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Autore: VanPazzoFanel    09/07/2017    1 recensioni
Una guerriera è stata scelta per un'importante missione, da cui dipende la salvezza del suo popolo. Ma presto si renderà conto che qualcosa non quadra. Di chi è la voce che la chiama, che riecheggia nella sua testa? In quali territori si sta inoltrando realmente? E soprattutto, chi è lei? (E cosa diavolo è un lampione?)
Genere: Fantasy, Parodia, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2 - L'Occhio del Mattino

Riconobbe il gazebo di giada già da una certa distanza, lo aveva visto nel libro. Ovviamente, era molto più maestoso e rilucente rispetto a quella grezza illustrazione, scarabocchiata frettolosamente da qualcuno che aveva altri pensieri per la testa.
Attraversò il ponticello, sotto il quale nuotavano le koi, le carpe sacre, e si avvicinò con deferenza al Vegliardo. 

Il personaggio era proprio come se lo era immaginato. Alto, ieratico, con lunga barba bianca, capelli bianchi e baffi bianchi. Era a capo scoperto, e il suo unico indumento sembrava essere una tonaca color acquamarina che gli arrivava fino ai piedi. L'unica decorazione della tonaca era una cintura verde, chiusa da una fibbia d'argento.
Come da cerimoniale, il Vegliardo si alzò in piedi per riceverla. Lei si inginocchiò sul cuscino di porpora davanti a lui, sganciandosi un sacchetto dalla cintura. Aprì la cordicella, mostrando pietre preziose di molti colori e fogge. Si trattava delle gemme più rare del suo regno, alcune facevano parte del Tesoro della Corona almeno cinque generazioni. La principessa le rimise nel sacchetto, che poi depose ai piedi dell'uomo. Senza dire niente, l'anziano fece una serie di gesti di benedizione, poi tornò a sedersi sullo scranno di bambù.
Aurora aprì bocca, dimenticandosi che avrebbe dovuto aspettare di essere interrogata prima di parlare.
"Grande Saggio! Sono venuta qui più velocemente che ho..."
"La fretta è cattiva consigliera" disse lui lentamente "E la gatta frettolosa finisce per fare gattini ciechi".
"Mi perdoni, mio signore! L'amore per la mia terra e per il mio popolo guida la mia Cerca! Per questo chiedo perdono per la mia impazienza nel perorare la mia causa a voi dinanzi"
"Ti perdono, perché peccato confessato è mezzo perdonato. Ma la prossima volta ricorda: nella felicità ragione, nell'infelicità pazienza, perché la pazienza è la virtù dei forti. Rallegrati del fatto che sia l'amore a guidare i tuoi passi, perché l'amore è il vero prezzo con cui si compra amore. Ora dimmi, quale problema ti angustia?"
"Una grave rovina sta per abbattersi sul reame di mio padre, e sono qui per chiedere alla Vostra saggezza se c'è un rimedio"
"A tutto c'è rimedio, bambina mia" disse il vecchio. Era tranquillo e gentile, ma qualcosa non piacque ad Aurora. Era la stessa cosa che le era già capitata poco prima? "A tutto, fuorché alla morte. Ma non avere paura, perché finché c'è vita, c'è speranza" aggiunse, sorridendo. "E questo Tempio è pulsante di vita"
L'uomo con la tunica sollevò la mano destra, e ad un suo cenno, riapparve la sfera di luce che Aurora aveva già visto nella foresta. Ma non era più sola. Altri globi le si avvicinarono, e quando le luci si diradarono, il cavaliere vide che si trattava di piccoli esseri viventi, ognuno dotato di quattro minusole ali. Le ali apparivano dorate se guardate da una certa angolazione, e blu-verde metallizzato da un'altra. Vestivano d'argento e acquamarina, e tutto di loro era scintillante. Le loro voci erano risate, le loro risate erano un tintinnio di cristallo. 
"Non ho mai visto niente di più bello" disse Aurora, rapita.
("No! No, Aurora, l'hai già visto!")
Per un attimo dimenticò la sua Cerca, stregata dalla bellezza di quello spettacolo. Poi le creature alate si allontanarono, anche se alcune rimasero entro i confini del gazebo di giada.
"Io le ho create, con il potere della Saggezza, e loro allietano il Tempio. Sì, è stata una di loro a guidarti a me, alla fonte della tua speranza"
"Se dunque c'è speranza, o Vegliardo" riprese lei, "Rspondimi, ti imploro. Come potremo salvarci? Venti di guerra si avvicinano inesorabili, il popolo teme il conflitto, teme il fuoco di Jamin. La nostra libertà è in pericolo! Tuttavia, alcuni dei nostri nobili ritengono che Jamin non abbia intenzioni bellicose, a cagione dei doni che i nostri popoli si sono scambiati".
"La libertà è più cara degli occhi e della vita" commentò il vecchio "E tuttavia, in guardia: i doni dei nemici sono pericolosi. Il denaro è il nervo della guerra, e quando la guerra comincia s'apre l'inferno!"
Oltre che dallo spettacolo delle driadi, Aurora era rapita dalla saggezza del vecchio, tuttavia c'era ancora qualcosa che la inquietava. 
("Aurora!")
(Cos'era? Qualcuno che la chiamava?)

"Ora il nostro destino è in bilico" spiegò la principessa "Una fazione di nobili, guidata dalla famiglia Rama, ha deciso di agire di propria volontà e ha rapito il Conte Mano-di-Neve, un diplomatico di Jamin. Vogliono che il Re mio padre prenda ufficialmente posizione e dichiari guerra a Jamin, altrimenti uccideranno il Conte, e in tal caso sarà guerra comunque. Altre fazioni vogliono che il re organizzi un assalto ai Rama per liberare il Conte. E si vocifera che le spie di Jamin siano già tra noi, e che tramino nell'ombra per..."
"Al Re tuo padre porta a dire questo mio messaggio" la interruppe il vecchio, fissandola dritta negli occhi "Male non fare, paura non avere. Guardati da chi accende il fuoco e grida poi contro le fiamme, perché lo smargiasso ciancia in guerra, mentre il valente combatte muto! Il Re tuo padre si ritiene coraggioso, ma cos'è il coraggio? Ha un coraggio da leone solo colui che non fa violenza ai deboli, e il coraggio copre l'eroe meglio che lo scudo il codardo. Quando gli sarà chiesto di fare una scelta, tuo padre ricordi che ai mendicanti non è concessa scelta. Quando gli sarà chiesto di infliggere un castigo, tuo padre ricordi che dove è castigo è disciplina, ma dove è pace è gioia. Non muova contro i nemici al plenilunio, perché la luna regge il lume ai ladri! E quando il re tuo padre dovrà decidere di chi fidarsi, ricordi che la scimmia è sempre scimmia, anche vestita di seta: vizio di natura, fino alla morte dura!".
Ci fu una pausa di pochi secondi, poi il Vegliardo alzò un dito e proseguì: "Ancora una cosa ti dirò, ed è la cosa più importante. Dopo che l'avrai ascoltata, la ricorderai sempre, così come ricorderai ogni parola che ti ho detto, ti volterai senza più dir nulla e tornerai presso il tuo regno, dove riferirai le mie parole al re tuo padre. Lo farai, cavaliere?"
"Sì mio signore" disse Aurora. 
"E non porrai altre domande?"
"No mio signore". 
"E non ti guarderai mai indietro?"
"No, mio signore, ma adesso illuminami con la tua saggezza, perché io possa salvare il mio popolo"
"E sia, cavaliere. Ascolta"

Aurora, con gli occhi ormai persi in quelli del Vegliardo, non disse niente e ascoltò.

"L'arcobaleno la mattina bagna il becco della gallina; l'arcobaleno la sera buon tempo mena. Questo dovrà ricordare tuo padre se si ritroverà un arco nella mano destra e una freccia nella mano sinistra. E allora tu gli dirai queste parole"
Fece un respiro profondo. Invece, Aurora senza accorgersene stava trattenendo il fiato.
"Pensa. Prima di sparare, pensa. Prima di dire, di giudicare, prova a pensare. Pensa che puoi decidere tu: resta un attimo soltanto, un attimo di più, con la testa fra le mani".
L'anziano chiuse la bocca e incrociò le braccia, segno che il colloquio era terminato. 

Come aveva promesso, la principessa si inchinò, poi si alzò e si incamminò nella direzione da cui era venuta. 
("Aurora!")
Attraversò il ponticello senza badare troppo ai pesci che guizzavano nella fontana. 
("Aurora!")
Aveva già fatto cinque passi oltre il limite del gazebo, quando una driade le passò davanti, per salutarla agitando la manina.

Aurora si fermò. La driade già svolazzava altrove.
La principessa disse qualcosa.
Il vecchio non fece niente.

Aurora ripetè, a volume più alto: "Cosa ha detto?"
Nessuna risposta.
"Cosa ha detto prima, o saggio?"
"Ti ho concesso di non parlare più. Ti ho concesso di tornare nel tuo regno" disse il vecchio, sempre con il suo tono tranquillo e amichevole. 
Aurora si voltò.
"Cosa ha detto?"
"Ti ho anche concesso di non guardarti più indietro" aggiunse il vecchio. La sua voce stava già cambiando, sebbene impercettibilmente.
"Intendevo dire... Cosa ha detto DOPO avermi imposto di andare via senza fare più domande? Dopo aver parlato dell'arcobaleno e della gallina?"
"Il tempo a tua disposizione è terminato, bambina" disse lui, e in quel "bambina" Aurora risentì la cosa strana che aveva già sentito in precedenza. 
"No. Sono venuta qui per salvare il mio regno. E per farlo mi serve che tu ripeta quello che hai detto. Hai parlato di un arco e di una freccia e poi hai detto "pensa"... e dopo che cosa hai detto?"
"Ho detto: pensa. Prima di tirare, pensa..."
"NO!" urlò lei. 

Le driadi che erano ancora nei paraggi si spaventarono e si andarono a nascondere dietro le colonnine verdi del gazebo.

"Come osi contraddirmi?" disse l'anziano alzandosi di scatto dallo scranno di bambù. La pazienza era scomparsa, lasciando spazio a ben altre emozioni.
"Non hai detto "prima di tirare". Hai detto un'altra cosa"
"Ho detto quello che ho detto e nessuno può contraddirmi. Ho detto: "Pensa, prima di tirare, pensa, prima di dire..."
"Non hai detto tirare! Non hai detto tirare! NON HAI DETTO TIRARE! Hai detto..." 

Per un attimo, fu presa dal dubbio. Ma cosa stava facendo? Stava davvero urlando in faccia all'uomo più sapiente del mondo, l'unico che poteva salvare la sua terra? Ma sì, aveva ragione lui, aveva detto tirare, non un'altra cosa, e lei era confusa dal lungo viaggio e dalle tante peripezie... Forse la cosa migliore era chiederse scusa e andarsene, voltarsi e sparire...

Poi, nel flusso di coscienza, la parola "sparire" assunse un contorno rosso fuoco, e allora ricordò.

"Sparare! Hai detto "prima di sparare pensa"! Non hai detto tirare, hai detto sparare! Ma cosa significa?"
"Quella parola non ha alcun senso. Non ho detto quella parola. Ho detto tirare. Adesso sparisci, RAGAZZINA!" urlò il vecchio, adesso in preda alla rabbia.
"Dov'è finita la tua pazienza, vecchio?" lo sfidò Aurora puntando le mani contro i fianchi.
Dentro quel "RAGAZZINA!" c'era quello che aveva già intravisto prima, ma che non aveva messo a fuoco, quello che non aveva VOLUTO mettere a fuoco. Il vecchio aveva messo un pizzico di quel veleno già in altre parole, come "cavaliere" o "bambina mia", ma solo ora lei poteva avvertire il sapore del fiele. Il disprezzo dell'uomo nei suoi confronti era ora palese.
"Per forza quella parola non ha senso" proseguì Aurora, per niente intimorita "Sparare si riferisce alle armi da fuoco, ma tu stavi parlando di una freccia. Dovresti sapere infatti che nel mio regno non vi sono armi da fuoco. Che fine ha fatto la tua reputazione di infallibile?"
"COME OSI! COME OSI SFIDARMI! COME..."
"Oso, perché sono un cavaliere di Splendens!" disse lei, portando istintivamente la mano al fianco e sguainando la spada. Spada? Era convinta di averla persa nella palude! E invece, eccola lì. Il cristallo chiamato Occhio del Mattino risplendeva nell'elsa e le dava sicurezza.
"Lo avevo già capito prima, ma qualcosa mi impediva di riconoscerlo" proseguì Aurora, per niente intimorita "Io ho già visto questi esseri fatati, molto tempo fa, presso le Alte Fonti di Bloem, una terra molto lontana da qui. Sono le Driadi di Noran. E' stato Noran di Bloem a crearle, non tu. Hai mentito. E di te si era detto che non menti mai"
"NON E' VERO! Queste non sono le driadi di Bloem, stupida! Ti sembrano tali perché sei solo una sciocca principessina, giovane e ingenua. Sono diverse, perché... queste non offrono sacrifici agli dei. Inoltre sono... non mangiano mai animali. Sono diverse. Non possono essere le Driadi di Noran"
Allora Aurora rise. Rise di gusto, mentre il vecchio muoveva a lunghi passi verso di lei. "Ma non diciamo sciocchezze! Puoi inventarti che abbiano una religione diversa, puoi inventarti diverse abitudini alimentari, ma queste sono e restano le Driadi di Noran! E' la cosa più ridicola che abbia mai sentito in vita mia!"
"NON LO SONO! IO, IO LE HO CREATE! LA MIA SAGGEZZA LE HA CREATE! LA MIA SAGGEZZA HA CREATO IL GRANDE TEMPIO E GLI ESSERI CHE LO POPOLANO! LA MIA SAGGEZZA..."
"Ma piantala! Chiudi il becco! La tua cosiddetta saggezza... sono PROVERBI! Saggezza dei contadini, ripetuta a pappagallo. E la parte sul pensare e sullo sparare... era solo una CANZONE! Non ricordo dove l'ho sentita, non ricordo chi l'abbia composta, ma è solo una canzone. Il lungo viaggio, questo posto, i tuoi incantesimi e sotterfugi mi hanno annebbiato la mente per un po', ma ora non mi ingannerai più. Come ho potuto essere così sorda e cieca? Non hai mai risposto alle mie domande, non hai mai avuto a cuore la sorte del mio popolo! Per gli dei, non mi hai mai davvero ASCOLTATA! ciò che ti interessava erano solo le mie gemme. Restituiscile! Restituiscile immediatamente, oppure, invece delle pietre, avrai il metallo!" disse, puntando la lama contro di lui.
"Te lo ripeto per l'ultima volta, non sfidarmi, ragazzina. Pentiti del tuo affronto, e ti prometto che ritornerai a casa viva"
Mentre lui si avvicinava, anche lei aveva fatto qualche passo avanti.
"Non ho paura di te. Anzi, con te non nemmeno bisogno di questa" disse lei, conficcando nel terreno la punta della spada.
Adesso i due erano ai due lati del ponticello.
"Mi basta questo, l'hai visto?" chiese, togliendosi un anello dal dito. Il Vegliardo si arrestò di colpo. Il gioiello era decorato da uno smeraldo di dimensioni ragguardevoli. Aurora lo tenne tra il pollice e l'indice, sospendendolo oltre il bordo del ponticello, sopra l'acqua.
"Attenta! Non farlo cadere, o..."
"Già, sarebbe un bel guaio se una koi lo ingoiasse, vero? Dovresti ucciderla per recuperarlo, e sai cosa succede a chi osa anche solo ferire le carpe sacre..."
Il vecchio era bloccato, diviso tra il desiderio di avere l'anello e la voglia di dare una lezione alla mocciosa.
"No! Possiamo ancora... Possiamo trovare un accordo..."
"Forza, dimostrami la tua saggezza, e sarà tuo! Allora dimmi, chi ben comincia è a metà dell'opera, o la virtù sta nel mezzo?" chiese con tono canzonatorio. 
Il vecchio sobbalzò: "Aspetta... tu come puoi... come puoi conoscere..."
"Dulcis in fundo? O in cauda venenum? Rispondi, o Saggio, rispondi!"
"Dulcis... Cauda... La risposta... la domanda..." accennò il Vegliardo, poi si portò una mano alla testa "No! Smettila! Smettila , o ti..."
"O cosa farai? Io so esattamente cosa stai per fare. Stai per NON rispondere alla mia ultima domanda!"
Digrignando i denti, il falso sapiente estrasse dalla manica un pugnale con il manico nero e si avventò contro la giovane donna.
"Chi fa da sé fa per tre, o l'unione fa la forza?" chiese Aurora, e in quel momento il sole sorse da dietro i Monti della Vena Rossa. Una lama di luce colpì l'elsa della spada, che la guerriera aveva posizionato in maniera tutt'altro che casuale. Dal cristallo incastonato nel pomo dell'arma si sprigionarono riflessi arcobaleno che colpirono in pieno il vecchio.
"Ah, e stai per gridare: No, no, è impossibile, nooooooo!"
"No, no, è impossibile, nooooooo!" gridò lui, avvolto dalla luce.

Aurora non si scansò di un millimetro. Quando la luce scomparve, a terra c'erano la tunica color acquamarina, la cintura verde e il coltello dal manico nero. 

"La gallina non l'avevo, ma l'arcobaleno sì, sei contento?" disse lei a nessuno in particolare, e indossò di nuovo l'antico smeraldo di famiglia.
Il ragazzo con capelli rossi ricci crollò in ginocchio al capezzale della tunica. 
 
  
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