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Autore: heliodor    15/07/2017    4 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Rapimento

Joyce era sola. Ed era fuori dal palazzo. Il suo piano aveva funzionato, in un modo o nell'altro. Era braccata da un'assassina che aveva ucciso uno stregone e ferito la sua guardia del corpo, ma che importava?
Aveva raggiunto il suo scopo.
Poteva andare a Londolin se lo voleva.
Il pensiero che avesse potuto uccidere Oren le procurava una fitta dolorosa. Gli aveva salvato la vita un'altra volta.
Se era ferito non poteva lasciarlo nelle mani di Wena, e se era morto l'avrebbe vendicato.
Quel pensiero la colpì.
Prima che iniziasse a praticare la magia proibita non l'avrebbe mai sfiorata l'idea di far del male a una persona. Nemmeno per vendicarsi di un torto subito.
Ma lei non era più la Joyce di una volta. Era cambiata.
Stava riscrivendo il suo destino.
Settimane prima, impotente davanti a poteri tanto più forti di lei, si sarebbe arresa e avrebbe atteso che qualcuno corresse ad aiutarla.
Ma in quel momento era sola.
I suoi genitori non c'erano e forse erano ignari di quello che stava accadendo.
I suoi fratelli non c'erano.
Vyncent non era lì per aiutarla.
La responsabilità ricadeva sulle sue spalle. Toccava a lei fare la sua parte. Non avrebbe lasciato nei guai una persona a cui teneva.
Joyce tirò fuori dalla borsa il mantello e divenne Sibyl.
 
Joyce divenne invisibile e ripercorse la strada a ritroso. Arrivata a ridosso dei magazzini udì dei passi.
"Cercatela" gridò una voce femminile. "Non può essere andata lontana. È solo una ragazzina spaventata. Si sarà nascosta qui in giro."
Wena?
Joyce si gettò in un vicolo e attese.
Due stregoni passarono di corsa. Niente occhi luminosi stavolta. Poteva procedere sicura.
Levitò fino al tetto del magazzino. Le assi scricchiolarono sotto il suo peso mentre si spostava verso il bordo per guardare meglio.
Il molto era occupato da una mezza dozzina di uomini e donne. Ne riconobbe subito uno: Bordim.
Era lo stregone col quale Roge si era riunito quella sera al palazzo.
Che ci faceva lì?
Wena urlava ordini a destra e sinistra. "Preparate la nave" urlò a uno stregone. "Partiremo non appena l'avremo trovata."
"E se non la troviamo?" domandò Bordim.
"Non ce ne andremo senza di lei" rispose Wena.
La strega andò verso una figura che giaceva ai piedi di un muro.
Sige?
No, il corpo dello stregone era ancora lì dove era caduto. Qualcuno aveva spostato la carrozza portandola chissà dove.
Joyce guardò meglio.
La figura era seduta con la schiena appoggiata al muro.
Wena lo degnò appena di uno sguardo e proseguì.
Oren!, esclamò dentro di se quando sollevò la testa. Aveva le mani dietro la schiena, forse era legato.
Wena tornò e si piazzò di fronte al ragazzo. "È meglio se parli" disse con tono minaccioso. "Se mi dici dove si è nascosta non ti farò del male. Non troppo almeno."
Oren rimase in silenzio.
Wena gli puntò contro un dardo magico. "Da questa distanza posso ucciderti."
Silenzio.
"O forse potrei divertirmi un po' con te" disse Wena. "I dardi fanno molto male anche se non colpiscono punti vitali."
Joyce trattenne il fiato.
Dall'altra parte del molo giunse un grido. Wena voltò la testa di scatto e corse nella stessa direzione.
Joyce decise che era venuto il momento di agire.
Si calò oltre il bordo del magazzino e atterrò sulle pietre del molo senza far rumore.
Strisciando con la schiena appoggiata al muro percorse tutta la lunghezza del magazzino fino a raggiungere uno degli angoli.
Sporgendosi appena vide Oren con la testa appoggiata al muro. Non sembrava ferito.
Uscì dall'invisibilità, prese un respiro profondo e lasciò il nascondiglio. Con passi rapidi, piegata in due, raggiunse Oren.
Il ragazzo stava cercando di liberarsi. Alzò la testa di scatto e sgranò gli occhi alla vista di Joyce. "Sibyl? Sei davvero tu?"
Joyce si accovacciò accanto a lui. "Non parlare."
"Come hai fatto a..."
"Passavo da queste parti e ho deciso di venire a darti una mano." Joyce lo aiutò a sciogliere le corde ai polsi e alle caviglie.
Oren scattò in piedi.
"Da questa parte" disse Joyce indicandogli il retro del magazzino. "C'è un passaggio sicuro, credo."
Oren la seguì senza fiatare, solo dopo aver svoltato l'angolo del magazzino disse: "Devo ritrovare la principessa Joyce."
"Lascia perdere."
"Tu non capisci..."
"Sta bene. Si è nascosta qui vicino."
"L'hai vista?"
Joyce annuì.
"D'accordo. Portami da lei."
Magari potessi, pensò. "Ti dirò come arrivarci."
Un dardo esplose sopra le loro teste.
Joyce si abbassò di scatto. Oren tentò di farle scudo col suo corpo.
Dall'altra parte del vicolo, Wena aveva il braccio puntato e un dardo magico già pronto. "Non so chi sei" disse all'indirizzo di Joyce. "Ma hai preso qualcosa che mi appartiene."
Joyce si voltò. Dal lato opposto del magazzino, Bordim e un altro stregone si erano posizionati in modo da chiudere anche quella via di fuga.
Joyce valutò la situazione. Il magazzino era di solida roccia. Anche colpendolo con i dardi da quella distanza ci avrebbe messo troppo a demolirlo. Se provava a levitare Wena e Bordim li avrebbero colpiti con i dardi.
Anche diventare invisibile era fuori questione. Oren sarebbe rimasto allo scoperto.
Era in trappola.
Se Wena la catturava non ci avrebbe messo molto a scoprire che stava usando una trasfigurazione. Avrebbe atteso che l'incantesimo terminasse il suo effetto e a quel punto... addio Joyce.
Era finita.
A meno che...
Un'idea folle le balenò nella testa.
Era rischiosa, ma non aveva corso dei rischi fin da quando quella storia era iniziata?
"Stringimi più forte che puoi" sussurrò a Oren.
"Cosa?"
"Fallo e basta."
Oren l'abbracciò. Lei gli passò le mani attorno ai fianchi e affondò il viso nella spalla.
"Che carini" disse Wena. "Ora..."
"Mon Kogaan" disse Joyce.
Non udì il resto della frase.
 
Un attimo prima era in mezzo a un vicolo, quello successivo atterrò su delle assi di legno. Oren attutì l'impatto con la schiena.
Per un istante rimasero legati nell'abbraccio.
"Cos'è stato?" chiese Oren guardandosi attorno.
Joyce si liberò della stretta. Erano nel carro. Il suo piano di fuga avrebbe funzionato, si disse concedendosi un attimo per esultare a quel pensiero.
Oren era ancora disorientato. Si guardava attorno scuotendo la testa. "Questa è davvero incredibile" disse alzandosi in piedi. "Mi dici come hai fatto?"
"Un giorno te lo spiegherò" disse Joyce. Un giorno molto lontano. Ora doveva capire dove li aveva riportati il richiamo e l'unico modo per scoprirlo era uscire da quel carro.
Per fortuna la porta non era stata chiusa a chiave. Appena fuori notò le numerose insegne appese alle entrate dei negozi.
"È il quartiere mercantile" disse Joyce.
"Perché ci hai portati qui?" chiese Oren.
"Per fare delle compere? Peccato che i negozi siano tutti chiusi a quest'ora" disse lei con tono acido.
"Forse se bussiamo ci aiuteranno..."
"Non hai una principessa da recuperare, tu?"
Oren annuì.
"La troverai vicino a una fontana con una grossa statua a forma di pesce. È più o meno a metà strada tra qui e il quartiere del porto. Sai arrivarci senza perderti?"
"Mio zio mi ha portato a visitare la città. Diceva che dovevo imparare a memoria tutte le strade."
"Bene." Fece per andarsene.
"Grazie, Sibyl" disse Oren.
Joyce si fermò. "Ti dovevo un favore."
"Ora sono io in debito con te."
Joyce corse via. Appena fu certa che Oren non potesse vederla, lanciò un incantesimo di levitazione.
 
Ebbe appena il tempo di raggiungere il vicolo, togliersi il mantello e rimetterlo nella borsa. Annullò la trasfigurazione e tornò se stessa.
Era spossata, ma felice.
Meditò se fosse il caso di seguire il suo piano in ogni caso, ma scartò l'idea. A questo punto la notizia dell'attacco doveva aver raggiunto suo padre. Se lo conosceva bene, stava già dando l'ordine di bloccare nel porto tutte le navi.
Poteva nascondersi su una di esse e attendere che il porto fosse riaperto, ma era certo che non sarebbe successo finché non la trovavano.
Era in un vicolo cieco.
Se spariva il suo piano falliva.
Se si faceva ritrovare falliva lo stesso.
Però in quel caso poteva riprovarci. La strada verso Taloras era lunga e poteva sempre studiare un nuovo piano di fuga.
Decise di andare all'incontro con Oren.
Lo trovò nella piazza che gli aveva indicato. Stava cercando in una viuzza laterale quando attirò la sua attenzione con un cenno della mano.
Oren corse subito da lei. "Vostra altezza." Aveva il fiatone. "State bene?"
Annuì.
"Vi riporto al palazzo."
Joyce lo seguì.
 
Si diressero verso il quartiere mercantile. Mentre attraversavano uno dei ponti che collegavano la parte settentrionale a quella meridionale della città, videro tre cavalieri avvicinarsi.
Non c'era modo di nascondersi né di scappare.
"Stia qui" disse Oren mettendosi davanti a lei.
I cavalieri li videro e accelerarono il trotto.
Circa a metà del ponte riconobbe il cavallo di suo fratello. "È Roge" disse lasciandosi sfuggire un sorriso. "È venuto a prenderci."
Roge non era solo. Con lui c'erano anche Karv e Heva.
"Joyce" disse non appena la vide. "Per fortuna ti ho trovata io per primo. La città pullula di spie di Malag. Ti stanno dando la caccia ma li stiamo combattendo."
"Papà e la mamma dove sono?" chiese Joyce.
"Al sicuro nel palazzo. Vieni, ti porto in un luogo sicuro. Qui è troppo pericoloso." Le tese la mano.
Joyce l'afferrò e lui la tirò su. "Porta anche lui" disse a Karv.
Lo stregone aiutò Oren a montare dietro di lui.
I cavalieri si rimisero in marcia.
"È stata Wena" disse Joyce. "Deve essere impazzita. Ha colpito alla schiena lo stregone che doveva proteggerci."
"Alla schiena dici?" domandò Roge.
"Sì. È stato orribile."
"Wena non è capace di queste cose. Sono sicuro che si è trattato di un malinteso."
"Ha cercato di rapirmi."
Roge non rispose.
Solo allora Joyce notò che si stavano dirigendo verso il porto. "Non possiamo andare lì, è pericoloso."
"Sta tranquilla. Risolverò tutto io."
"Ma ti ho appena detto che..."
"Joyce, lasciami fare per favore."
Tacque. Scambiò un'occhiata veloce con Oren, che si guardava attorno con sguardo pieno di sospetto.
Arrivarono nella zona dei magazzini.
Wena e gli altri stregoni erano ancora lì. Non appena li videro arrivare si radunarono come in attesa.
Nessuno aveva i dardi pronti, ma Joyce temeva che da un momento all'altro scoppiasse la battaglia. Perché Roge li aveva portati lì? Non sapeva che lei e Oren non avevano i poteri per difendersi?
Roge si fermò davanti a Wena.
"Per fortuna li hai trovati tu" disse la strega.
Joyce non riusciva a credere alle sue orecchie. "Roge, che cosa sta succedendo?"
"Con lei sarai al sicuro, Joyce. Te lo prometto."
"Ha ucciso quello stregone..."
Roge lanciò un'occhiata di rimprovero a Wena. "Hai davvero colpito Sige alla schiena?"
La strega fece spallucce. Sul suo viso apparve un mezzo sorriso.
"Ti avevo detto di non versare sangue" disse Roge arrabbiato.
"In guerra succede" si giustificò lei. "E poi avevamo un conto in sospeso e ho pensato di chiuderlo prima di partire."
Roge saltò giù dal cavallo e le porse la mano per aiutarla. Joyce la rifiutò e scese da sola.
Karv fu meno gentile e buttò giù Oren dalla cavalcatura. "È tutto vostro" disse agli uomini di Wena.
Oren tentò di ribellarsi, ma Bordim e gli altri lo immobilizzarono.
"Da questa parte, vostra altezza" disse Wena a Joyce indicandole la nave ormeggiata lungo il molo.
"Di lui che ne facciamo?" domandò Bordim indicando Oren.
Wena guardò Roge.
"Basta sangue per stanotte. Portatelo con voi, così non parlerà."
"Come desideri" disse Wena con un leggero inchino.
Bordim e gli stregoni trascinarono via Oren.
Joyce si voltò verso Roge. "Sei impazzito? Papà lo verrà a sapere."
"So cosa sto facendo, Joyce. Se tutto andrà bene la guerra finirà e tu potrai tornare a casa. Io sarò un eroe e tu potrai sposare chi desideri, anche quello stregone da strapazzo di Londolin che ti piace tanto."
"Non osare parlare di Vyncent" disse Joyce stringendo i denti.
Wena la trascinò verso la nave.
Joyce non aveva la forza di ribellarsi e la lasciò fare.
 
Alla fine era su di una nave.
Diretta chissà dove, prigioniera di una strega assassina, ma era su una nave. Il suo piano aveva funzionato a meraviglia.
Peccato che non stesse andando a Londolin.
Almeno non era diretta a Taloras. Quella sarebbe stata una beffa atroce. Però non sapere dove stava andando la faceva star male.
Wena le aveva assegnato la cabina del comandante.
"Non è una reggia" aveva detto la strega buttando la borsa di Joyce su di una branda. "Ma è meglio della stiva." Nella cabina c'erano un tavolo con due sedie, un baule, uno scrittoio e persino una piccola biblioteca piena di libri e carte nautiche arrotolate.
"E Oren come sta?"
Wena aveva sorriso. "Sta bene, non preoccuparti. Ma ti avverto: è già fidanzato."
"Che?"
Wena aveva riso ed era uscita chiudendo la porta a chiave.
Rimasta sola, Joyce si era seduta su di una sedia abbandonandosi ai suoi pensieri.
Tutto quello a cui riuscì a pensare era la sua misera condizione. Scappare era impossibile. Era a centinaia di miglia dalla terra ferma. Anche diventando invisibile e levitando, non sarebbe andata da nessuna parte. La levitazione durava cinque minuti al massimo e a lei servivano ore di volo per raggiungere Valonde. Sarebbe affogata prima.
Non aveva altri marchi per usare il richiamo. Era stata stupida a non attivarne uno a Valonde per ogni evenienza, ma come poteva prevedere quella conclusione?
Era successo tutto troppo in fretta.
Poi c'era Roge. Era infuriata col fratello che l'aveva affidata a quell'assassina di Wena.
Che cosa gli era saltato in mente?
Qualsiasi cosa volessero fare era pericoloso per lei e per quelli che avevano coinvolto in quella faccenda.
Faremo finire la guerra, aveva detto Roge.
Ma come?
Le guerre non finivano rapendo principesse e portandole chissà dove, a meno che non si trattasse di un romanzo d'avventura. Ma nemmeno il poeta più sprovveduto avrebbe pensato a una simile trama.
Era tutto assurdo e irreale.
Wena tornò per portarle da mangiare.
Joyce aveva pensato ad alcune domande da farle non appena l'avesse rivista. "Dove stiamo andando?"
"È un segreto."
"Perché?"
"È un segreto."
"A chi vuoi che lo dica?"
Wena ci aveva pensato. "Se te lo dico starai buona e tranquilla?"
Joyce aveva annuito.
"Stiamo andando a Vanoria. Il nome ti dice niente?"
"È un'isola?"
Wena sorrise ammirata. "Molto bene, principessa. Soddisfatta ora?"
"Che c'è a Vanoria di così importante?"
"Niente. È un'isola vulcanica pressoché disabitata. C'è solo un vecchio castello costruito da re Dummor."
Quel nome non gli era nuovo. Non aveva letto di lui in qualche vecchia cronaca?
Wena aveva sorriso ed era andata via lasciandola con la curiosità non soddisfatta.
Joyce pensò e ripensò cercando di ricordare chi fosse Dummor e perché Vanoria era tanto importante per Wena e i suoi.
Non le venne in mente niente.
Frustrata, decise di provare a dormire.
La mattina dopo uno stregone che non aveva mai visto venne a portarle la colazione.
"Quando arriveremo?" domandò.
Lo stregone si limitò a lasciare il piatto sul tavolo e andò via.
Joyce sospirò affranta.
Decise di usare quelle ore per studiare un nuovo incantesimo. Aveva portato con sé il poema di Hopott, per cui riuscì a tradurre qualche passo del nuovo capitolo, Pelle di Quercia.
Non aveva idea dei suoi effetti ed era troppo stanca per tradurre la parte che ne parlava. Dopo ore passate sul compendio aveva solo voglia di distrarsi.
Alla fine del capitolo c'era una nota, ma era scritta in un codice che non riuscì a tradurre. Scorrendo le pagine scoprì che c'erano altre note scritte con lo stesso codice. La calligrafia usata era diversa da quella dell'autore e l'inchiostro sembrava più fresco. Qualcuno le aveva aggiunte dopo per qualche motivo, ma non voleva che venissero lette da occhi profani.
Joyce si chiese se potesse decifrare quel codice.
Non sapeva niente dell'argomento, ma nei romanzi d'avventura l'eroe spesso doveva risolvere un enigma sottoforma di codice per proseguire nella sua impresa.
Nelle Cronache di Rimra di Belonde, un mago malvagio aveva richiuso la bella principessa Maela in una torre. L'unico modo per entrarvi era posizionare nel modo corretto tre pietre che si trovano all'ingresso, ma se Rimra avesse fallito sarebbe caduto in una trappola mortale.
Nel romanzo Rimra risolveva l'enigma grazie a un saggio che gli suggeriva come posizionare le pietre. Lei chi aveva? Nessun saggio sarebbe accorso per aiutarla.
Joyce sbuffò e mise da parte il compendio magico.
Rovistando nella borsa trovò lo stemma del casato di Vyncent. Quello le procurò una fitta al cuore.
Sospirò passandovi sopra le dita.
Quando saremo lontani penserai a me, le aveva detto.
In quel momento era lontana e stava pensando a lui, ma questo non le era di alcun conforto, anzi la rendeva ancora più triste.
Se la guerra non fosse mai scoppiata, tutto quello non sarebbe successo.
L'unica speranza che le restava era che suo padre riuscisse a trovarla prima che accedesse qualcosa di irreparabile.
Era certa che re Andew non si sarebbe arreso fino a che non l'avesse riportata a casa. Era una delle poche cose di cui era ancora certa.
Eppure anche suo padre l'aveva tradita dandola in sposa a un principe di un paese straniero.
Che cosa gli era passato per la testa?
Possibile che la guerra stesse andando così male?
E se ciò era vero anche Vyncent e Bryce correvano dei rischi enormi?
Erano le uniche due persone di cui poteva davvero fidarsi, ma erano a mille miglia di distanza da lei.
E poi c'era Oren. Anche di lui poteva fidarsi? Era sulla sua stessa nave, ma senza poteri era debole e indifeso quanto lei in mezzo a tutti quegli stregoni. Forse anche di più.
Doveva badare a lui e fare in modo che tornasse a casa sano e salvo. Lo doveva a Mythey, che si era sacrificato per lei. E glielo doveva per tutte le volte che l'aveva aiutata come Sibyl. Le sarebbe dispiaciuto se gli fosse accaduto qualcosa di grave.
In preda a quei dubbi, faticò a prendere sonno. Infine, dopo molte ore, la stanchezza ebbe il sopravvento.

***

"Ora noi faremo due chiacchiere" disse Wena entrando nella cabina.
Oren era seduto sulla branda e aveva appena finito di magiare la cena che gli avevano portato. A tutta prima aveva pensato che quella visita fosse solo per prendere il piatto e le posate che aveva usato, ma vedendo entrare la strega comprese che non era così.
Oren assunse una posizione sulla difensiva. Era pronto a combattere se necessario.
Wena era rilassata e non aveva nessuna magia pronta a colpirlo, ma come poteva sapere se non avesse già attivato un incantesimo? "Tranquillo, non intendo farti del male. Non voglio far piangere la tua ragazza. Voglio solo parlare di lei."
Oren si accigliò.
"La strega che ti ha liberato" disse Wena.
"Non so chi sia."
"Niente bugie, Oren" disse lei con un tono per metà divertito e per metà minaccioso. "O ti farò male. Non tanto da ucciderti ma abbastanza perché tu te ne ricordi per qualche anno. Allora, ricominciamo dall'inizio. La strega che ti ha aiutato l'altra notte..."
"Non so chi..."
Wena appoggiò una mano sulla spalla di Oren. Il tocco fu rapido ma un gelo intenso si diffuse nel braccio e la parte sinistra del corpo.
Oren si ritrovò a boccheggiare sulla branda, la spalla stretta nella mano.
"Visto? Io non volevo farti male. Mi hai costretta tu."
Oren valutò se fosse il caso di dirle qualcosa di Sibyl. In fondo lui non sapeva molto di lei e non avrebbe potuto rivelarle delle informazioni vitali.
"Me lo dici o no il suo nome, Oren?"
"Si chiama Sibyl."
"Ora ragioniamo." Wena prese a passeggiare per la cabina. "Come vi siete conosciuti?"
"Mi ha salvato da un troll che voleva mangiarmi."
Wena fece scattare un sopracciglio verso l'alto. "È una storia così incredibile che potrebbe essere vera. Sei uno dei sopravvissuti all'attacco alla carovana?"
Oren annuì.
"Interessante. E come faceva la tua amica a sapere dove ti trovavi?"
"Non ne ho idea, ma è molto brava a trovarmi."
"Quindi avete una specie di rapporto voi due?"
Oren arrossì. "Non lo so, credo di no. È che ogni tanto lei ha bisogno del mio aiuto e io del suo."
"Capisco" disse Wena interessata. "Quindi tu dai qualcosa a lei e lei da' qualcosa a te? È così che funziona?"
Oren si strinse nelle spalle. "So solo che è lì nel momento del bisogno."
"E non hai pensato che potrebbe essere una spia?"
"Non mi ha mai chiesto niente..."
"Forse non sta spiando te, Oren, ma la principessa Joyce. In fondo sei la sua guardia del corpo, no?"
"Sibyl non ha mai fatto del male alla principessa e non credo..."
"Tu non sai niente di lei, Oren. Io penso che la tua Sibyl ti stia ingannando e nascondendo qualcosa, magari che lavora per Malag. Ci hai pensato?"
"È impossibile."
Wena sospirò. "L'amore a volte ci rende ciechi, mio caro Oren." Andò alla porta. "Continueremo questa chiacchierata un'altra volta. Ora riposati e pensa solo a goderti il viaggio."
Solo dopo che la strega fu uscita Oren riuscì a rilassarsi. Si massaggiò la spalla nel punto in cui Wena l'aveva toccato.
Sentiva ancora freddo e il muscolo era indolenzito, ma stava passando.
Per un po' rimase sdraiato sulla branda aspettando che il dolore passasse. Quello gli diede tempo di pensare alle parole di Wena.
La strega non aveva tutti i torti. Da quando era comparsa Sibyl era successo di tutto e quasi sempre ai danni della principessa.
Forse aveva qualcosa a che fare con tutto quello o forse no. La prossima volta che l'avesse incontrata, semmai fosse accaduto, le avrebbe fatto quelle domande.
Dopo un paio d'ore la spalla non gli faceva più male e si alzò. Andò alla porta e cercò di aprirla. Non si mosse. Era ben chiusa dall'esterno e sembrava piuttosto solida. Non ce l'avrebbe mai fatta a buttarla giù.
Ma per andare dove, poi?
Potevano essere ovunque in quel momento, a decide di miglia di distanza da Valonde. Forse qualcuno li stava cercando, ma sarebbero passati giorni, forse settimane, prima che li trovassero. Nel frattempo era lui l'unico responsabile della vita della principessa.
"Certo, come no" si disse tornando sulla branda. Era disarmato e senza alcun potere era anche più debole del solito.
Non aveva idea di quanti stregoni e streghe ci fossero su quella nave e nel posto in cui stavano andando, ma non aveva speranza contro di loro.
Si sentiva impotente.
Impotente e disperato.
Iniziò a passeggiare per la cabina per tenersi in esercizio.
La sera venne un marinaio a portargli una scodella di cibo. L'appoggiò sul tavolo senza dire una parola e sene andò.
Oren meditò di buttare via il cibo. E se fosse avvelenato?, pensò.
"Che sciocchezza" mormorò. Se volevano ucciderlo bastava un dardo magico di Wena per risolvere la questione in maniera più efficiente.
Roge, il fratello maggiore della principessa, aveva ordinato alla strega di non versare altro sangue.
Era lui al comando?
Perché aveva fatto rapire la sorella?
E che stava succedendo a Valonde in quel momento?
Stava iniziando a pentirsi di aver lasciato il villaggio. Li la vita era noiosa e difficile, ma almeno era sicura. I fratelli non cercavano di rapire le sorelle e non c'erano streghe che ti torturavano.
Se almeno suo zio fosse stato lì. Lui avrebbe saputo cosa fare e come farlo. Ma Mythey non era lì e non ci sarebbe più stato.
Doveva arrangiarsi da solo.
Stanco e sfiduciato andò a dormire, ma faticò a prendere sonno.

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