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Autore: alaal    28/06/2017    1 recensioni
Quella sera, di fronte ad un buon bicchiere di latte caldo, ad un Pokémon innamorato viene chiesto qualcosa che metterà in dubbio tutta la sua esistenza. Avrà il coraggio di affrontare il suo destino e potere coronare il suo sogno d'amore? Un pericoloso rivale è dietro l'angolo... bisogna decidere in fretta.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James, Jessie, Meowth, Nuovo personaggio, Pikachu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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FLASHBACK

La scoperta della mia identità da parte di Miriam avrebbe potuto mettere per sempre la parola fine ai miei acquisti di ferrovecchio allo sfasciacarrozze di Zafferanopoli. Continuo a indietreggiare da seduto, colmo di vergogna e di imbarazzo, tentando in ogni modo di nascondere il volto agli occhi avidi della ragazzina che, incurante del mio profondo disagio, continua ad avanzare e a chiamarmi per nome.

-Tu… tu sei un Meowth!- Celine si avvicina con curiosità, e percepisco il suo dolce profumo e il suo silenzioso passo felpato. Lo percepisco, mi sta studiando con attenzione e il suo silenzio quasi irreale mi pare quasi uno shock.

-Celine, vieni qui!- Miriam ordina al suo Pokémon di allontanarsi da me, ormai mi sono costretto ad un angolo tra il muro e il bancone, lontano dalle sedie e dalla porta d’uscita. Avrei potuto alzarmi e scappare via, senza dare nessuna spiegazione in merito… avrei potuto fuggire. Sarebbe stata la cosa migliore da fare in quel momento. Ma dove avrei potuto recuperare il materiale che mi serviva per sviluppare il nostro “Aspiratuttomapropriotutto”? Per di più il progetto cartaceo ce l’ha in mano il vecchio titolare dello sfasciacarrozze, e non ne ho mantenuto una copia di riserva. Un sudore freddo inizia a colarmi dietro la nuca e, deglutendo un rospo amaro, abbasso la zampa che mi schermisce il volto e raggiungo con lo sguardo gli occhi cerulei della bambina, che mi osserva quasi sbalordita.

-Signor Peter… lei è un Meowth?- Che fare… che fare…? Non posso certo raccontarle di far parte del Team Rocket… avrebbe potuto lanciare l’allarme e avrebbe fatto di certo saltare il piano di saccheggio del Museo di Plumbeopoli.

-Ecco… io … non …- E’ estremamente difficile trovare un filo logico a quello che avrei voluto dire alla bambina. È terribilmente imbarazzante e provo un profondo disagio nel trovare una via d’uscita in quella situazione. In altri contesti non mi sarei neppure seduto a terra, con la mia proverbiale faccia tosta mi sarei inventato lì per lì una panzana colossale e, una volta raccolto il necessario da acquistare, me ne sarei andato a testa alta.

E invece… niente.

Perché mi sento così male?

Gli occhioni di Celine mi scrutano, guardinghi. In posizione leggermente arcuata, le leggere zampe anteriori divaricate, il Pokémon mi osserva con attenzione. Sembra quasi che mi stia studiando, con un mix di curiosità e di divertimento. Pare che si stia mettendo a ridere da un momento all’altro. Sono ipnotizzato dai suoi occhi. C’è qualcosa che mi attrae terribilmente in quel volto…

-Che cosa succede, Miriam?- All’improvviso, il vecchio gestore ritorna alla sua postazione con una scatola di cartone tra le mani. Aiutandosi con un piede, il nonno di Miriam chiude la porta dietro di sé e appoggia senza troppe cerimonie il grosso fardello sul tavolo, facendo un gran baccano e spaventandoci tutti quanti.

-Ecco qui, signor Pet…- E, appena si sporge dal bancone per osservarmi, il vecchio strabuzza gli occhi e gli occhiali dal suo cranio pelato sbattono sul naso. Mentre continua a gridare “Non ci posso credere!” si sporge sempre di più dal bancone, per osservarmi meglio. Ecco, la frittata è fatta.

-E tu chi saresti? Che fine ha fatto il signor Peter? Qui c’è la sua roba…!- E si guarda attorno, molto preoccupato. Che strana storia, è più preoccupato di non trovare il suo acquirente che domandarsi se il signor Peter fossi veramente io, poiché ho ancora la giacca addosso. Miriam ovviamente è più furba del nonno e, ridendo, mi indica con un dito, gridandogli: -Ma nonno! Questo Meowth è il signor Peter!- E ora, finalmente tornato in sé, il titolare dello sfasciacarrozze si sistema gli occhiali sul naso, abbandonando quasi immediatamente la postazione di lavoro e avvicinandosi verso di me. Una volta che si è inginocchiato, mi squadra sommariamente e, deglutendo abbastanza sonoramente, mi domanda nuovamente: -Tu… tu sei il signor Peter?- Con tutti quegli sguardi fissi su di me, è impossibile restare indifferenti. Avrei potuto, come il mio solito, gridare a squarciagola, mettermi lì a graffiare la faccia di tutti, rovesciarli, prendere la scatola piena degli articoli necessari al nostro piano e scappare via. Eppure, c’è qualcosa che mi trattiene dal fare tutto questo. La tensione del momento mi sta facendo grondare di sudore e, tossendo, mi tolgo tutto ciò che rimane del mio travestimento. Miriam, Celine e il nonno rimangono in silenzio ad osservarmi, mentre io ripongo in terra, quasi con maniacale ordine, la giacca, il berretto a larghe tese, gli occhiali da sole e tutto quello che rimane del mio travestimento.

-Io… io sono…- La voce, stranamente, mi esce tremando e quasi flebile. Che cosa mi sta accadendo? Sembra proprio che mi stia… vergognando. Da quando in qua io mi vergogno di quello che faccio? Mica sto rubando il materiale, ho i soldi! Eppure non riesco a controllarmi, volgo nuovamente lo sguardo verso Celine… e lei mi tiene, avida come una ladra, gli occhi incollati su di me. Quell’atteggiamento, quel portamento, quei lineamenti… mi stanno asfissiando.

-Tu sei…?- Il vecchio mi esorta a proseguire, ma non sembra infastidito né tanto meno arrabbiato nei miei confronti. Certamente si aspetta una risposta da me. Anche Miriam si avvicina di più e si siede di fianco a me, a gambe incrociate, appoggiando i gomiti sulle cosce.

-Dai, dicci chi sei! Un Pokémon parlante non si vede tutti i giorni, devi essere davvero bravo a parlare la nostra lingua!- La ragazzina è più furba di quanto pensassi. Se avesse fatto due più due, e se la fama di Team Rocket fosse conosciuta anche da quelle parti, non avrebbe sicuramente tardato a riconoscermi come componente della famigerata organizzazione. Stringo gli occhi, incapace di rispondere a quelle domande. Avrei potuto stare zitto, avrei potuto semplicemente tacere, dare i soldi al vecchio, prendere la roba e andarmene di corsa. Ma li avrei insospettiti… non avrei voluto, per nessuna ragione al mondo, tradire la copertura che sta seriamente per saltare in aria.

Che cosa ne sarebbe stato di TR37?

Devo inventarmi una bugia.

Una bugia… una bugia qualsiasi.

Eddai, Meowth. Ne hai raccontate così tante di balle.

Non è così difficile.

Vero?

Certo… è difficilissimo. Con quegli occhioni puntati addosso.

-Che carino… un Meowth parlante! - la bambina ridacchia – mi ricorda tantissimo un altro Meowth che è stato visto bazzicare a Smeraldopoli, qualche tempo fa, ne parlava giusto ieri il telegiornale, in cui la polizia…- No, no, no, no, no!!! Pensa, Meowth, pensa…

-Che cosa dice la polizia, Miriam?- La bambina sembra pensarci su, ma è evidente che si diverte a tenere sulle spine il nonno. Con le braccia conserte, si tiene il mento con un dito e un sorriso furbetto increspa le sue labbra rosate. Celine pare divertirsi un mondo nel vedermi cambiare colore in faccia, prima dal bianco, poi al verde, poi al rosso e poi al viola.

-Sembra che un certo Meowth faccia parte di un certo Team… Team Pocket, Team Socket… non ricordo come si…- E, con un grido che sconvolge tutti i presenti nell’azienda, mi alzo in piedi e spalanco le zampe anteriori davanti a me.

-Io lavoro per il signor Peter!!!-

FINE FLASHBACK

 

Le ferite che Arbok e Weezing mi hanno procurato in giornata fanno meno male. Riesco a stare leggermente seduto, appoggiato ad un palo di legno, nei pressi della spiaggia di Biancavilla. Ormai è calata la sera, il sole è tramontato oltre la linea che separa il mare dal cielo rossastro del tramonto. Osservo con una certa tristezza le nuvole che corrono in direzione sud-est, il vento si è alzato leggermente e la sabbia della spiaggia viene sollevata, andandosi a disperdere un po’ ovunque. Il sentiero alla mia sinistra conduce verso la piccola cittadina di Biancavilla, ormai quasi pronta per l’elezione del nuovo sindaco che si sarebbe svolta nella giornata di domani.

Si sentono delle grida a distanza, ci sono alcuni tecnici che continuano a urlarsi tra di loro ordini su ordini su come sia meglio posizionare luci, riflettori e altre robe per il gran banchetto che si sarebbe celebrato tra 24 ore esatte, con il nuovo sindaco a capotavola, nella piazza principale di Biancavilla. Gli spogli sarebbero iniziati di mattina presto, e il Laboratorio del Professor Oak è stato scelto come luogo dove votare e consegnare le schede. Quante persone ci saranno in questo paesino di campagna? Neppure un migliaio, scommetto. Forse molto meno. Molto probabilmente i risultati si sarebbero saputi entro la seconda metà del pomeriggio di domani.

Chi erano poi, i contendenti? Non conosco il programma politico di una cittadina abbandonata a se stessa, ma da quanto sono riuscito ad ascoltare durante la mia permanenza nella regione di Kanto, uno dei due candidati ha promesso di costruire una palestra proprio nei pressi del Laboratorio, col pretesto di aumentare il prestigio del torneo degli allenatori di Kanto. Non so se tutto ciò ha senso, so solo che non me ne frega un accidenti.

Pikachu si è allontanato qualche ora fa, diretto probabilmente dal suo allenatore. Mi ha promesso di non riferire niente al moccioso, ma avrebbe intenzione di sincerarsi di persona della mia posizione nei confronti di Miriam, Celine e del proprietario dello sfasciacarrozze di Zafferanopoli. Mi ha detto prima di andare via che mi avrebbe scortato da loro e che avrebbe ascoltato tutto dalle sue orecchie. Continuo a non capire la testardaggine di quel topastro, sembra che ci goda un mondo nel vedermi soffrire.

-Ma non si può fare gli affari suoi, una buona volta? Perché non va a giocare con i suoi amichetti petulanti e non mi lascia in pace?- Pare che mi abbia ascoltato, il mio pestifero nemico, perché sento sfrigolare dell’energia elettrostatica dietro di me. Mi volto di scatto e il dolore al fianco torna prepotentemente a farsi sentire, quasi togliendomi il fiato dal male. Pikachu è tornato, vedo negli occhi che è ancora leggermente arrabbiato nei miei confronti ma, nonostante il suo dubbio, mi ha portato un’altra metà di mela, presa probabilmente dalla cena in casa del suo allenatore.

Si siede accanto a me e, senza guardarmi direttamente in faccia, mi porge la metà della mela. L’altra metà ce l’ha lui, e senza dire una parola la prendo e me la tengo nelle mani, osservandola. Il buio ormai è padrone della spiaggia, non si riesce a vedere niente oltre a venti metri dal proprio naso. Lo scrosciare delle onde sul bagnasciuga è estremamente rilassante, il muggire del mare contro gli scogli del promontorio alla nostra destra rende l’atmosfera più distesa e, per un attimo, non mi ritrovò più a pensare alla missione, al Team Rocket, a Jessie, a James, a TR37, al Museo di Plumbeopoli… e nel susseguirsi delle immagini che scorrono davanti agli occhi, mi ritrovo nuovamente Celine. Il suo volto mi fa sussultare sul posto, che mette in allarme anche Pikachu, il quale si volta e mi chiede se c’è qualcosa che non va. Non rispondo alla domanda e mi limito a scuotere la testa.

Poi, d’improvviso, Pikachu mi comunica che tra dieci minuti ci saremmo alzati, diretti verso lo stand del proprietario dello sfasciacarrozze, un poco dislocato rispetto la piazza principale di Biancavilla, e avrei raccontato la mia versione a lui e alla nipote Miriam, confessando tutte le fesserie che ho raccontato loro nel corso di questo tempo. Stringo la mela con rabbia, ma dopotutto Pikachu non ne ha colpa, tanto meno Miriam, il vecchio o Celine. L’unica persona da biasimare in questo momento sono solo e soltanto io. Pikachu, quasi sbeffeggiando la mia improvvisa debolezza caratteriale, ride e si dice stranito dalla mia mollezza e di accettare tutte le sue imposizioni come fossi una marionetta.

Io non so più che cosa pensare. Potrei mollare tutto, alzarmi e cercare Jessie e James, ma credo che sarebbe stata un’ottima idea. Potrei ribellarmi a Pikachu, ma quel testa di legno è più forte di me e mi avrebbe mandato con le zampe all’aria con un colpo solo.

Non ho scelta, devo fare quello che mi dice lui.

 

Pregando più volte il mio compagno forzato di non passare per la piazza sotto la luce dei lampioni della sera, riesco a strappare la promessa di Pikachu che avremmo fatto il giro più largo, dietro la chiesa, di modo tale da prendere il sentiero proprio dietro lo stand dello sfasciacarrozze. A quell’ora Miriam e suo nonno staranno lavorando alacremente per mettere a posto tutte le loro cose in vista della festa dell’indomani. Al solo pensiero di vedere nuovamente Celine, mi si blocca lo stomaco. Il topastro non mi dà tregua e, continuando a spintonarmi da dietro, mi obbliga a proseguire lungo la stradina che costeggia la spiaggia di Biancavilla. Il sentiero è quasi avvolto dal buio, il che mi rassicura un po’, almeno non mi avrebbe scoperto nessuno.

Le pressanti spintonate di Pikachu iniziano a darmi sui nervi e, complice il dolore al fianco che va acutizzandosi, mi volto verso il mio nemico e inizio a inveirgli contro. Gli grido di smetterla di asfissiarmi, di lasciarmi stare, di lasciarmi camminare con il passo che desidero e che non c’è nessuna fretta di andare dal vecchio.

-Si può sapere perché ci tieni così tanto a starmi addosso? Non ti basta che io sia ferito e che cammini a stento?- Pikachu scuote la testa e, per niente intimidito dalla mia furiosa reazione ai suoi continui stuzzicamenti, con una zampa anteriore mi indica di proseguire per la stradina di terra battuta, e mi dice inoltre che mi avrebbe lasciato stare una volta per tutte dopo avere confessato tutto a Miriam ed a suo nonno ed avere chiarito la mia posizione nei loro confronti.

-Poi mi lascerai in pace, vero?- Il topastro annuisce, sorridendo. Chissà, può darsi che, dopo avere ascoltato le nostre chiacchiere, quel maledetto possa colpirmi con un attacco dei suoi e consegnarmi alla polizia. Non c’è da fidarsi di questo roditore.

Il nostro pellegrinaggio non dura a lungo: dopo una curva che vira verso destra, per poi chiudersi a gomito quasi immediatamente sulla sinistra, giriamo intorno alla vecchia chiesa (vista di notte, con quelle guglie e quell’aspetto imponente, incute quasi timore) e siamo proprio dietro la piazza principale, quasi in prossimità del sentiero che conduce a BoscoSmeraldo. Con quel buio penetrante non è assolutamente possibile riuscire a intravedere niente in quella fitta boscaglia. Il silenzio del bosco è quasi raggelante, mi chiedo che fine abbiano fatto Jessie e James… saranno nei pressi del bosco? Saranno andati via? Mi stanno osservando da lontano con i loro binocoli di precisione? Chi può dirlo.

Facciamo ancora qualche passo, e finalmente raggiungiamo lo stand dello sfasciacarrozze: niente di più che una semplice costruzione in legno, con un finestrone sulla sinistra, un bancone e una porticina sulla sinistra. Il piccolo stabile si trova all’estrema sinistra della piazza principale di Biancavilla ed è necessario fare un po’ di strada prima di poterlo raggiungere. Nel buio della sera il vecchio proprietario dello sfasciacarrozze sta montando l’insegna nella parte superiore della finestra , un semplice pezzo di legno dipinto a mano le cui scritte rosse sono poi coperte dalle luci al neon alimentate da un piccolo generatore posto di fianco all’edificio.

Pikachu mi tocca la spalla e mi ordina di richiamare l’attenzione dell’anziano. Mi dà un fastidio enorme prendere ordini da qualsiasi persona che non sia il capo del Team Rocket, figuriamoci se a darmi gli ordini è Pikachu. Avrei voluto ficcargli un pugno in faccia in quel momento, ma la mia attenzione viene catturata ben presto da uno strano movimento un poco dislocato alla destra dello stabile, pare proprio essere un Pokémon che sta correndo, silenziosamente, lungo la stradina che abbiamo appena percorso.

Strizzo gli occhi meglio (dovrei vederci al buio, sono un gatto in fondo) e riesco a intravedere la fisionomia affusolata di un Pokémon dal pelo biancastro. Il passo felpato e la rapida andatura catturano completamente la mia attenzione, ora che vedo meglio quel Pokémon sembra avere un rubino conficcato sulla fronte.

Un rubino… conficcato nella testa?

Non…

Non può essere.

Pikachu mi risveglia dal mio torpore strattonandomi non tanto gentilmente per una zampa, e per poco casco per terra. Ho un brutto presentimento. Continuo a guardarmi attorno, alla ricerca di Celine. Ma non la vedo.

Ah no, eccola, si sta allontanando, con discrezione, dalla piazza e un lampione la illumina quasi di sbieco.

Non capisco… perché si sta dirigendo nella direzione dalla quale siamo venuti io e Pikachu?

Un terribile dubbio mi sta attanagliando le viscere. Non posso allontanarmi dalla mia posizione che Pikachu, continuando a gridarmi nell’orecchio ordinandomi di parlare con il vecchio titolare del negozio di Zafferanopoli, non mi lascia un attimo di tregua.

Le grida acute del topastro catturano l’attenzione del vecchio che, in cima alla scala sulla quale è appoggiato, si volta verso di noi e sorride stancamente.

-Ah, i miei piccoli amici! Non vi aspettavo a quest’ora… stiamo montando lo stand per domani, mi aspetto delle grosse vendite!- Non vedo neppure Miriam, forse la ragazzina sta dormendo, oppure è da qualche altra parte, non lo so. A me interessa soltanto avvicinarmi a Celine, quell’allontanamento improvviso e quel Pokémon dal pelo biancastro che scappano via insieme mi sta tormentando come se stessi attendendo l’esito di una procedura penale.

-Ah, sì, buonasera…- Pikachu mi sussurra all’orecchio di non fare scherzi e di iniziare a confessare la mia posizione all’interno del Team Rocket e il mio rapporto con Jessie e James. Ma, con uno stratagemma, chiedo immediatamente dove si trovi Miriam, e mi informo sulla sua salute. Il vecchio è felice di avere ascoltato la mia domanda e, scendendo lentamente i gradini della scala, si avvicina verso di noi e, afferrando un fazzoletto di seta dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni, si asciuga il sudore dalla fronte, togliendosi gli occhiali dal naso.

-Miriam sta bene! È andata a fare le fotografie alla piazza e ai palazzi principali di Biancavilla. Domani mi darà una grossa mano, andando in giro per la città a fare un po’ di reclame!- E ridacchia, ritirando il fazzoletto di seta. Pikachu mi guarda storto, aggrottando leggermente le sopracciglia. Ma non ho tempo da perdere, il cuore mi sta battendo all’impazzata.

All’improvviso ho un disperato bisogno di rivedere Celine.

-E tu, Meowth, come stai? Ti sei ripreso dalle botte di oggi? Hai fatto un bel volo, sbattendo la testa contro l’albero nel bosco! Mi ero preoccupato, sai?- Poi volge la testa verso Pikachu e il roditore giallo, chiamato in causa dal vecchio, alza lo sguardo stupito.

-E tu devi essere il suo amico, gli hai dato una grossa mano con il tuo attacco elettrico. Se non fosse stato per il tuo intervento, Meowth le avrebbe prese di santa ragione…- Il nonno di Miriam non può capire cosa dice Pikachu in questo momento, ma io lo capisco benissimo, e mi arrabbio come una bestia. “Per me avrebbe anche potuto crepare in quel momento”.

I secondi passano inesorabili, mentre il vecchio continua a blaterare con il topastro, io continuo a guardarmi attorno, preoccupato. Poi, improvvisamente, mi intrufolo nel discorso, ormai mosso dall’esasperazione.

-E Celine? Celine, dov’è?- Il vecchio smette di sorridere e indica un punto imprecisato a nord, proprio da dove siamo arrivati noi.

-E’ andata verso la spiaggia… lei adora andare verso il mare, e non ha smesso di andarci da quando siamo arrivati.- Ma allora… chi è quel Pokémon con il rubino incastrato in fronte, che corre proprio nella direzione di Celine?

Un dubbio ce l’ho. Ma vorrei che non fosse quello.

Senza perdere ulteriore tempo, decido di interrompere la conversazione con il vecchio e, sordo alle grida di Pikachu, mi allontano velocemente dalla piazza, ritornando sui miei passi, zigazando per evitare le scariche elettriche che mi arrivano da dietro le spalle. Il dolore al fianco è poca cosa in confronto al dubbio che mi sta tormentando, mentre corro nella stradina di terra battuta percepisco le urla impazzite del roditore che mi ordinano di fermarmi, in pochi passi sento già il suo fiato nel collo, ma non mi importa.

Devo rivedere Celine, il cuore mi sta esplodendo in petto.

   
 
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