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Autore: Nirvana_04    28/06/2017    3 recensioni
SPIN-OFF DE "IL TREDICESIMO RE"
Un racconto rubato al vento, sui Campi Eliòpei.
Bastian ha solo dieci anni quando è costretto a trasferirsi ad Aproeb. La città, sita tra il verde delle colline e il blu del mare, è troppo delicata per chi è cresciuto a Velenia; ma un incontro inaspettato cambierà le sorti del giovane Spettro e quelle delle persone che intrecceranno il proprio cammino al suo.
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Racconti del Veto'
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Fili di cenere al vento. Collane di smeraldo e pallide schegge di mare. Sussurri rumorosi che viaggiavano fino a lui.
La risacca delle onde cullava la pace dei campi Eliòpei, forse era per questo che Miva vi passava tutto il suo tempo libero. Quando non la trovava a lavorare l'argilla con la madre o ad aiutare per la raccolta dei frutteti, Bastian era certo che salendo sulla collina, a sud-ovest della città, l'avrebbe scorta tra gli steli d'erba, a combattere contro il vento o semplicemente stesa sopra la soffice terra.
«Perché ti nascondi sempre qui?» le chiese un giorno.
Miva sollevò la nuca e socchiuse un occhio. Era una bambina allegra, gentile, sempre con un'aria di pace che le distendeva i lineamenti.
Gli diede il benvenuto con un sussurro. «Non lo dire in giro, ma qui c'è… pace. Qui sto bene.»
Quando parlava del suo piccolo nascondiglio, le spuntavano due fossette piccolissime ai lati della bocca. Miva non sorrideva mai apertamente, ma aveva la strana abitudine di stringere le labbra – quasi a volere trattenere una risata – e lasciare che fossero gli occhi a illuminarsi per lei.
Bastian si sorprese a sedersi al suo fianco, a immergersi in quel verde mare. Sentì la terra sotto di lui calda e accogliente e si stese per sentirne l'abbraccio in tutto il corpo. I fili d'erba li accarezzavano facendoli il solletico e li nascondevano alla vista di chiunque, forse solo qualche uccello di passaggio sorvolava le loro teste, incurante dei loro pensieri. Egli percepiva la presenza rilassata di Miva al suo fianco: profumava di quel benessere strano che lo metteva a disagio, ma che su di lei diventava una fragranza irresistibile. Aveva capito che per la gente di Aproeb era molto più importante la tranquillità delle sue colline, il lavoro nei suoi frutteti, piuttosto che la vita nei mari blu o l'impietosa fatica dei Mattatoi. E per un ragazzo cresciuto tra i giochi di Velenia – quelli che sbucciavano le ginocchia e che procuravano tagli e abrasioni sulla pelle – quella finta calma era una brace che fumava sotto i suoi piedi: lo aizzava e indispettiva. A ogni Falda, quando viveva a Velenia, Bastian correva al Primo Arco di Nubeir e guardava i Guerrieri della città passarvici sotto, portando seco la benedizione del Guardiano sui campi di battaglia; e dopo le Decadi lui si faceva trovare ai piedi del Secondo Arco di Nubeir, dove suo padre lo trovava. "Resta vicino all'arco" diceva sempre, "l'occhio del Volor ti proteggerà mentre sarò via". Lo aveva fatto anche l'ultima volta…
«Se è la pace che vuoi, perché non combatti per averla sempre?» si adirò. «Pensi che questi stupidi fiori siano immuni dalla distruzione dei Racahar? Se vuoi difenderli, è con una spada in mano che devi camminare.» La sua rabbia, il suo dolore, si era scagliata contro quella piccola creatura.
Se ne pentì subito.
Gli occhi della bambina si spalancarono e lui poté vedere tutti i sogni che stava sognando volare via, lontano da lei.
«Con gentilezza, non spingere la spada. Guidala!» lo incoraggiava sempre suo padre quando il suo braccio sfiniva nel tentativo di destreggiarsi da una posizione all'altra con la giusta abilità.
Le disse con tono pacato, un po' mortificato: «Quando vinceremo, il cielo tornerà azzurro e la notte brillerà di lanterne di fuoco, a festa.»
Miva socchiuse gli occhi, per catturare le immagini di quelle parole. Spostò lo sguardo su di lui. «Pensi che vinceremo?»
Bastian si tirò su, a sedere. «Ne sono certo. Sennò per cosa hanno combattuto mio padre e tuo fratello e tutti gli altri Guerrieri?» s'infervorò. Strinse la mano a pugno, sorridendo. «Non è facile combattere, perché bisogna uccidere» disse, riportando alla mente quello che una volta suo padre aveva mormorato davanti al fulgore di un camino. «L'importante è farlo per salvare qualcuno. Mio padre ha combattuto per salvare me. Tu puoi combattere per loro» la spronò indicando i fiori. «Puoi combattere per salvare la pace.»
I due bambini si guardarono, soppesandosi a vicenda: Miva pareva cercare qualcosa negli occhi del suo giovane amico; Bastian reggeva il suo sguardo, resistendo al bruciore delle fiamme che vi vedeva riflesse.
«Una donna in guerra…»
«Tutte le donne di Velenia combattono. Loro non hanno paura e non si vergogno delle cicatrici» gli confermò lui. Le mostrò il palmo della sua mano. «Vedi?»
«Anche la mia mano diventerà così, se combatto?»
Bastian annuì. «È un segno di dignità. Vuol dire che sei coraggiosa e degna di camminare al fianco di un Guerriero.»
Miva sfiorò i calli sui polpastrelli. Borbottò: «Quando mio fratello mi accarezzava, io sentivo il tocco ruvido della sua mano. Era fastidioso.» Schegge di cristallo scivolarono silenziose sul suo viso. La sua pelle scottò e arrossì, l'espressione triste. Bastian capì che rimpiangeva quelle scabre carezze. «Insegnami!» L'imperativo nella voce acuta lo fece sobbalzare. «Voglio diventare forte per chi non lo è. Voglio combattere per difendere la mia casa… sono belli, vero?» Cambiò discorso all'improvviso, indicando i fiorellini azzurrognoli. «Quando la guerra sarà finita, cresceranno dappertutto, così anche gli altri bambini potranno vederli. E sarà come avere il cielo azzurro anche qui sulla terra. Cresceranno anche sulla nera scogliera di Velenia.»
Bastian arricciò il naso, disgustato. «Velenia è una combattente. Non ha bisogno di quei…» S'interruppe bruscamente e arrossì. «Non possono crescere sulla scogliera. È del Guardiano, e lui non ama i fiorellini.»
Il tono superficiale e derisorio imporporò le gote della bambina. «Non li farebbe male un po' di bellezza.»
«La bellezza del Volor sta nella sua potenza» sillabò riverente Bastian. «Nessun Dio è più giusto e degno di rispetto. Solo i migliori possono sfidarlo e onorarlo.»
Miva sgranò gli occhi, provocatoria. «Ah, si? Fammi vedere, allora.» E senza dargli il tempo di replicare gli fu addosso.
Lo slancio fu talmente improvviso e irruento che li sbilanciò, ed entrambi rotolarono giù per la collina, mangiando erba e ingurgitando petali amari di eliotropi.
Uno stormo di anatre si alzò in volo, offeso, e una cornacchia li sorvolò con disappunto, rimbrottandoli con versi isterici.
A un certo punto Bastian diede un colpo di reni e puntò i piedi, fermando la discesa e ribaltando le parti. Gli fu sopra, bloccandole i polsi. Di solito non giocava mai in quel modo incosciente con gli altri bambini – il gioco era una cosa seria – ma il viso determinato della piccola ragazzina che cercava di divincolarsi gli strappò uno sbuffo divertito.
«Dovrai riprovarci.» Rise ed evitò per un soffio una ginocchiata. Le bloccò le gambe. «Ma prima devi imparare come si fa, nel modo giusto.»
La lasciò andare e si mise ritto; le porse una mano, e questa volta Miva l'afferrò.
Bastian tentennò un momento, scrutando il terreno. Infine, trionfante, recuperò due robusti bastoni. Ne porse uno alla bambina e le mostrò la posizione di guardia.
«Tienilo con due mani e ricorda di accompagnare il colpo con tutto il corpo, così sarà più forte» si raccomandò.
Per la prima volta dopo tanto tempo, Bastian ritrovò la gioia di tenere alta la testa. Con quel bastone di legno e con il viso di Miva concentrato al massimo, sentì la voglia di vivere colorare le sue guance e tornare a rinvigorire i suoi polmoni. Combattere era il suo ossigeno. Non si risparmiò: incassò la foga della bambina e assestò qualche colpo, con precisione, dandole il dolce e l'amaro, così come suo padre aveva fatto con lui molto prima.
Nell'aria, tra i fragili fiori azzurrognoli, il rumore schioccante dei due pezzi di legno s'intrecciava al suono soave di grida eccitate e urla di dolore. Il vento spirò da est e cambiò violentemente direzione, infine si arrese alle correnti del sud-ovest, lasciando il posto alla pace e alla fratellanza.

 
 
N.d.A.

Ed ecco il secondo capitolo. Per me non c'è modo migliore per festeggiare il primo anno in questa comunità. Spero che la storia continui ad appassionarvi.
Purtroppo la principale è sotto pesante editing, e resterà ferma un altro po'. Nel frattempo spero possiate godervi questo squarcio nella storia e, se vi va, non dimenticate di commentare. Qualora questo mondo vi manchi troppo, vi ricordo che c'è anche l'altro spin-off:  Agur, primo del suo nome
   
 
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