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Autore: Morgana89Black    18/06/2017    3 recensioni
E se Lily Potter avesse avuto un secondo figlio, poi dato in adozione?
Dal capitolo 2:
"Ti lascio queste poche parole, nella speranza che quando le leggerai non mi odierai per essere stata codarda e non aver avuto la forza di tenerti con me. Purtroppo temo che non vivrò comunque abbastanza per vederti raggiungere i tuoi undici anni, il perché forse un giorno lo scoprirai da sola, per ora ti basti sapere che io e tuo padre siamo una strega ed un mago".
Dal capitolo 22:
“Draco... Draco... svegliati”. Le ci vollero diversi minuti per convincere il ragazzo ad aprire gli occhi ed inizialmente lui parve non notarla neanche mentre sbatteva ripetutamente le palpebre nella vana speranza di comprendere cosa fosse successo.
“Nana...”, la ragazza sorrise della sua voce impastata dal sonno. Era quasi dolce in quel momento e sicuramente molto diverso dal solito Malfoy, “è successo qualcos'altro?”. Parve svegliarsi di colpo, al sentore che doveva essere accaduto qualcosa di grave se lei lo svegliava nel pieno della notte.
Dal capitolo 25:
Prima che attraversasse l'uscio per scomparire alla sua vista, udì poche parole, ma sufficienti a gelargli il sangue nelle vene, “lei è un mangiamorte”.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Il torneo tremaghi.

 

1 settembre 1994

 

Morgana si era diretta alla stazione con la famiglia Weasley quel primo settembre ed era una bella giornata di sole, forse una delle ultime prima dell'arrivo dell'autunno, ma sicuramente già meno afosa di quelle estive. I raggi caldi l'avvolgevano e le riscaldavano il cuore, come se volessero lasciare un segno del loro passaggio in ogni persona, forse consci anche loro che li aspettavano tempi duri e difficili.

Il turbamento si poteva leggere in molti dei volti adulti sulla banchina, i genitori erano preoccupati, forse per la prima volta da tanto tempo, all'idea di lasciar partire i loro figli per la scuola, e la loro paura contrastava in modo sorprendente con i visi sorridenti dei ragazzi, che non vedevano l'ora di tornare tra i muri di Hogwarts, nonostante le lezioni, i temi e gli esercizi che li attendevano, consci che vi avrebbero ritrovato gli amici.

I saluti della famiglia Weasley furono calorosi ed intensi, anche con la ragazza che, nell'ultima settima passata alla Tana si era isolata da tutti. Non aveva ancora parlato con nessuno di quel bacio e forse non desiderava davvero condividerlo con qualcuno. L'aveva nascosto nell'angolo più profondo della sua anima, non per dimenticarlo (si sa che il primo bacio non si scorda mai, nonostante tutto), ma per fingere che si era trattato solo di uno strano sogno. Forse, infondo, la sua paura più grande era che parlarne con le amiche lo avrebbe reso più reale e lei non era sicura di volere che lo divenisse

Non aveva dimenticato le parole del ragazzo. Le aveva detto che non era successo nulla. Avrebbe nascosto anche lui quel piccolo segreto, nei meandri più oscuri della sua anima, ma la ragazza si chiese, ormai per la millesima volta, se sarebbe bastato.

Non che fosse stato orribile o disgustoso. Semplicemente... lei non aveva provato nulla. Ed era sicura che non sarebbe dovuto essere così un bacio. Doveva dare emozioni. Doveva farti sentire viva e felice. Doveva farti sentire amata. Tutte cose che lei non aveva in alcun modo sentito.

Mentre la signora Weasley le scoccava un dolce bacio sulla guancia, dentro di sé sorrise all'idea che quel saluto le stava donando più emozioni di quelle che avrebbe dovuto darle il momento più importante della sua adolescenza.

Persa in quei pensieri, seguì la sua amica quasi senza rendersene conto, verso lo scompartimento in cui avrebbero trovato anche Luna e si sedetti di fronte alla bionda nel posto più vicino al finestrino, le piaceva avere la possibilità di guardare all'esterno e di seguire il passaggio del treno lungo i diversi paesaggi.

Quel giorno, probabilmente, non avrebbe goduto di quel piccolo pribilegio. Aveva un gran mal di testa ed appoggiò la testa al vetro freddo, alla ricerca disperata di un po' di sollievo. Dopo pochi minuti si era addormentata e forse era meglio così. Almeno non vide quegli occhi di ghiaccio scrutarla dal vetro dello sportello, freddi come mai li aveva visti prima.

*

Draco, aveva visto le tre ragazze entrare in quello scompartimento e non aveva resistito. Doveva vederla. Quando i suoi occhi si erano posati su di lei, quel che aveva provato era solo un enorme ed insormontabile rabbia. Un sentimento che era riuscito a controllare appena e che lo aveva accompagnato sino al proprio scompartimento. Non aveva mai pensato di poter sentire tanto sdegno nei confronti della ragazza. Una collera simile l'aveva provata solo l'anno precedente, quando lei lo aveva schiaffeggiato dinanzi a molti dei loro compagni.

Si era lasciato cadere su uno dei sedili, l'unico rimasto, fra Pansy e Blaise. Si era appoggiato alla ragazza e, mentre lei gli carezzava i capelli come faceva quando erano bambini, si era addormentato. Al contrario di quello che potevano pensare gli altri, loro erano amici da una vita, non c'era mai stato nulla di più, né da parte sua, né da quella di lei.

Era un'amicizia sincera, di quelle che ti resta dentro, anche quando litighi, anche quando vorresti odiare l'altro. Era una di quelle che, anche se tu non ci sei, anche se non ci vediamo da una vita, anche se viviamo in due parti contrapposte del mondo, comunque sai che io ci sarò sempre per te ed io so che tu ci sarai sempre per me.

Lei lo faceva sentire al sicuro, e ci riusciva con poco, anche solo con qualche carezza sui capelli. E così si era addormentato Draco, dopo che aveva faticato a farlo per più di una settimana. Solo perché Pansy gli stava accarezzando i capelli.

Si era addormentato sotto gli occhi attenti dei suoi amici, soprattutto di quelli di Theo, che aveva letto la sofferenza nelle iridi di ghiaccio del biondo. E sentiva il dolore dell'amico come se fosse proprio. Perché potevano anche essere la corte del principe di ghiaccio di serpeverde, ma nessuno di loro era un diamante inscalfibile. E loro lo sapevano. Solo loro lo sapevano.

Solo quando erano ormai giunti nei pressi del castello, Pansy aveva svegliato il ragazzo, scuotendolo dolcemente per le spalle. Dovevano ancora indossare tutti la divisa e non potevano di certo permettersi di far tardi. Loro non lo facevano.

Non disse nulla Draco, troppo intento a rimembrare qualcosa che nessuno dei suoi amici aveva avuto modo di conoscere. Non aveva quasi proferito parola da quando si erano rivisti quella mattina. Gli incontri estivi erano stati sporadici, soprattutto nelle ultime settimane. Tutti in quello scompartimento avevano compreso che fosse successo qualcosa, ma nessuno aveva avuto il coraggio di chiedere conferma di cosa si trattasse. Forse perché, infondo, pensavano di sapere di cosa si trattasse. Tutti erano a conoscenza degli avvenimenti che avevano turbato la felicità ed i festeggiamenti dopo la coppa del mondo di Quidditch. Tutti in quello scompartimento sapevano che a capo del gruppo di mangiamorte c'era Lucius Malfoy. Lo sapevano perché conoscevano la storia dell'uomo, e soprattutto perché alcuni dei loro genitori erano con lui quella sera.

E, soprattutto, tutti sapevano che Draco non approvava il comportamento del padre e lo disprezzava per essersi fatto abbindolare da un pazzo anni prima, anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente (perché un Malfoy fa solo quello che gli viene detto di fare). Quello era l'unico punto di scontro fra il ragazzo ed il padre.

Lucius sapeva che il figlio non avrebbe mai approvato le azioni dei mangiamorte, anche se non ne avevano mai parlato, anche se non avrebbe mai chiesto la sua opinione. Lo vedeva nel suo sguardo quando quando si posava sul marchio nero impresso sul suo braccio. Era abituato a vedere quel tatuaggio, ma non riusciva a comprenderlo. Lo guardava sempre come se per lui fosse qualcosa d'inconcepibile e di inaudito sulla pelle candida di un purosangue.

Anche l'uomo, inizialmente, aveva pensato la stessa cosa, ma poi si era fatto affascinare dal desiderio di potere e di supremazia. Infondo, cos'era un marchio, in confronto a tutto quello che avrebbe potuto ottenerne? Si trattava solo di un piccolo sacrificio che avrebbe potuto sopportare. O almeno era quello che aveva pensato quando si era convinto ad unirsi a Voldemort.

Con lo sguardo di chi avrebbe voluto essere ancora immerso nell'oblio del sonno, Draco si diresse, seguito dalla sua piccola banda di amici, a cui si erano uniti anche Tiger e Goyle, verso le carrozze che li avrebbero portati a scuola.

“Guarda, guarda chi si vede... Weasley... ho saputo che tuo padre si è dovuto vendere la casa, per comprare i biglietti per la coppa del mondo...”, la voce di Pansy lo riscosse dai suoi pensieri. E così la recita aveva inizio. Il palcoscenico si era alzato ed ognuno di loro aveva ripreso il suo posto in scena. Come un copione già letto e riletto.

E solo in quel momento si rese conto di avere di fronte la famiglia Weasley intera, con annessi amici, ovviamente.

Vide anche lei, ed i suoi lunghi capelli neri scomposti, il suo corpicino acerbo e non riuscì a rispondere al suo sorriso. Sapeva di avere gli occhi freddi di chi voleva far male. Sapeva che avrebbe creato solo dolore nel cuore della ragazza. Lo sapeva, ma per una volta Draco Malfoy voleva ferire Morgana Belmont. E così non rispose con un sorriso al suo saluto. Non rispose con dolci parole, ma la guardò negli occhi, mentre le faceva del male. Perché lui non era un vigliacco e, forse, un po' voleva vedere il dolore che le avrebbe provocato.

“Che peccato, mezzosangue... pare che l'anno prossimo dovrai tornare in quella gabbia per bambini abbandonati durante le vacanze”. La sua voce era ghiaccio fuso e persino i suoi amici sembrarono sorpresi.

Non le rivolse un secondo sguardo, mentre saliva nella carrozza più vicina... eppure gli parve di sentire il sonoro crack del suo cuore che si spezzava.

 

29 settembre 1994

 

Da quando il Preside aveva annunciato all'intera scolaresca durante il banchetto d'inizio anno che quell'anno si sarebbe tenuto il torneo Tremaghi e che Hogwarts ne sarebbe stato lo scenario, il collegio sembrava in fibrillazione.

Non erano solo gli studenti ad essere eccitati per la novità, anche gli insegnanti si comportavano in modo diverso dal solito: pretendevano più disciplina, più ordine e s'innervosivano maggiormente per gli errori dei loro discepoli. Persino il custode, mastro Gazza era più scorbutico e meno tollerante nei confronti della confusione che, com'è normale quando molte persone si trovano in uno spazio relativamente piccolo, regnava sovrana nel castello.

Addirittura il professor Piton si dimostrava ancor più severo ed intollerante verso i fallimenti dei propri discenti e durante quell'ora di lezione, condivisa fra corvonero e grifondoro, aveva già rimproverato una decina di ragazzi, ed un paio era ormai sull'orlo delle lacrime.

L'unica che non veniva minimamente scalfita dai suoi insulti era Morgana Belmont, probabilmente anche perché lui non aveva mai nulla da rimproverarle. Il lavoro della ragazza era perfetto ed impeccabile, come sempre nelle ore di pozioni.

All'ennesimo calderone da cui vide uscire fumo nerastro, l'uomo perse anche l'ultima goccia di calma e, dopo averne fatto evanescere il contenuto con un pigro colpo di bacchetta, iniziò a dettare agli studenti una mole di compiti così elevata che la maggior parte di loro avrebbe preferito cenare con un branco di troll, piuttosto che doverli affrontare.

“Signorina Belmont, lei ovviamente è esonerata dai primi tre temi, essendo l'unica in grado di leggere le istruzioni scritte alla lavagna”, per qualche secondo l'acidità parve dileguarsi dal suo viso.

Il commento del professore non colse impreparato nessuno. Per quanto fosse strano, da parte di Piton, la sua predilezione per Morgana, nonostante fosse una corvonero e non appartenesse alla sua casa, era ormai nota a tutti, com'era evidente la bravura di lei nella materia. Nei corridoi della scuola si vociferava che l'odio esistente tra lei e la Granger fosse dovuto all'invidia della seconda, che non tollerava di essere seconda a nessuno, in nessun campo.

Mentre percorreva, insieme a Luna, i corridoi diretta all'aula di trasfigurazione, Morgana si sorprese nuovamente dell'aspetto che la scuola aveva assunto nell'ultimo periodo. Era molto più ordinata e pulita. Alcune piccole crepe nei muri, che erano state lasciate a loro stesse, ora erano sparite, riparate da un breve colpo di bacchetta. I pavimenti scintillavano e la pulizia dei saloni era stata effettuata in modo quasi maniacale.

Gli studenti sembravano meno attenti alle lezioni, perché troppo eccitati all'idea di conoscere ragazzi provenienti da altre scuole di magia. Lei, personalmente, trovava solo irritante la necessità di condividere i propri spazi con altre persone e non riusciva a comprendere l'aspettativa che avevano tutti nei confronti del torneo. Trovava assurdo che delle persone dovessero mettersi in gara solo per dimostrare quale delle tre scuole era migliore. Ed inoltre era convinta che una competizione di quel tipo non potesse essere totalmente pulita.

Le lezioni pomeridiane proseguirono una dopo l'altra, ripetitive come sempre, in una routine che lei, infondo, trovava confortante, abituata com'era ai ritmi cadenzati del convento in cui era cresciuta.

L'unico avvenimento degno di nota di tutta la giornata la colpì in pieno petto verso sera, in modo quasi ironico e decisamente inaspettato. Si stava dirigendo verso la sala grande, insieme alle sue amiche quando lo vide. Poggiato ad un muro, nel corridoio del terzo piano, in un angolo relativamente tranquillo. Per un secondo sentì di non poter proseguire, ma decise che non aveva senso farsi bloccare come una bambina da quella visione.

Sorpassò Draco, fingendo di non averlo neanche notato, ma senza potersi togliere dalla mente le labbra di lui incollate a quelle di una ragazza, che non riconobbe, anche perché non era riuscita a vederla in viso. Ed in realtà dovette ammettere che neanche le importava.

Non aveva mai pensato di poter provare un dolore così sordo, solo vedendo una scena come quella. E si accorse solo in sala grande, mentre si sedeva al proprio tavolo, delle parole che le continuavano a rimbombare nella testa, pronunciate con quella voce glaciale e sicura di sé.

 

Non potrai mai sposare mio figlio

Non potrai mai sposare mio figlio

Non potrai mai sposare mio figlio

Non potrai mai sposare mio figlio

 

“Morgana... mi stai ascoltando?”, no. Non la stava ascoltando, aveva intravisto le sue labbra muoversi. Aveva capito che probabilmente stava dicendo qualcosa e che si stava rivolgendo a lei, ma non la stava ascoltando.

“Certo. Hai ragione, Luna. Sono totalmente d'accordo con te”, vide il viso dell'amica rilassarsi in un sorriso sincero e capì di essere stata convincente. Non seppe mai da dove trovò la forza di farlo, ma in qualche remoto angolo del suo corpo doveva essercene ancora a sufficienza. Ed anche se si sentiva stanca e svuotata decise, in quel momento, che nessuno avrebbe mai dovuto capirlo. Decise, senza rendersi conto delle conseguenze, che avrebbe finto di star bene.

E fu in quel momento, grazie o per colpa di Draco Malfoy, che Morgana Belmont imparò a fingere ed a nascondere i propri sentimenti in un piccolo spazio remoto della sua mente. Ed in futuro, un giorno lontano, gli sarebbe stata grata per quello.

Ricordava ancora quando il ragazzo le aveva detto che lei non sapeva mentire, che le si leggevano in viso tutti i propri pensieri. E decise che non sarebbe stato più così.

E sotto gli occhi sognanti di Luna, che non si accorse del cambiamento, riuscì a far nascere sul suo viso un sorriso sereno, che non rispecchiava affatto quello che provava nel profondo della propria anima, ma che le avrebbe permesso di sopravvivere al dolore.

 

30 settembre 1994

 

La mattina seguente Morgana si svegliò con una strana sensazione di vuoto. Non era dolore e si sorprese nello scoprire che non stava affatto soffrendo. Era più che altro la consapevolezza di non avere più nulla. Nulla da perdere, nulla per cui valesse la pena combattere. Nulla per cui valesse la pena sorridere e gioire. Eppure, quando arrivò in sala grande per la colazione, chiunque l'avesse vista, non avrebbe notato alcuna differenza nel suo umore. La maschera che portava incisa sul viso era sorridente e quasi felice.

Eppure le sue amiche, che la conoscevano ormai piuttosto bene, si accorsero che qualcosa non era come prima. Non sarebbe stato evidente a nessun altro, ma loro la videro quella luce strana negli occhi, quell'incertezza nascosta dietro la sicurezza del suo sguardo. Tentarono per tutto il giorno di capire cosa le fosse accaduto, ma la ragazza non sembrò essere minimamente turbata dalle loro richieste di spiegazioni.

Tra una lezione e l'altra tentarono di scoprire cosa la turbasse, ma da lei ottennero solo cambi di argomento e sorrisi che, se non fosse stato per quel qualcosa che solo loro riuscivano a vedere, sarebbero sembrati più che sinceri.

Con la preoccupazione ancora nello sguardo si diressero verso il giardino della scuola per l'attesa delle delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons. L'attesa era palpabile nel grande parco e diversi ragazzi si guardavano intorno in cerca di un segnale che indicasse l'imminenza dell'arrivo.

Morgana trovava tutta quell'eccitazione alquanto scontata e sinceramente poco elegante. Era certa che le due scuole avrebbero fatto il possibile per fare un'entrata plateale e memorabile. Infondo, quello era il primo passo sul palco di uno spettacolo che lei trovava discutibile.

E non venne disattesa né dai francesi, che si presentarono su un'enorme carrozza azzurra, come quella di cenerentola nelle fiabe babbane, trainata da cavalli giganti; né dai bulgari, che arrivarono in un turbinio di acqua, dal centro del lago nero, con un vascello che avrebbe fatto invidia a quello dei peggiori pirati.

Entrarono subito dopo, forse appena in tempo affinché la maggior parte di loro non congelasse, a causa della temperatura inclemente di quel penultimo giorno d'ottobre. Il banchetto che li attendeva all'interno della sala grande era il più sontuoso a cui avesse partecipato da quando frequentava la scuola. Gli elfi domestici, nelle cucine, dovevano aver dato il fondo alla loro fantasia ed alle loro capacità culinarie. C'erano cibi di ogni tipo e di ogni nazione, la maggior parte dei quali lei non li aveva mai visti prima.

Vide Luna servirsi una generosa dose di un piatto a base di pesce che lei sinceramente non avrebbe neanche avvicinato, preferendo di gran lunga le classiche patate al forno. Mentre giocherellava col cibo nel suo piatto, chiacchierando con le sue compagne di casa, i suoi occhi tornarono verso la porta del suo personale inferno. Draco la stava osservando e sembrava vedere dentro la sua anima, nonostante si fosse promessa che non gli avrebbe mai più dato quella soddisfazione. I loro occhi s'incatenarono come avevano già fatto molte altre volte ed ebbe l'impressione che quelli di lui la stessero rimproverando.

Ringraziò l'intervento provvidenziale di Albus Silente, che alzandosi e richiamando l'attenzione degli studenti, la costrinse a voltarsi verso il tavolo degli insegnanti. Si sorprese di come le parole dell'uomo le sembrarono quasi provenire da un mondo parallelo, lontano, a cui lei non riusciva ad accedere.

Quando il preside fece comparire il calice di fuoco, lo strumento o, come l'aveva chiamato lui, il giudice imparziale, che avrebbe scelto i campioni delle tre scuola, rimase affascinata da quell'oggetto, che sembrava antico e impregnato di potenza magica. Le ricordò vagamente il cappello parlante. Non che avesse molto in comune, ma entrambi erano strumenti che incutevano rispetto in chi vi si trovava davanti, nonostante le fattezze poco eleganti ed anche decisamente dismesse.

Il calice era in legno grezzo, rozzamente intagliato e sicuramente molto antico, eppure non avrebbe mai potuto dubitare della sua forza e del potere che lo permeava. Ne rimase affascinata e per tutto il resto della serata, ormai quasi volta al termine, non riuscì a togliergli gli occhi di dosso.

Persino la sera, tornata nel suo letto nel dormitorio, faticò a prendere sonno, troppo intenta a rimembrare le fattezze di quell'oggetto così poco elegante, ma tremendamente affascinante. Solo diverse ore dopo essersi rintanata fra le proprie coperte si addormentò, ancora con la luce azzurrognola di quell'oggetto negli occhi.

 

31 ottobre 1994

 

Per la prima volta nella sua vita, quella mattina Morgana si svegliò con la consapevolezza che quel giorno era l'anniversario della morte dei suoi genitori. Ebbe una stranissima sensazione a quel pensiero, che per qualche ragione l'accompagnò per gran parte della propria giornata.

Si era alzata molto presto e non aveva atteso che le sue compagne si svegliassero. Era corsa in sala grande per una colazione veloce e solo pochi minuti dopo era seduta su uno scalino dell'ingresso, dal quale riusciva a vedere il calice e tenerlo d'occhio. Doveva essere veramente molto presto, perché nessun altro era in vista. Rimase ad osservarlo affascinata per un tempo che parve infinito, prima di sentire il fruscio lieve di un mantello, che presagiva l'arrivo di qualcuno. Si volse verso le scale che portavano ai sotterranei e solo qualche attimo dopo scorse Severus Piton salirle, con la solita aria burbera e poco amichevole.

L'uomo non la vide subito, anche lui troppo concentrato sull'oggetto magico, per curarsi di quel che vi era intorno. Solo quando volse lo sguardo verso la ragazza la riconobbe e rimase interdetto per un momento, indeciso su come comportarsi. Erano mesi che non si trovavano da soli, l'uno di fianco all'altra. Era da quando lei gli aveva detto di conoscere il suo segreto che non aveva più avuto modo di vederla al di fuori delle lezioni e, magari, di spiegarle. Anche se forse non avrebbe mai potuto spiegarle nulla. Come poteva? Era così giovane e non c'era in quegli anni. Non poteva capire, non poteva spiegarle. Non poteva giustificarsi.

 

Lei è un mangiamorte.

 

Quelle parole ancora gli rimbombavano nella mente talvolta. Le si avvicinò, con un coraggio che non sapeva di possedere.

“Non si illuda, signorina Belmont, lei non può attraversare la linea dell'età tracciata dal preside. E comunque non sopravvivrebbe alle prove del torneo”.

“Cosa le fa credere che io sia interessata a partecipare ad una gara così sciocca ed inutile? Non mi interessa mettermi in mostra”.

“Cosa sta facendo qua allora?”.

“Mi piace quel calice. È affascinante, non trova?”.

“Lo è...”, non riuscì a trattenere un gemito di dolore, che non sfuggì agli occhi della ragazza, come non gli sfuggì che la mano dell'uomo corse al braccio sinistro.

Si guardarono in silenzio, per qualche attimo.

“Le fa male?”, non era certa di volere veramente una risposta. Non voleva essere interessata ad un uomo che si era venduta ad un mostro, eppure, per la prima volta, si chiese perché lo aveva fatto.

“Saltuariamente...”.

Non seppe perché lo aveva fatto, ma ultimamente erano molte le occasioni in cui agiva senza pensare e senza ponderare le conseguenze delle proprie azioni. Semplicemente si era alzata e sorprendendo l'uomo che non ebbe il tempo di reagire, gli alzò la manica dell'abito e poggiò la sua manina, così piccola in confronto a quella di lui, sul braccio dolorante. Il marchio bruciava e persino lei ne sentì il potere oscuro e terrificante.

Se lei, che vi aveva solo poggiato la mano sopra, lo sentiva così bollente, quanto dolore doveva causare all'uomo, che lo portava incastonato sulla pelle candida?

I suoi occhietti di smeraldo si alzarono sino ad incontrare il viso di lui e per quei pochi secondi lui vi lesse la pietà che lei provava per lui, ma non ne fu disgustato come lo sarebbe stato con chiunque altro. Lei era preoccupata e questo un po' lo lusingava.

“Non fa così male. Dopo un po' ci si abitua...”, si staccò dalla bambina, posandole la mano lungo il fianco, quasi con dolcezza, e si allontanò, lasciandola lì, da sola, a chiedersi quanti segreti nascondeva quell'uomo dal viso severo quanto il suo nome.


 

***

 

Lo so. Sono in ritardo, come sempre. Però non di molto...
Questo capitolo è un pò veloce, me ne rendo conto, ma ho voluto inserire molte situazioni diverse e dovevo arrivare in fretta al momento della scelta dei tre/quattro campioni del tremaghi.
Intanto ringrazio tutti coloro che mi leggono e soprattutto chi mi fa sapere cosa ne pensa della mia storia. 
A presto!

 

   
 
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