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Autore: vero511    18/06/2017    1 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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ELLIE’S POV
Pensavo di non riuscire a muovermi, né tantomeno a parlare talmente scioccata dal putiferio che si stava scatenando intorno a me, invece solo ora, a pochi minuti dall’esplosione, la gola inizia a bruciarmi e riprendo contatto con la realtà: non mi sto limitando a dire qualche parola, sto urlando a squarciagola il nome di Zack. Matt e Jen sono accanto a me e quest’ultima tenta di far forza a entrambi. Se io sono così sconvolta, non oso immaginare Matthew che conosce il capo da una vita e che sta letteralmente guardando andare in fumo tutto ciò per cui ha lavorato duramente. “Ragazzi state qui. È un ordine della polizia questo! Mi avete capito? Non muovetevi!” Wood è particolarmente teso, ma da professionista qual è, cerca di nasconderlo velocemente e si mette a dare comandi a destra e a manca, così da non diffondere il panico generale. Per una volta, facciamo come ci è stato detto e lo vediamo avvicinarsi all’ingresso dell’azienda, mentre in lontananza inizio a sentire le sirene dei vigili del fuoco. Distolgo lo sguardo dall’edificio in fiamme e mi guardo intorno: gli agenti che erano posizionati sulle prime file sono rimasti gravemente feriti e alcuni di loro non accennano a muoversi; nel loro settore il silenzio regna indisturbato, ma più ci si allontana, e conseguentemente ci si avvicina alle macchine e a quelli che erano considerati “i curiosi”, più il caos divampa in un tumulto di grida e pianti.

I pompieri arrivano in fretta e furia e organizzatissimi, si dispongono in diversi gruppi: alcuni sono incaricati di sedare l’incendio, altri si occupano dei feriti e altri ancora allontanano la folla che ora inizia a tossire per il fumo che si sta diffondendo nell’ambiente. La mia vista si annebbia e solo il rosso vivo delle fiamme cattura la mia attenzione. “Signori, vi devo chiedere di recarvi dietro al nastro, qui non è sicuro” un uomo in divisa si approccia a noi con fare comprensivo e pacato. Jen è l’unica che riesce a ringraziarlo con un sorriso e comincia a muoversi in direzione opposta rispetto alla Evans Enterprise. Questi uomini sono degli eroi e devono occuparsi di persone in grave pericolo, non voglio essere d’intralcio, così aiutata dalla mia amica, la seguo. Ad un certo punto però, ci areniamo e poco dopo ne capisco il motivo: Matt è immobile, sembra essere inchiodato al terreno e i suoi occhi del colore della cioccolata, non solo hanno perso i loro riflessi ambrati, ma anche tutta la vitalità di cui godevano fino a un’ora fa. La segretaria lascia la mia mano che aveva stretto fino adesso e si volta verso il ragazzo dandomi le spalle. “Matthew Gerald Smith, vieni con me. Subito.” Posa le mani sui fianchi e anche se non posso vederle il viso, sono sicura che abbia indosso un’espressione severa, ma al tempo stesso preoccupata; lui non accenna a guardarla. “Matt, coraggio. Stiamo dando fastidio qui, lascia che i vigili facciano il loro lavoro…” il suo tono si è addolcito e posa le dita minute sulla mascella del nostro amico. “Z-Zack…” farfuglia lui. Il cuore mi sprofonda nel petto all’udire quel nome e ancora di più nel vedere il viso sempre solare di Smith ridotto ad una smorfia sofferente. “Guardami-“ Jennifer ora prende con entrambe le mani le sue guance e lo fa voltare verso di sé. “-andrà tutto bene”. Ora i due si guardano profondamente negli occhi e in secondo dopo, Matt prende tra le braccia l’esile corpo della segretaria e lo stringe con forza. Nel compiere il gesto mi lancia uno sguardo e nelle sue iridi ritrovo un barlume di speranza. Annuisco e quando i due sciolgono l’abbraccio, ci rechiamo dove ci è stato chiesto.

Venti minuti dopo, siamo seduti sul retro di un’ambulanza: la folla è stata quasi interamente allontanata e le operazioni di salvataggio procedono senza sosta; da qui riesco a scorgere un gran via vai di medici e pompieri, ma per fortuna la mia visuale è piuttosto oscurata. Da quel che posso sporadicamente udire in modo chiaro, ci sono numerose vittime e soprattutto feriti gravi con ustioni. Mi sento inutile e più resto ferma qui, più la mia ansia sale: di Zack non abbiamo ancora avuto notizie e se la cosa fino a pochi minuti fa mi infastidiva, ora mi preoccupa solamente. Egoisticamente volevo che cercassero lui, che tirassero fuori il suo corpo dalle ceneri, mi dicevo che lui aveva la priorità perché per me è importante, ma poi ho compreso: tutti i presenti dentro e fuori dall’edificio sono importanti per qualcuno e se essere egoisti è nella natura dell’uomo, bisogna anche saper porgere una mano verso il prossimo e continuare a sperare.
Jennifer e Matt hanno le mani intrecciate  e seppur la mia amica abbia cercato un contatto fisico con me, l’ho rifiutato. Matthew ne ha più bisogno in questo momento, io so farmi forza da sola, anche se, più li guardo, più mi capacito di quanto sarebbe bello avere qualcuno che mi stringa a sé e che mi sussurri che andrà tutto bene.
Non riesco più a rimanere seduta, così mi alzo e inizio a camminare avanti e indietro con fare nervoso, ma nemmeno questo sembra dare un po’ di sollevo al mio tumulto interiore. Il nome di Zack continua ad apparire davanti ai miei occhi e mi sembra di impazzire quando, tra la miriade di volte sconosciuti e spaventati, vedo un uomo dall’aria famigliare e trafelata che si avvicina a grandi falcate. “Ragazzi, per ora di Zack nessuna notizia…ma stanno avanzando nell’edificio con una certa fatica, potrebbe volerci molto.” Annuncia Wood cercando di mantenere un tono pragmatico. “Commissario sono stanca di rimanere qui con le mani in mano, non c’è nulla che io possa fare per aiutare?” Una parte di me si sente in colpa perché è vero che voglio rendermi utile, ma al tempo stesso ho anche bisogno di distrarmi. L’uomo mi osserva per un po’ dubbioso, dopodiché mi indica un gruppetto di persone non molto lontane che sembrano essere molto agitate. “Necessitano di essere tranquillizzate. Ci sono altre donne sul perimetro della zona, come puoi notare tu stessa” osservo e noto che ha ragione. “Perché non se ne vanno come tutti gli altri?” Domanda ingenuamente Jennifer. “Sono parenti o amiche di alcuni impiegati della Evans, stanno aspettando di avere notizie e i pompieri non se la sono sentita di rispedirle a casa; ma vanno tenute a distanza e soprattutto calme” annuisco e mi prendo la responsabilità di tranquillizzare coloro che sono nella mia stessa situazione. Un po’ di empatia le farà stare sicuramente meglio. Lascio un ultimo cenno ai miei amici e mi allontano in direzione del nastro giallo che delimita la zona di sicurezza. Al di là di esso ci sono perlopiù donne di ogni età e sporadici uomini che le sostengono. Una signora anziana ha un fazzoletto tra le mani e le sue guance sono bagnate dalle lacrime, mi avvicino e le poso una mano sulla spalla: quando mi guarda, le sorrido con fare rassicurante. “Andrà tutto bene”. Tre semplici parole che racchiudono di tutto. Continuo a farle uscire dalla mia bocca nel tono più consolatorio e speranzoso che conosco; qualcuno mi guarda con indifferenza, altri sono ravvivati da un moto di speranza e altri ancora mi lanciano sguardi di scherno come a volermi dire: “È andato tutto a fuoco, è impossibile che qualcuno sia sopravvissuto”. E in ognuno di questi casi, nel profondo, mi abbatto o mi rafforzo. Scorgo una bambina con i codini seduta per terra accanto a quella che credo sia sua madre: più mi avvicino e più rimango colpita perché mentre la donna piange silenziosamente, la figlia le posa una mano sulla schiena e la accarezza. “Non piangere mamma, il papà sta bene”. Decido di tornare indietro e prendere un bicchiere d’acqua per entrambe e questa volta Jen e Matt mi seguono; quando arriviamo dalla coppia, loro si premuniscono di scortare la giovane madre verso l’ambulanza, mentre io mi occupo della bambina. “Ciao” mi guarda con due grandi occhi ambrati. “Ciao” rispondo e mi siedo accanto a lei. “Sei stata brava con la tua mamma” mi congratulo immediatamente colpita dalla forza d’animo di una creatura così piccola e apparentemente fragile. “Ho visto te che lo facevi con alcune signore”. “Impari in fretta! Ottimo lavoro” le faccio l’occhiolino. “Anche il tuo papà è nel fuoco?” “No, però c’è una persona a cui voglio bene” le sorrido e restiamo una accanto all’altra a lungo, senza dire nulla, semplicemente infondendoci coraggio a vicenda con la nostra presenza.

“Ellie!” La mia attenzione viene attirata da Hamilton che cerca di correre da me per quanto la sua età e il suo peso gli concedono. “State bene ragazzi?” Posa una mano sulla spalla di Matt con fare paterno, poi osserva me e Jennifer. Annuiamo, ma si accorge che qualcuno manca all’appello. “Zack?” Restiamo tutti zitti, incapaci di dare voce alle nostre più tragiche supposizioni. “Sono sicuro che lo troveranno” cerca di confortarci e probabilmente non solo noi, ma anche se stesso. “Alex? So che l’hanno ritrovato” Mi domanda. Matt mi ha confessato di avergli raccontato a grandi linee l’accaduto. “Sta bene, è in ospedale per degli accertamenti insieme a degli agenti. Anzi, vorrei proprio telefonare alla Wright, ma mi occorre il suo numero e il Commissario è molto impegnato al momento”. Per quanto sentissi la sfibrante necessità di sentire almeno qualche versetto di mio figlio, ho ritenuto che non fosse il momento. So che sta bene e che è al sicuro, per il momento mi basta.

Il conteggio di morti e feriti continua a salire ed io sento sempre di più gli occhi gonfi e pieni di lacrime per le povere persone che sono rimaste vittime di questo…incidente? No, sono sicura che non lo fosse. Ho sentito alcuni agenti dialogare tra loro e stavano dicendo che è una “fortuna” che l’incendio sia scoppiato in un orario in cui la maggior parte dei dipendenti aveva già terminato di lavorare; infatti molti di coloro stesi a terra sono poliziotti arrivati con noi. Hanno anche aggiunto che al momento non è possibile determinare la causa dell’esplosione perché la priorità sono le azioni di salvataggio e recupero. “Signorina Wilson, ho parlato con  il capo dei pompieri, ha detto che si stanno muovendo verso l’ultimo piano in cui ritengono che possa esserci ancora qualcuno da salvare, dopodiché…” non continua la frase, ma so cosa vuole dirmi: una volta sgomberato quel settore, le ricerche continueranno, ma le speranze di trovare qualcuno in vita saranno pressoché nulle.
Ora più che mai prego, prego per Zack e per coloro che potrebbero ancora avercela fatta, prego in un miracolo e prego affinché le mie speranze non siano state vane.
Alcuni agenti iniziano ad avvisare i famigliari presenti di recarsi con calma in ospedale, dove avverranno i dovuti riconoscimenti.
Una donna minuta, ma dall’aria severa inizia a chiamare per nome alcune vittime che prima di perdere conoscenza sono riuscite a dare il loro nominativo. Di Zack nemmeno l’ombra. Ad ogni nome e cognome che viene pronunciato, un brivido mi percorre la schiena e quando giunge la fine della lista e il perimetro è sempre più sgombro, mi ritrovo a tremare.
 
Quasi mezz’ora dopo, i pompieri escono dall’edificio trasportando un ultimo corpo ridotto piuttosto male: Jessica. Corro verso di loro e mi avvicino alla ragazza e quando realizzo che non respira, cado in ginocchio piangendo. Tutto questo è troppo: non ci siamo mai sopportate, ma vedere qualcuno che conoscevo, mi fa realizzare cosa davvero sta accadendo intorno a me. “Zack! Dov’è Zack!” Urlo disperata e sento alcune mani che cercano di confortarmi o di farmi alzare. Le voci sono confuse come tutto il resto intorno a me: sento che sto perdendo sempre più contatto con la realtà. “Ehi, ehi! Riprenditi, non svenire, coraggio”. Nessuna parola ha più importanza…o forse...

-N/A-
Buongiorno! Ecco il nuovo capitolo che, come forse avrete intuito, è un un capitolo di passaggio. Spero di non avervi annoiato, ma sapete che queste parti sono assolutamente fondamentali per il proseguimento della storia! Fatemi sapere cosa ne pensate, baci e buona domenica <3    
  
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