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Autore: Mary P_Stark    07/06/2017    2 recensioni
1827. Andrew Spencer, erede del titolo degli Harford, parte per il Grand Tour europeo assieme ai suoi migliori amici, Keath e Leonard. Il viaggio ha sì lo scopo di fare nuove scoperte e conoscenze - come effettivamente avverrà - ma serve ad Andrew come via di fuga dal suo annoso, terribile problema. Il suo cuore sanguina per una donna che pensa di non poter avere.
Violet Phillips, al tempo stesso, è alle prese con un problema non dissimile: la Stagione a Londra, mille potenziali cavalieri e nessuno che realmente colpisca il suo cuore... poiché esso è già impegnato, e dall'uomo per lei più inavvicinabile di tutti.
Potrà il Grand Tour aiutare Andrew a chiarirsi le idee, e trovare il coraggio che ora gli manca per dare voce al suo cuore?
E potrà Lucius Bradbury, cugino di Alexander Chadwick, aiutare Violet nella riscoperta di se stessa e di una forza che non crede di avere? - SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'" e "SOTTO IL VELO DELLA NOTTE"
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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2.

 
Nei pressi di Calais – 7 Luglio 1827

 
Il clipper Invictus, su cui Andrew e amici si erano imbarcati la mattina precedente, aveva fatto scalo in diversi porti, prima di puntare verso Calais e la Francia.

Andrew, Keath e Leonard avevano avuto tutto il tempo per godersi il viaggio, il bel tempo, il profumo del mare e la compagnia di altri giovani presenti sul veliero.

Non erano i soli, infatti, a partire in quel periodo per un Grand Tour dell’Europa, anche se le destinazioni erano parse fin da subito molto differenti.

La meta più gettonata era la spumeggiante Parigi, con i suoi salotti ricchi di artisti e politici di ogni estrazione sociale e ideologica.

Lì, molti si sarebbero fermati anche più di un mese, invece di proseguire per Digione e Marsiglia come era già stato pianificato da diversi altri gentiluomini.

Altri ancora, avrebbero puntato a Sud, verso la bella Italia e la sua millenaria storia, visitando Roma, Napoli e la Sicilia.

Per chi, come loro, aveva a disposizione un pacchetto finanziario piuttosto cospicuo cui attingere, lo sguardo si sarebbe infine puntato sulla Grecia, e Atene, la culla stessa della civiltà.

Per quando fossero scesi dalla nave, il gruppo di Andrew si sarebbe accodato a un altro simpatico trio di giovani imbarcatisi a Edimburgo, anche loro diretti a Parigi.

Eli, Patrick e Solomon si erano dimostrati tre giovani dalle menti interessanti quanto brillanti, e sarebbe stato un piacere scambiare quattro chiacchiere con persone nuove.

Andrew, per lo meno, la pensò così quando discese dal clipper assieme alle sue valige e ai suoi inseparabili amici.

Contrariamente a quanto aveva temuto, il rollio della nave non gli aveva causato problemi.

Fino a quel momento, aveva viaggiato per mare solo sul clipper dei Phillips, ma non avevano mai affrontato mari agitati o correnti violente.

Oltrepassare la Manica, invece, era stata un’esperienza davvero unica e, nonostante tutto, aveva saputo affrontarla senza problemi.

Leonard, invece, dovette essere sorretto da Keath, per scendere, e neppure lui brillava per equilibrio, o stato di forma.

Le acque del Canale della Manica, assai più agitate del Mare del Nord, avevano infine fatto le loro vittime sacrificali.

Quando toccarono terra, Leonard si lasciò andare a un ben poco lusinghiero ‘Dio, ti ringrazio, quella bagnarola non è affondata’, cui Andrew rispose con un sorriso.

“Il fatto che rollasse, non vuol dire che fosse una bagnarola, Leo” sottolineò il giovane Spencer, dandogli una pacca sulla spalla.

Leonard lo fissò malissimo, verde in volto al pari di una zucchina e, senza avere la forza di replicare, corse verso il bordo del molo e diede di stomaco.

Keath lo seguì dopo un attimo.

I tre scozzesi, invece, risero di gusto, del tutto tranquilli e pacifici e, nel lanciare un’occhiata al sorridente Andrew, dichiararono: “Tu sei di altra pasta.”

“Devo aver preso qualcosa da mio zio. Era un eccellente navigatore, e combatté a Trafalgar” spiegò loro Andrew, con un mezzo sorriso.

“Oh, un eroe della patria, allora. Niente meno!” esalò Eli, annuendo compiaciuto. “Come figlio unico, mio padre non partecipò alla guerra, ma il padre di Solomon, qui, servì sulla Glory, l’ammiraglia di lord Nelson.”

“Un vero onore. Mio padre combatté a sua volta a Trafalgar, e mi disse che fu una battaglia orribile, durata ore e ore, con innumerevoli perdite su ambo i fronti. Fu lì che perdemmo mio zio” spiegò loro Andrew, controllando che i suoi due amici non ci stessero lasciando le penne.

Non del tutto, a ben vedere, ma avrebbero dovuto fare tappa in un bar, prima di ogni altra cosa, per farli rifocillare e riprendere da quella prima parte di viaggio.

“Mio padre aiutò il cerusico a curare lord Nelson, …sapeva un po’ di medicina per averla studiata in Italia, ma non vi fu nulla da fare. Perdemmo un grande condottiero, quel giorno” assentì Solomon, con tono orgoglioso.

“Come stiamo rischiando di perdere quei due?” ironizzò Patrick, ghignando divertito.

“Forse, per stavolta, si salveranno” celiò Andrew, accucciandosi accanto a Keath per domandargli: “Ehi! Non sapevo avessi mangiato così tanto!”

“Piantala, idiota” bofonchiò il giovane, risollevandosi e guardandolo con espressione torva. I suoi occhi erano iniettati di sangue e il viso era pallido, quasi cereo.

La folta chioma bionda, che portava quasi sempre legata in un codino, ora era sparsa attorno al suo viso piacente come una corona di paglia, rendendolo ancor più ridicolo.

Per lo meno, comunque, non rimetteva più.

Leonard, invece, andò avanti ancora un minuto buono, prima di rotolare su se stesso e stendersi sulla roccia dura e fredda del molo.

Un’autentica rarità, vista la mania dell’ordine e della pulizia del giovane.

Lo sguardo puntato sul cielo, riuscì infine a gracchiare: “Cavallo. Il mio regno per un cavallo. O una carrozza. Qualsiasi cosa, basta che non navighi sull’acqua.”

“Sta bene” dichiarò a quel punto Andrew, allungando una mano all’amico per aiutarlo a risollevarsi.

Eli, allora, prese in mano le redini della situazione e, poggiando le mani sui fianchi, dichiarò: “Molto bene. Voi dirigetevi pure verso la prima bettola disponibile per bervi un po’ di birra scadente e mangiare del cibo pessimo. E’ il sistema migliore per far passare il mal di mare. Io, nel frattempo, prenoterò un posto sulla diligenza di domani, diretta a Parigi.”

“Vengo con te. Keath, pensi tu a Leonard?”

“Non farò un passo di più, senza aver rimesso in sesto lo stomaco, perciò sì, vai pure e aiuta Eli a trovare una diligenza per tutti noi” assentì il giovane biondo, legandosi nuovamente i capelli in una coda di cavallo. “Dio! Che razza di inizio!”

Andrew sorrise divertito alla coppia di amici e, dopo aver lasciato i bagagli ai compagni di viaggio, con la raccomandazione di non giocare d’azzardo, si accodò a Eli.

L’alto e fulvo scozzese gli ricordava molto il padre di Alexander, con quelle spalle ampie e la pelle chiarissima.

Differiva unicamente per i capelli che, per Eli, erano di un rosso carminio dai riflessi dorati, in quel momento tagliati assai corti.

Un autentico guerriero celtico, fatto e finito.

“Sei sicuro che i tuoi amici reggeranno un intero Grand Tour? Andare in Grecia presuppone prendere un’altra nave. Così come per la Sicilia.”

“Per quel momento, si saranno dimenticati dei patimenti subiti, e non ci penseranno proprio” si limitò a dire Andrew, guardandosi intorno con espressione curiosa.

Era la prima volta in assoluto che si trovava realmente lontano dalla famiglia, oltre che dalla patria natia.

Per quanto sapesse di non avere problemi a livello economico – suo padre aveva inviato diverse lettere di credito in altrettanti istituti bancari, sparsi per mezza Europa – l’idea di dover fare tutto da solo lo mise in ansia.

Così come lo galvanizzò al tempo stesso.

Finalmente, avrebbe potuto dimostrare di essere veramente un uomo, e non soltanto l’erede di Christofer e Kathleen Spencer.

Per quanto gli piacesse quel titolo, voleva anche dichiarare al mondo la propria indipendenza, il proprio impegno nel voler diventare una persona di valore.

“Ho preferito muovermi subito perché, per domani, le diligenze saranno tutte impegnate, ed è meglio prenotarne una per tempo. Molti ragazzi si avventureranno qua e là, curiosi di scoprire come sono i postriboli francesi…” ammiccò Eli, facendo sorridere Andrew. “… ma a me non interessa. Meglio puntare a Parigi e ai suoi salotti, invece di rischiare di prendere qualche malattia venerea nel frattempo.”

“Sagge parole. Se non contiamo Keath, che ha intenzione di divertirsi un po’, io e Leonard siamo più interessati all’aspetto culturale e artistico, che ad altro” ironizzò Andrew, facendo ridere Eli.

“L’unico che mi preoccupa della mia combriccola è Patrick, perché lui vuole sperimentare tutto… e con tutto, intendo dire tutto. Ma, se ci impegneremo a tenerlo fuori dai guai, direi che conto di poterlo riportare da sua madre senza arti mancanti, o una moglie al seguito” sospirò Eli, scuotendo il capo per l’esasperazione.

Sgranando leggermente gli occhi, Andrew esalò: “Oh, beh… conta pure su di noi. Non sia mai che causiamo un dolore a una povera donna.”

“Lady MacTavish ti taglierebbe la gola con uno spadone se ti sentisse ma, quando c’è di mezzo il cucciolo della sua covata, diventa un pan di Spagna” ironizzò Eli.

“Donna determinata, mi par di capire. Ci sono abituato” dichiarò Andrew con un gran sorriso.

“Oh, ma come… i nobili del sud hanno dunque nerbo?” celiò Eli, sorridendo divertito.

Andrew rise, assentendo, e asserì: “Vorrei tu conoscessi mia madre e mia sorella. Sulle prime, potresti pensare che due donne così eleganti e leggiadre non possono che essere anche delicate e deboli… ma sbaglieresti. E di grosso.”

“Ora mi incuriosisci… spiegami, e colpiscimi” sorrise interessato Eli.

Così, Andrew gli narrò le gesta della sorella, e di come lei e il suo attuale marito salvarono più di trenta bambini da dei trafficanti di schiavi.

Eli rimase così colpito che, con un gran sorriso ammirato, dichiarò: “Solo per questo, avrei potuto decidere di sposare io, tua sorella, se non fosse stata già maritata. E tua madre è la sua ispiratrice?”

Andrew assentì e, durante la loro ricerca di una diligenza libera, gli narrò di sua madre, suo padre e della famiglia che aveva lasciato a York.

Per tutto il tempo, Eli ascoltò avido, intervallando il dire di Andrew con aneddoti della propria famiglia e, quando finalmente furono di ritorno dal loro giro, lo scozzese esalò: “Dovrò dire a mio padre che esistono nobili del sud assai interessanti. E lui che pensava che solo in Scozia potessero nascere grandi uomini!”

“Beh, mia sorella è diventata scozzese d’adozione, abitando ad Aberdeen.”

Eli fece tanto d’occhi, a quella notizia, ed esalò: “Quando tornerò, lo dirò a mia sorella. Lei abita nei pressi di Aberdeen, e si è appena sposata. Giusto tre mesi fa, dopo un fidanzamento a mio parere eterno ma, comunque, la sostanza è questa. Pensi potrebbe farle piacere conoscerla?”

“Le scriverò domani, accennandole la cosa. Magari si conoscono già, e noi non lo sappiamo” scrollò le spalle Andrew. “Il suo nome?”

“Shemain MacLaurie Donington. E’ la moglie di lord Floyd Donington” gli spiegò Eli. “Le scriverò a mia volta, così avranno vicendevolmente un motivo per cercarsi, caso mai capitasse l’occasione.”

Con quella prospettiva, Andrew e Eli si misero quindi alla ricerca dei loro amici, trovando Solomon sulla porta di un locale, La Belle Mer, intento a sgranocchiare un frutto.

Quando li vide, fece loro segno e, non appena furono appresso a lui, Solomon disse: “Bene. Eccovi. Leonard si sta esibendo in un autentico panegirico sui cavalli, a discapito dell’uso delle navi. Ci sono i marinai che non sanno più come fare per non ridere.”

Andrew scoppiò in una gaia risata, a quella notizia, ed Eli gracchiò: “E’ normale, per lui?”

“Chiacchierare per quattro? Sì. Specialmente quando non sta bene” assentì Andrew. “Andiamo a salvare quei poveri marinai, è meglio.”
 
***

 
Parigi – 27 Luglio 1827                     Cara Lizzie,
spero che tu e la tua famiglia stiate bene. Parigi è veramente
stupenda così come tutti dicono e, finora, ho incontrato persone
assai interessanti e sorprendenti. La città offre spunti davvero
incantevoli su cui discorrere, e la politica è così attiva, qui, che
si fanno le ore piccole senza accorgersene. Abbiamo incontrato
un gruppo di tre ragazzi scozzesi, a cui ci siamo aggregati e con
cui formiamo un sestetto assai affiatato. Se continuerà così,
penso che andremo insieme anche in Italia e in Grecia e, forse,
intraprenderemo il viaggio di ritorno direttamente da Atene,
prendendo lì un veliero che ci riporti a Calais. Di sicuro, questo
non lo diremo a Keath e Leonard, che hanno sofferto moltissimo
il viaggio di andata. Avresti dovuto vedere le loro reazioni, quando
siamo scesi sul molo a Calais. Pensavo li avrei persi prima ancora
di cominciare realmente il viaggio. Di sicuro, Violet avrebbe riso in
segreto di loro, visto il suo amore per la marineria. Lei, invero, avrebbe
potuto navigare per mesi senza risentirne, non come quei due, e guidare
di suo pugno il clipper, a dire il vero, se non ricordo male la sua bravura.
Tornando ai nostri tre nuovi amici scozzesi, volevo proporti una nuova conoscenza,
se non è già nel tuo carnet. Si tratta di lady Shemain Donington, moglie di lord Floyd Donington. E’ la sorella maggiore di Eli, e anche lei vive nei pressi di Aberdeen.
Sarebbe carino, se faceste amicizia come abbiamo fatto io ed Eli. Da quel poco che mi
ha spiegato,  i vostri due caratteri dovrebbero essere complementari, perciò non
 ti sto mandando tra le fauci di una donna che non troveresti interessante. Salutami
mio cognato e dai un bacio a Rose.                            Tuo Andrew
P.s. ti ho comprato della composta di rose. Sono sicuro che non l’hai
mai assaggiata, ma posso dirti che è molto buona.
 
Reclinando la lettera sulle gambe, Lizzie sorrise a Shemain e dichiarò: “Beh, direi che abbiamo battuto sul tempo i nostri fratelli. Però, sono contenta che si siano incontrati e abbiano fatto amicizia.”

“Che dici? Dovremmo tenerli all’oscuro del fatto che già ci conosciamo? O sarebbe davvero crudele, da parte nostra?” ironizzò Shemain, sorridendo divertita al marito, che stava scrutando il giardino assieme ad Alexander.

“Due menti femminili contro due maschili? Cielo! Quei poveretti non hanno scampo. La loro vacanza sarà rovinata dalle vostre chiacchiere vanesie!” celiò Floyd, vecchio amico di Alexander e, tra le altre cose, suo ex compagno di Eton.

“Oh, caro, non esagerare. Io voglio bene a Eli, e non vorrei mai vederlo infelice. Diremo che, grazie ai loro buoni uffici, abbiamo trovato l’una nell’altra un’ottima amica, così si sentiranno compiaciuti delle loro astute manovre, e noi li avremo resi felici senza aver combinato guai, per una volta” dichiarò Shemain, passandosi leziosa una mano tra i riccioli ramati.

“Avrai guadagnato un’arma in tuo possesso, che potrai usare contro tuo fratello alla prima occasione, ricordandogli che ti ha fornito un’informazione che avevi già, e che quindi tu eri riuscita, per l’ennesima volta, a fare una cosa senza il suo aiuto e prima di lui” sottolineò serafico Floyd, sogghignando all’indirizzo della moglie, che arrossì.

“Come puoi pensare questo di me, Floyd?” esalò la donna, fingendosi sconvolta.

“Perché ti conosco, donna, e so come ragioni. Per questo, ho impiegato tanto a sposarti. Volevo essere sicuro del guaio in cui stavo andando a cacciarmi” le sorrise lui, strizzando l’occhio per addolcire il piccolo rimbrotto.

Shemain scrollò le spalle, infischiandosene delle parole del marito e, rivolta a Lizzie, disse: “Faremo così, allora. Facciamo loro credere che, senza il loro prezioso aiuto, due nobildonne come noi non avrebbero mai potuto incontrarsi, in una cittadina piccola come Aberdeen.”

Elizabeth rise divertita e Alexander, sospirando, esalò: “Già tremo, quando tua moglie avrà un figlio. Cosa potranno insegnare ai nostri pargoli, una volta messe insieme?”

Floyd si passo una mano tra le onde castano dorate, fissò le due donne cicaleggianti e, impallidendo leggermente, gracchiò: “Non farmici pensare, Alexander. Per favore…”
 
***
 
Passeggiando per il salotto degli Spencer a Grosvenor Square, mentre leggeva la lunga lettera di Andrew, Violet sorrideva ogni tanto ai genitori e ai loro ospiti, mentre Max sistemava la scacchiera sul tavolo.

“A quanto pare, sembra si stiano divertendo molto…” commentò la ragazza a metà della lettura, mentre Myriam serviva della limonata al marito. “… qui, dice che Leonard ha acquistato una balalaica in un mercato rionale di Parigi, e sta prendendo ripetizioni da un musicista russo.”

“Oh, cielo! E perché mai?” esalò Kathleen, sorridendo divertita.

“A quanto pare, in uno dei tanti salotti di Parigi che stanno visitando in queste settimane, hanno assistito a un’esibizione di mirabile pregio, e Leonard è rimasto ammaliato da quello strumento” riferì Violet, scorrendo le tre pagine della lettera di Andrew.

“Il padre di Leonard, di questo passo, dovrà ingrandire il palazzo. La loro sala della musica non ha già eguali in tutta Inghilterra” ironizzò Anthony, sorseggiando la limonata.

Violet assentì, sorridendo.

“In effetti, padre, credo proprio che neppure le orchestre che si esibiscono di fronte al re, siano così fornite.”

“Dice altro, il nostro esploratore di salotti d’élite?” sorrise Christofer, ponendosi dinanzi a Max per la loro consueta partita di scacchi.

“Oh, sì. Ci annuncia che, per metà agosto, si dirigeranno a Marsiglia, e lì rimarranno per un paio di settimane, poi punteranno verso il Regno di Sardegna, soggiornando qualche giorno a Torino. In seguito, punteranno a Firenze e, infine, a Roma, nello Stato Pontificio” elencò la ragazza, poggiandosi contro il davanzale della finestra.

“Sono poi decisi ad andare anche in Grecia?” si informò Max, muovendo un pedone.

“Non lo dice. Penso che aspetteranno di vedere come si evolveranno le cose” scosse il capo Violet, sospirando. “In fondo, li invidio. Piacerebbe anche a me fare un viaggio. Mi manca andar per mare.”

“Possiamo organizzarci. Vuoi invitare qualcuno in particolare, così da fare il viaggio in compagnia?” si informò Anthony, con apparente casualità.

Violet, però, non ci cascò affatto e, serafica, replicò: “Nessuno, padre. Perché, semplicemente, non prendiamo la goletta che teniamo alla fonda a Gravesend e risaliamo la costa a est, affrontando il Mare del Nord?”

“Non sarebbe una cattiva idea. Potremmo raggiungere Aberdeen, così andremo a trovare Lizzie, Rose e Alexander.”

Poi, addolcendo lo sguardo nel rivolgersi alla figlia maggiore, aggiunse: “Tanto, mi pare di capire che, neppure quest’anno, dovrò irritarmi dinanzi a un giovane che chieda la tua mano. O sbaglio?”

“Non è errato, padre. Scusa” ammise la ragazza, scrutando pensierosa la lettera di Andrew. “Penso, comunque, che sarebbe più giusto attendere la fine delle sessioni in Parlamento, così che tu e Christofer non vi perdiate niente.”

Harford mosse uno dei suoi pedoni prima di volgersi a mezzo, sorridere alla ragazza e replicare: “Fuggirei da Londra oggi stesso, pur di evitarmi un’altra sessione in Parlamento, con il gruppo Tory che strepita in coro come un’aquila spennata. Lord Canning ha più stomaco di me, nel sopportare la sua stessa coalizione.”

“Da quando Lord Liverpool ha dovuto cedere lo scettro del comando al suo braccio destro, i Tories sono divisi in due, e fanno a gara a chi urla di più” sospirò Anthony, assentendo con tono livido.

“Quel poveretto ci rimetterà la salute, di questo passo. Farà la stessa fine di Liverpool, che si è ammalato di governite acuta” ironizzò Max, fissando torvo la scacchiera.

“Non hai tutti i torti, ragazzo. La paralisi di lord Liverpool può essere stata causata tranquillamente dalle troppe irritazioni, così come dai troppi stati d’ansia cui è stato sottoposto in questi anni” assentì Anthony, levandosi in piedi per meglio osservare la partita.

Prendendo il posto del padre accanto alla madre, Violet riprese la lettura e disse: “Andrew dice che prevede di portarci da Firenze molti gioielli dell’oreficeria italiana. Pensi ci riuscirà, o finiranno prima i soldi?”

Myriam sorrise divertita alla figlia, e replicò: “Non saprei. I giovani sanno essere così indisciplinati, quando vogliono.”

“A cosa alludi, mia cara?” ironizzò Anthony, lanciandole uno sguardo da sopra la spalla.

“Oh, nulla, nulla” sorrise per contro la donna, ammiccando maliziosa al marito. Kathleen e Violet si scambiarono un’occhiata complice e Myriam, presagendo future domande, si levò in piedi e, guardate figlia e amica, disse: “Andiamo a vedere se quelle pesti dei miei figli minori hanno esasperato a sufficienza Mr Thomasson. Credo che due ore di tempo siano sufficienti, da passare in cucina a preparare dolci.”

“Credo di sì” assentì Kathleen, seguendo Myriam e Violet fuori dal salottino.

Rimasti soli, gli uomini rimasero in silenzio solo per mezzo minuto, finché Max non levò lo sguardo a fissare Anthony, e chiedere: “Cosa intendeva dire, prima, Myriam?”

“Se ho capito la sua occhiata, si riferisce a quando Violet è stata concepita. Diciamo che avevo un po’ fretta di rivederla, quel giorno, dopo tanti mesi passati per mare a cercare la mia ex moglie” sorrise divertito Anthony, facendo ridere sia Max che Christofer.

“Povera Myriam! L’hai sopraffatta?” esalò Harford, facendo tanto d’occhi.

“Peggio. Piombai a casa dei Barnes, la sollevai tra le braccia e la portai direttamente in camera sua, da vero bifolco quale ero in quel momento. Il fatto che non fossimo sposati, all’epoca, non mi turbò minimamente. Nemmeno a lei, per la verità, ma tant’è. Non fui affatto un gentiluomo, quel giorno” ammise Anthony, arrossendo leggermente.

“Mera formalità. Myriam aveva già detto di sì alla tua proposta” sottolineò Christofer.

“Ugualmente, non avrei dovuto catapultarmi là come un ossesso, in pieno giorno, rapendola praticamente sotto gli occhi di sua suocera. Temo di aver sconvolto a morte Georgiana, quel giorno” asserì per contro Anthony, facendo ridere Max.

“La nonna, probabilmente, ti avrà guardato come se tu fossi stato un drago, o qualcosa del genere.”

“Onestamente, non lo ricordo ma, per giorni, faticò a guardarmi senza arrossire e ridere” dichiarò Anthony, ridendo a sua volta.

“Dopo tutto quello che ha passato, vedere un uomo spinto dall’amore, e non dall’odio, deve essere stata una bella novità, per lei” gli rammentò Christofer, sorridendo benevolo.

“Anche questo è vero. Di buono c’è da dire che ci sposammo dopo un mese, e Violet nacque con tempistiche non troppo sospette, evitando così uno scandalo bello e buono” chiosò Thornton, scrollando le spalle. “Christofer, ti sei accorto che tuo figlio ti sta stracciando?”

“Ho notato, ho notato” assentì torvo Harford, massaggiandosi pensoso il mento.

Max si limitò a sogghignare, mormorando soltanto: “Tutta classe.”








Note: Andrew è partito con i suoi amici e, a sorpresa, ha incontrato un gruppetto di scozzesi con cui condividere l'avventura del viaggio in Europa. A quanto pare, uno dei ragazzi è anche il fratello di una delle nuove amiche di Lizzie e, entrambe, sembrano trovare divertente l'interessamento dei rispettivi fratelli perché si conoscano reciprocamente.
Nel frattempo, Violet sembra divertita - e anche un po' invidiosa - delle avventure di Andrew e decide di chiedere alla sua famiglia di intraprendere un viaggio verso nord. Che dite? E' solo la noia di Londra, a spingerla a prendere il mare?
E cosa combineranno i nostri sei eroi, visto soprattutto come è stato questo primo tratto di viaggio?

Come sempre, i nomi in grassetto sono di personaggi realmente esistiti.


Il gruppo di ragazzi scozzesi comparirà nel prossimo capitolo. Promesso!


 
  
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