Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    09/07/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Una decisione difficile

Vyncent si presentò alla cena con qualche minuto di ritardo. Joyce era troppo felice di vederlo per essere arrabbiata.
Il re e la regina non vi presero parte, preferendo cenare nelle rispettive stanze.
Al lungo tavolo sistemato nei giardini sedettero, oltre a lei e Vyncent, la sorella Bryce, Roge ed Elvana e Karv, più una mezza dozzina di facce che non aveva mai visto.
Nessuno di loro si presentò, dando alla cena un tono informale.
Nessuno aveva davvero voglia di festeggiare, ma tutti fecero i complimenti a Bryce per come aveva combattuto contro Fennir.
Joyce notò che la guerra l'aveva cambiata. Non era più la ragazza di un tempo, dolce e affettuosa. C'era ancora una parte di lei in quella nuova Bryce, ma quella nuova stava prendendo il suo posto.
Sua sorella stava diventando una vera donna. Persino gli uomini la rispettavano e chiedevano il suo consiglio. Uno degli invitati arrivò a invitarla a una cena per presentarla alla sua famiglia, ma lei declinò l'invito con gentile fermezza.
Tutti al castello dicevano che Bryce era nata per fare la regina e che un giorno ci sarebbe riuscita. Doveva solo trovare il giusto erede al trono.
In quel caso avrebbe dovuto lasciare il circolo di Valonde, com'era successo a sua madre trent'anni prima, quando aveva sposato re Andew, all'epoca un giovane e aitante principe. Anche lui faceva parte del circolo di Valonde ed era lì che si erano conosciuti e innamorati.
Almeno questa era la storia che era stata raccontata a Joyce.
Lei la trovava dolce e romantica come le storie che leggeva nei romanzi d'avventura. Lì il principe di solito era anche uno stregone che salvava la sua futura sposa dalle insidie di un mago malvagio o di una creatura pericolosa.
Ora che ci pensava nei romanzi gli stregoni erano sempre degli aitanti e coraggiosi principi e i maghi delle creature orribili e spietate.
Col tempo si era abituata a pensarla in quel modo, ma poi aveva cominciato a leggere il compendio magico di Lacey e aveva incontrato degli stregoni cattivi come Fennir, iniziando a dubitare.
Però Vyncent e Bryce erano davvero gli stregoni buoni delle favole. O almeno gli somigliavano molto.
Sapeva che sarebbero sempre stati accanto a lei in qualsiasi momento.
Joyce non sarebbe potuta essere più felice.
In quell'attimo tutto le sembrò perfetto.
Ma poi l'attimo passò e il mondo riprese ad andare avanti come aveva sempre fatto.
 
Il mattino seguente suo padre decise di accordare udienza a Vyncent e lo fece convocare poco prima di pranzo.
Joyce non riuscì a resistere e si appostò davanti alla porta dello studio del re per tutto il tempo, attendendo impaziente che Vyncent ne uscisse e le desse la notizia che si potevano frequentare e che dopo la guerra loro...
La porta si aprì e Vyncent ne uscì a testa bassa, scuro in volto. Marciò deciso verso l'ingresso.
Joyce lo seguì. "Che cosa vi siete detti?"
"Joyce, scusami" disse Vyncent senza alzare gli occhi. "Ma devo ripartire subito."
"Per dove?"
"Non posso dirtelo."
"Quando tornerai?"
"Non lo so. E a questo punto credo che non tornerò qui."
Joyce ebbe un tuffo al cuore. "Cosa? Io non capisco..."
Vyncent sospirò. "Tuo padre ti spiegherà tutto. Vuole parlarti."
"Dimmelo tu. Ti prego."
"Mi spiace." Vyncent le diede le spalle e andò via.
Joyce marciò verso lo studio di suo padre. Non attese che il valletto l'annunciasse. Entrò e si diresse verso la grande scrivania di legno ingombra di scartoffie dietro la quale il re era seduto.
"Perché Vyncent non può tornare? Dove sta andando?"
Re Andew assunse un'espressione grave. "Voglio che tu capisca..." iniziò a dire.
"Cosa?" lo interruppe lei.
"...Che è una decisione difficile anche per me" disse il re.
Joyce faticava a trattenersi dall'urlare.
"Se non ci fosse la guerra sarei felice di benedire il tuo fidanzamento con Vyncent di Londolin. Ma stiamo combattendo una guerra che sarà lunga e dura e abbiamo bisogno di alleati."
Joyce non capiva.
"Re Hagar è disposto a concederci il suo aiuto e l'appoggio del circolo di Taloras. A una condizione."
Joyce attese che proseguisse.
"Vuole rinsaldare i legami con Valonde con un matrimonio dinastico. Il suo erede al trono per una delle mie figlie. È un'offerta da non sottovalutare in tempo di guerra."
Joyce pensò per un istante che si riferisse a Bryce. Lei era la sposa perfetta per l'erede di Taloras. Era bella ed era una strega famosa.
Ma poi ricordò che Bryce faceva parte del circolo di Valonde e aveva una guerra da combattere.
Era lei, la piccola e inutile Joyce ad essere la perfetta merce di scambio in quell'accordo.
"Sapevo che avresti capito" disse il re.
"Non farmi questo" disse Joyce in lacrime.
"È la guerra e bisogna prendere delle decisioni difficili. Per tutti."
"Ti prego."
"Tra sei giorni partirai per Taloras, dove sarai affidata ai tuoi futuri generi. Restare qui è troppo pericoloso. Malag deve aver scoperto che volevo darti in moglie all'erede di re Hagar, per questo ha cercato di rapirti. Temeva la nostra alleanza."
"Papà..." Joyce sentì le forze mancarle.
"È il tuo destino, Joyce. Diventerai una regina ed è più di quanto sperassi per te."
Perché sono nata senza i poteri in una famiglia di stregoni? Perché sono debole e inutile e devo essere protetta da tutti i pericoli del mondo esterno? Pensò Joyce.
"Spero che tu capisca."
Quel giorno Joyce smise di credere nelle favole.

***

"Galef, ci siamo" disse Lindisa. "Il posto è questo."
I due cavalieri erano ai piedi di una torre che si ergeva dal terreno brullo come un gigantesco dente spezzato appartenente a un gigante sepolto in quella terra desolata.
Galef fu il primo a smontare, seguito da Lindisa. I suoi occhi brillavano mentre perlustrava la zona.
"Nessun occultamento?" chiese la ragazza.
"È sicuro" rispose lui. Gli occhi tornarono al loro naturale verde scuro.
"Sei sicura che sia il posto giusto?" domandò Galef, gli occhi puntati alla torre distrutta. Pezzi di quella che una volta era stata una fortezza giacevano sparpagliati sul terreno.
"La mappa ci ha guidati a destinazione."
"Spero che tu abbia ragione. A quest'ora ci staranno cercando."
"Sei pentito di averlo fatto?"
Galef ci pensò su. "Se serve a mettere fine alla guerra..." Quello era il suo unico pensiero. Aveva visto troppi orrori e vissuto troppe perdite per sopportarne altre.
La notte prima di partire aveva giurato a se stesso che avrebbe fatto di tutto per mettere fine alla guerra.
Ma un atto contro natura come quello?
Poteva sopportarlo?
"Diventeremo dei reietti" aveva detto a Lindisa quella notte, dopo averla stretta tra le sue braccia.
La ragazza l'aveva accarezzato passandogli le mani tra i capelli. "Saremo degli eroi."
"O i maghi cattivi delle favole."
"Se tu non te la senti, lo farò solo io. Me ne assumerò tutta la colpa."
"Non te lo permetterò. Faremo questa cosa insieme."
Lei l'aveva baciato. "Andiamo. Deve essere stanotte o mai più."
Così erano partiti abbandonando i loro compagni nel pieno della notte. Si erano allontanati senza dare alcun spiegazione.
Una diserzione in piena regola punibile con la morte in quei tempi difficili.
"Non oseranno giudicarti" disse Lindisa. "Tu sei un principe di Valonde."
"Le leggi del circolo non fanno alcuna differenza tra uno stregone di sangue nobile e uno di umile nascita."
"Ma se tu fossi il re non oserebbero toccarti."
"È Razyan l'erede al trono."
"Io parlo di un regno tutto tuo. Dopo che avremo vinto la guerra."
Galef ci aveva pensato. C'erano tante terre libere nel grande continente. Era così vasto che solo un terzo era stato esplorato. C'erano foreste e deserti e pianure che attendevano di essere conquistate. Erano piene di pericoli e di mostri che non avevano mai visto, ma che importava?
Loro erano stregoni. Piegavano gli elementi al loro servizio. Non dovevano temere alcunché.
Invece Galef aveva paura. Non di morire o di essere scoperto, ma di deludere suo padre. Nonostante i contrasti e le differenti vedute, re Andew era la sua ispirazione, il modello a cui guardava quando cercava di essere un buono stregone e una persona migliore.
Lindisa aveva trovato una mappa esplorando una fortezza abbandonata. Si trovava al limite di quella terra di confine che separava i territori di Malag da quelli dei suoi nemici.
Le forze dell'arcistregone avevano cercato di conquistare quella fortezza sacrificando ondate su ondate di stregoni, ma senza riuscirci.
Li avevano respinti a costo di ingenti perdite, ma avevano resistito. Fu allora che Galef aveva iniziato a dubitare di quello che stava facendo. Troppe persone erano morte per delle rovine senza alcun valore.
"A meno che non abbiano davvero un qualche valore" aveva suggerito Lindisa.
La sera stessa erano discesi nelle rovine per esplorarle. Loro due da soli, come facevano spesso.
Avevano trovato il santuario sotto una grande pietra spezzata. Un simbolo simile a una spirale era inciso su quelle antiche pietre.
"Il simbolo della magia proibita" aveva detto Lindisa. "C'è una vecchia leggenda su una maga che abitava le nostre terre, secoli prima che nascesse il circolo di Bariene. Ella indossava sempre vestiti con il simbolo della spirale. È così radicata che è considerata di cattivo augurio e non la riproduciamo mai."
In quel caso la spirale non era stato un segno infausto. Il santuario era in rovina. Una volta aveva ospitato una libreria, ma i volumi erano ridotti in polvere dai secoli passati ad ammuffire. Persino il legno delle mensole era stato consumato.
Restava solo la pietra, che era eterna. E incisa su una lastra di marmo nero e lucente avevano trovato la mappa e un'iscrizione.
"È la città perduta di Adras" aveva detto Lindisa decifrando l'iscrizione. "Questo era un avamposto."
"Il nome non mi dice molto."
"Non sai proprio niente tu" lo aveva ripreso Lindisa. "Adras era la capitale di Edmurgh, il mago supremo."
"È solo una favola per spaventare i bambini. I maghi non sono mai esistiti."
"La sua dimora ancestrale però sì. E questa mappa ci porterà lì."
Così era iniziato tutto. Lindisa lo chiamava il loro piano. Era semplice e al tempo stesso sconvolgente.
Dovevano raggiungere Adras, cercare tra le sue rovine la torre dove si diceva dimorasse Edmurgh, esplorarla alla ricerca del suo santuario e, se erano fortunati, trovare la sua biblioteca ancora intatta.
"E cosa speri di trovare in una vecchia biblioteca?" le aveva chiesto Galef.
"Il potere di mettere fine alla guerra."
 
Entrarono nella torre crollata. Erano i primi a mettere piede lì dentro da secoli e secoli. Le piogge e il vento avevano consumato le pietre, ma la base della torre era ancora in piedi.
"Dobbiamo trovare il santuario" disse Lindisa.
Il santuario era il luogo in cui i maghi passavano la maggior parte del loro tempo, immersi nello studio degli incantesimi.
Almeno era quello che le leggende dicevano.
Lì custodivano il loro tesoro più prezioso, il compendio di magia dal quale traevano i loro incantesimi. Nessuno sapeva chi li avesse scritti e perché, ma circolavano leggende affascinanti.
"I demoni" disse Lindisa. "Dalle mie parti sono stati loro a scrivere i libri di magia e a regalarli agli uomini per diffondere il caos."
A Valonde si credeva fossero gli spiriti cattivi. A Taloras i nani che vivevano nel sottosuolo e invidiavano gli uomini che invece godevano del caldo della superficie e volevano la loro rovina. A Ningothris erano una razza di scimmie simili agli umani, uomini-bestia malevoli che odiavano l'umanità. A Ellor gli elfi scuri che vivevano nel profondo delle foreste e tramavano contro i regni degli uomini.
E così via.
Ogni regno aveva la sua leggenda. O erano tutte vere o tutte false, si disse Galef sicuro. Fino a pochi giorni prima non credeva a una sola parola scritta sull'argomento.
Ma se Lindisa aveva ragione...
Il santuario era dove lei aveva previsto. Una grossa lastra di marmo nero chiudeva l'entrata. La superficie era ancora lucida e levigata dopo tutti quei secoli. Era come se la polvere e il tempo temessero il contatto con quell'antica reliquia di un passato insondabile.
Una spirale era stata tracciata sul marmo altrimenti perfetto.
D'istinto Lindisa vi poggiò sopra la mano aperta.
"È fredda" disse la ragazza.
Restarono in attesa senza che niente accadesse.
Esplorarono la torre in cerca di un'altra entrata al santuario, ma non la trovarono. La lastra di marmo nero chiudeva l'unica via d'accesso.
"Non ce la faremo mai a spostarla, nemmeno con un incantesimo di levitazione" disse Galef.
"Allora proviamo a spezzarlo." Lindisa esplose due dardi magici contro la lastra. Vennero entrambi assorbiti.
Galef toccò la superficie nel punto in cui i dardi l'avevano colpita. "È intatto. Ed è freddo."
"Impossibile" disse Lindisa poggiando la mano nello stesso punto.
In quel momento la lastra vibrò e si mosse.
I due si allontanarono di scatto e la lastra giacque immobile.
Lindisa e Galef si scambiarono un'occhiata d'intesa.
 
Il santuario era una sala circolare con un pozzo al centro.
Galef guardò di sotto, ma vide solo il buio. I suoi occhi si illuminarono, ma anche con la vista speciale attivata non riuscì a squarciare il velo oscuro che nascondeva il fondo.
"Cosa vedi?" gli chiese Lindisa.
"Buio. E oltre di esso altro buio."
La biblioteca conteneva numerosi volumi ridotti in polvere dal tempo. Una panca scavata nella roccia viva era l'unico arredo sopravvissuto ai secoli.
C'erano dei bassorilievi che mostravano un re che veniva venerato dal suo popolo.
"Edmurgh" disse Lindisa passando le dita su una delle sculture. "Quando era all'apice del suo potere."
Una delle scene ritraeva il mago con le mani sollevate al cielo mentre evocava il fulmine e lo scagliava su di un esercito nemico. La scena successiva mostrava i corpi dei soldati nemici ridotti in polvere. Seguivano altre scene in cui il popolo venerava il mago come un dio sceso in terra.
"La magia contro natura rende arroganti" disse Lindisa. "Edmurgh si credeva un dio, ma venne distrutto dai circoli degli stregoni che si unirono per abbatterlo."
"Forse dovremmo lasciare questo posto e tornare dei nostri amici" disse Galef mentre era vittima di uno dei suoi ripensamenti.
Lindisa lo ignorò. "Ancora non abbiamo trovato il compendio."
"Le leggende dicono che vennero distrutti. Chi ti dice che questo esista ancora?"
"Malag cercava questo posto. Se lui ci crede, allora ci credo anche io" rispose Lindisa osservando il pozzo. "Devo calarmi e raggiungere il fondo."
"Non ho incantesimi di levitazione" disse Galef.
Lindisa indicò la borsa che portava a tracolla. "Per fortuna ho portato una corda. Dammi una mano."
 
Lindisa si calò nel pozzo aiutata da Galef. Prima che iniziasse la discesa lui le disse: "Sii prudente."
"Ti amo" rispose lei.
Sparì oltre il bordo del pozzo.
Gli occhi di Galef brillarono cercando di individuarla nel buio che sembrava avvolgerla.
"Tutto a posto?" domandò.
"Finora procede" rispose Lindisa sbuffando. "Il buio sembra qualcosa di... vivo. Non so spiegarlo in altro modo. Sembra avvolgersi attorno a me come se fosse solido e dotato di volontà propria."
Per quanto si sforzasse Galef non riusciva a vedere che oscurità.
"Fa freddo" disse Lindisa, la voce sempre più distante e incerta. "Sembra che ci sia qualcosa qui..." Urlò.
Allarmato, Galef tirò la corda. "Ti riporto su, resisti."
"No" gridò lei. "Mi sono solo impressionata. Che sciocca. Non era niente."
"Sei sicura?"
Lindisa non rispose.
La corda si tese come se un peso enorme si fosse appoggiato su di essa. Galef temette che si spezzasse. Avevano solo quella e tirare Lindisa fuori di lì sarebbe stato impossibile.
Stava per farsi prendere dal panico quando udì Lindisa dire: "Tirami su. Ora!"
Galef ubbidì e l'aiutò a risalire il pozzo.
Lindisa emerse dal buio stringendo qualcosa tra le braccia.
Galef l'aiutò a sedersi. "Sei gelata."
Lei batteva i denti e tremava tutta. "Faceva freddo lì sotto."
"Che cosa hai visto?"
La ragazza deglutì a vuoto. "Che cosa ho sentito. Il buio, Galef. Il buio era vivo. Non so che tipo di incantesimo abbia usato Edmurgh, ma dopo tutti questi secoli è ancora lì. Ha cercato di afferrarmi."
"Cosa?"
"Non lo so, non vedevo niente. Era qualcosa di viscido. L'ho allontanato con un calcio e poi ho cercato a tentoni. E ho trovato questo."
Gli mostrò il libro.
La copertina di pelle marrone era solo un po' lisa dal tempo. Le pagine sembravano fragili come foglie secche, ma erano leggibili e piene di una scrittura minuta. C'erano anche delle figure.
"Che lingua è?" si domandò Galef.
"Lo scopriremo" disse Lindisa. Aveva smesso di tremare. "Ora ci credi?"
Galef la baciò.

Prossimo Capitolo: Mercoledì 12 Luglio
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor