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Autore: Redferne    13/06/2017    12 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 31

 

 

 

 

MAGGIE (SECONDA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si era già calmato non appena aveva messo piede fuori dalla stazione di polizia.

E aveva già le idee piuttosto chiare sul da farsi. La breve passeggiata fino al Sunken Hope Saloon aveva fatto il resto, a riguardo.

Nick stazionò per qualche istante di fronte all’ingresso del locale e poi varcò deciso la soglia.

Non appena fu dentro, il vocione strascicato di Tobey lo accolse. Il barista che chiamava tutti quanti AMICO anche se magari era la prima volta in vita sua che vedeva le loro facce.

“...’Sera, amico, che ti do da b...”

Come volevasi dimostrare, per l’appunto.

“Oh, mi scusi...é lei, sceriffo.” si corresse l’attimo successivo. Era intento, come al solito e come ogni sera fintanto che il pub era ancora tranquillo e completamente deserto, a rendere meno lerci i bicchieri, i boccali e le caraffe superstiti. Da che? Ma dalle allegre e chiassose scorribande dei ragazzi di Carrington, ovviamente.

“Lo sanno già tutti a quanto pare, eh?” buttò lì la volpe.

“Beh, sa...le voci corrono sempre tutte quante molto in fretta da queste parti, amic...ehm, no...volevo dire sceriffo. Sa, non ci sono ancora molto abituato. Non ancora del tutto, amico.”

La sua dialettica era di gran lunga peggiorata, rispetto al loro ultimo incontro.

“Prende qualcosa comunque, am...ehm, no...volevo dire, sceriffo?”

“No, grazie. Sarei di servizio. Volevo scambiare due parole con Finnick, piuttosto. E’ nella sua tana, per caso?” Chiese Nick, indicando la scala all’angolo che dava sullo scantinato.

“Ehm...no, amic...mi scusi, volevo dire sceriffo. Era lì fino a un attimo fa. Adesso é andato al suo furgone e non é ancora tornato indietro.” rispose il cavallo.

“Ok, grazie. Lo raggiungo.”

“Faccia pure, am...ehm, volevo dire...”

“Tranquillo, Tobey. Ho capito perfettamente. Non c’é bisogno che tu me lo debba ripetere tutte quante le volte.” lo rassicurò lui. “A proposito: mi potresti dire dove si trova di preciso il suo furgone, per cortesia?”

“Certo, amico.” annui l’altro, muovendo la testa su e giù. “E’ parcheggiato proprio qui, sul didietro del mio locale, sceriffo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tornò in strada. Sbuffava impaziente, mentre costeggiava l’edificio lungo il lato sinistro del suo perimetro. Tornando con il pensiero a Tobey, gli sembrava di aver appena sostenuto una conversazione con un cucciolo di cinque anni parecchio lento nel capire. Per non arrischiarsi a dire tardo di mente, giusto per non voler offendere la categoria. Forse per via del modo in cui gli aveva dovuto scandire le parole e specificare con cura ogni vocabolo.

Non appena giunse sul retro, lo vide.

Eccolo lì. Quanto tempo che era trascorso, dall’ultima volta che ce l’aveva avuto davanti agli occhi.

Unico ed inconfondibile nella sua carrozzeria color arancione, fatta eccezione per la banda marrone scuro che scorreva lungo tutta la parte centrale e per la portiera destra di lamiera non verniciata, riciclata dalla salma di un vecchio modello parecchi anni addietro, presso chissà quale discarica. Ma soprattutto per l’immagine speculare realizzata ad aerografo su entrambe le fiancate.

Erano sempre lì al loro posto, come le calamite e gli adesivi che trovava sul portellone del frigorifero di casa sua ogni volta che vi faceva ritorno al termine della giornata. Erano una certezza, una sicurezza.

I due lupi. Circondati da fulmini e saette azzurrognole e costellazioni purpuree, da un cielo di fuoco rosso e giallo e da una luna grigia, opaca e indifferente alla loro sorte. Un maschio dal manto castano e dal muso chiaro, e una femmina dalla pelliccia bianca come la neve ancora immacolata.

Il berserker e la sua valchiria. Lei, ingioiellata e vestita di una tunica leggera all’ultima moda vichinga. Svenuta, oppure addormentata. Questo lui non lo aveva mai capito né il suo compare glielo aveva mai spiegato. E lui, in armatura a placche e spadone punitivo a tracolla che la teneva tra le braccia, con sguardo fiero ed espressione guardinga, mentre scrutava tutt’intorno a cercar possibili pericoli o nuove imprese, proteggendo al contempo la sua adorata da ogni male e nequizia.

Gli venne da sorridere. Negli ultimi periodi trascorsi a Zootropolis, quando il sentimento nei confronti di Carotina si faceva via via più forte anche se non lo voleva ammettere in alcun modo, gli veniva spesso in mente quell’immagine. Ed immaginava lui nei panni dell’indomito guerriero e Judy in quelli della principessa indifesa. Anche se spesso e volentieri, nella realtà, si verificava l’esatto opposto. Con la sua partner che si accollava senza permesso e senza preavviso la parte muscolare delle varie missioni che affrontavano. E che tra balzi, inseguimenti, arresti, scivolate, botte prese ma soprattutto date trovava anche il tempo di tirarlo fuori dai guai e salvargli immancabilmente la pelliccia.

Chissà...la sua coniglietta preferita era anche parecchio forzuta, a dispetto delle dimensioni minute. Magari ce l’avrebbe fatta, a reggerlo in braccio. E lui in tunica, con le ciglia lunghe ed il giusto filo di trucco, magari non doveva stare nemmeno tanto male.

Fece un giro attorno al veicolo, come a volerlo ispezionare. I portelloni erano entrambi chiusi, ma si udiva un certo fracasso provenire dall’interno. Era di sicuro Finnick che stava rovistando alla ricerca di non si sa bene cosa.

Tornò appresso ad una delle due fiancate e vi mollò sopra un paio di colpi decisi.

“Finn! Ci sei?” Urlò.

“CHI CAPPERO E’?” Rispose un altro urlo scocciato da dentro il furgone. Evidentemente non ci teneva ad essere disturbato, qualunque cosa stesse facendo.

“Finn, apri! Sono io, Nick!!”

Fece ritorno ai due portelloni posteriori ma questi ultimi si spalancarono di botto prima che potesse provvedere lui, e per poco non gli sbatterono sul muso. Nick arretrò di qualche passo, ma non solo per quel motivo.

Dal retro del van fuoriuscì una densa nube biancastra dall’aroma intenso, speziato e pungente. Una musica lenta dal vago sentore latino si diffuse tutt’intorno, accompagnata a braccetto dalla seguente strofa:

 

“WELCOME TO TIJUANA...TEQUILA, SEXO Y MARIJ...”

 

Nick si turò all’istante entrambe le narici con un dito per ciascuna. Se avesse preso anche un solo respiro di quella zaffata acre e maleodorante, avrebbe fatto ritorno al commissariato sulle quattro zampe. E in retromarcia, per giunta. E non sarebbe stato un gran bel vedere.

Poi, un istante dopo, nel bel mezzo della nebbia e della musica a tutto volume fece capolino una figura. Con entrambi i piedi sul bordo del parafango, come una rockstar in procinto di buttarsi sulla folla per poi mancarla clamorosamente e spalmarsi sul cemento lasciandogli in regalo denti e zigomi, Finnick fece il suo trionfale ritorno sulla scena.

Se c’era una cosa che sicuramente non gli si poteva rimproverare era il non saper fare un’entrata ad effetto.

“QUIEN ES?!” Chiese, gridando di nuovo. Aveva gli occhi rossi come due bracieri ardenti e due occhiaie che gli stavano mangiando la faccia fino ai lati del mento.

“Finn! Sono io!” Gli rispose Nick, a debita distanza.

Il fennec strabuzzò gli occhietti.

“What the hell...macchecca...SOCIO?! Ma...ma sei davvero tu? Por todos los diablos...mi sa che non mi dovevo sparare tutti quei tiri no – stop dal mattino presto fino alla sera, per oggi...o magari era mixata male...quando ti ribecco il grande capo gli dico che era buona eccome, la robaccia che m’ha venduto l’ultima volta...”

Non riusciva davvero a crederci, a quanto pare.

“No, Finn...sono proprio io. In carne, ossa e pelliccia. Non stai sognando, e non stai nemmeno avendo un’allucinazione. Almeno é quel che spero...” lo rassicurò la volpe.

“Ma...ma non dovevi menare le tolle all’alba?”

“Già. Ma ci sono stati dei cambiamenti di programma.”

“Vuoi...vuoi dire che…”disse Finnick, con espressione sbalordita.

Nick avrebbe potuto giurare sulla sua testa che le pupille del suo vecchio compagno di truffe si erano come messe a luccicare, anche se per un solo istante. Naah. Impossibile. Uno così era capace di mettersi a fare battute sconce e a ridere da solo persino al funerale di sua sorella. Sempre ammesso che ce ne avesse mai avuta una. E fermo restando che, con ogni probabilità, era stato lui stesso a farla fuori. Probabilmente per questioni di debiti in famiglia non pagati o non riscossi, vai a sapere.

“La vuoi sapere la novità, amico mio? RESTO.” gli confidò, con un sorriso. “Mi costruisco anch’io la mia tana da queste parti, almeno per il momento. RIMANGO QUI, CAPITO?”

Il fennec balzò giù dal veicolo, raggiante di gioia.

“JIIIIEEEEEEEEEEEZUS!!” Urlò, ormai al settimo cielo. “Lo sapevo, MILLES TONNERRES! Me lo sentivo, che non poteva finire così! Che non potevi piantare in asso così il tuo vecchio SENPAI! Bentornato in famiglia, Nickybello! YUH - UUUUHHH!!”

Manifestò ulteriormente il suo entusiasmo per la lieta novella con due capriole laterali in ambo i sensi, poggiando entrambi i palmi delle mani terra e facendo una ruota, a cui fece seguire una piroetta all’indietro. Poi si buttò in ginocchio e si prostrò per per tre volte con le braccia stese a terra al cospetto della volpe, sbattendo per tutte e tre le volte la testa sull’asfalto.

“Ahr, ahr! Lo dicevo io che avevo fatto bene, ad accendere tutti quei bei rametti di incenso profumato al KITSUNE DALLE NOVE CODE, il sacro protettore di noi KOMBA!” Aggiunse sghignazzando, mentre una sottile striscia cremisi gli partiva dall’abrasione che si era appena autoprocurato. “E anche tutti i ceri per la NOSTRA SANTA VIRGEN DE GUADALUPE, per non parlare delle candele offerte in voto al NERO SIGNORE DEI CIMITERI! Valevano tutte quante ogni singolo spiccio, sissignore!!”

La striscia rossa, nel frattempo, aveva continuato a sgorgare dalla fronte e gli si era ormai biforcata all’altezza del muso.

“Figurati che le ho bagnate col mio stesso sangue, oltre che a buttargli sopra il mio RON RESERVA ESPECIAL! Te lo giuro, socio!” Rivelò, mentre mostrava le leggere incisioni all’altezza degli avambracci. “Solo che devo aver esagerato mica male, con la quantità...aveva iniziato a dolerme e a girar el cabézon...uuh, bailava che non ti dico...e allora pensavo di ritirarmi su con un poquito de quello buono...”

“Senza offesa, ma temo che le tre cose che hai elencato siano piuttosto incompatibili, tra loro. Le ultime due, specialmente, le ritengo in palese conflitto d’interessi.” disse Nick, scuotendo la testa.

“A te che in quella zucchina vuota tieni una mente MUY RESTRECHA. Ristretta, socio. Come dico sempre io, nel dubbio PREGA TUTTI. Magari, nel mucchio, qualcosa te la porti a casa.” rispose Finnick.

Poi, qualcosa attirò la sua attenzione.

“Wait, wait, wait...aspetta un secondo. Ma che accidenti é quella patacca che ti hanno appiccicato al petto? Oggi é Carnevale e me lo sono perso, per caso? Oppure é Halloween? Devo controllare il mio calendario più spesso, GODDAMMN’IT!!”

“Significa proprio quello che vedi.” precisò Nick, indicandola.

“Ma...me lo spieghi, il perché? Già non ci credevo, quando ti eri messo in testa di fare il piedipiatti, giù a Zootropolis...dopo tutte le rogne che ti sono capitate ancora non ti é passata la fregola, socio?”

“Sai com’é...alle volte non sei tu a cercare i guai, ma sono loro a cercare te. E, quando ti trovano, non puoi certo deluderli. E comunque piantala di fare il finto tonto e di volermi dare a bere che non lo sapevi. Ne sono a conoscenza anche i sassi, ormai.”

“Oook, socio. Mi hai preso in castagna. Avevo il file già aggiornato, a riguardo. Ma adesso dimmi una buona volta cosa ti ha portato di bello a visitare il mio ufficio, così all’improvviso.”

“Avevi detto che ci tenevi tanto a volerti rimettere in società con il sottoscritto, no? E allora si da il caso che io abbia un affare da volerti proporre.”

“Spara. Sono tutt’orecchi.”

“Ecco, bravo. Zitto e ascolta, perché non é proprio quel che pensi, mi sa.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Magdalene era ancora seduta alla scrivania, alle prese con l’ennesimo modulo dell’ennesimo fascicolo, quando udì due voci provenire dall’esterno, sulla strada. Sembravano impegnate in una discussione parecchio concitata ed erano in costante avvicinamento. E una delle due le pareva già nota.

“Esta bien, socio. Ma ancora non ho capito bene cosa cavolo vuoi da me.”

“E dai, Finn! Volevi un’opportunità per tornare a lavorare col qui presente ed io ti ho accontentato. E’ così che ripaghi la mia fiducia?”

"Ho capito, ma qui si tratta di fare lo sguattero!”

“Esagerato...in fin dei conti ti chiedo solo di venire in ufficio per qualche ora a compilare fascicoli e a tenere un po' in ordine. Pensi di non poterne essere capace, forse?”

“Non ho mica detto questo, ma...”

“Dopotutto é quel che già fai da Tobey, e non é che ti ammazzi certo di lavoro. Potresti venire qui nella parte libera della tua giornata: mattina oppure pomeriggio, come preferisci.”

“Mmmh...dovrei prendermi un po' di tempo per pensarci su, sai...”

“Ora basta, Finn! Ultima offerta, prendere o lasciare! Ho detto che ti darò persino una fetta del mio stipendio da sceriffo...che vuoi di più, ancora? Ti offro il venti per cento, come hai vecchi tempi.”

“Eh, no! Niente da fare, socio! La paga va adeguata al contesto socio – economico, mio caro. Lo sai che son tempi duri: la crisi, la recessione, la febbre asiatica, il crollo delle borse, le cavallette, il terremoto...o il CINQUANTA per cento, o niente. In fin dei conti, sei tu che mi sei venuto a cercare.”

“E va bene, affare fatto. Vada per il cinquanta per cento. Contento, ora?”

“REALLY? Davvero?”

“Si, davvero. Basta che accetti e che la pianti di rompere, una buona volta.”

“NO HAY PROBLEMO, PAL. GHE PENSI MI.”

“Sai, Finn...certe volte mi domando che razza di lingua parli.”

“HABLA EL ROMANCIO? ENTENDE?”

“Nope.”

“Nemmeno io. Siamo in due, allora.”

“Sbaglio o mi hai raccontato che una volta sei caduto dal seggiolone, quando eri piccolo? Cioé come sei tuttora, più o meno...”

“Va’ all’inferno.”

“No, perché sai...spesso i ricordi dell’infanzia si fanno confusi, nebulosi...sicuro che non si trattasse del PRIMO PIANO, per caso?”

“SCEMO NON ESSERE COME FILARE NON TESSERE, dice il proverbio.”

“Ok, ritiro subito quel che ho detto. Non era il primo piano. Era il TERZO, come minimo.”

“Siempre ben gentile, caro il mio muso di pitale...y comunque, por quel che riguarda el mio IDIOMA, per tua informazione y cronaca io sono originario puro autentico de Zootropolis al ciento pe’ ciento. Parlo così solo perché fa più rustico.”

Alla vice parve di aver appena assistito ad uno sketch radiofonico demenziale. Oppure ad un dialogo al telefono tra due lungodegenti del reparto neurodeliri.

Pochi istanti più tardi la porta d’ingresso si aprì e vide il neo – sceriffo fare ritorno, accompagnato da un fennec il cui volto non le era affatto nuovo...doveva averlo già adocchiato da qualche parte, anche se non ricordava di preciso dove.

Poi, all’improvviso, le venne in mente. Lo aveva incontrato al saloon, lavorava là.

E poi lo aveva appena sentito nel precedente discorso, tra una scemenza senza senso e l’altra.

 

 

 

 

 

 

 

 

“Rieccomi qua. Chiedo scusa per l’assenza.” esordì Nick, mentre Magdalene li squadrava entrambi, piuttosto perplessa.

“Lui e Finnick.” aggiunse un attimo dopo, indicando il suo compare. “Ma suppongo che lei lo conosca già, se RADIO HAUNTED CREEK ha funzionato a dovere.”

“Aye, senorita.” disse l’altro, alzando il braccio in segno di saluto.

“Radio...COSA?!” Esclamò lei.

“Mi riferivo soltanto al network sintonizzato ventiquattr’ore su ventiquattro sugli affaracci degli altri, per potersi impicciare meglio.” rispose seccamente la volpe. “E comunque, da questo preciso momento lui é il nuovo segretario. Si occuperà delle pratiche, di tenere in ordine questo posto e quant’altro, mentre noi saremo di pattuglia.”

“Cosa? Ma questo é...”

“Solo una domanda, ufficiale Thompson. Per caso conosce il protocollo N. C. S. P.?”

“Oh – oh!!” fece eco Finnick.

“Mai sentito nominare. Cosa dovrebbe significare?” Domandò la vice.

“Sta a significare NON CI SIAMO PROPRIO, muchacha.” Replicò prontamente il fennec. Lei, a quella risposta, fece tanto d’occhi.

“C – cosa?!”

Era semplicemente sbalordita.

“Proprio così.” intervenne Nick. “Stammi bene a sentire, vice – sceriffo. Anzi, MAGDALENE. Io e te siamo gli unici tutori della legge, qui. Il nostro compito é quello di tenere sotto controllo questo posto e di garantire la sicurezza di chi vi abita, non di stare rinchiusi dentro un ufficio ad imbrattare scartoffie. Mi sono spiegato?”

“M – ma...”

“Tienilo bene a mente, perché non te lo ripeterò. SEI UN’AGENTE DI POLIZIA, ed in quanto tale il tuo tempo e prezioso. Non puoi concederti il lusso di sprecarlo, sono stato abbastanza chiaro?”

“I – io…io non...”

Nick puntò deciso verso la sua scrivania.

“Alzati.” le disse, non appena le fu di fronte.

“M – ma io...”

“In piedi, ho detto.” aggiunse lui, battendo una mano sul tavolo. “E sei pregata di guardarmi in faccia, quando ti sto parlando.”

Lei obbedì, mettendosi sull’attenti. Ed ebbe un sussulto, quando i loro occhi entrarono in rotta di collisione.

C’era qualcosa di strano, in quello sguardo. Qualcosa di non ben definito, in quei due squarci di oceano liquido verde smeraldo. Sembravano emanare una luce fredda, distante, come la pietra preziosa a cui dovevano aver rubato il colore. Ma là, sul fondo, c’era qualcosa che si agitava. Che ribolliva senza sosta.

No. Non ribolliva affatto. Quel qualcosa, QUALUNQUE COSA FOSSE, stava letteralmente BRUCIANDO. Ma pareva non consumarsi affatto.

Era bellissimo e terribile al tempo stesso. Magdalene si sentiva attratta e spaventata insieme. Voleva avvicinarsi per vedere meglio, ma anche scappare fuori da lì, il più lontano possibile.

Erano gli occhi di un PREDATORE. UN PREDATORE VERO, AUTENTICO E FAMELICO. E la stavano ammaliando in attesa che il loro proprietario le saltasse addosso, sgozzandola.

Ma tutto ciò che fece fu solo di riprendere il discorso. Per fortuna.

“Credi di poter essere nella posizione di negoziare, Magdalene? O di avanzare pretese? O pensi che io te lo abbia fatto credere, in qualche modo? Sappi che non é cosi. Te la chiarisco subito, la tua posizione: credo sia utile rinfrescare la memoria, di tanto in tanto. Io sono il comandante, e tu la mia sottoposta. Se poi diventerai anche la mia collaboratrice, beh...credo che dipenderà dal fatto se potrò o meno fidarmi di te. Ma soprattutto da QUANTO potrò fidarmi di te. E ritengo che le prossime ore o meglio, i prossimi minuti saranno cruciali, in tal senso. Le cose stanno così: IO ORDINO, TU ESEGUI. E senza fiatare o replicare. Puro e semplice. Tutto qui? SI. E’ TUTTO QUI. Ma ha sempre funzionato alla grande.”

“E’ vero, siamo solo in due. Ma due partner ben coordinati, organizzati ma soprattutto AFFIATATI valgono più di cento.” proseguì lui mentre Finnick, come da sua consuetudine, si era già messo a gironzolare e curiosare in giro. “Ma sappi fin da ora che avrò bisogno di ogni singola stilla delle tue energie, e di ogni minuto della tua giornata. E che dovrai stare al mio fianco, in prima linea. Solo così potrai essermi utile. Rintanata qui dentro non mi servi a NIENTE. Intesi?”

“S – si.” rispose la vice.

“Puoi ripetere? Non credo di aver capito bene.” la esortò Nick.

“Io...sissignore. SIGNORSI’, SIGNORE!!”

“Così va meglio, Magdalene. E adesso andiamo a fare quel famoso giro di ricognizione. Ho bisogno di conoscere l’intera planimetria di questo paese. Strade, case, distaccamenti di zona, luoghi di interesse...cose del genere, insomma. E anche tutti i possibili punti di accesso e di fuga, all’occorrenza. E siccome ho già detto che non mi va di stare rinchiuso qua dentro a perdere tempo con le cartacce, preferisco vedere tutto dal vivo anziché mettermi a sfogliare una polverosa cartina. Siamo d’accordo?”

“A – agli ordini, sceriffo.”

“Perfetto. In marcia, allora. Finnick rimarrà qui ad occuparsi del resto.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Uscirono e raggiunsero l’unica volante disponibile. Magdalene si mise al posto di guida, mentre Nick occupò il posto riservato al passeggero.

“Dannazione” esclamò, “nonostante siamo all’imbrunire é ancora troppo luminoso, per i miei gusti.”

Estrasse dal taschino gli occhiali da sole a specchio.

“Certe volte a noi volpi tocca metterli persino quando é nuvoloso” aggiunse, rivolgendosi alla vice. “Spero che la cosa non ti crei problemi.”

“N – no, si figuri...” rispose lei. “E, comunque, volevo dirle che qui tutti mi chiamano MAGGIE...”

“MAGGIE? Piuttosto curioso...di solito il diminutivo di Magdalene é Meg o Madge. Maggie é il diminutivo di Margareth...”

“Ehm...lo so. Ma qui mi chiamano tutti così...” ribadì quest’ultima.

“Ok. Anch’io, allora. E tu chiamami Nick. Felice di conoscerti.” Rispose lui, mentre inforcava gli occhiali dopo averli aperti con un secco movimento a scatto del polso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era giunta la sera, ed il primo giorno di servizio era finalmente terminato.

Nick si trovava seduto sulla veranda della casa di Laureen, intento ad osservare il cielo stellato. E, come nella serata precedente, tutt’intorno era calmo e tranquillo. Solo il frinire dei grilli spezzava piacevolmente quel placido silenzio. C’era solo da sperare che non giungesse qualche altra telefonata senza preavviso a far compagnia a quel canto.

Un minuto dopo uscì anche Laureen. Portava con sé due tazze belle fumanti.

“Credo di aver bevuto già abbastanza caffè, per oggi.” disse lui, non appena le vide.

“Difatti non lo é” precisò lei. “E’ una tisana fatta con le erbe del posto. Distende i nervi e concilia il sonno.”

“Concentrata doppio gusto, come piace a me?” Chiese la volpe.

“Come piace a te.”

“Dì, ma...ci hai messo un cucchiaio di miele? Lo sai che lo preferisco, al posto dello zucchero.”

“Già fatto.”

“E...ci hai aggiunto sul fondo della tazza un poco di acqua fredda, prima di versare quella bollente? Serve a tenere di più l’aroma, con questo clima ancora fresco.”

“Senti, bello...ti vuoi decidere a prendere questa tazza prima che mi vengano i crampi alla mano e a berla, o ti devo ficcare un bell’imbuto in gola e fartela tracannare a forza?” Esclamò Laureen, spazientita.

“Grazie.” disse Nick, afferrandola ed iniziando a sorseggiare con calma.

“Allora… ti sei dato parecchio da fare, per essere il tuo primo giorno di lavoro.” gli disse.

“Diciamo che mi piace partire con il piede giusto, tutto qui.” rispose lui.

“A proposito di piede...ho saputo che hai fatto visita all’ufficio del vecchio Tom. Quindi, avrai senz’altro conosciuto la mia cucciola.”

“MAGGIE? E’ parecchio in gamba. Oggi, in mezz’ora, mi ha mostrato e spiegato tutto quel che c’é da vedere e da sapere, qui nei dintorni. E non solo. E’ grintosa, determinata e ha carattere. MI PIACE.”

Laureen lo guardò, con un’espressione a metà tra l’incuriosito e il divertito.

“N-no” si schermì lui un attimo dopo, con evidente imbarazzo. “Cioé, volevo dire...n – non fraintendere, ti prego...”

Si era appena accorto che un simile commento non doveva essere il più indicato, per la madre di una giovane femmina che aveva appena conosciuto. Soprattutto perché erano PREDE e quelle parole erano uscite dritte dritte dalla bocca di un PREDATORE.

“Ah, ah! Non preoccuparti, bello. Ho capito benissimo quel che intendevi dire.” lo rassicurò lei, mettendosi a ridere. “Piuttosto...é curioso che tu l’abbia chiamata in quel modo.”

“In effetti, Maggie é il diminutivo di Margareth, di solito.” precisò Nick.

“Non intendevo dire quello...”

“E comunque, in paese la chiamano tutti così. Me lo ha detto lei.”

“LA CHIAMAVANO, semmai. Figurati che non ha permesso più ad anima viva di usarlo, da quando...ah, lascia perdere. Come non detto.”

Laureen tirò una lunga sorsata.

“Povera la mia figliola...aveva iniziato con la botanica, poi voleva fare l’infermiera oppure la cuoca...e ad un certo punto si é messa in testa di voler entrare in polizia. Ma, a patto di sorvolare sulla gentaglia di Carrington, non é che ci sia molto da fare qui, in quel senso.”

“Dici? A me sembra che il vecchio sceriffo la sottovalutasse parecchio.”

“Te l’ho appena spiegato, bello: intendevo dire che, tafferugli a parte, e su cui comunque aveva tutte e quattro le zampe legate, il buon Tom da solo bastava ed avanzava, in un paese come questo. Diamine, l’episodio più violento che abbiamo avuto é stato una colica fulminante del reverendo...”

“Sarà...io continuo a pensare che a Ricketts facesse più comodo un’impiegata che tenesse in ordine l’ufficio, che una vice – sceriffo.”

Laureen stette un attimo a rimirarlo, in silenzio.

“C – che C’é?” Chiese lui, sentendosi osservato.

“Sai, Nick...quando ti guardo, non posso fare a meno di pensare che mi ricordi il protagonista di quel vecchio film a cartoni animati, come diavolo si chiamava...ah, si: ROBIN HOOD, ecco come si chiamava!!”

“Ma tu pensa!” Rispose la volpe, ridendo di gusto. “Il mio film preferito di quando ero cucciolo!”

“Anzi, no...a dirla tutta sembri di più il classico eroe solitario dei film western. Arrivi al tramonto, in un villaggio tenuto sotto scacco da una banda di feroci criminali. Ti trovi due spalle, una saggia ma un po' rompiscatole ed una fracassona e divertente, ed inizi a ripulire la cittadina da tutti i cattivi. Infine conosci la bella del posto e te ne innamori, e quando hai sconfitto tutti i malvagi e riportato la pace te ne vai via con lei, sempre al tramonto. E’ così che funziona, no?”

“Ma qui non siamo in un film western. Vero, Laureen?” Precisò Nick.

“Per l’appunto.” rispose lei. “Abbiamo saputo tutti quanti della brutta battuta che hai rifilato a Carrington, oggi pomeriggio. In paese non si parla d’altro.”

“Beh, sai...siccome hanno assunto un nuovo direttore d’orchestra ci tenevo a fargli sapere che la musica era cambiata. E ci tenevo a farlo di persona.”

Laureen portò di nuovo la tazza alle labbra e tirò un’altra sorsata.

“Ieri, poco prima che Tom mettesse piede in casa mia, stavo per dirti una cosa. Ma a causa del suo arrivo non ho fatto in tempo a finire il discorso. Ma rimedierò ora.”

“Cosa volevi dirmi? Sentiamo.”

“Volevo solo dirti di non metterti in testa di poter cambiare il mondo, Nick. Né di poterlo rendere migliore di ciò che é. Ma soprattutto di non pensare di poterlo cambiare DA SOLO. E’ molto, molto pericoloso. Il massimo che puoi riuscire a fare, alle volte, é solamente di poter impedire che le cose PEGGIORINO. Ed é già un gran risultato, credimi.”

“Una personcina di mia conoscenza non la penserebbe affatto così.” rispose Nick.

“Impossibile.” sentenziò lei. “Mi stai prendendo in giro. Nessuno può essere illuso o stupido fino a tal punto.”

“La persona di cui ti sto parlando non era stupida né tantomeno illusa, Laureen. Aveva le idee molto chiare e fegato da vendere, te lo assicuro.”

“Allora vuol dire che non é mai stata da queste parti.”
“Da queste parti proprio no...ma proveniva da un posto più o meno simile, anche nel modo di pensare.”

“Lo sai quel che succederà ora, vero?” Lo ammonì. “Lo sai che scatenerai una guerra, con quel che hai combinato?”

“Mi domandi se lo so? Ebbene si, lo so. Certe volte scatenare una guerra é l’unico modo per poter risolvere le cose. Soprattutto se non sei stato tu a cominciare. Qui eravate in guerra ancora prima che arrivassi io, Laureen. E credo che anche Ricketts lo sapesse, giunti a questo punto. Ma non aveva il coraggio di cominciarla.”

“E tu, Nick? Tu ce l’hai, il coraggio?”

“Forse. Ma é più probabile che non abbia più niente da perdere, ormai. Il che é sostanzialmente la stessa cosa.”

“Cosa...cosa vorresti dire?”

“Intendo dire che quando uno non ha più SPERANZA, non ha nemmeno più PAURA.”

Lei gli rifilò un’occhiata preoccupata.

“Ehi, bello, aspetta un minuto...non mi piace quel che hai appena detto, né il modo in cui lo hai detto. Si può sapere che significa?”

“Ora vado a dormire. ‘Notte, Laureen. E grazie per la tisana, era davvero ottima.”

Le porse la tazza ormai vuota, ed entrò in casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Chiedo scusa per l’ENORME RITARDO, ma sono stato alle prese con due settimane veramente INFERNALI, sul lavoro, e non ho trovato CINQUE DANNATI MINUTI per postare questo capitolo, nonostante fosse già pronto.

Spero comunque di essermi fatto perdonare, con un episodio bello corposo (credo sia uno dei più lunghi, in questo senso!).

Dunque, che dire? Che in men che non si dica Nick ha formato la sua squadra operativa: ha rimesso in riga Magdalene (ma chiamamola MAGGIE, da ora in poi), e poi ha recuperato una vecchia conoscenza.

Cominciamo con l’ESORDIO – BIS di Finnick. Direi che il rientro in scena é stato ancora più bello della volta precedente. E che non se ne andrà più, almeno per adesso. Ormai diverrà una presenza fissa, e sono pronto a scommettere che non starà per molto confinato in quell’ufficio a fare la polvere e a riordinare schedari!

Riguardo a Maggie, non l’aspetta un compito facile. Insomma non é certo un’impresa da poco diventare LA NUOVA COPROTAGONISTA FEMMINILE AL POSTO DI JUDY. Dovrà conquistarsi la fiducia di voi lettori, e le costerà fatica e sudore. Ma non pretendo sconti. Né per lei, NE’ PER ME.

Posso solo dirvi che sarà un personaggio FONDAMENTALE. Ma in che modo lo scopriremo nella solita maniera: solo leggendo, e gustandoci la storia.

Un’altra cosa: MAGGIE NON E’ JUDY. MA NEANCHE LONTANAMENTE.

Judy nella mia storia é l’UNICO SOLE, tanto per citare un mio vecchio esempio. E’ l’unica a poter brillare di luce propria e a poter illuminare le persone, guidandole e mostrando loro la giusta via.

Gli altri, al pari di Nick, sono tutte LUNE. Brillano di luce riflessa, e vagano nelle tenebre alla ricerca di un bagliore che le aiuti ad uscire dal buio.

L’unico che forse a iniziato a brillare é Nick. Forse…

E veniamo a lui. Giudicate voi, ragazzi. Io non ho più aggettivi per descriverlo. Ogni volta che penso di averlo capito a fondo, vola ancora più lontano. Non so nemmeno più io fin dove può arrivare, ormai.

E comunque, Nick e Finnick con il loro discorso a Maggie vincono il TROFEO INTERCONTINENTALE DI STACCE A SQUADRE EDIZIONE 2017. E NICK QUELLO SINGOLO.

Cosa puoi dire a Maggie, dopo una lavata di capo del genere?

STACCE, come direbbero a Roma. E MUTA, PURE.

Una piccola curiosità: che significa KOMBA, il termine usato da Finnick?

Semplice: nella lingua dei conigli, é il nome con cui chiamano le VOLPI.

In realtà non é un’invenzione mia. L’ho “presa a prestito” dal romanzo LA COLLINA DEI CONIGLI di Richard Adams.

Detesto rivelare le mie citazioni (le considero un gioco nel gioco), ma é ancora peggio prendermi meriti che non mi appartengono.

Nella mia storia, ritengo che la popolazione di Bunnyburrow sia suddivisa in grandi nuclei familiari piuttosto allargati (considerando cugini e parenti più prossimi), come le grandi famiglie delle società contadine di una volta. E che abbiano mantenuto un retaggio tipico delle antiche popolazioni tribali: hanno un loro dialetto (il LAPINO), le loro usanze, le loro tradizioni, i loro miti e le loro leggende. Ce n’é una, in particolare, che potrebbe riguardare da vicino proprio Nick e Judy...ma stiamo già correndo troppo.

Riguardo al termine usato, KOMBA sarebbe al singolare. Il plurale é KOMBI.

Ma nel mio caso, il termine KOMBA vale sia al singolare che al plurale (mi piace di più).

E quindi, Finnick conoscerebbe anche il LAPINO?

Può darsi. In fin dei conti, conosce tante lingue. Oppure, é il classico deficiente che sa tre o quattro parole di ogni lingua e le ripete in continuazione.

Un’altro appunto a proposito dello sguardo fulminante di Nick: anche se in quel mondo gli animali si sono civilizzati, ritengo che per alcune (nonché alcuni tipi) prede sia ancora difficile riuscire a guardare un predatore dritto negli occhi. Soprattutto se non ci sono abituate. Potrebbero sentirsi dominate e abbassare lo sguardo. Oppure rimanere addirittura paralizzate. Per questo, penso che molti predatori evitino di fissarle. E’ una precauzione nei loro confronti. Nick lo ha fatto apposta, in modo da scuotere Maggie ed attirare la sua attenzione. E’ stato un metodo un pò brutale, ma ha dato i suoi frutti.

Colonna sonora: dal rientro di Nick al commissariato fino alla partenza per il giro di ronda in compagnia di Maggie, consiglio due brani dei mitici Blondie: CALL ME (da AMERICAN GIGOLO’) e MARIA.

Ringrazio, come sempre:

Plando, Sir Joseph Conrard, LittleCarrot, hera85, DeniseCecilia, Lord_Fener (grazie anche per aver recensito le mie vecchie storie!), salamander92, gallade01, Nilson_D_Rayleigh_2001, la new – entry DjalyKiss94, nami92 e Freez shad per le recensioni (ben 12, nuovo record, sono commosso. Grazie ancora, ragazzi. Per l’entusiasmo che dimostrate).

E un grazie a tutti quelli che leggeranno la mia storia e vorranno lasciare un parere.

 

Alla prossima!

 

See ya!!

 

 

Roberto

   
 
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