Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ayr    23/06/2017    3 recensioni
"Ivory, a quanto pare sei riuscito a distinguerti per abilità, coraggio ed un pizzico di fortuna in mezzo a quella turba di guerrieri grandi il doppio di te, e sei anche riuscito a prevalere su di loro. Ciò significa che sei il migliore tra questi e che sei colui che è destinato a compiere la missione» il tono della sovrana si era fatto improvvisamente grave e serio, facendo preoccupare l'elfo, «Ciò che sto per chiederti è molto pericoloso e potrebbe anche essere considerato tradimento, se prima di questo non ne fosse già stato compiuto un altro: mia sorella, dopo l'ultima visita, mi ha sottratto una cosa a me molto cara, nella speranza che non mi accorgessi della sua assenza... Si tratta di uno specchio"
Quando Ivory sentì quelle parole uscire dalle labbra della Regina Rossa, pensò ad uno scherzo di cattivo gusto: come poteva uno specchio essere oggetto di una tale contesa?
Ma nulla è come sembra, e anche lo specchio non è una semplice superficie riflettente, bensì un oggetto pericoloso e affascinante, che ammalia e promette di realizzare i più profondi desideri di un uomo...a caro prezzo
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

X

Durante il banchetto, Brandbury aveva intrattenuto la Regina raccontando della loro vita di poeti girovaghi. Era sta inventata sul momento, e densa di avventure divertenti e tragiche, molte delle quali erano un calco dei racconti di guerra e degli aneddoti di Ivory, rivisitati in chiave romanzata e scevri dei particolari più macabri e sanguinolenti. La donna aveva trascorso la serata sorridendo all’altro e spesso la sua risata cristallina era risuonata nella sala dagli alti soffitti, illuminando le sale vuote e silenziose.

Da allora, Celeste continuava a ricercare la compagnia di Brandbury, o come aveva scelto di chiamarsi, del cantore Biancospino: la divertiva il modo in cui era capace di giocare con le parole e di costruire espressioni sagaci o evocative, sorprendendola con formule innovative e ingegnose e incantandola con versi musicali e delicati.

Biancospino amava le parole, così come Celeste, e quell’interesse in comune li avvicinò sempre di più portandoli a scoprire che condividevano tanto la passione per la poesia quanto per qualsiasi altra forma d’arte. Iniziarono a trascorrere i pomeriggi a discorrere di poeti, pittori, scultori e menestrelli. La Regina Bianca era un’avida lettrice e non avendo la possibilità di altri svaghi in una terra per la maggior parte ghiacciata, aveva letto una quantità esorbitate di libri e si divertiva a confrontare le sue letture- decisamente più sconfinate e approfondite- con quelle dell’altro, che si limitava a piluccare qualche libro scovato in una biblioteca o rileggeva sempre lo stesso.

Facevano lunghe passeggiate, e mentre l’uno le narrava di una vita mirabolante e fittizia, l’altra confidava la sua esistenza monotona e noiosa, divisa tra i suoi doveri di Regina e lunghe ore morte, trascorse tra le pagine crepitanti di un libro di poesie. Le uniche distrazioni che le erano concesse erano le visite alla sorella e quelle poche che aveva l’onore di ricevere; ma anche questi minuti piaceri erano minati dall’onere di governare un regno e amministrare un territorio tanto vasto quanto problematico, perennemente oppresso dalla neve e dal ghiaccio e che fondava la propria ricchezza sulle miniere, invidiate e desiderate da molti. Nei momenti di maggiore sconforto, iniziava ad elencarle le sue preoccupazioni, i suoi crucci e le sue ambasce, gli rivelava i grandi sacrifici che aveva compiuto in segreto, senza che il suo popolo lo sapesse. Durante quelle lunghe ore di conversazione si dimostrò una regina premurosa, solerte e attenta, e una sorella affettuosa e gentile, preoccupata per la salute dell’altra. Confidò a Biancospino di come fosse impensierita e angosciata per il carattere volubile, lunatico e irascibile della sorella, che era peggiorato dopo la morte della madre e si era inasprito con il passare degli anni, minando la sua salute fisica e mentale.

Brandbury era sempre disponibile ad ascoltarla, e la Regina trovò in lui un confidente e un amico fidato, al quale poter aprire il proprio cuore e affidare i suoi pensieri, le sue pene e le sue aspirazioni. Quel ragazzo gentile e generoso, avvenente e colto, aveva fatto colpo sulla donna, stuzzicandola con le sue parole accorte e confortanti e i suoi versi dolci e leggiadri, e conquistandola con il suo fascino e il suo sguardo buono e luminoso, i lunghi capelli biondi leggermente ondulati e l’ombra di barba dorata che era spuntata dopo mesi di viaggio senza potersi radere, e che gli dava un’aria trasandata e vissuta, perfettamente in sintonia con il personaggio che aveva deciso di interpretare.

Al ragazzo spiaceva ingannare in quel modo quella fanciulla e temeva il giorno in cui sarebbe venuta a conoscenza della realtà; per il momento approfittava del favore che riscuoteva presso di lei e cercava di distrarla come poteva e accontentarla in tutto; il suo animo caritatevole l’aveva spinto a cercare di rendere più sopportabile quell’esistenza tanto grigia e travagliata.

Lentamente aveva conquistato la sua simpatia e la sua fiducia, e a poco a poco era penetrato nei recessi più profondi della sua mente e del suo cuore: la ragazza aveva aperto le porte invitandolo ad entrare e Brand non si era lasciato sfuggire un’occasione simile, nella speranza che nel tumultuoso mare di pensieri vorticosi e confessioni mormorate a mezza voce, le sfuggisse anche lo specchio, il suo potere e la sua ubicazione.

Con il passare del tempo, la complicità e l’intesa divennero qualcosa di più intenso e profondo di una semplice amicizia, evolvendosi in modo inaspettato per entrambi: la Regina scoprì di amare quel misterioso cantore venuto dal mondo e di desiderare di vivere il resto della sua vita con lui; era convinta che con Biancospino al suo fianco, l’esistenza non sarebbe stata tanto penosa, e la sua solitudine sarebbe stata allietata dalla sua compagnia, dal suo supporto e dal calore dei suoi baci.

Dal canto suo, nemmeno Brandbury era rimasto indifferente alla bellezza eterea e deliziosa della ragazza: l’aria da eterna bambina lo intrigava e lo attraeva, soprattutto perché era associata ad una mente sveglia e matura, scattante e curiosa, sempre pronta ad imparare pur parendo esperta in tutto.

Le conversazioni con lei erano piacevoli e stimolanti, il suo modo di pensare e la sua visione del mondo lo intrigavano, l’avrebbe ascoltata per ore. Amava il suono della sua voce, soave e fresco come un refolo di vento primaverile, e la sua risata argentina e i grandi occhi azzurri, perennemente persi in un punto che andava oltre quella realtà. Più volte aveva stretto tra le sue le mani di lei, tanto piccole, morbide e fragili, e più di una volta l’aveva avvolta in un abbraccio, nella speranza di assorbire un poco delle sue pene.

All’inizio aveva visto quella relazione solo come un’opportunità per ottenere in maniera più semplice e veloce delle informazioni sullo specchio, ma il tanto tempo trascorso assieme, i lunghi discorsi e la fiducia cieca e speranzosa con cui si era completamente affidata a lui, l’avevano trasformata in qualcosa di più: in una creatura da proteggere e da sostenere, come lo era suo fratello Ivory, a cui si era accorto di essersi affezionato.

Fu in una fredda sera, riscaldata appena dal torpore del camino di marmo bianco e rosa, che la Regina ebbe il coraggio di esternare il proprio sentimento. Brand stava leggendo per lei e la donna pendeva dalle sue labbra, rannicchiata al suo fianco, i piedi scalzi sul pavimento di vetro e una leggera veste da camera rosa cipria a coprirne le forme acerbe. Lentamente avevano raggiunto un’intimità profonda, e il contatto tra i due era diventato spontaneo e quasi anelato. Quando la Regina Bianca si trovava con il cantore, svestiva i suoi panni di sovrana e diventava semplicemente Celeste, una ragazza profondamente innamorata. 

Seguiva i movimenti delle labbra del giovane che si piegavano e si modellavano sulle parole sussurrate appena al suo orecchio. Erano piene e sempre piegate in un sorriso trasognato, e davano l'impressione di essere calde e morbide, come la voce di lui. Erano diventate la sua ossessione, e si sorprese a domandarsi come sarebbe stato baciarle.

Con cautela e paura si avvicinò a lui, il profumo familiare della sua pelle l’avvolse in un abbraccio inebriante, e fremendo come una foglia d’autunno ai primi venti dell’inverno, si allungò verso le sue labbra. Il respiro di lui le solleticava la pelle e la faceva rabbrividire. Si gettò senza pensarci sull’orlo di quei cigli di velluto rosa, e intrappolò con un timido bacio, l’ultima parola della ballata.

Brandbury si irrigidì, colto di sorpresa da quel gesto così inaspettato, e dopo un primo momento di confusione, rispose al bacio tanto tenero e disperato assieme; avviluppò tra le sue braccia il corpo gracile e tremante di lei e accolse la morbidezza e il sapore dolceamaro di quelle labbra. La fece sussultare iniziando a esplorare con la lingua la sua bocca, all’inizio con cautela e delicatezza, poi con sempre maggiore bramosia, avvinto dal fuoco della passione che quel bacio aveva acceso in entrambi. Le afferrò la nuca e affondò la mano nella folta chioma color del tramonto, trascinandola verso di sé, e lei si lasciò condurre docilmente, soggiogata dalla fiamma che le ruggiva dentro. Celeste prese coraggio e gettò le braccia al collo di lui, aggrappandosi alla sua camicia per cercare di non precipitare in quel baratro di piacevoli sensazioni che l’avevano travolta, invadendola con il loro dolce calore.

Si scostarono per riprendere fiato, e parve che riemergessero da un’altra dimensione distante e irraggiungibile: avevano entrambi il respiro accelerato e le guance imporporate e sorridevano come due ebeti, senza riuscire a trovare qualcosa da dire per riempire il silenzio pesante e denso che era calato tra loro, rotto dai singhiozzi dei ciocchi brucianti.

«Non rimarrò qui per sempre» mormorò alla fine Brand, triste. Non voleva illudere ulteriormente la donna, tutte le bugie che aveva già accumulato gli stringevano il cuore e gli appesantivano l’animo, macchiandolo in maniera nascosta ma indelebile e rendendo sempre più difficile continuare quella messinscena.

«Ma ora sei qui, e nessuno ti impedisce di rimanervi per sempre» sussurrò lei, la voce rotta e tremante.

«Rododendro scalpita per ripartire, rimanere in uno stesso luogo troppo a lungo lo rende nervoso e intrattabile»

«Lascialo partire da solo» lo pregò lei, «Non sei obbligato ad andare anche tu. Io ti amo, Biancospino, e non sopporterei di vederti andare via, mi si spezzerebbe il cuore e porteresti con te uno dei frammenti più grandi»

Brand accarezzò dolcemente il volto della ragazza, innaturalmente bello e perfetto, assimilabile a quello delle statue di marmo, con lo stesso profilo scolpito dalla mano sapiente dell’artista e reso privo di imperfezioni. Sfiorò con le labbra ciascuna delle lentiggini che ricoprivano il naso e le guance di lei, e si fermò con più fervore, dolcezza e amarezza sulla sua fronte alta e bianca.

«Anche io ti amo» confessò e solo quando udì quelle parole lasciare la sua bocca, si accorse della verità racchiusa in esse: l’amava profondamente, ma non come un’amante o una moglie, quanto come una sorella minore da difendere e accudire; proprio per questo non voleva farla soffrire e preferiva troncare sul nascere una relazione che mai avrebbe avuto un futuro. Lui apparteneva ad Actardion, al suo negozio di erborista, ai suoi libri e al suo piccolo orticello di piante medicinali, di cui iniziava a sentire la mancanza e a cui sperava di riuscire a tornare, un giorno. 

Per un momento, prese seriamente in considerazione l’idea di abbandonare tutto e vivere per sempre in quel castello di cristallo, ma non vi era alcuna possibilità: una volta preso lo specchio la Regina avrebbe scoperto l’inganno e il tradimento l’avrebbe spezzata e distrutta più di questo; inoltre Brand non si sentiva pronto a vivere in quell’enorme prigione di cristallo, dove la primavera era un artificio e il tempo trascorreva sempre uguale a sé stesso, rinchiuso tra le stesse mura che a poco a poco avrebbe iniziato ad odiare.

«Io appartengo al mondo» sussurrò alla fanciulla, giocando con i suoi capelli, «E per troppo tempo ho vissuto senza legami veri e senza vincoli, non riuscirei a rimanere qui: mi sentirei incatenato e il mio affetto verrebbe corrotto dal fastidio per le catene, non sarebbe mai un amore pieno e completo, perché aspirerei sempre a quel mondo che ho abbandonato a malincuore.»

Quelle parole avevano reso Celeste triste e cupa, il suo volto si era spento e come tramutato in pietra, fissava sconsolata le loro mani intrecciate, e calde lacrime iniziarono a bagnarle il volto.

«Non piangere» la consolò luì, catturando con il pollice quelle stille salate, gli dispiaceva immensamente farla soffrire, ma preferiva amareggiarla in quel modo piuttosto che in uno più doloroso e turpe, come il tradimento. Continuava ad ingannarla, cercando di salvare sé stesso e l’immagine che lei aveva di lui: aveva scelto di farle credere che l’avrebbe abbandonata, come un cantore volubile, e non che sarebbe fuggito come un subdolo traditore. Così facendo, l’avrebbe preservata da una sofferenza più grande e imperdonabile.

La Regina sospirò e asciugò le guance con il dorso delle mani.

«Mi sto comportando come una bambina» si scusò con un sorriso appena accennato.

«Ti stai comportando come un essere umano» replicò lui rispondendo al sorriso con un altro non meno mesto.

«Posso chiederti un favore?» domandò con voce sommessa la donna, Brand annuì.

«Finché non deciderai di partire, non abbandonarmi. Ho bisogno di te: sei il mio conforto, il mio sostegno e il mio sole, che illumina questa vita altrimenti fredda e spenta. Senza di te sarei perduta. Mi hai trovato nel labirinto tetro della mia esistenza e mi hai condotto fuori, verso un prato fiorito invaso dalla luce del sole, e voglio godere di questo sole e di questo prato finché ne avrò la possibilità, assorbendo tutta l’energia vitale che può donarmi, in modo che rimanga qualche scintilla per quando non ci sarai più.»

«Te lo prometto» rispose lui, guardandola con intensità negli occhi, «E tu promettimi che cercherai di vivere ogni momento in cui rimarrò qui come se fosse l’ultimo.»

Celeste annuì e i due suggellarono il loro patto con un bacio straziante e dolcissimo.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ayr