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Autore: Cygnus_X1    09/06/2017    1 recensioni
Un trono usurpato. Una ragazza in cerca di se stessa. Una maledizione mortale.
~~~
Myrindar ha diciassette anni e un marchio nero sul petto. Una maledizione che l'accompagna da sempre, che le dà il potere di uccidere con il solo tocco. Salvata dal Cavaliere Errante Jahrien dai bassifondi di una città sconvolta dalla guerra, Myrindar ha vissuto in pace per cinque anni, dimenticandosi dei conflitti, con una famiglia che l'ha accolta con amore.
Tutto cambia quando nel villaggio dove abita giungono i guerrieri dell'Usurpatore a cercarla. Myrindar è costretta a fuggire, guidata da una misteriosa voce che le parla nei sogni, alla ricerca dell'esercito dei Reami Liberi e dei Cavalieri Erranti. Ma il nemico più pericoloso non è l'Usurpatore, né il suo misterioso braccio destro; è la maledizione che la consuma ogni giorno di più e rischia di sopraffarla.
Tra inganni, tradimenti e segreti del passato, tra creature magiche e luoghi incantati, Myrindar si ritroverà in un gioco molto più vasto di quanto potesse immaginare; perché non è solo una guerra per la libertà, quella che sconvolge i Regni dell'Ovest. Non quando antiche forze muovono le loro pedine sul campo di battaglia.
[High Fantasy]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 26

Il Demone



 

N



on appena Jahrien mise piede nel palazzo di Uthrag, accompagnato dalla sua squadra e dal contingente di Jadaran, realizzò che era stata una pessima idea.
Lo Stratega elfo avanzò nel salone, gli stivali ticchettarono sul marmo lucido del pavimento. La stanza pareva buia e vuota.
«Zerisha Ynahar!» gridò il mago. Il giovane sussultò e deglutì mentre l’eco riverberava e si amplificava tra le pareti e la volta. «Sa mirthé lyn shaillyr thorne
Jahrien prese un respiro profondo per cercare di scacciare l’angoscia. Non capiva così bene l’elfico da sapere cosa lo Stratega avesse intimato con quella sua voce stentorea, ma era certo si trattasse di una minaccia di qualche tipo.
Come faceva Jadaran a non sentire quella soffocante puzza di trappola?
Il Cavaliere si accorse che stava giocherellando con la striscia di cuoio arrotolata attorno all’impugnatura e si costrinse a smettere.
Quando l’eco della frase si spense, tornò il silenzio. Le uniche luci provenivano dalle sfere magiche che i maghi avevano acceso, e Jahrien vide il disappunto e il disprezzo sul volto di Jadaran. Il cristallo al centro del suo diadema si era acceso e tracciava ombre affilate sul suo viso.
Il ragazzo dovette sforzarsi per non andare dall’Elfo e dirgli che dovevano andarsene subito. In fondo, lo Stratega si era offerto volontario per andare a stanare il Sacerdote dei Demoni con i suoi maghi e Jahrien non aveva potuto fare nulla per impedirglielo: era solo un ragazzo, per quanto Cavaliere Errante da quasi cinque anni, e per di più mezzosangue.
Storse appena la bocca. Dopo tutti quegli anni, ancora mal sopportava l’ostinazione degli Elfi nel credersi superiori a chiunque altro al di fuori della loro razza.
Peccato che era proprio quella presunzione ad averlo ficcato nel cuore di una trappola, e ciò che più lo infastidiva era il fatto che Jadaran non l’avrebbe minimamente ascoltato.
Strinse il pugno sull’elsa della spada.
«Mriyaldé rynna jolah!» gridò di nuovo Jadaran, infastidito. «Sa shaillyr thorne har my…»
«Arrivo, arrivo, Elfo» proruppe una voce dal fondo del salone, «smettila di blaterare! Per tutti gli dei, non ricordavo che la vostra lingua fosse così…»
«Fermo dove sei, verme» ringhiò Jadaran. Sia lui che i suoi maghi avevano evocato sfere infuocate attorno a entrambe le mani. «Mostrati!»
«Oh, io sono solo un miserabile umano, signor Elfo» echeggiò di nuovo la voce, questa volta con un tono di scherno. «Non conosco certo trucchetti come quelli
Jadaran sibilò un’imprecazione. Diede un secco ordine e ciascuno dei suoi maghi accese una sfera di luce e la fece librare nell’aria fino alla volta. La luce scivolava su una sala ornata di arazzi e stemmi dipinti a smalti vivaci e appesi alle due pareti, mentre, addossato a quella in fondo c’era un trono di marmo candido intagliato e, su di esso, sedeva un uomo vestito di nero, con un diadema luminoso sulla fronte celato sulle tempie dai lunghi capelli corvini.
«Vedete, sono qui per porgervi i saluti di…»
A un grido improvviso di Jadaran, le sfere infuocate sfrecciarono verso l’uomo seduto sul trono, solo per infrangersi contro una barriera che apparve all’improvviso e poi tornò invisibile.
«Oh, no, non si fa così» disse l’uomo, con il tono di chi rimprovera un bimbo capriccioso. Jadaran sibilò nella sua lingua in risposta. «Io vengo qui, in pace, per portarvi i saluti del mio Re, e voi cercate di uccidermi?» continuò imperterrito quello – Jahrien dedusse che si dovesse trattare di Tyris.
«Pace!» disse sprezzante lo Stratega. «Tu non sai nemmeno cosa sia la pace. Sei una creatura dell’Abisso e là ritornerai, che tu lo voglia o no!»
«Quanto melodramma, Elfo. Non trovi anche tu ironico che vengano a farmi discorsi sulla pace proprio quelli che hanno ucciso i miei uomini e violato la mia casa con la forza?»
Jahrien, d’istinto, fece un passo indietro. La voce di Tyris era cambiata, era divenuta così gelida che un brivido involontario scosse le spalle del giovane.
Il Sacerdote dei Demoni non era pazzo, si fingeva tale. Ciò lo rendeva ancora più pericoloso.
«Zitto, mostro! Non hai diritto di parlare, i tuoi crimini lo fanno già abbastanza. Arrenditi ora e ti concederò una morte rapida.»
«Non ci penso nemmeno» replicò Tyris, con lo stesso tono di ghiaccio. Scese dal trono e avanzò un passo alla volta.
«Allora, nel nome dei miei antenati e del Consiglio, io…»
Jadaran esplose. Schizzi di sangue inondarono Jahrien e chiunque fosse vicino all’Elfo, mentre al posto del suo corpo, sul pavimento, rimase un’enorme chiazza cremisi.
Qualcuno gridò. I maghi contrattaccarono, ma di nuovo i loro incantesimi si rivelarono inefficaci. Jahrien, il respiro corto, si trovò spalle al muro, mentre Tyris continuava ad avanzare.
Una foschia nera aleggiava attorno alla sua figura e vorticava, sempre più intensa. Anche i maghi elfi arretrarono.
Cosa stava facendo?
Sotto i suoi occhi esterrefatti, Tyris cominciò a mutare. Divenne più alto, più massiccio; dalla pelle, sempre più scura ogni attimo che passava, si protesero spuntoni e creste lungo la schiena e sulle braccia. Il volto divenne un ghigno scheletrico, gli occhi si illuminarono di brace.
Un Demone.
Il mostro ruggì, Jahrien seppe che erano perduti.
Esplose la parete a lato della bestia e l’onda d’urto sbalzò il giovane a terra. Quando rialzò lo sguardo, la polvere ammantava la sala e di fronte al Demone stavano due figure, in piedi. Un ragazzo in armatura e una ragazza dai lunghi capelli ricci.
Myrindar.
«No!» Jahrien si rialzò in piedi, il terrore nel cuore. Myrindar e il ragazzo tesero entrambe le mani e una pioggia di saette si abbatté su ciò che un tempo era stato Tyris e lo sbalzò dall’altra parte della sala, contro il trono.
Sconvolto, il giovane capì che il guerriero era Layrath.
«Jahrien!» Myrindar si voltò al suo grido, sfruttando l’istante di distrazione del mostro. Il Cavaliere Errante pensò che non ci fosse creatura più bella di lei, con i capelli invasi di polvere, scie di sangue sul viso e il fuoco negli occhi.
«Prendi i sopravvissuti e vai a cercare Uthrag, non farlo fuggire!» gli disse.
«Ma…»
«Non preoccuparti per noi! Vai!»
Non attese risposta, si voltò di nuovo a fronteggiare la bestia. Jahrien, ancora sconvolto, scattò in piedi.

***
 
L’istante che era trascorso tra le sue parole e il pianto liberatorio di Layrath era stato interminabile. L’aveva visto gettare la spada a terra e afflosciarsi in ginocchio, come privato di colpo delle energie.
L’aveva abbracciato, ma non c’era tempo. Così si erano entrambi alzati e avevano cominciato a correre verso le mura. Il giovane conosceva passaggi segreti che avevano fatto loro arrivare al salone appena in tempo.
Myrindar osservò Jahrien, i suoi e gli Elfi sparire attraverso una porta laterale e riportò l’attenzione sul Demone. Era quella la sua battaglia. Jahrien avrebbe trovato Uthrag e concluso quella battaglia, ma erano lei e Layrath, ora, che dovevano dare loro la possibilità di farlo.
Insieme.
Tyris rise e a Myrindar parve di udire la voce dell’Abisso stesso.
«Ma guarda» disse. «È stato così carino da parte tua portarmi qui l’altra Aleestrya. Finalmente posso sbarazzarmi di entrambi, avete causato ben più problemi di quanto non fosse previsto.»
«Quindi era questo il tuo obiettivo, fin dall’inizio» ringhiò Layrath. «Quante belle promesse che mi avevi fatto, bastardo!»
«Pensavi davvero che potessi tenere vivo uno come te? Una tale minaccia al mio potere? Come hai visto, le magie degli Elfi non possono colpirmi, eppure Aleestrya sì.»
Perché Aleestrya è magia bianca e magia nera fuse insieme.
«Non importa. Ora morirai» disse Layrath. Scagliò una nuova scarica di saette.
Myrindar si concentrò e la magia si avvolse attorno al corpo di Tyris, come aveva fatto con Layrath, poco prima. Sapeva che l’incantesimo non sarebbe durato a lungo, ma era abbastanza perché il Demone gridasse di dolore. I fulmini bianchi di Layrath si infiltrarono sotto i suoi, viola, e scorsero sulla pelle nera del mostro, bruciandolo.
Non era un Demone, capì la giovane. Tyris non aveva acquisito tutti i poteri, la sua trasformazione era incompleta: per quello in due potevano batterlo. Anche se cominciava ad accusare la stanchezza.
«Ora basta!» ruggì, sciogliendo la sua magia. «Siete solo due bambini che giocano con forze più grandi di voi. Io vi ho creati. Vi ho resi ciò che siete, e allo stesso modo posso distruggervi.»
Un’ondata di energia nera esplose da Tyris e si spanse per tutta la sala, verso di loro. Layrath gridò e si parò davanti a Myrindar, tese le mani avvolte dai fulmini e contrastò la magia nemica, dissipandola. Layrath era più forte di lei, lo sapeva.
Myrindar rispose subito con altre saette, ma il fratello non si unì all’attacco. La giovane gli scoccò un’occhiata.
Anche se non si sforzava di darlo a vedere, Layrath era stremato, più di lei. Un velo cupo offuscava i suoi occhi grigi.
«Non possiamo sconfiggerlo così» sussurrò il ragazzo. «Ci sfinirà e ci ucciderà uno alla volta, è troppo forte.»
«Cosa possiamo fare, altrimenti?»
Non rispose. Si portò le mani dietro il collo e slacciò una cordicella. Myrindar impedì al demone di rialzarsi con l’ennesima scarica di fulmini.
«Dobbiamo sovraccaricare il Craidhal» disse Layrath.
«Come… cosa vuoi dire?» chiese la ragazza, confusa.
«La gemma assorbe parte dell’energia di Aleestrya, per questo impedisce al marchio di sopraffarti. Quando è pieno dell’energia nera, devi disperderla alla Sorgente, perché altrimenti non potrà più accumularla.»
Il Demone evocò un fulmine nero, Myrindar si tuffò di lato e rotolò sul pavimento per schivarlo. Frammenti di pietra le si confissero nella pelle sotto i vestiti.
Layrath lanciò uno dei suoi fulmini bianchi.
«Oppure, puoi sovraccaricare il Craidhal e lasciare che sia lui a espellerla. In modo piuttosto violento» aggiunse, guardandola.
La ragazza gli si avvicinò. Lui tese la mano, sul cui palmo luccicava una stella asimmetrica come la sua, ma nera come ossidiana. Myrindar strinse la mano e percepì le punte del cristallo trafiggerle il palmo.
Tesero la mano libera. Una scintilla passò nello sguardo di fuoco di Tyris.
«No!» ruggì. «Non ve lo lascerò fare!»
Per un istante, alla ragazza parve che il tempo si congelasse. Il Demone allungò le mani e da ciascun artiglio apparve un sottile fulmine, del nero più assoluto. I raggi conversero al centro delle mani e poi sfrecciarono verso di loro.
Myrindar strattonò il braccio di Layrath, cercando di portarlo via dalla traiettoria dell’incantesimo, ma lui non fu abbastanza veloce. Il raggio nero attraversò la corazza, la carne e poi di nuovo il metallo come se non esistessero e trafisse il ragazzo all’altezza del cuore.
«No!» gridò lei. La mano del fratello perse forza e abbandonò la sua. Il suo corpo cadde a terra, gli occhi spalancati e stupiti, fissi sul soffitto.
Myrindar barcollò. Chiuse gli occhi per un istante, mentre montavano le lacrime, come se questo rendesse ciò che era appena successo meno reale. Era un incubo, si disse la ragazza, e presto si sarebbe svegliata.
Strinse il Craidhal di suo fratello nel pugno con tutte le sue forze, fino a tagliarsi il palmo, fino a sentire il dolore farsi pungente.
Non era un incubo e doveva combattere.
Doveva sconfiggere Tyris. Era rimasta l’unica, ora.
Sollevò lo sguardo sul Demone. Era provato, lo percepiva nelle bruciature profonde sulla sua pelle, nel suo respiro spezzato, nella foschia nera che si sollevava dal suo corpo e svaniva, come se Tyris non avesse più le energie necessarie per restare in quella forma. Myrindar si erse in tutta la sua misera altezza e fronteggiò la bestia.
Sapeva di poter vincere.
Non aspettò che attaccasse: sentiva l’energia del gioiello tra le sue mani, oscillante e sempre più instabile. Mancava poco.
Tyris trovò la forza per schernirla e rise di lei. «Stupida mocciosa» sputò, ansante.
«Io sono Myrindar» rispose lei. «Combattente dell’Esercito Libero, Aleestrya, figlia di Mearth e Alya di Tadun, e ti sconfiggerò questa notte.»
«Sei uguale a tuo padre» sputò la bestia, e la sua schiena crestata fu scossa da un attacco di tosse. «Il tuo vero padre. Tutta compresa nel tuo ruolo di eroina. E morirai come lui, come un’illusa.»
Myrindar sussultò.
«Già. Valair della dinastia Tarkas, re di Dokhet. Mio fratello.»
La ragazza spalancò gli occhi, sconvolta. Suo padre. Quindi avevano ragione Jahrien e Keeryahel: lei e Layrath erano i Gemelli della Luna.
«Tu… ci hai usati. Siamo i figli di tuo fratello, per gli dei!» Myrindar era fuori di sé.
«Valair ha avuto ciò che si meritava. E ora tocca a te, principessa Myrindar» rise Tyris.
La giovane, però, non si fece ingannare. Il Demone era stremato e stava solo tentando di impressionarla: era finita.
Scagliò le sue saette, Tyris parò con gli artigli, ma il Craidhal, all’improvviso, si fece incandescente. Myrindar gridò e lo scagliò contro il mostro.
Lo sentì urlare. Una luce esplose accecante per un unico attimo, poi scemò fino a svanire e, nel silenzio, Myrindar rimase sola.
Tyris, Sacerdote dei Demoni, fratello rinnegato di suo padre, si era dissolto come se non fosse mai esistito.







 
******* Famigerato Angolino Buio *******
Non so esattamente quando ho preso questo brutto vizio di far esplodere i personaggi, ma negli ultimi tempi sta succedendo fin troppo spesso. Dovrò prestarci più attenzione.
Allora, a parte gli inconvenienti di elfi che esplodono, devo ammettere che questo è stato il capitolo più difficile da scrivere da almeno qualche mese a questa parte. "Duello contro Tyris" è scritto, proprio così, nel mio schemino da un pezzo; nel frattempo me lo sono visualizzato in testa in un sacco di modi diversi, e lo stesso è stato faticosissimo da tradurre in parole. Dovevo far stare in un capitolo tutto, l'intera storia, in un certo senso: il cambiamento di Myrindar, che ha trovato se stessa, da ragazzina sperduta a guerriera; la lotta epica tra Bene e Male, insieme alle sfumature che non rendono i confini così netti; un cattivo che era rimasto nell'ombra per venti e passa capitoli, ora finalmente appare e gli devo rendere in qualche modo giustizia; redenzione e condanna e mille altre cose che per un motivo o per l'altro sono entrate a far parte di questi personaggi... è la prima volta che mi succede, per quanto abbia già scritto degli "ultimi capitoli" in passato.
E boh, sono di nuovo partita per la tangente con il momento sentimentalume, ma suppongo non mi si possa biasimare - spero!
Vabbè, io per ora vi saluto, ci si sente venerdì prossimo per l'epilogo! ^^
   
 
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