe la chiara sicurezza che Narcissa Malfoy avesse creato una ferita indelebile e profonda nell'animo di Xeno Lovegood.

Non poté cercare una certezza negli occhi di diamante di lei, perché nulla sembrava poterla scalfire. Durò tutto poco più di una manciata di secondi.

La donna prima di andarsene si volse verso la ragazza, salutandola cordialmente ed assicurandola che sarebbe stata sempre la benvenuta per lei. Dopo con la sua innaturale eleganza si diresse verso la tenda del marito, senza più voltarsi indietro.

Quell'incontro lasciò in Morgana una strana inquietudine, che l'accompagno per tutto il tragitto di ritorno verso la tenda che avrebbe condiviso con Ginevra ed Hermione. Presto l'ansia ed il turbamento vennero scacciati dall'eccitazione che l'imminenza della partita aveva fatto scoppiare nell'aria. Persino lei, che di Quidditch capiva ben poco ed a cui che vincesse o meno l'Irlanda non importava minimamente, si ritrovò ad essere impaziente, come una bambina, in attesa dell'inizio dello scontro.

Per arrivare allo stadio dovettero camminare lungo un sentiero in mezzo ai boschi. Il signor Weasley spiegò loro che lo avevano nascosto per evitare che qualche babbano vi capitasse per sbaglio.

Arrivati dinanzi all'edificio i ragazzi volsero lo sguardo verso l'alto, ammirati ed estasiati dall'imponenza di questo. Morgana dovette ammettere che si trattava di una costruzione, non solo enorme, ma anche piuttosto intrigante. Le luci che brillavano per l'illuminazione dello stadio lo rendevano ancor più magico di quanto già non fosse.

Non aveva mai visto dal vivo un'arena babbana, ma era sicura che non avesse nulla in comune con quella che aveva davanti agli occhi in quel momento. Era qualcosa di spettacolare, che difficilmente avrebbe potuto dimenticare.

Salirono fino in cima alle gradinate, per raggiungere le loro postazioni nella tribunale d'onore. I ragazzi erano estasiati dalla possibilità di poter vedere la partita da quella postazione e persino la giovane corvonero dovette ammettere che se proprio doveva prender parte a quella manifestazione, per lo meno quelli sembravano dei posti piuttosto buoni da cui farlo.

Si perse nell'osservazione di tutti gli spettatori, seduti come formiche negli spalti. La folla era immensa; dovevano esservi diverse migliaia di persone, se non addirittura centinaia di migliaia. Colse vagamente Ron dire ad Harry che qualche anno prima la finale era durata una settimana e sperò con tutta se stessa che non fosse così anche questa volta.

Venne riscossa dai suoi pensieri solo quando il silenzio si fece assordante nella tribuna d'onore. Si guardò intorno incuriosita dal cambiamento ed i suoi occhi di smeraldo incontrarono quelli di ghiaccio della persona che più di tutte le era mancata in quei mesi. Narcissa le sorrise brevemente, ma lei appena se ne accorse, troppo intenta ad osservare Draco. Non seppe neanche cosa la spinse a farlo, ma ad un tratto si alzò dal proprio sedile, come trascinata da una forza imponente e si ritrovo a stringere il ragazzo fra le braccia, sotto gli occhi attoniti della famiglia Wealsey e quelli disgustati di Lucius Malfoy, che sembrava aver appena ingoiato qualcosa di terribilmente amaro.

Non si era aspettata una reazione dal ragazzo, ma ad un certo puntò avvertì le lunghe braccia di questo circondarle la vita ed il suo respiro sfiorarle l'orecchio, mentre, senza farsi udire da altri, le sussurrava “scricciolo... ti sono mancato così tanto?”. Non rispose, ma ebbe la certezza che lui non aveva bisogno di altre parole.

Così come si era alzata, ritornò al suo posto, sotto gli occhi attenti di una madre che ancora si chiedeva quanto quell'unione fosse positiva, ma consapevole che ormai non vi era più alcun modo di fermare quella ruota.

Lucius Malfoy non disse nulla, deciso a fingere che quella scena fosse solo frutto della sua immaginazione e la ragazza tornò a sedersi, impettita e fiera, decisa ad ignorare la presenza dell'uomo, che, purtroppo, non avrebbe mai apprezzato la sua presenza.

Rimase immobile in quella posa sino all'inizio della partita, ed anche per il resto della contesa. Si concesse un attimo di tregua solo nel momento in cui comparvero le mascotte delle due squadre, e solo per poter ridere di gusto alla vista di Harry e Ron che davano di matto tentando di attirare l'attenzione delle Weela (donne bellissime dai lunghi capelli argentei), che parevano avere uno strano potere sugli uomini presenti. Mentre decideva se risvegliare o meno quei due da quello strano incantesimo che li stava mettendo in enorme imbarazzo, i suoi occhi si posarono sulla figura di Draco, che sembrava immune dall'incanto e continuava ad osservare il campo come in trance. I suoi occhi non parevano vedere veramente quel che vi accadeva.

Per il resto della partita, più volte, le sue iridi tornarono al serpeverde (anche perché sinceramente trovava davvero poco interessante lo spettacolo che aveva davanti), ma lo videro sempre nella medesima posizione e sempre assorto in pensieri che sembravano averlo portato molto lontano da quello stadio.

Mentre tutti gli altri osservavano i quattordici giocatori in campo, ebbe modo di guardare a lungo il biondo. Era cambiato. Se ne rese conto quasi subito. Non lo vedeva da un paio di mesi, ma parevano passati anni. Era più alto, di almeno dieci centimetri. Il suo viso era più appuntito e meno infantile. I capelli leggermente più lunghi e molto più spettinati del solito. Non erano acconciati rigidamente, come al solito. Le guance erano sempre pallide, ma si vedeva che non erano più quelle di un bambino, ma di un ragazzo. Era magro come sempre, ma muscoloso e ben proporzionato.

Si vergogno del suo corpo in quel momento. Lei non era cambiata affatto. Era sempre uguale. Le sue forme ancora acerbe ed infantili la facevano sentire ancora piccola. E la sua statura non era cambiata di molto, al più si era alzata di un paio di centimetri. Quando l'aveva stretto al petto, prima, si era accorta di non arrivare neanche alle sue spalle con la cima della propria testa. E lui l'aveva chiamata scricciolo.

D'un tratto si sentì triste, come non era da giorni ormai. Era stata così bene durante quelle settimane di vacanza, che quel sentimento, per una volta, la colse impreparata. Vide Narcissa osservarla con una strana espressione sul viso e decise di tornare a guardare la partita, senza in realtà vederla.

*

Dopo la vittoria dell'Irlanda erano tornati nelle proprie tende ed i festeggiamenti erano duranti a lungo, almeno sino a quando il signor Weasley non li aveva obbligati tutti ad andare a letto.

Morgana non era riuscita a chiudere occhio, pertanto avvertì immediatamente il mutamento. Le voci, prima allegre e gioiose, d'un tratto parvero spaventate e strozzate. Le grida erano sempre più forti. La ragazza ci mese pochi secondi a svegliare le compagne e ad indossare un maglione sulla camicia da notte leggera che indossava.

Senza pensarci uscirono dalla tenda, dove incontrarono i ragazzi ed il signor Weasley. L'uomo, dopo una breve spiegazione li spinse a dirigersi verso i boschi ed a scappare, raccomandandosi di restare tutti uniti. Camminarono a lungo, sin nel profondo della foresta, in un gruppo compatto, almeno sino a quando non si trovarono in mezzo ad un gruppo, piuttosto ampio, di bulgari, che anch'essi si dirigevano verso la protezione che il folto degli alberi offriva loro.

A causa di una frazione di secondo si trovò da sola, isolata dal resto del gruppo. L'ansia che pervadeva quei luoghi era palpabile e ben presto avvolse l'intero essere della ragazza. Non era mai stata timorosa e pavida, si era sempre vantata di non temere in modo eccessivo il mondo circostanza, ma quella notte sperimentò sulla sua pelle il significato della parola terrore. Per qualche secondo rimase paralizzata in mezzo al folto degli alberi.

Nei dintorni non riusciva a scorgere nessuno, né di amico, né di nemico. In sottofondo le urla provenienti dall'accampamento erano ancora forti e le risa di scherno degli aguzzini sempre più vicine. Non riusciva a distinguere le parole pronunciate da quegli uomini, ma ebbe la sensazione che si trattasse di una nenia oscura.

Si accovaccio di fianco ad una quercia, nella speranza di confondersi con le ombre del bosco e nella speranza di svegliarsi da quello che, in quel momento sembrava solo un terribile incubo. Era da sola, in un luogo in cui non conosceva nessuno, aveva perso la cognizione dello spazio e del tempo. Non sapeva dove si trovasse la sua famiglia e riusciva a pensare solo che in quel momento si stava comportando come una vigliacca.

Non si rese neanche conto di aver freddo, finché non avvertì il lieve fruscio di un mantello che veniva poggiato sulle sue gambe, per coprirle dall'aria frizzante della notte. Alzò gli occhi, giusto il tempo di capire chi le avesse fatto quella gentilezza e scorse due iridi di un caldo nocciola. Il ragazzo si sedette di fianco a lei e le mise un braccio intorno al corpo, un po' per scaldarla, un po' per rassicurarla.

La bambina (perché di quello si trattava in quel momento), scoppiò a piangergli sulla spalla. I singhiozzi rimbombavano nella foresta, ma nessun essere, né umano, né animale, parve accorgersene. Come se il tempo si fosse fermato, attorno a loro, i due rimasero accoccolati l'uno all'altra, nel vano tentativo di rendere quella serata un po' migliore.

Non seppe neanche per quanto tempo rimasero fermi in quella posizione, mentre lei tentava inutilmente di calmare le lacrime e di tranquillizzarsi. Sentiva così freddo che, ormai, non poteva più essere fuori, ma doveva venire dall'interno del suo corpo. Era un gelo che ghiacciava l'anima. Il terrore provato poco prima si era solo affievolito, mentre anche i rumori circostanti sembravano sempre più blandi ed ovattati.

Non si rese conto di essersi mossa, sinché non fu troppo tardi. Non seppe perché né cosa l'avesse spinta a farlo. Un attimo prima avvertiva la mano di lui che le accarezzava dolcemente i capelli, un secondo dopo l'unica cosa che sentiva erano le labbra calde del ragazzo contro le sue. I suoi occhi erano serrati, nel vano tentativo di racchiudere i ricordi delle ultime ore in un angolo buio della sua mente.

I suoi pensieri si concentrarono su quella sensazione. Era stata lei a muoversi. Lo sapeva. Aveva congiunto lei la sua bocca con quello di lui. Ed allora perché sembrava tutto così sbagliato? Perché non riusciva a sentire il calore di quelle labbra? Perché non poteva bearsi di quel gesto per molti così familiare?

Aveva tredici anni e stava baciando un ragazzo per la prima volta. Ed allora perché le sembrava di aver appena commesso l'errore più grande della sua vita così giovane?

Sentì le braccia di lui allontanarla e si costrinse ad aprire gli occhi. Non voleva che lui la ricordasse come una vigliacca. Lo fissò nello sguardo di cioccolato che la osservava spaesato. E gli fu grata. Gli fu grata perché lui non disse nulla. Non l'accusò. Non fece domande. Si limitò ad alzarsi in piedi, prenderla per mano e ricondurla sul sentiero che l'avrebbe portata verso la tenda che aveva diviso con Ginevra ed Hermione.

Non le disse una parola, sin quando non fu il momento dei saluti. Ed a quel punto, l'unica cosa che uscì dalle sue labbra fu un flebile “questa sera non è accaduto proprio nulla”, a cui Morgana non rispose.

Non ricordò come giunse alla tenda. Non ricordò nulla dei giorni seguenti. Nei mesi seguenti avrebbe ricordato solo le labbra calde di lui, che sembravano così sbagliate contro le sue.


 

***



Oggi è il compleanno di Draco (sicuramente uno dei miei personaggi preferiti), perciò non potevo non regalarvi un capitolo nuovo. Mi sono impegnata molto per finirlo entro questa sera, pertanto spero che lo apprezzerete e che commenterete numerosi. Sono curiosa di sapere cosa pensate... soprattutto della parte finale. 

 

   
 
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