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Autore: Clarobell    13/06/2009    18 recensioni
Dopo uno scontro in mare, l'intera personalità di Rufy cambia. I ragazzi di Cappello di Paglia vorrebbero aiutarlo a riprendersi, ma come possono, se non sanno ciò che è accaduto? Dopotutto, loro dormivano mentre il loro capitano veniva torturato...
Genere: Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mugiwara
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4: Riflessione

La ciurma fissò assente il capitano immobile, occhi offuscati al faticoso alzarsi ed abbassarsi del tonico torace. Lentamente, Nami allungò una mano, prendendo una delle braccia di gomma e soghiggnando in ripugnanza.

Ne, Sanji-kun, hai detto che puoi cucinare di tutto, vero?” chiese, un sorriso timido sul viso.

Certo, Nami-san.” Replicò il cuoco, prendendo una sigaretta dalla tasca prima di metterla fra le labbra. “Come vorresti te lo preparassi?”

Penso,” affermò Robin, avvicinandosi per guardare il ragazzo incosciente. “Che dovresti abbrustolirlo.”

Hm?” replicò Nami, alzando un sopracciglio ed apparendo molto più che soddisfatta. “Sembra delizioso, Robin.”

Sanji annuì ancora, avviandosi verso i fornelli per accenderne uno, mettendo il fuoco al massimo. In realtà, non sarebbe stato tanto potente poche settimane prima, ma dopo il miglioramento di Usop grazie ai flame dials, il fornello era decisamente più efficiente.

La ciurma aspettò per pochi minuti che si scaldasse prima che Robin usasse la sua abilità del frutto del diavolo per spostare il corpo del capitano svenuto più vicino alla macchina. Infine, strappando la mano del ragazzo di gomma da quella di Nami, Sanji aprì la porta del forno per ficcarcela dentro, sbattendola dopo, assieme con la parte inferiore dell’arto allungato.

Prima che Rufy cominciasse a svegliarsi, agitandosi e grugnendo dolcemente mentre la mano iniziava a bruciare per il calore intenso. Se fosse stato una persona normale, avrebbe già urlato agonizzante, ma non essendolo, stava iniziando semplicemente a sentire dell’autentico dolore che gli passava sulla pelle.

Le palpebre pesante si aprirono di scatto per rivelare gli occhi annebbiati mentre si svegliava lentamente. Scuotendo leggermente la testa, grugnì, cercando di togliere la mano dalla fonte del dolore. Ancora intontito dalle precedenti torture e dalle droghe che Chopper gli aveva dato, gli ci volle qualche attimo prima di realizzare che aveva il braccio intrappolato. Capì che gli altri lo circondavano ancora e velocemente si costrinse a svegliarsi, voltandosi verso il fornello, con gli occhi spalancati per lo shock mentre capiva qual’era la causa del dolore.

Dannazione!!” imprecò a voce alto, cercando di tirare per aprire la porta. Sanji alzò dal terreno una delle sue lunghe gambe muscolose, premendo il piede sulla porta per tenere il forno chiuso.

Ah-ah,” mormorò con voce cantilenante. “Nami-san e Robin-chan sono affamate. Un buon capitano non lascerebbe morire di fame la sua ciurma tenendosi il cibo per sé, vero?”

Perle di sudore iniziarono a crearsi sul viso di Rufy mentre rivolgeva invece l’attenzione su di lui, dandogli un rude calcio, colpendolo alla sprovvista proprio in mezzo alle gambe. Sanji si piegò tossendo piano, le mano premute sull’inguine dolorante mentre i feroci occhi blu scoccavano occhiate verso Rufy. Anche se il suo corpo era ‘rinforzato’ dallo stato di possessione, non era difficile da danneggiare. Il giovane capitano l’aveva notato a malapena, essendo riuscito a liberare la mano dal forno. Fece un tentativo per raggiungere il lavandino, ma la strada venne interrotta da Zoro. Le spade doppie si fecero avanti, mancando appena la stanca pelle di gomma mentre lui evitava inciampando. Grugnì dolcemente mentre le spade colpirono il viso, lasciandogli un taglio sottile e sanguinante.

Luffy restrinse gli occhi verso il suo primo compagno, cercando di ignorare il palpito dolorante alla mano e al polso. Si teneva l’arto vicino, quasi infilandoselo nel petto, cercando di resistere all’urgenza di bagnarsi la pelle bruciata nel tentativo di raffreddarla. Chopper avrebbe potuto aiutarlo una volta che tutto quello fosse finito.

Erano faccia a faccia ora; il capitano ed il primo compagno. Lo spadaccino cambiò posizione per portare un altro attacco e Rufy indietreggiò con un grugnito di dolore mentre obbligava entrambe le mani ad unirsi a pugno. Preferiva la destra alla sinistra in battaglia, ma con la prima bruciata e rossa, avrebbe dovuto cavarsela con l’altra. Forse non doveva combattere? Zoro era sempre stato mentalmente forte, sicuramente avrebbe potuto raggiungerlo se avesse tentato… Come se gli leggesse nella mente, le labbra dello spadaccino si piegarono in un sorriso derisorio.

Fa male, Capitano?”

Tu non sei Zoro,” mormorò Rufy di rimando, anche se la sua voce era leggermente tremolante. Quelle… Persone stavano agendo sempre di più come i suoi nakama, ma qualcosa non andava bene.

Non avevamo già risolto questa questione?” chiese Robin, alzando con delicatezza un sopracciglio. “Pensi di essere un capitano così bravo da poter evitare che la tua ciurma ti si rivolti contro? Io l’ho già fatto, no?”

V-Voi non siete i miei nakama.” Affermò ancora Rufy, rifiutandosi di incontrare i loro occhi. Dannazione! Anche i loro occhi erano differenti! Come potevano fargli quelle cose guardandolo così preoccupati e fiduciusi??

“Voglio dire, per quanto pensi avremmo potuto tollerare tutti i casini in cui ci metti sempre?!” chiese improvvisamente Usop, furioso. “Quante volte hai combinato qualcosa trascinando dentro anche noi?!”

Voi non siete...” Rufy si fermò, prendendo un profondo respiro e rilasciando un sospiro improvviso. “I miei nakama.”

Come puoi esserne così sicuro?” chiese Nami, ispezionandosi le unghie con attenzione. “Quanti altri soldi devi perdere per causa mia prima che me ne vada, eh? Pensi che mi preoccupi di te più che del denaro?? Già.”

“Io ti rispettavo!” aggiunse Chopper, le lacrime che brillavano nei suoi occhi, facendo spalancare quelli di Rufy. “Ma viaggiare con te mi ha solo portato maggiori sofferenze! Vengo considerato un mostro dovunque vado!”

Chopper…” sussurrò Rufy, deglutendo. “Ti sei fatto dei nuovi amici! Hai dimostrato che puoi combattere!”

“Non avrebbe dovuto combattere od essere ferito nemmeno la metà di quello che è capitato se tu non fossi stato così maledettamente irresponsabile.” Zoro fece una smorfia, rinfoderando le sue spade ed incrociando le braccia sul petto mentre si allontanava di nuovo. Aveva capito che le sue parole danneggiavano il ragazzo più dei suoi attacchi. “A pensarci, sto seguendo un Capitano debole e patetico. Penso che sia ora di separarci.”

Rufy deglutì con forza, trattenendo le lacrime che quelle parole causavano. Senza i suoi nakama, non era niente. Aveva imparato quella semplice regola tanto tempo prima. Poteva rammentare con vividezza come si era sentito impotente mentre li aveva guardati scomparire uno ad uno, sapendo che non avrebbe potuto fare nulla, non importava con quanto impegno ci avesse provato. Ma lo sapeva! Sapeva che la sua ciurma non l’avrebbe mai abbandonato! Quella non era la sua ciurma! Il moro restrinse gli occhi, prendendo un lento respiro per calmarsi.

“Voi non siete i miei nakama.”

La persone che lo circondavano lo fissarono tetre, ovviamente non felici della frase.

“Vedo che dobbiamo passare alla fase successiva,” affermò Sanji, con la voce soffice come la seta, ma con una nota gelida. “Nami-san…?”

Nami dietro annuì, scambiandosi un’occhiata con Robin. L’archeologa sorrise maligna prima di far fiorire due braccia nel pavimento dietro il capitano. Le parti separate si mossero veloci, e le dita sottili afferrarono le caviglie gommose in una presa, letteralmente facendolo inciampare nei suoi piedi. Rufy atterrò duramente, avendo concentrato la sua attenzione sull’avvicinamento di Nami, e prima che avesse una possibilità di scappare, si ritrovò sdraiato di schiena, con le braccia tenute da Zoro e Sanji e le gambe da Usop e Chopper. Nami sorrise ironica al capitano agitato, scoccando un’occhiata ad Usop prima di mettersi a cavalcioni di Rufy. Usop si mosse silenziosamente, inginocchiandosi dietro la testa di Rufy per tenerla ferma. Un ghigno malevolo si aprì sulle labbra della navigatrice mentre premeva con le ginocchia e con i gomiti, allungandosi in avanti, sul corpo del capitano.

“Allora, Rufy,” disse, prolungando il suo nome mentre socchiudeva le palpebre. “Sei mai... stato con una donna, prima?”

Gli occhi di Rufy si spalancarono e si ribellò alla presa d’acciaio della ciurma, ma per quanto si sforzasse, scoprì di non potersi muovere affatto. Le prese su ogni arto si sistemavano semplicemente per tenerlo al meglio. Gli ampi occhi neri ritornarono su Nami, ribollendo mentre la vedeva iniziare a spogliarsi, e riniziò ad agitarsi.

“Basta!!” urlò, inarcando la schiena ed allungando gli arti da far concentrare Zoro, Sanji e Robin per riuscire a tenerlo fermo. “Maledizione, bastardi! Non so chi siate, ma non avete il diritto di farle questo!! Basta!!”

Ma io voglio te, Capitano.” Sussurrò Nami lasciva, lasciando scivolare la camicia sul pavimento, esponendo la parte superiore del corpo. Rufy sigillò gli occhi, rifiutandosi di guardare. Chopper approfittò dell’occasione per lasciare la presa sulle gambe di Rufy, affidandola a Robin, mentre trottava verso la sua borsa medica, frugandovi per estrarne una siringa. Velocemente e con l’aiuto di Zoro, la iniettò nel collo di Rufy. Ci vollero pochi minuti perché la droga facesse effetto, mentre l’agitazione del ragazzo si calmava fino a farlo rimanere fermo. La ciurma si spostò, lasciano Nami avvicinarsi ancora mentre si sistemava sopra di lui, ponendo il corpo sul suo, ormai coperto solo da gonna e mutandine, col petto completamente nudo.

“Cos’era?” chiese Zoro, passando lo sguardo da Chopper al capitano immobile.

“Una droga paralizzante,” replicò la giovane renna, sorridendo ironica. Era innaturale sulla sua tenera faccia. “Lo terrà fermo per un po’, ma potrà ancora sentire tutto quello che faremo.”

“Bello,” Lo spadaccino fece un sorrisetto accovacciandosi dietro Rufy, che riapriva le palpebre. “Goditi lo spettacolo, Capitano.”

Rufy non rispose, il corpo ora rilassato, ma ancora sveglio, il petto che si alzava ed abbassava velocemente per i veloci ansimi. Non poteva lasciare che accadesse – non poteva! Era Nami!! La sua nakama – la sua navigatrice! Nami non avrebbe voluto! Lui non voleva! Dannazione! Perché non poteva muoversi??

Nami era ora petto contro petto con lui, il mento posato sulle braccia incrociate. “Allora, Rufy,” sussurrò, un dito che circolava sotto il collo di lui. “Perché non mi guardi, huh? Non ti piace quello che vedi?”

Gli occhi del capitano rimasero concentrati sul soffitto. La droga avrebbe anche potuto bloccargli i movimenti, ma poteva ancora fare dei piccoli spostamenti. Nami si accigliò, scivolando sul suo corpo per essere faccia a faccia con lui, tenendogli la testa con le mani.

“Ti ho sempre voluto, Rufy,” miagolò al suo orecchio, succhiandogli un po’ il lobo prima di continuare. “Da quando ti ho visto ad Arlong Park e tu mi hai salvato…”

Rufy rilasciò un leggero grugnito, ma con la droga che correva nel suo sangue, non poté far altro che guardare Nami chinarsi e premere le labbra sulle sue per baciarlo a lungo, la lingua che scorreva sulla sua bocca, ancora insanguinata dalle battaglie precedenti. Il cuore accellerò nel petto, il sangue corse sulle guance per colorargliele. Non era uno che si imbarazzasse facilmente, ma quello era inaccettabile. Come avrebbe potuto affrontare Nami dopo quello – dopo aver lasciato che accadesse.

“Che c’è che non va, Rufy?” chiese la rossa, tubando e pulendo dal sangue le sue guance, con gli occhi illuminati d’amore. “Non mi desideri?”

“Forse non gli piacciono le donne…” commentò Sanji annoiato, un leggero sorriso attorno alla sigaretta che stringeva tra le labbra, gli occhi tetri.

Hm, forse no,” disse Nami, mettendo il broncio in un’espressione ferita e sedendosi prima di passare una mano sul corpo paralizzato del ragazzo. “Ed allora…”

“Be’, c’è un unico modo per saperlo, no?” disse Robin, con la voce dolce ma minacciosa. Rufy non poté fare altro che guardare impotente.

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Rufy si ingobbì ancora mentre le memorie lo assalivano. Succhiò un profondo respiro, stringendo gli occhi per concentrarsi solo sulle attutite conversazioni che risuonavano nella cambusa. Ora lo sapevano. Tutti i suoi tentativi di impedirlo erano falliti. Ora sapevano chi erano i colpevoli, l’avevano forzato sempre di più finché non avevano ottenuto la risposta. Avevano scoperto che cosa avevano fatto e cosa lui aveva permesso che succedesse. Cosa avrebbe pensato Nami? E Zoro avrebbe visto quant’era debole...

Ora lo avrebbero abbandonato?

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Non si era mai sentito così umiliato in vita sua. Ogni parte di sé bruciava di indignazione, sulle guance rosse le lacrime impetuose scendevano unendosi con le ferite, ognuna che emergeva per il senso di colpa. Scivolavano velocemente per il peso, prima di fuggire dalla pelle per spiaccicarsi sul pavimento di legno. Non si preoccupava di trattenerle. Stava iniziando a recuperare la mobilità, ma non tentò ancora di alzarsi. Quei… mostri avevano avuto il loro divertimento. Non erano i suoi nakama. Altre grosse lacrime fuggirono dagli occhi brucianti e Rufy restrinse gli occhi per la rabbia... l’odio. Quelle cose gli avevano fatto qualcosa di imperdonabile. Avrebbe potuto tollerare la sua stessa violazione. Avrebbe sopportato il dolore alla schiena, per i morsi che gli avevano dato per farlo divertire. Il forte rilassamento dovuto alla droga di Chopper non era stato d’aiuto; ma la pelle di gomma aveva dato un minimo disagio alla prima penetrazione di Zoro. Si era sentito come a Little Garden, quando stava guardando i suoi nakama morire lentamente, coperti di cera. Era stato capace di sedersi a bere un tè con quella stupida ragazzina pittrice! Ma il senso di colpa che sentiva ora era molto più pesante. Avrebbe potuto vivere se fosse stato lui e basta. Ma i suoi nakama… Lo avrebbero perdonato per averli lasciato fare una cosa così terribile… Così imperdonabile? Avrebbe potuto batterli nel momento in cui si fosse accorto che qualcosa non andava. Però era quello che loro volevano. Non erano i suoi nakama, ma erano nel loro corpo. Voleva che se ne andassero, voleva farli pentire di aver incrociato la sua strada. Ed era ancora quello che volevano, però, ed aveva già ferito abbastanza i suoi nakama lasciando che succedesse. Anche se avesse dovuto sopportare il più grande dolore del mondo, non si sarebbe arreso. Non ora.

Li guardò in silenzio, furioso, mentre Zoro e Nami si rivestivano. Il suo primo compagno e la sua navigatrice, i primi due membri della sua ciurma – i due che erano stati con lui fin dal principio. No. Era intollerabile. Ma combatterli adesso non avrebbe significato niente. Avrebbe sopportato, perché ferirli ora avrebbe dato loro solo ciò che volevano. Avrebbe aspettato ed avrebbe sofferto, ma non gli importava. Poteva sopportarlo. Avrebbe superato la notte e sarebbe sopravvissuto per vedere cosa il mattino gli avrebbe portato. Se la sua ciurma lo odiava, avrebbe lavorato per riacquistare di nuovo la loro fiducia. Ce l’aveva una volta, avrebbe potuto riaverla. Se quelle cose dicevano la verità ed i suoi nakama erano infelici ad averlo come capitano, avrebbe tentato qualcosa, ma quello che non avrebbe fatto, sarebbe stato arrendersi.

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Rufy si morse duramente il labbro inferiore. Sembrava ironico, ma ora, da solo sul ponte senza immediata protezione, si sentiva alla fine rilassato. Calmo a sufficienza da rivivere quelle orribili memorie, sapendo che nessuno l’avrebbe toccato nei prossimi minuti o cercato di avvicinarsi a lui.

Gli occhi neri e spiritati si mossero, guardando la luce che filtrava dalla cambusa della Merry. Poteva sentirli parlare ancora, mormorare assieme, cercando di immaginare chi avesse fatto cosa. Sapeva che erano più preoccupati di prima. I minuti successivi avrebbero deciso se il loro viaggio fosse terminato.

Il pensiero di dover di nuovo navigare quelle acque lo faceva tremare visibilmente. Le sue mani sanguinanti avevano graffiato il corrimano della Merry. Usop non l’aveva notato, o non poteva vederlo. Rufy non era sicuro di quale fosse l’ipotesi corretta. Si chiese come avevano reagito quando l’incantesimo era svanito, o se, come aveva immaginato una volta, non fosse stato solo una sua fantasia; un’illusione per farlo impazzire. Grugnì dolcemente quando una lunga scheggia si infilò sotto il pollice dal legno rovinato. Fissò con attenzione per un paio di minuti la sottile linea di sangue che scorreva dalla puntura. No. Quel danno era reale come quelli che gli erano stati inflitti.

Aveva dubitato di molto prima, dalla sua abilità alla fedeltà della sua ciurma. Come non avrebbe potuto, però? Alla fine, lo avevano davvero imbrogliato. Che razza di capitano era, se confondeva la sua ciurma con quegli stupidi fantasmi? Non importava che potessero ingannare la sua memoria o la sua ciurma – lui avrebbe dovuto vederci attraverso.

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“C’è qualcosa che non va, Rufy?”chiese Chopper, la sua voce così sinceramente preoccupata che causava un’altra nuova ondata di lacrime arrabbiare. “Perché stai piangendo?”

N… Non… m’nak’ma…” Balbettò Rufy, la bocca ancora impastata e lenta. Lentamente allungò le gambe, combattendo per recuperare il controllo del suo corpo mentre gli effetti della droga paralizzante iniziavano a svanire.

“Cosa..?” disse la piccola renna, con la voce piena di shock. “M-Ma avevi detto che eravamo nakama! Rufy… Tu… Tu hai detto…!”

Il giovane capitano sbatté le palpebre con forza, gli occhi che si trascinavano su di lui. Lo aveva chiamato ‘Rufy’? Poteva essere che i suoi nakama... fossero tornati? “Cho… pper?”

Il dottore annuì, gli occhi pieni di lacrime. “Perché, Rufy?” disse, con voce sottile e ferita. “Perché ci hai fatto questo…?”

“Fatto... Questo...?” disse lui, prima di spalancare gli occhi. “C-Chopper??” Poteva davvero essere Chopper? Il vero Chopper??

Bastardo!” sibilò improvvisamente Sanji, una Nami piangente stretta fra le braccia. “Idiota!Come hai potuto?! Noi credevamo in te!”

N-No… non è – c’era qualcosa dentro di voi!” ribatté Rufy, alzandosi debolmente, forzando il corpo a riprendere a lavorare. “Vi controllavano!”

“Stronzate!” ruggì il cuoco, rilasciando la presa di Nami mirando a Rufy. Però Zoro lo intercettò, trattenendolo e facendolo grugnire dallo sforzo.

Oi,” abbaiò. “Non è il modo di risolvere le cose.”

Zoro…” disse Luffy, sospirando sollevato. Poteva sempre contare su di lui. “Devo credermi… Volevano che vi facessi del male, ma io no, così--”

“Così cosa?” interruppe Zoro, la voce secca ed arrabbiata. “Ci hanno fatto scopare?!”

Un lieve rossore tinse le sue guance, ed allora Rufy deglutì, cercando di sciogliere il nodo alla gola.

“Non... Non è così,” disse Rufy, fissando ogni membro della ciurma prima di fermarsi su Nami, seduta al tavolo, le lacrime che scorrevano sul viso. Lentamente le si avvicinò, inciampando sulle gambe deboli. “Nami, Io--”

“Non toccarla!” urlò Sanji, liberandosi dalla stretta di Zoro e mettendosi a protezione della navigatrice. Rufy deglutì con forza, le mani tremante. Era sbagliato! Non gli aveva fatto del male! Non li aveva... violentati – loro avevano violentato lui – aveva le ferite a dimostrarlo! Ma allora, perché i suoi nakama stavano mentendo?? Aveva... davvero fatto quello a Nami e Zoro?? No! Mai! Dannazione, era tutto così confuso! Ma... Nami stava piangendo, e lui aveva promesso a quel vecchio con la girandola di non farla mai piangere…

Nami…” disse, deglutendo all’indietro il nodo alla gola, “Voi tutti, posso spiegare...”

“Non vogliamo le tue scuse,” sibilò Sanji, gli occhi stretti. “Ti faremo pagare per tutto quello che ci hai fatto passare, e quando avremo finito, ce ne andremo.”

“Voi dovete... Farmi spiegare!” li pregò Rufy, inciampando all’indietro mentre le sue gambe deboli lo abbandonavano, la visione che sfocava per le nuove lacrime che gli salivano agli occhi. “Non è così!”

Si mosse nel tentativo di rialzarsi, ma si scontrò con la punta della spada di Zoro, e perse il fiato quando incontrò i suoi occhi. Di sicuro Zoro gli credeva..? Zoro gli aveva sempre creduto, anche quando era l’unico.

“Mi dispiace, Rufy,” disse freddamente, stringendo la presa sulla spada, gli occhi stretti. “Come ho detto, ti avrei seguito fino a realizzare il mio sogno.” Gli occhi smeraldo si strinsero come fessure, la nocche sbiancarono, il pugno sul manico della katana. “Ma non voglio seguire con capitano disgustoso come te.”

Rufy aprì la bocca per protestare, pregare, supplicare se avesse dovuto. Ma prima di averne la possibilità, la spada di Zoro lo colpì al petto, tagliando con facilità la sua pelle di gomma non protetta. Rilasciò un urlo inumano mentre cadeva all’angolo, tossendo sangue e contraendosi per il dolore. Prima, i tagli avrebbero potuto essere profondi, ma niente che non potesse sopportare, ma questa volta sentì come se l’intero petto fosse stato accoltellato con spade incandescenti.

La ciurma lo guardava in silenzio mentre si contorceva per respirare, non osando muovere il suo corpo per la paura di peggiorare la sua ferita letale. Incapace di sopportare maggiormente il dolore, Rufy cercò di alzare la testa, rilasciando un gemito soffocato di dolore prima di vedere infine la ferita. Il suo fiato si bloccò nella gola e gli occhi si aprirono in genuino orrore quanto vide il profondo taglio nel petto. Con la precisione che aveva solo un vero spadaccino, Zoro lo aveva aperto in due. Dalla metà del petto fino all’inguine, poteva quasi vedere i suoi organi interni.

"Non preoccuparti, Capitano,” disse Zoro, nessuna traccia nella sua voce di qualcun’altro o qualcun’altro dentro di lii, mentre si chinava su di lui con un sorriso. “Non ti farò danni all’interno. Mi limiterò a ‘aprirti’.”

Luffy inghiottì la saliva, tutto il corpo che tremava per lo shock ed il dolore. Non poteva essere accaduto. Doveva essere un sogno – doveva. La sua ciurma non avrebbe – non avrebbe!

"Allora,” intervenne Usop, come se fosse un giorno qualunque. “Qualcuno vuole condurre le operazioni?”

"Sai,” sorrise Sanji, rilasciando la presa protettiva su Nami. “Sembra diverente.”

La ciurma si mosse per inginocchiarsi in cerchio attorno a Rufy, ed il sorriso di Sanji aumentò mentre lo afferrava per la pelle gommosa e costringeva la pelle ad allargasi, lasciandogli un buco nel petto. Il giovane urlò di dolore, ed il corpo si agitò causando ancora più dolore e sangue priva di scivolare giù, pallido, tremante ed esausto. I suoi occhi erano vuoti ed una sottile linea di sangue scorreva chiara all’angolo della bocca, per la testa era voltata a destra.

"Non lasciarlo morire finché non avrò finito, okay, Chopper?” sogghignò Zoro, prima di far scivolare la mano nel corpo aperto del ragazzo.

Rufy urlò ancora, strattonando il corpo mentre tossiva altro sangue, tremando di shock per la mano estranea, che gli stritolava gli organi in angoli assurdi, piagnucolando umilmente alle risa della ciurma quando le estremità di gomma ritornavano al loro posto. Lo facevano ad istinto. Voleva scappare. Non voleva combattere più, aspettava di andarsene e basta, doveva. Zoro ignorò i suoi patetici gemiti di sconfitta, estraendo le mani coperte di sangue e strusciandosi leggermente le dita.

“Ha fatto un rumore,” affermò, trattenendo l’impulso di sorridere. “Vuol dire che ho perso?”

Rufy gorgogliò altro sangue mentre Chopper cercava di tenere l’emorragia sotto controllo ed il resto della ciurma rideva del suo dolore. Smisero momentaneamente il gioco per dare al dottore il tempo di stabilizzare il ‘paziente’ in maniera che potessero continuare. La piccola renna gli fece un’altra iniezione, controllando che non ci fossero bolle d’aria nella siringa, prima di premerla sul collo di Rufy. Dopo pochi minuti, i respiri affannosi del ragazzo diventarono profondi e veloci, gli occhi socchiusi.

“Cos’era?” chiese Nami, con il mento sul palmo.

“Un’altra droga. L’ho inventata io qualche tempo fa,” replicò Chopper. “E’ prodigiosa contro il dolore e funziona come un anestetico senza farlo addormentare. È così forte che potrebbe ucciderlo, ma, eh,” alzò le spalle. Sarebbe morto comunque quella notte. “Ci dovrebbe dare ancora altro tempo per giocare.”

“Bene,” rispose Nami, attorcigliando le dita attorno ai capelli di Rufy in un gesto sprezzante.

"Oi, guardate,” disse Usop improvvisamente, indicando il suo petto, che si alzava ed abbassava irregolarmente, permettendo di vedere le pulsazioni al di sotto.

"Sapete,” intervenne Sanji, prendendo una sigaretta dalla tasca davanti ed accendendola in un attimo, in movimento. Fece una lunga aspirata prima di continuare. “E’ probabilmente l’unico uomo a cui si possa davvero guardare il cuore per bene da vivo.”

"Vedi, cuoco, potresti aver ragione,” sorrise ironico Zoro, prima di rinfilare le mani imbevute di sangue nel corpo di Rufy. Seguendo le istruzioni di Chopper, spinse le mani sopra, sorridendo nel premere i suoi polmoni e riducendo la sua respirazione. Prendendosi solo un momento di divertimento per i suoi respiri faticosi, lo spadaccino spinse leggermente la mano, raggiungendo finalmente il suo obiettivo. Rufy si contorse violentemente mentre la mano si chiudeva attorno al cuore tremante e Robin fece velocemente fiorire numerose braccia da aggiungere alla ciurma che lo teneva fermo per quanto possibile. Nami gli allungò la testa in maniera che potesse vedere Zoro che allungava l’organo oltre misura, facendolo uscire di pochi centimetri prima che una scossa violenta attraversasse il suo corpo ed i suoi occhi diventassero bianchi, garantendogli almeno il sollievo dell’incoscienza. Lentamente e con attenzione, Zoro mantenne la presa sul cuore, sorridendo al fatto che si allungasse come il resto del corpo. Da quel posto, tutti potevano vedere l’rogano tremante. L’equipaggiò era meravigliato che pompasse ancora nella mano di Zoro Roronoa, prima che Usop lo colpisse e poi alzasse le spalle.

"Eh, il gioco non è più divertente,” sospirò, con gli occhi indirizzati verso Rufy. “Non è più sveglio.”

Guardando in giù, la ciurma notò che era proprio svenuto anche se il suo corpo era ancora scosso dalle convulsioni. Con una smorfia, Zoro rimise il cuore nel petto, pulendosi il sangue dalle mani sulla maglietta da notte strappata di Rufy prima di voltarsi verso gli altri.

"Ed ora?”

Il sangue si allungava sul pavimento attorno al capitano immobile, la bocca spalancata in un urlo silenzioso, bruciature e lividi neri che gli decoravano il corpo. Un ricordo degli eventi notturni.

"E’ bravo da morto,” replicò Nami in tono annoiato, esaminandosi le unghie. “Dovremo pulire i nostri ospiti e rimetterli a letto. Sono sicura che ci ringrazieranno quando capiranno il favore che gli abbiamo fatto.”

"Già,” mormorò Usop, avviandosi verso il bagno. Lo seguirono una serie di accenni d0assenso mentre la ciurma si muoveva dietro di lui. Sembrava che il divertimento notturno fosse finito. Non c’era motivo di rimanere a finirlo se non era più sveglio per accorgersene. Anche se fosse sopravvissuto, non sarebbe rimasto un capitano ancora a lungo.

---

Rufy tossì l’ultimo rimasuglio di bile, asciugandosi la bocca prima di affacciarsi oltre la nave per ansimare leggermente mentre la nausea passava. Radunando quanta saliva poteva, sputò oltre il parapetto, cercando di liberarsi del sapore rancito di vomito. Le memorie lo avevano colpito duramente. Era la più vivida in mente, anche se era a malapena cosciente. Il suo petto si sollevò mentre il dolore fantasma lo colpiva, così reale. Alzò una mano sulla camicia, immergendo le dita sotto il tessuto per toccare i punti che tenevano strettamente la cicatrice. Dopo un altro paio di profondi respiri, estrasse la mano e cercò di calmarsi, guandando alle acque leggermente discontinue. Aveva ascoltato la ciurma, benché sapesse che non erano loro, e conosceva le sue opzioni.

“Tu sei l’unico che può batterli – possiamo aiutarti, ma tu sei l’unico che puoi decidere se stare meglio oppure no”

Le parole di Ace gli risuonarono in testa ed i suoi occhi si restrinsero leggermente per la determinazione. Non si sarebbe fatto fregare di nuovo. Non era stata la sua ciurma. Non gli importava quanti flashback avrebbe dovuto sopportare, quanti giorni, settimane, mesi, o anche anni ci avrebbe impiegato. Sarebbe tornato tutto a posto. Avrebbe affrontato di nuovo quelle cose, anche se l’avrebbero ucciso. Avrebbe parlato alla sua ciurma e risposto alle loro domande, e lentamente, forse, poteva riottenere quello che aveva perso.

Con una nuova determinazione e fuoco negli occhi, Rufy marciò verso la cambusa, ignorando le gambe tremanti. Esitò solo un secondo alla porta prima di aprirla silenziosamente ed entrare. Deglutendo con forza per darsi coraggio, si avviò verso il tavolo rovinato e si fermò dove Zoro era seduto, sulla panca. Tremò leggermente all’eccessiva vicinanza ma respirò profondamente, tenendo la testa chinata. Gli occhi di tutti erano concentrati su di lui, il silenzio freddo e pensante, fino ad essere finalmente rotto dalla voce soffice del capitano. Era debole e aspra, ma ancora attraversata da una determinazione che non avevano più visto da quando era iniziato tutto.

“Voglio tornare indietro.”

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Note del traduttore:
Ciao a tutti! Questo capitolo è stato proprio un parto, sia per me che per voi lettori, immagino. Ma finalmente eccolo qui! Ho avuto notizie dall'autrice: purtroppo nell'ultimo periodo ha avuto dei problemi che le hanno impedito di dedicarsi come avrebbe voluto alla scrittura amatoriale, ma vi ringrazia tutti per le vostre splendide recensioni e ci tiene a rassicurarvi che questa storia vedrà la fine al più presto, al massimo altri quattro capitoli. Perciò continuare a seguire la storia con fiducia! E grazie ancora a tutti voi che la seguite anche da parte mia, fa sempre piacere aver fatto del lavoro utile a qualcuno ^^ Alla prossima!

  
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