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Autore: Kia_1981    07/07/2017    1 recensioni
Seguito di "Un Invito Inaspettato".
Cosa è successo durante il pranzo di Natale a cui Julian è stato invitato? E Megan andrà con lui a pattinare o cambierà idea all'ultimo momento?
Dal testo:
Jane squadrò indispettita la cugina, poi esibì un sorriso calcolatore.
«Visto che sei tanto stanca, immagino non andrai all’appuntamento che avevi in programma con Julian, vero?» Domandò con voce suadente.
«Non ho un appuntamento con Lord», fu la secca precisazione in cui risuonava l’eco minacciosa di una rabbia tenuta faticosamente a freno. «E non uscirò. Ho intenzione di rimanere a casa a studiare.»
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel Stuart, Julian Lord, Megan Linnet, Nuovo personaggio, Sophia Blackmore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Freddo.
Sentiva freddo, e voci concitate intorno a sé.
Era confusa, non sapeva cosa stesse succedendo e avrebbe solo voluto un po’ di silenzio per poter riflettere e ricordare. Dal momento che non sembrava esserci modo di avere più tranquillità, Megan decise di fare uno sforzo per disperdere la nebbia che le avvolgeva i pensieri.
 
Stava pattinando. Con Lord. E poi?
 
Era tutto così confuso… ricordava che voleva solo andarsene e tornare a casa in fretta.
Il caos intorno a lei era insopportabile; forse uno dei suoi famosi fischi avrebbe riportato la calma: in ospedale funzionava sempre.
 
«State lontani, vi ho detto! Sono un medico».
 
Megan si rese conto di conoscere quella voce: Annabel! Era a causa sua che si era allontanata precipitosamente.
 
Perché le era sembrata così in confidenza con Julian... no, assurdo, non poteva essere per quel motivo.
Perché era sicura che l’intero Studium avrebbe scoperto che era uscita con Lord, e lei detestava quel genere di pettegolezzi…
 
«Si sta congelando», sentì protestare. Qualcosa di caldo, con un profumo familiare, le venne appoggiato addosso, facendola sentire meglio.
Si prese un momento per ripensare all’accaduto mentre si prendevano cura di lei.
 
Ricordò la riva davanti a sé, mentre pattinava a velocità sostenuta.
Ricordò di essersi sentita fiera per quanto fosse riuscita ad imparare in così poco tempo, giusto un istante prima di realizzare che non aveva assolutamente idea di come fare per fermarsi.
All’improvviso le cose avevano assunto una strana prospettiva: le era sembrato di spiccare il volo, poi si era ritrovata a contemplare la punta dei suoi pattini che si stagliava contro il cielo pallido. Infine un dolore alla testa e il buio completo.
 
«Julian, smetti di agitarti e lasciami finire».
 
La voce di Annabel ebbe effetto anche su Megan. La giovane cercò di recuperare abbastanza lucidità in modo da poter ordinare a se stessa di reagire e rassicurare la collega sulle proprie condizioni di salute così, forse, l’avrebbero finalmente lasciata in pace.
Mosse la testa e fu come se uno spettacolo pirotecnico le stesse esplodendo dietro le palpebre serrate, dipingendo il dolore lancinante con tinte luminose e vivaci.
Un lamento soffocato le sfuggì dalle labbra, mentre qualcuno le stringeva la mano. Quella stretta, decisa e premurosa, la rassicurò, nonostante considerasse l’autore di quel gesto l’artefice del suo incidente.
 
«Va tutto bene, Megan», la tranquillizzò Annabel, «Non c’è niente di rotto, sei ancora tutta intera», proseguì evidentemente sollevata.
 
«Julian, sei in grado di portarla fino alla carrozza?»
 
Non ci fu alcuna risposta a quella domanda, ma Megan si sentì sollevare con molta delicatezza. Nonostante questo, l’intenso dolore alla testa e il disorientamento provocato dal cambiamento di posizione, le causarono un forte attacco di nausea.
Si portò una mano alla bocca e le braccia che la sostenevano si irrigidirono immediatamente.
 
«Spero abbiate la cortesia di avvisarmi se decideste di dare di stomaco», bofonchiò Julian teso, risvegliando in lei il ricordo di una notte d’estate sulla riva del fiume che attraversa la Vecchia Capitale: lei aveva bevuto troppo, durante una festa e si sentiva piuttosto frastornata e confusa. Julian l’aveva letteralmente raccolta da terra e le era rimasto accanto, l’aveva accompagnata in Collegio e poi… poi cercava sempre di non pensare a come fosse finita quella serata.
 
«Jules», lo ammonì in un sussurro, «Sei un idiota».
 
Appoggiata contro il suo petto, la giovane sentì il battito del ragazzo accelerare leggermente in risposta alle sue parole. Una lieve risata le riecheggiò contro l’orecchio mentre le braccia che la sostenevano sembravano più rilassate.
Avvertì un evidente sollievo anche nella voce del cavaliere quando, chinandosi su di lei, replicò a bassa voce.
 
«Sono davvero felice di sentirtelo dire, Milady».
 
Le sue labbra le avevano sfiorato leggermente la fronte, provocandole uno strano e piacevole brivido.
Borbottò un nuovo, colorito insulto all’indirizzo del giovane che rise un po’ più forte.
Esausta, Megan chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quel suono, dal ritmo dei passi di Julian e dal suo profumo ormai così familiare.
 
***
Il dolore alla testa era tornato forte e martellante al punto da essere insopportabile.
Megan si agitò, mentre il sonno in cui era sprofondata si trasformava, poco a poco, in dormiveglia.
Percepì una presenza silenziosa al proprio fianco. Prese nota di fargliela pagare appena possibile perché la stava di nuovo fissando mentre dormiva.
Ancora indecisa se aprire gli occhi o meno, fu raggiunta dal suono di una risatina. Una risatina decisamente femminile.
Julian si voltò verso la direzione da cui proveniva quel suono e disse qualcosa a voce molto bassa, per poi allontanarsi da lei.
Continuò a chiacchierare sommessamente con la sua interlocutrice, che sembrava divertirsi molto.
Dal canto suo, Megan cominciava a sentirsi alquanto seccata e indispettita dall’atteggiamento di Lord: l’ave-va messa in una situazione imbarazzante, era stato la causa del suo incidente ed ora, mentre lei se ne stava ferita e dolorante in un letto sconosciuto, lui aveva la faccia tosta di fare l’idiota con una ragazza. In sua presenza, oltretutto!
 
«Allora, ti piace?», domandò il giovane alla sua misteriosa compagna. Megan, irritata, artigliò le coperte.
 
«Altrochè!», squittì con entusiasmo una vocetta infantile.
 
Constatando che Julian stava parlando con una bambina, la dottoressa, suo malgrado, si rilassò.
 
«È bellissimo, questo disegno, grazie!».
 
Si udì un fruscio, il rumore di un bacio sulla guancia, la risata nervosa e imbarazzata del Cavaliere.
 
«Mi faresti vedere anche l’altro?»
 
Seguì un momento di silenzio, che a Megan parve interminabile, durante il quale le venne voglia di alzarsi per andare a vedere cosa diavolo stesse combinando Lord. Ricordò che Eloise le aveva accennato qualcosa, in proposito. Uno stupido pettegolezzo secondo cui Julian stava prendendo lezioni di disegno da qualcuno. Non che la cosa avesse importanza, in fondo: non le interessava assolutamente cosa facesse il giovane nel suo tempo libero.
 
«Oh, Julian! Che meraviglia, l’hai ritratta benissimo! È splendida!».
 
L’entusiasmo della ragazzina venne subito smorzato da Julian.
 
«Mi raccomando, Elsie: è un segreto. Non ne devi parlare né con lei né con nessun altro»
 
«Mi piacciono i segreti!», esclamò la ragazzina battendo le mani. Megan pensò che fosse insopportabilmente rumorosa.
 
«Prometto che sarò muta come un pesce».
 
«Bene. Ti ringrazio. Adesso vado a cercare tua sorella, nel frattempo posso affidarti Lady Linnett?»
 
Non appena Megan fu certa che Julian fosse uscito dalla stanza, decise di riaprire gli occhi.
Sobbalzò, trovandosi inaspettatamente di fronte il volto lentigginoso di Elsie.
 
«Siete sveglia!».
 
La ragazzina quasi gridò per la contentezza, provocando a Megan l’ennesima fitta dolorosa: la dottoressa eb-be l’impressione che la sua testa fosse sul punto aprirsi in due.
 
«Ti prego!», gemette massaggiandosi le tempie.
 
«Chiedo scusa», sussurrò subito l’altra, intimidita.
 
Seguì qualche momento di benedetto silenzio, che, se da una parte rese felicissima Megan, dell’altra sembrò stimolare la naturale irrequietezza di Elsie che cominciò ad agitarsi e sembrava aver perso la capacità di stare ferma.
 
«Mi dispiace per avervi distratta mentre stavate pattinando. Mia sorella voleva che mi scusassi con voi il prima possibile», esordì infine contrita, stropicciandosi le mani. «Come vi sentite? Ve lo chiedo perché poi vorrà saperlo».
 
«Non ti preoccupare», tagliò corto Megan nella speranza di liberarsi rapidamente di quella piccola seccatrice. «Parlerò io con tua sorella».
 
Sperava che la ragazzina non volesse giocare a fare l’infermiera, prendendosi cura di lei. Le tornò la nausea ma cercò di ricacciare indietro quella sensazione.
La risatina di Elsie risuonò lievemente tesa.
 
«Non mi riferivo a mia sorella. Parlavo di Julian», ammise candidamente, con un lieve sospiro trasognato. «Era tanto preoccupato e si è dimostrato così premuroso con voi»
Si lasciò sfuggire un altro sospiro, poi cominciò a parlare con aria ispirata, osservando il foglio che aveva tra le mani.
«Quando sarò più grande – ma non grande quanto voi – troverò anche io un fidanzato come Julian: gentile, divertente, attento, bello e forte. Perché di sicuro deve essere molto forte, visto che è riuscito a portarvi in braccio fino a…»
 
«Elsie!»,  la interruppe Annabel in tono autoritario. Non ebbe bisogno di aggiungere altro, perché la bambina si affrettò a lasciare la stanza mentre la sorella entrava, dimenticando perfino sul letto in cui era distesa Megan, il disegno che aveva gelosamente custodito fino a pochi istanti prima.
La dottoressa ribolliva di rabbia: quella piccola vipera le aveva appena fatto capire che la considerava vecchia, sovrappeso, e, soprattutto, fidanzata con Lord: un insulto peggiore dell’altro. Stringeva convulsamente le coperte per cercare di mantenere il controllo e non mettersi ad urlare contro quella piccola sciagurata, che probabilmente non si era nemmeno resa conto di quanto l’avesse offesa. Nonostante la mente annebbiata dalla rabbia, Megan riuscì ad accorgersi del disegno che le era stato abbandonato in grembo giusto un istante prima di cominciare a stropicciarlo come stava facendo con le coperte. 
Sorpresa di trovarsi quel foglio tra le mani, gli dedicò una veloce occhiata, trovandosi ad osservare un ritratto di Elsie. Non che si intendesse di arte, ma quello che stava guardando le sembrava un buon lavoro. Dunque era vero che prendeva lezioni. Non poté fare a meno di pensare che probabilmente doveva essere una donna a dargli lezioni. Una bella donna, visto l’impegno che il giovane sembrava riversare in quel nuovo passatempo.
 
«…stavo parlando con lei, poi all’improvviso è diventata pallida e tremava. Secondo me sta davvero molto male».
 
La voce di Elsie raggiunse le due dottoresse dal corridoio. Si scambiarono uno sguardo rapido, poi Megan alzò gli occhi al cielo e si coprì il volto con le mani mentre sprofondava fra i cuscini. Cosa aveva fatto di male?
 
«Forse le tue continue chiacchiere hanno stordito Lady Linnett», commentò Annabel ironica, «Sbaglio, o avevo detto di lasciarla tranquilla?», aggiunse con un velato rimprovero.
 
Sulla porta apparve Julian. Il Cavaliere aveva entrambe le mani occupate: da una parte teneva Elsie che lo stava letteralmente trascinando nella stanza, dall’altra aveva la borsa da medico della loro ospite che le porse immediatamente, ricevendo in cambio un sorriso colmo di gratitudine.
 
«Grazie, Lord. Ora uscite e lasciatemi lavorare»
 
«Perdonatemi solo un istante, Onorabile Annabel», tergiversò il giovane. «Ho dimenticato una cosa».
 
Entrò e si diresse verso la poltrona, seguito a ruota dalla bambina.
 
«Anche io ho dimenticato una cosa!», annunciò quest’ultima nel suo solito tono squillante. Corse verso Megan e le tolse di mano, senza troppi complimenti, il proprio ritratto, rimirandolo deliziata.
La dottoressa non fece caso a quell’irruenza perché era troppo occupata a controllare cosa stesse combinando Lord: il ragazzo aveva recuperato il blocco su cui stava disegnando e aveva strappato un foglio. Dopo averlo osservato brevemente, l’aveva piegato con cura e riposto in una tasca della giacca.
Quando aveva alzato la testa, aveva incontrato lo sguardo inquisitorio di Megan e aveva sostenuto quel-l’ennesimo, silenzioso confronto con la consueta tranquillità. Le aveva rivolto un cenno di saluto ed era uscito dalla stanza chiudendo la porta dietro di sé.
Lei era rimasta pensierosa a fissare la porta chiusa, facendosi vaghe domande sul soggetto di quel disegno: la curiosità la stava divorando, provocandole una sensazione davvero fastidiosa. Era giunta alla conclusione che si trattasse di un ritratto di Annabel. Forse tra lei e Lord c’era qualcosa; evidentemente al ragazzo non importava che l’altra fosse ad un passo dall’altare… Megan sbuffò: Julian era un vero idiota.  
Una mano posata sulla sua la fece sobbalzare. Si voltò verso Annabel che la stava scrutando intensamente.
 
«Come ti senti?», le domandò con la premura che contraddistingueva il suo modo di trattare i pazienti.
 
«Ho un trauma cranico», fu la diagnosi espressa in tono incolore da Megan. Annabel fece un cenno affermativo.
 
«Ho una leggera nausea e mi sento piuttosto assonnata».
 
«Come va la memoria? Ricordi cosa è successo?»
 
Megan accennò un sì con la testa, sperando che Annabel non insistesse per sapere il motivo della sua fuga, dal momento che non voleva ammettere nemmeno con se stessa di aver provato qualcosa di molto simile ad un attacco di gelosia. Si agitò, a disagio sotto lo sguardo indagatorio dell’altra.
 
«Megan?», cercò di attirare la sua sfuggente attenzione. «Se Julian ha fatto qualcosa di male, perché non gli hai semplicemente affibbiato una punizione? Che bisogno avevi di scappare in quel modo?»
 
La bionda sbuffò. Non voleva rispondere. Ma, pensandoci, non era forse vero che la colpa di quanto accaduto era solo di Lord? Dal suo punto di vista, lo era certamente.
 
«Mi ha fatto saltare i nervi», si decise a dire alla fine. «Volevo solo allontanarmi il più in fretta possibile»
 
Riflettendoci, non era poi così lontano dalla realtà.
 
«Credo che lo spedirò a dare una mano al vecchio Dominus Fenaretes», proseguì appoggiandosi sui cuscini più rilassata. Fu solo per un istante, dal momento che le si affacciò il ricordo di un’altra punizione, inflitta da poco, che sarebbe stata incompatibile con la sua decisione di spedire Julian alle camere mortuarie della Misericordia.
 
«O forse no. Questa settimana avrà già la Miller fra i piedi, quindi sarà già abbastanza infastidito da lei»
 
Annabel si lasciò sfuggire un verso angosciato.
 
«Gli hai spedito quel supplizio di ragazza? Cos’altro ha combinato? Io sono stata sul punto di suggerirle di cambiare il suo corso di studi ogni volta che ho avuto a che fare con lei!»
 
«Forse passare tanto tempo con Fenaretes le farà finalmente prendere questa decisione», rise Megan.
 
Annabel annuì e terminò finalmente di esaminare Megan.
 
«La buona notizia è che sembra sia tutto a posto. La cattiva… ecco, sai bene come bisogna agire, vero? Devi essere tenuta in osservazione per una notte e ogni quattro ore qualcuno deve svegliarti e controllare se sei reattiva e se sei in grado di rispondere a delle semplici domande».
 
«Non credo sia necessario, sto benissimo», tagliò corto Megan.
 
«Volevo avvisare subito la tua famiglia dell’incidente», le confessò Annabel. «Lord mi ha convinta ad aspettare».
 
«Ovviamente. C’era da aspettarsi che avrebbe fatto di tutto per tenere nascosto il fatto, dal momento che è stata tutta colpa sua», replicò convinta.
 
«Megan!», sbottò spazientita l’altra, alzando gli occhi al cielo. «Ha semplicemente detto che avresti dovuto essere tu a prendere questa decisione. Non ha cercato di tenere nascosto nulla. Non che abbia qualcosa da nascondere, comunque».  
 
«Voglio tornare a casa», Megan era stanca di tutte quelle chiacchiere: voleva solo andare a rinchiudersi in camera sua e dormire. Chiuse gli occhi e si distese.
 
«Prima riposa», suggerì Annabel prendendo la sua borsa e avviandosi verso la porta. «Sarai affamata. Ti farò portare qualcosa di leggero da mangiare, non appena ti sarai svegliata».
 
Megan chiuse gli occhi e si riaddormentò.
 
***
 
Non aveva idea di quanto avesse dormito.
Socchiuse gli occhi e vide Julian, lo sguardo perso fuori dalla finestra, in direzione del lago. Teneva una mano nella tasca in cui aveva riposto il disegno.
Rimase ad osservarlo in silenzio, dal momento che non voleva essere trasformata nell’oggetto delle sue at-tenzioni, ma fu una precauzione inutile: il giovane si voltò e, vedendola sveglia, le sorrise.
 
«Avete dormito bene, Milady?»
 
«Vai al diavolo», ringhiò lei.
 
«A quanto pare state decisamente meglio», affermò il Cavaliere portando una sedia vicino al letto e accomo-dandosi accanto a lei. 
 
«Annabel non ti ha detto che ho bisogno di stare tranquilla?»
 
Julian sorrise, scaltro.
 
«Mi ha anche detto che probabilmente avreste avuto bisogno di mangiare qualcosa».
 
Megan incrociò le braccia, contrariata.
 
«Vi procuro tè e biscotti», continuò Julian, lasciandola sola e sorpresa per quel comportamento.
Approfittò di quel momento di pace per alzarsi: non aveva intenzione di stare a letto come se fosse malata.
Andò a sedersi ad un tavolino vicino alla poltrona su cui Julian era seduto a disegnare. C’era ancora il blocco che il ragazzo aveva usato e Megan lo prese, cominciando a sfogliarlo senza particolare interesse.
C’erano alcuni scorci della Vecchia Capitale: una locanda in cui doveva appena essersi verificata una rissa, un vicolo dall’aspetto sinistro, l’ospedale, il borgo di Altieres, la riva del fiume, la biblioteca… man mano che girava le pagine avvertiva una strana sensazione; aveva come l’impressione che quei soggetti, in quella precisa sequenza, potessero dirle qualcosa. Quello che era raffigurato nell’ultima pagina le diede un senso di nausea e le fece capire a cosa fosse dovuta quell’impressione di familiarità che aveva provato.
Tornò al primo disegno: era la sala della Locanda della Luna Piena. Sullo sfondo, tra tavoli e sedie ribaltati, c’era un gruppo di quattro studenti, due ragazzi e due ragazze. Uno dei ragazzi teneva fra le braccia una ragazza, sorreggendola come se le avesse appena evitato una caduta.
Ricordava quella sera: aveva appuntamento con Eloise, poi Julian e Jordan si erano aggregati e a causa di una lite fra ubriachi non erano neppure riusciti a cenare.
Poi il Canale dei Fraticelli, dove era stata chiamata per un’emergenza e si era trovata scortata da Julian.
La villa in cui il giovane Cavaliere aveva allestito il pic-nic per lei. Forse nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere un incontro romantico, invece si erano ritrovati a passare il pomeriggio in compagnia di Sophia e Gabriel.
Il fiume, la notte delle stelle cadenti, la notte in cui si era quasi ubriacata e poi… passò direttamente all’ultima pagina, saltando le altre che aveva già guardato prima: lì, in fondo, c’era qualcosa che gli aveva chiesto di fingere non fosse successo.
Due persone con la parte superiore del volto in ombra. Quello che si notava erano le loro labbra, appena socchiuse e appena separatesi dopo un bacio. Con la punta del dito sfiorò quello spazio vuoto, poi seguì il contorno delle labbra del ragazzo.
Sconvolta, si portò la mano davanti alla bocca.
 
«Lord, sei morto», sibilò furiosa, domandandosi se qualcuno, oltre a lei, avesse visto quei disegni. Doveva stare tranquilla e pensare ad una punizione esemplare.              
 
Pochi minuti più tardi, un bussare discreto annunciò l’arrivo di qualcuno.
 
«Avanti», rispose con voce ferma, sperando che fosse una delle cameriere con il suo tè. Quando la porta si aprì, non poté evitare di alzare gli occhi al cielo.
 
«Credevo avessero del personale di servizio in questa casa», commentò sarcastica mentre Lord entrava reggendo un grande vassoio con la merenda che le aveva promesso.
 
Il giovane si era limitato a rivolgerle uno dei suoi soliti sorrisi e una scrollata di spalle.
«Non volevo perdermi l’occasione di servirvi, Milady»
 
La dottoressa preferì tacere, per non dare corda a quell’impertinente. Rimase a guardarlo in silenzio, mentre le metteva davanti la tazza e le preparava il filtro con il tè. Il giovane riempì anche una tazza per se stesso, quindi sistemò in mezzo al tavolo un paio di piattini con un piccolo assortimento di dolci.
Il profumo si diffuse nell’aria e Megan si rese conto, in quel momento, di essere davvero affamata.
Immerse il filtro nell’acqua bollente e rimase ad osservarla mentre si tingeva di un colore dorato.
Julian, nel frattempo, si era reso conto che il suo prezioso album non era più dove ricordava di averlo la-sciato e si guardava in giro, cercandolo.
 
«Hai perso qualcosa?», gli domandò Megan, in un tono che lo indusse ad alzare lo sguardo verso di lei: stava sventolando l’album, tenendolo per un angolo.
La sua espressione non prometteva niente di buono.
 
«Posso riaverlo?», domandò tendendo una mano verso di lei.
 
Avrebbe preferito gettarlo nel fuoco, piuttosto che ridarlo a lui, tuttavia, senza aggiungere una parola, glielo porse.
 
«Cos’è quella roba?», gli chiese non appena il blocco sparì dalla sua vista.
 
«Solo scarabocchi che faccio durante i miei pochi momenti liberi»
 
Megan era furiosa. Chissà in quanti avevano visto quei disegni… chissà se qualcuno aveva intuito. Ripensò al disegno del bacio e si sentì male di nuovo. Non doveva pensarci.
 
«Ma certo. Come prima, quando io me ne stavo priva di sensi in un letto e tu passavi tranquillamente il tuo tempo chiacchierando, ridendo e facendo di tutto per tenere nascosto il mio incidente», ribatté irritata mentre faceva cadere un paio di cucchiaini di zucchero nella sua tazza.
Julian seguiva con attenzione i suoi movimenti.
 
«Forse avreste preferito trovarmi accanto a voi, svegliandovi?», la provocò. «Magari con la vostra mano fra le mie e un’espressione preoccupata in volto?»
 
«Oh, scommetto che ti piacerebbe!», rispose inviperita, accantonando il fatto che, in effetti, si era stupita che non si fosse comportato esattamente in quel modo. Non le era sfuggito che lui la stava ancora fissando. Era molto serio, teso, e non aveva ancora toccato cibo.
Mentre portava la tazza alle labbra, le venne un terribile sospetto.
 
«Hai messo qualcosa nel mio tè?».
 
Julian impallidì, sbarrando gli occhi.
 
«Che cosa?», boccheggiò incredulo. «Non posso credere che me lo abbiate chiesto davvero»
 
«Questa potrebbe essere l’occasione ideale per rifilarmi un filtro d’amore», continuò spietatamente lei.
 
Il giovane si rabbuiò e distolse lo sguardo scuotendo la testa. Sembrava dispiaciuto, ferito da quel sospetto, ma a Megan non importava: probabilmente gli dispiaceva solo di essere stato scoperto.
 
«Ma che razza di persona credete che sia?», le chiese infine, gelido.
 
La dottoressa si rese conto di averlo fatto arrabbiare, ma questo rafforzò ancora di più la convinzione che il motivo fosse l’essere stato smascherato.
 
«I ragazzi giovani fanno cose stupide», replicò lapidaria. «Soprattutto quando sono innamorati».
 
«Questa insinuazione non merita una risposta», affermò il giovane, alzandosi e rimettendo a posto la sedia.
 
Senza aggiungere altro uscì dalla stanza.
La porta si chiuse silenziosamente alle sue spalle, spalancando in Megan un enorme, probabilmente ingiustificato, senso di colpa: di sicuro Lord sarebbe andato a farsi “consolare” da qualche cameriera o, addirittura, da Annabel. 
   
 
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