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Autore: DonnaBart    12/07/2017    0 recensioni
E se uno sfortunato incidente si rivelasse ciò che aspetti da sempre?
La spumeggiante Magda Liquore è un'artista del pasticcio e dea del danno. Mollata dal fidanzato e licenziata in tronco, vanta un bagaglio più ricco in corna che ex.
Proprio non è un caso che il padre la consideri un talento del fallimento, per non parlare della zia stralunata e sempre allegra, che le affibbia profezie sul futuro rosee in teoria ma disastrose nella realtà.
Insomma, parrebbe che fortuna e amore non fanno rima con Magda Liquore... sino alla svolta: trasferimento in Australia per un lavoro temporaneo ed un incontro tutto testosterone e antipatia; è Nathan Green, un concentrato di erotismo e diffidenza allo stato puro.
E chissà, che la lungimirante zia ci abbia azzeccato, stavolta?
Prepara le valigie e vieni a scoprirlo!
Romance contemporaneo autoconclusivo, un pot-pourRIRE di temi attuali e idee fantasiose racchiuse in un cofanetto romantico e brillante.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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"Senti, mi dispiace."
Anticipai prevenuta, sulla difensiva. Detta con quel tono supponente non è che sembrassi propriamente dispiaciuta, ma era il massimo che volevo offrirgli; non poteva pretendere di tenere sotto scacco ogni soffio di vento a questo mondo.
"So che è dura da accettare, ma i malintesi, gli incidenti, non sono materia aliena: succedono." Liquidai spregiudicata, nell'intento di stemperare il disagio del suo mutismo, ma i segnali lanciati dal suo volto invece che ammorbidirsi, parvero indispettiti dal mio scarso equipaggiamento di scuse, costringendomi ad abbandonare l'aria da dura, per tuffarmi in uno stagno di farfugliamenti agitati. "Oh, è andata che c'erano le mie amiche, io stavo adoperando il flaconcino, e poi Lucrezia ha gridato e io l'ho urtato e..."
Il becco mi si chiuse sotto il suo sguardo inceneritore.
Nathan restò immobile, a giudicare dalle sue sneakers scure fermamente incollate al pavimento, unico scorcio di mondo che osai sbirciare e, come sospettato, il bagno luccicante che ci aveva avvicinati adesso ci poneva nel più inglorioso dei silenzi.
Per il po' che conoscevo di lui me lo aspettavo, che da un momento all'altro quei sanitari profumati, ultramoderni e igienizzati sarebbero diventati teatro di una sfuriata, distruggendo lo sprazzo di positività che ci aveva collegati in un filo sottile poco prima. Per indole avrei voluto partire all'attacco, giocare d'anticipo e annientare la suspense mandandolo al diavolo prima che azzardasse accusa o insulto, ma dopo la scenetta CSI a cui l'avevo involontariamente sottoposto non è che mi sentissi nella posizione per farlo. Un po' me la sarei meritata una strigliata, ma il silenzioso mea culpa non mi risparmiò dal silenzio spettrale della sua reazione, calando su di noi come una un drappo a compressione. Accumulandosi sotto forma di tensione, gravò sul mio stomaco, pungolando la mia vena più spaventata, dalle tinte... prettamente noir.
'Wendy...' mormorava raccapricciante Jack Nicholson in Shining;
"Magda" frusciò arso Nathan;
Scappa, intimarono i miei sensi.
Un suono strozzato fendette l'aria, ammantandomi la pelle come una coperta di spilli; i miei occhi, iniettati di terrore, tentarono di carpirne l'origine, le mie mani si aggrapparono ai bordi del ripiano freddo nell'istinto di difesa, a volermici fondere.
Non può essere.
Se il mondo si era appena capovolto, io stavo assistendo alla scena completamente imbambolata, istupidita: il corpo massiccio di Nathan Green stava vibrando su e giù, incontrollato, la testa reclinata, un braccio sulla fronte, l'angolazione migliore per sfoggiare l'impeccabile mascella.
"Sei proprio un disastro!" Proruppe fra le... risate.
Ri.sa.te?
Nathan Green stava ridendo. Altro che Samantha Cristoforetti nello spazio!
"Andiamo a rimuovere quel casino prima che qualcuno ci resti secco!"
Nathan smise di ridere con le labbra, ma non con gli occhi. Smisi di ridere anch'io, perché una folgorazione mi suggerì che quel "qualcuno" non si trattava necessariamente della signora Hert. Non che mi riguardasse chiunque fosse! Né che m'interessasse scoprirlo... curiosità femminile, mi dissi, scervellandomi su chi diavolo fossero rivolte le sue premure.
Dopo avermi aiutata ad accomodarmi sul letto, Nathan avviò una fluida sequenza di movimenti che lo videro uscire da una porta ed entrare in un'altra, per poi fermarsi ai piedi del mio letto, indaffarato a imbevere un fazzoletto di solvente, talmente vicino ai miei da sembrare essersi dimenticato le coordinate della mia collocazione. Quindi, inginocchiatosi, prese a dedicarsi alla rimozione del misfatto rosso sangue dal pavimento.
Essiccate, dovetti inumidire più di una volta le mie labbra, tradite da quello spettacolo ipnotico: la virulenza delle sue cosce che spingevano contro i jeans, il torso muscoloso flesso verso la macchia incriminata; di qualità oscena, il carisma che trasmetteva in una posa casuale, semplice, ma che di comune aveva ben poco.
La voracità dei suoi movimenti crebbe al punto che il suo braccio sfiorò inavvertitamente le mie gambe, appresi di star rabbrividendo solo perché i suoi occhi guizzarono su di me, cogliendomi sul fatto, misurandomi prima con sorpresa e poi con arrogante realizzazione, velata subitaneamente da un fondo di incertezza insolita per uno personalità tanto spavalda. Pregai non indagasse né infierisse sul mio evidente momento di smarrimento, distogliendo lo sguardo dal suo per distendermi sul letto, e lui mi accontentò: pur trattenendo un cruccio che mi auguravo dettato solo dalla concentrazione, gli spintoni delle braccia tornarono a lavorare di fazzoletto in fazzoletto la macchia, in un andirivieni costante, dagli effetti più erotici di quanto avrei dovuto subire.
E l'attimo dopo stavo ipotizzando le sue capacità fra le lenzuola... che gli coprivano a stento le natiche in solido marmo di Carrara… confinandomi all'immaginazione della sua schiena che ondeggiava sul corpo di una donna senza identità, distesa sotto di lui. Tentai di deglutire mentre il desiderio serpeggiava nella mia fantasia, portando le unghie della donna ad affondargli in ogni rilievo della sua schiena contratta, ed il suo viso nascosto a fare capolino dalla spalla di Nathan, trasformandolo in un’agghiacciante scoperta: il mio. Il volto di quella donna era... il mio!
Per tutte le cipolle di Tropea, che problemi avevo?
Rinfrescai le febbricitanti fantasie con una secchiata di artici pensieri: non dovevo dimenticare che il protagonista di quelle calde suggestioni non era altri che un distaccato, sfuggente e presuntuoso pieno di sé. Il fatto che parte della mia coscienza sapeva che ne ero attratta proprio per quello era un dettaglio insignificante.
La mia mano sfrecciò a tarparmi la bocca, che aveva già espresso tutto il mio disappunto in un rantolo sfuggito alla mia repressione.
"Magda, dolore alla caviglia?"
Odore alla vaniglia. La mia mente bacata trasformò Nathan nel più goloso dei pasticcini.
"No!"
Starnazzai avventata, ammonendomi per modo in cui il mio corpo aveva apprezzato i disegni della mia fervida immaginazione. "Cioè, solo un po'. Ma c'è sempre, non è niente" contraffeci con un sorriso teso.
Per qualche ragione, Nathan non parve convinto della mai replica. "Hai preso i medicinali?" Neanche a domandarlo, si sollevò per afferrare i blister di medicinali in bella mostra sul comodino adiacente al mio letto, adagiandomeli su di un palmo. Riempito anche un bicchiere d'acqua—l'accortezza per i medicinali mi ordinava di tenere una bottiglia ed un pacco di bicchieri puliti sul comodino—me lo allungò.
"Posso?" Con un'alzata del mento, Nathan indicò un punto impreciso del letto.
Santo Cielo, no, che non poteva! Perché doveva invadere il mio spazio intimo, quando mi reputava una ragazzina giunta in Australia solo per infastidirlo! Afferrai il bicchiere, evitando accuratamente di rintracciare le sue dita e, senza annuire, feci leva sulle braccia per scostarmi, non perché avesse più spazio per sedersi, ma per evitare ulteriore contatto.
"Non è necessario."
Asserì, probabilmente nell'intento di tranquillizzarmi, prendendo posto sul bordo del letto, ma vicinissimo a me. Se avessi spinto il ginocchio a sinistra, avrei sfiorato il suo fianco. E a quel punto, se l'avessi mosso ancora, il mio ginocchio sarebbe scivolato lungo la parte esterna delle sue gambe, aderendo ai suoi jeans, ma nulla di tutto ciò accadde, perché ero impegnata ad osservare la sua mano avvolta al mio braccio. Avrebbe dovuto essere un gesto di riflesso, il suo, inteso ad evitarmi troppi spostamenti e affaticamenti, non sarebbe dovuto durare così tanto, da farmi perdere in dettagli mai considerati prima d'ora, come il contrasto della dimensione della sua mano sul mio braccio smilzo, o la consistenza della sua pelle contro la mia: mi piaceva, il modo in cui mi sfiorava. Azzardai a sollevare lo sguardo, trovandolo altrettanto immerso su quel contatto che durava da ormai troppi secondi.
"La macchia è andata via."
Sentendosi osservato, dichiarò con voce arrugginita, portandosi via dal letto.
"Senti, per quanto riguarda la cena di ieri... non ho colto il tuo gesto. Avevo compagnia... e delle faccende da risolvere." Massaggiò la nuca, ostacolato dal suo armamentario di scuse scarno almeno quanto il mio. Proprio non doveva piacergli scusarsi. O forse non gli piaceva il ricordo legato al pollo al curry, che gli aveva messo sul cammino una matta per cui era stato additato molestatore di donne.
Non aveva proprio tutti i torti… Beh, e a me non piaceva che qualcuno mi rivolgesse il pizzico di compassione per cui si era sentito costretto a scusarsi, quindi sollevai un palmo, arrestandolo con fermezza.
"Non hai mica le prove che sia stata io!" Sbottai scandalizzata e spazientita. "Mi hai forse preso per la tua geisha? Sai, in casa, di solito, siamo in tre. Anzi, quattro, la serata indiziata." Bacchettai, curandomi di usare un tono irridente, ovviamente ottenni tutt'altro esito: stuzzicato dal mio atteggiamento orgoglioso, Nathan incrociò le braccia muscolose sul petto.
"Ah sì?" Una smorfia accattivante plasmò i suoi tratti virili. "Parliamone."
Invitò e, per tutto il riso della Cina, sembrava un invito a figliare.
Nathan attendeva risposta conservando l'aria di sfida, quindi ordinai al mio corpo disciplina e avviai la mia filippica.
"Quattro ipotetici colpevoli. Annesso il rischio di un errore tra gli ordini del ristorante" per dare supporto figurativo, sollevai cinque delle mie dita. "Inutile sottolineare che il maggiordomo è quasi sempre il colpevole..."
"Che io non ho. Al massimo la signora Hert, che è già inclusa nei tuoi cinque, e non ordina d'asporto se non previo ordine. I miei, di ordini."
Lanciati gli occhi al soffitto, finii nella nube del suo profumo dalle note altezzose, ai sentori di superbia.
"Ma, vediamo… prendendo per buono che non sia stata tu, si suppone tu non sia nemmeno uscita dalla stanza dato il tuo acciacco. Dico bene?"
"Ma tu guarda, bello e intelligente. Dovremmo sposarci." Le mie ciglia svolazzarono come le ali di una graziosa farfalla. Nathan evitò di cedere a provocazioni, proseguendo diritto per il suo obiettivo, come una valanga che rotola ignorando e abbattendo ogni ostacolo.
"E quindi, Magda, come fai a sapere che in casa c'erano quattro persone, se di solito siamo in tre in casa, e tu non hai messo piede fuori dalla tua stanza quella sera?"
Oh, porca farfalla graziosa: appena spiattellata dalla roccia.
Imperturbabile, ma solo all'apparenza, gli indirizzai un sorrisetto disinteressato, pronta a distoglierlo in ogni modo, pur di non perdere.
"Hai un pennarello indelebile? È ora di porre fine alla moda del nonno di Heidi, e di iniziarne una tutta nuova, di cui sarai il fautore: baffetti alla Poirot!" Affiancai le mie gambe alle sue per sollevarmi e allontanarmi, disposta a tutto fuorché lucidargli l'ego con quell'ammissione che poteva anche sognarsi, visto il modo brusco con cui mi aveva fiondato il pollo—la cena che avevo ordinato per lui—contro.
"Non credo di averne bisogno: credo di riuscire a rimorchiare anche senza seguirne alcuna, di moda." Scandì in tono mefistofelico, placcandomi con un braccio per impedirmi di fuggire. "E di donna, anche."
Ah. Quindi, se lui non doveva seguirle, sottintendeva che fossero le donne, a cercare lui. E dopo questa, palmi posizionati sulle cosce, spalle diritte, sedere a papera, mi sollevai ufficialmente da letto, per lasciarlo nel suo brodo, scatenando di nuovo la presa della sua mano sul mio polso, tirandomi a sedere.
"Hai iniziato tu." Si difese, divertito dalla mia intransigenza alla sua boria. "E adesso, sei in grado di ammettere ciò che è successo, ragazzina?"
"Ehi! Io non ho proprio un fico secco da ammettere."
Il sorriso sbilenco gli distese i tratti.
"Ascolta, Mag..." la scintilla giocosa svanì improvvisamente da quella stanza. "Intendo ricambiare, uno di questi giorni."
"Penso di poter sopravvivere anche senza che tu lo faccia." Seppure se una minuscola parte di me avrebbe accettato, mi schermai di sarcasmo, rifuggendo la compassione con cui si sentiva in dovere di pareggiare i conti.
"Scusate, è permesso?"
La domestica entrò quatta dallo spiraglio della porta dopo il cenno affermativo di Nathan, che era già in piedi, già ricomposto, già con la solita parvenza impenetrabile. Avrei dovuto introdurre alla signora Hert il concetto di ottimo tempismo in discussioni perniciose.
"È arrivata la signorina Ellen" comunicò.
Oh. Avrei dovuto introdurre a quello di pessimo, invece, a lei? Ovviamente il fatto che non ne avessi alcun diritto era solo un insignificante, sciocco dettaglio...
"Nathan?"
La porta si spalancò, lasciando accedere la stridula vocina ed il corpo snello, avvolto in un abito da cocktail, di Tippi. Curioso, i suoi vestiti si rinnovavano ininterrottamente, ma la sua espressione era sempre la stessa.
Poi, il miracolo: improvvisamente l'ovale di Ellen venne tirato dagli invisibili fili dell'ira.
"Che cosa stai facendo qui?"
Domandò con un tono che somigliava ad un'accusa. Nathan sembrava sul punto di darle tutte le spiegazioni del caso, interrotto solo dalle iridi improvvisamente cristallizzate di Ellen. Vacue. Assenti.
"Oddio!" Aggredì tutti con la sua voce, dalle note più basse rispetto alla prima volta che non avevo avuto il piacere di incontrarla. "Lei ha provato a... a..." Le mani esili le tarparono la bocca, schiusa dallo sgomento; era esattamente come appariva: genuinamente contrita, spaventata dalla linea intrapresa dai suoi pensieri.
Trattenni uno sbuffo—chissà che aveva visto di tanto orripilante stavolta. Una formica? —imponendomi di seguire la traiettoria dello sguardo di Tippi-monoespressione-Ellen, per capire che problemi avesse, atterrando direttamente… sui
fazzoletti intinti di rosso.
"Ha tentato di..." di fallire nuovamente il misterioso proseguimento della frase, che ormai era chiara al mondo intero: almeno Nathan aveva pensato mi fossi casualmente, sbadatamente ferita, perché diavolo quella donna doveva insinuare istinti suicidi e macabre presenze ad ogni nostro incontro?
"Ellen, non c'è stato nessun tentativo qui. Va tutto bene."
Fu sufficiente la dispotica premura di Nathan a farla desistere dalle sue congetture.
"Andiamo." Le ordinò con dolcezza, adagiandole un braccio sulle spalle.
Finalmente libera, mi imbronciai, mi munii di cuscino e mi sistemai sul letto, quando avvertii l'insistenza di uno sguardo sulla mia pelle: Nathan, sulla soglia della camera, osservava il centro del mio petto, dove premevo il cuscino senza essermene nemmeno accorta. Quando i suoi occhi incontrarono i miei, lanciai un'occhiata in direzione del bagno, rievocando l'accaduto rosso sangue, meditando se pronunciare la parola magica che avrebbe ringraziato la sua prontezza.
"Di temporeggiare, hai temporeggiato; sì, dovresti scusarti per la tua sbadataggine."
Nathan trattenne a stento un sogghigno, intuito il motivo della mia incertezza. Oltre che sexy, doveva anche possedere poteri divinatori, come zia Rosa.
"Certo, nel frattempo che accada perché non vai a farti fottere?"
Il mio sorriso artificiale venne ricambiato dalle sue note avvolgenti, allettanti, maliziosamente irritanti.
"Volentieri."
E, senza aggiungere altro, la stanza riverberò del tonfo con cui chiuse la porta alle sue spalle.

~

"Giorno, Rose!"
Tre pomeriggi dopo la mia camera subì un'incursione.
"Rose?!" Ripetei indignata. "Mi hai davvero confusa con qualcuna delle tue spasimanti?!"
"Macché, sei tu Rose!"
Dubbi ed enigmi scartabellati sul mio volto, riassunti in un'unica domanda: "Quella del Titanic?"
"Dal momento che per forza di cose io sarei Jack, spogliati: è ora di dipingere."
Un grugnito soffocato mi rigò la gola di risate. "Vedi di tenerti il pennello nei pantaloni, Magic Mike. Devi chiaramente avermi confusa con un'altra muse."
"Che tu ci creda o no, difficilmente ti confonderei con altre."
Risi apertamente, gustandomi la sua ironica vena... artistica.
"Riditela pure, Rose 2.0, ma è vero, che non ti confonderei con nessuna: tu sei speciale per il sottoscritto."
"Visto che lo sono così tanto, va' a prendermi un secchio, di grazia."
"Che, stai per rimettere?"
"No, per sciogliermi. Sentiamo, cosa avrei di tanto speciale, per te?"
Mike sistemò il pollice sul mento in una fase di profonda, mistica riflessione. "Il gesso?!"
Esagerato o no, qualche risata dopo, ammisi che era un portatore sano di buonumore. E di colazione. Fumante.
"Dì un po', perché non mi racconti cosa ti ha portato qui?" Domandò, intento a scacciare le briciole del cornetto dai pantaloni. Prima di andarsene le avrebbe spazzate via anche dal pavimento. "È una tattica" bisbigliò, portandosi vicino con aria da agente segreto. "Mostrarsi interessati. Sai, entrare nel personale per entrare nelle mutande."
Le mie pupille cercarono il soffitto. Scossi la testa.
"Lo stesso che a te." Saziai la sua curiosità.
"I crediti?"
"I debiti, Mike. L'aereo. Il caso."
"Valide alternative..."
"A te, invece? I crediti, dicevi?"
Michele si stiracchiò sulla poltrona girevole procuratagli dalla signora Hert. "C'è gente che si mutilerebbe le palle per accumularne, io ho scelto la via più facile. Di palle ne ho da vendere, ma non da mutila —
"Il concetto è chiaro!" Interruppi piccata.
Scrollò le spalle. "Forza, sbottonati un po', Magda Liquore! Che ci vorrà mai?! Voglio di più, da te."
I miei connotati composero una mimica inorridita.
"Non stare a fare la santa, e nemmeno la tonta! Sono solo curioso... metti che ci provassi con te, che fai la difficile, devo attuare strategie mirate: mi servono dettagli approfonditi sul tuo conto per capire se potrai essere la donna del mia vita."
Sbuffai. Esagerava, scherzava... con Mike faceva un po' lo stesso. Però, salvo i suoi blandi tentativi di flirtare, si stava rivelando un buon amico, una compagnia in quel periodo di fermo obbligato.
"Laureata in giurisprudenza, poi mi sono regalata uno stop dagli studi. Mi servivano soldi per un progetto e..." mimai una smorfia casuale. "Ed eccomi qui."
In realtà avrei dovuto spiegargli che dopo il diploma avevo dichiarato ai miei il sogno di diventare organizzatrice di eventi, matrimoni e festeggiamenti di ogni sorta, seppur conscia che non l'avrebbero presa bene. Auspicavano per me la carriera che mio padre aveva sempre sognato per se stesso, intrapresa dai miei due fratelli maggiori, medici di prim'ordine. Pochi corsi di orientamento post diploma e le mie ispirazioni bocciate da loro sul nascere, mi ritrovai ad intraprendere gli studi di legge; l'idea di avere un avvocato in famiglia colmava i loro petti e le loro bocche di orgoglio, facendo sì che in casa tornasse a funzionare tutto alla perfezione. Almeno fino alla scoperta della mia interruzione degli studi, volta alla ricerca di un lavoro che mi finanziasse un corso Planning, il sogno messo da parte che mai mi aveva abbandonata.
Fu scandalo a corte: la situazione precipitò come un calice di cristallo da un dirupo, non concepivano la mia pausa dagli studi né il mio cambio di rotta, soprattutto quella da me selezionata...
Il mio impegno nella ricerca di lavoro rese tutto reale, e mio padre prese a non rivolgermi parola. Non avrei mai creduto potesse farlo sul serio, non per così tante settimane. Demandava tutto a mia madre, nella speranza che il mutismo mi facesse da lezione per rinsavire e tornare a perseguire una carriera che non mi appassionava, lontana dalle mie corde, ma che loro preferivano. Non bastò a farmi demordere, ma i lavoretti che svolgevo non portarono grossi introiti, solo contratti brevi, possibilità irrisorie di realizzare i miei scopi, inasprendo il rancore nutrito dai miei verso le mie scelte. E verso di me.
La convivenza pre partenza portava i segni di quelle vicende.
"Io dico che i tuoi sogni si realizzeranno, bellezza. Mi sembri una sveglia, attiva. Mentalmente, se non fisicamente..." Mike rifilò un'occhiata alla gamba acciaccata e risalì il mio corpo. "Sessualmente, invece... che ne dici, potremmo scoprirlo subito? Non preoccuparti, per ciò che potremmo fare andrà bene anche una gamba sola. E non parlo della tua..."
Ridacchiando sonoramente, lo sfiduciai una volta per tutte. D'altronde non si sarebbe afflitto troppo; era un maschio, giovane e immaturo, caratteristiche ideali per tentativi di abbordaggio casuali e superficiali, fra una battuta e l'altra.
"Amici. Ricorda: niente benefit."
"Staremo a vedere. Curo la mia tartaruga abbastanza da farti cambiare idea." E per rendere l'idea, Mike prese a tirare verso l'alto i lembi della sua t-shirt.
La mia unica ciabatta gli contrasse gli addominali, di questo ne ero certa.
Mike finse di accusare dolore, poi un occhiolino e filò via. Non prima di spazzare le briciole della nostra colazione dal pavimento.

~

"Sveglia, bell'addormentata."
Una voce scampanellò a distanza inesistente dal mio timpano. Mi voltai dal lato opposto, restando nel tepore.
"Il capo che viene qui... interessante."
Un'altra voce indistinta produsse quell'affermazione. In un millesimo di secondo mi ritrovai ad occhi sbarrati, direzione soffitto.
"Addirittura! Non la svegliano i cannoni, ma basta parlare di grande capo che resuscita. Molto più che interessante..."
Tornando poco a poco alla realtà, riuscii ad associare alle voci i corrispettivi volti.
"Qui, Magda ci cova" Fabiana produsse un ticchettio ritmico dell'unghia contro una superficie. La scrivania, forse?
Mugugnai, sfregando gli occhi col dorso delle mani, ancora incapace di formulare pensieri e parole.
"Sia chiaro, noi vorremmo davvero ascoltare le tue news amorose..." Continuò quella che, ad occhio e croce, doveva essere Lucrezia.
"Lo vorremmo davvero, soprattutto dopo averti lasciata con un certo qualcuno, l'altro giorno..." Alluse Fabiana all'episodio del salone, sorprese da Nathan e dal karma bastardo.
Entrambe ai piedi del letto, mi tramortirono con occhi seri e braccia incrociate. Cos'era, mica un episodio di Happy Days?
"Sfortunatamente, dobbiamo andare." Rimpallò Lucrezia.
"Scusate, mi sono appisolata... Mike mi ha sfinita" sillabai, ubriacata dal sonno e un pizzico senso di colpa, per averle lasciate in attesa durante una delle visite che trovavano sempre il tempo di farmi, alleggerendo la monotonia del mio soggiorno e rallegrando il mio umore.
Per tutta risposta le due scattarono la testa l'una verso l'altra, vispe, pungolate dalla fame della curiosità e per niente risentite dalla mia siesta maleducata.
"E quando l'avresti conosciuto, questo?", "È un tuo collega di lavoro?" Domandarono contemporaneamente. Corrucciai le sopracciglia.
"Veramente l'abbiamo incontrato il primo giorno qui, alla stazione, e mi sembrava lo conosceste bene. Bruno, occhi verdi..."
"Michele."
Ottenne Fabiana, cambiando fototipo della pelle, che stava toccando in diretta ogni sfumatura del rosa: dal pallido all'acceso, soffermandosi sul rosso peperone andante.
"Aveva detto di volersi far chiamare—
"Pirla. Così, devi chiamarlo" gioco d'anticipo Lucrezia. "Quindi fate roba? Che schifo. E che strano... conoscendolo, non è da lui fare tanti chilometri per trovare ciò definisce cacciagione."
Non risposi, impegnata a notare che qualcosa proprio non andava in Fabiana, il cui colorito era ancora in fase arcobaleno.
"Comunque, diffida da lui. Oltre che beota, è un essere rivoltante, l'unica stagione che conosce è quella degli accoppiamenti" finì Lucrezia. Rabbrividii nauseata, poi mi lasciai andare in un cenno di sorriso, avendo immaginato qualcosa di molto simile sul Magico Mike, ma la reazione di Fabiana mi colpì abbastanza da interrompere il divertimento, per specificare: "Siamo solo amici, in ogni caso. Niente "roba". Inoltre si fa vedere di rado, ed abbiamo chiarito che sarà solo in termini amichevoli."
Intuii che il malessere di Fab avesse a che fare con Mike perché il conforto di quelle parole si dipanò in modo eloquente sul suo viso.
"Posso trovare un film, ordinare della pizza, se vi va." Mi tirai a sedere, sistemando alla meglio e buona i capelli che immaginavo uscito da un'esplosione chimica.
"Mentre ronfavi ti abbiamo aggiornata su stasera, che abbiamo un'uscita col gruppo. Siamo passate solo per un rapido saluto."
"Oh, menomale, credevo di dovervi passare la tessera per il partito delle zitelle convinte!" Scherzai mica tanto, mia zia mi aveva proposto davvero il tesseramento ad un club simile, uno del paese in cui affittava ogni anno, verso ottobre, una villa circondata dal profumo di grano, sole autunnale e castagne. Ero felice che uscissero, avevano dedicato pico spazio alla vita sociale per starmi dietro.
"Già, ma solo perché anche tu, come noi, stasera sei prenotata."
Certo, perché secondo loro avrei potuto unirmi alla ciurma con la gamba in quello stato...
"Alzati e cammina, ragazza!"
Fabiana mi tese una mano ed io l'osservai senza nascondere il mio scetticismo.
"Vabbè, alzati e basta, per camminare ti do una mano io..."
Dubbiosa, eseguii roboticamente, per rinsavire appena in piedi: "Ragazze, spiegare, grazie. E subito."
"Che dovremmo spiegarti? Semplicemente il nostro capo ti aspetta di là, nel salone, precisamente fra..."
Lucrezia calcolò silenziosa, osservandosi il polso. Salvo non indossare alcun orologio.
"Ora."

~

Ciao Donne!

Dunque, sto aggiungendo finalmente i nuovi capitoli. Avendone modificati alcuni, vi comunico che il primo capitolo è stato ritoccato e il nono e il decimo completamente rinnovati, pertanto vi consiglio di rileggerli, a partire dal capitolo otto in poi, in favore di una lettura scorrevole e facilitata per il resto della storia!

Baci!

   
 
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