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Autore: Martocchia    27/07/2017    0 recensioni
Ojos de Cielo è il racconto di un amore, di due ragazzi, ma anche la storia di una canzone e di quante sue simili essa possa contenere. Questo è il racconto di come la musica possa radicarsi così in profondità da diventare linguaggio e linfa vitale, legame di un amore fresco come le rose bagnate dalla rugiada.
I primi capitoli potrebbero lasciarvi un po' interdetti, ma vi invito a proseguire, ad andare oltre ciò che appare e ad immedesimarvi nei personaggi che ho creato, i quali non sono poi tanto lontani dalla realtà...
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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È passato più di un mese dalla vacanza in montagna, ma il ricordo di tutto ciò che mi è accaduto lo porto ancora forte e vivido dentro di me. Quel calore è una fiamma benefica che mi alimenta e illumina i miei occhi di una luce nuova. Anche adesso, mentre sono in macchina verso il mio primo giorno di quarta superiore, mi sento fremere di una speranza e di un’eccitazione del tutto nuove. Ho la netta sensazione che quest’anno succederà qualcosa di importante per me, di indimenticabile e che mi segnerà a vita… O forse sono solo troppo esaltata da questa nuova versione di me? Improvvisamente, però, come un fulmine un pensiero attraversa la mia mente: Marco, il mio primo amore, il mio punto debole fino a qualche mese prima. Ero stata così male a causa sua, anche dopo avermi lasciato aveva continuato a giocare con i miei sentimenti e io avevo anche sperato che… ma ormai mi domando quanto mi interessi ancora. Ben poco, in realtà, ma l’idea di rivederlo non mi piace comunque. Non voglio farmi rovinare l’inizio dell’anno scolastico da lui! “Basterà evitarlo.” è quello che penso percorrendo la breve salita che porta al piazzale davanti all’entrata del Liceo Sereni di Luino. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare… purtroppo. Infatti, proprio quando, arrivata nel piazzale, dopo essermi guardata bene in giro, sto per gridare vittoria per averla scampata, sento una voce che conosco fin troppo bene dietro di me: -Ehi Clara! -. -Oh Marco… Ciao…-. Non ho di meglio da dire, vero? E comunque da dove è spuntato?! -Non sei contenta di vedermi? - mi chiede vedendomi un po’ interdetta. Mi guarda con una punta di malizia, consapevole del suo ascendente su di me. Questo mi fa davvero irritare, ma non posso cedere subito così… però… che rabbia! -Dovrei esserlo particolarmente? - ribatto acidamente, mordendomi subito dopo la lingua. Linguaccia maledetta! Non potevo servigli meglio la frecciatina che sicuramente adesso piazzerà per mettermi al tappeto dall’imbarazzo! -Ma io, insomma, pensavo che tu… -. “Forza Clara, sei ancora in tempo per ribaltare la situazione!”. -Che io fossi ancora interessata a te? Mi dispiace, ma il mio mondo non gira più intorno a te da un po’. Non devi più preoccuparti per me: sono andata avanti, ho voltato completamente pagina. -. Adesso è lui a guardarmi interdetto e giurerei anche imbarazzato, mentre dentro di me mi sento il gallo del pollaio, che canta di soddisfazione: -Oh… Ok… Sono davvero contento per te. Allora ci si vede…? -. -Sì certo, ciao Marco. - e si allontana da me esitante. Lo osservo per un attimo e poi torno a godermi la soddisfazione della mia rivincita. L’anno non sarebbe potuto iniziare in modo migliore! L’avevo detto che sarebbe stato speciale! La mattinata passa velocemente e finalmente posso liberare i miei polmoni dall’aria stantia di quelle classi. Saluto velocemente le mie compagne e mi dirigo verso l’uscita laterale della scuola, dribblando le persone che non hanno niente di meglio da fare che bloccarsi in mezzo ai passaggi. Dall’altra parte della folla di studenti che stanno uscendo, riesco a intravedere le mie amiche, Martina, Lara e Cinzia, che mi aspettano per andare a mangiare una gustosa piadina. Mi salutano e io sorrido di rimando, districandomi fra zaini e borse ingombranti. -Com’è andato il primo giorno di scuola senza di noi? - mi chiede Lara appena riesco a raggiungerle. -Veloce e indolore, ma mi mancate già! - eh sì, perché tutte e tre quest’anno iniziano l’università e non potrò più vederle tanto spesso… -Dai, mancano solo due anni. Passeranno in fretta, vedrai. Però ora ho fame: andiamo! - mi consola Martina, trascinandoci poi per la viuzza che scende fino al centro storico di Luino, chiamata da noi studenti “Via del Fumo” ed è facile immaginare il perché, vista l’astinenza obbligata a scuola... Dopo una decina di minuti ci troviamo sedute a un tavolo in una piadineria, davanti all’imbarcadero di Luino. È metà settembre, ma la temperatura è ancora estiva e mi sto maledicendo per non aver portato dei pantaloncini per cambiarmi i più sobri e adatti alla scuola jeans, quando Cinzia interrompe il flusso dei miei pensieri: -Quest’anno pensi di fare qualcosa legato al canto, Clara? -. -In realtà no. I miei genitori non sono molto dell’idea di farmi fare lezioni… Per loro basta il Coretto. -. -E’ proprio un peccato! In montagna tutti ti hanno detto che dovresti fare qualcosa. - si ferma e mi osserva con sguardo pensoso, poi sembra illuminarsi: - Perché non partecipi al musical della scuola?! -. La guardo allibita: -Non se ne parla! Non l’ho fatto fino ad adesso, perché dovrei cominciare ora? Non mi piace mettermi in mostra e poi sai chi frequenta il laboratorio… -. -Sì, Marco. Non dirmi che ci vai ancora dietro?!- interviene Martina lanciandomi un’occhiata severa. - No no, anzi… Oggi gliel’ho anche detto chiaro e tondo facendogli fare una figuraccia… - rido ancora al pensiero della sua espressione. -Allora qual è il problema? -. Evito di rispondere alla domanda, salvata anche dall’arrivo delle piadine e dal richiamo della fame, ma effettivamente non so come rispondere: il problema non c’è, eppure mi spaventa questa cosa. Cantare su un palcoscenico, davanti a praticamente tutto il liceo? Il sogno di una vita, ma sono troppo timida per farcela sul serio. Il pomeriggio trascorre serenamente tra chiacchere, risate e gelato, sedute sul lungolago in uno spicchio di ombra ristoratrice. Cerco di scacciare i dubbi che mi hanno inculcato in testa le mie amiche, valutando razionalmente l’impossibilità della questione, ma quello continua a tormentarmi e qualcosa dentro di me si sta smuovendo. Quando è il momento di lasciarci, mentre scendo dalla macchina davanti a casa mia, Cinzia mi ferma: -Clara, ci penserai davvero? Potrebbe essere la tua occasione per far vedere a tutti cosa sai fare. - non ci vuole una scienza per capire a cosa si riferisca. -Certo, ci penserò. Non preoccuparti. -. -Fammi sapere cosa deciderai. – mi fa l’occhiolino e poi riparte, lasciandomi ancora più dubbiosa di prima. Ho provato a rimandare la decisione il più possibile, con la speranza magari di dimenticarmene, ma, quando mi trovo davanti a me, sul banco, il foglio di iscrizione ai corsi extra-scolastici, capisco che il momento è arrivato e non posso più posticipare un bel niente. Musical: sì o no? Anche a casa rimango per un tempo indefinito a fissare quel pezzo di carta, come se potesse saltarmi addosso da un momento all’altro. Cosa devo fare? Seguire il mio istinto, che mi dice di crocettare e far firmare alla mamma, oppure la mia ragione, con i piedi per terra, che mi dice di tenere i miei sogni chiusi in un cassetto a chiave? Da sola non riesco a decidere lucidamente… Scorro mentalmente la lista di persone con cui potrei parlarne: la mamma? No, sarebbe tempo tolto allo studio e faccio già troppe cose. Mio fratello? Neanche, mi prenderebbe in giro. Il don? Ho l’impressione che mi convincerebbe a iscrivermi a priori… Mi stendo sul letto, abbracciando un peluche e seriamente preoccupata per la mia incolumità mentale se non riuscissi a decidermi in fretta. Poi l’immagine della persona giusta con cui parlare si forma improvvisamente nella mia mente. Neanche 10 secondi dopo sono in salotto a guardare mia mamma con aria supplicante. -Che cosa c’è Clara? - mi chiede sospettosa, alzando gli occhi dalla settimana enigmistica. -Mamma… Possiamo andare in monastero? Ho bisogno di parlare con Emma… -. Mia mamma strabuzza gli occhi: so già cosa sta pensando… -Non farti strane idee! Non è per ciò che pensi tu: una suora basta e avanza in famiglia! -. - Non ci avevo minimamente pensato! – alzo le sopracciglia e incrocio le braccia – Oh, forse mi è passato di mente per un attimo… -. -Ah ecco. -. -Comunque va bene. Domani pomeriggio andiamo a trovarla. Ma non me lo vuoi proprio dire il motivo? -. -Vedi mamma, sono incinta e il padre è un cretino drogato… - mi fulmina con lo sguardo – Tranquilla, non è niente di grave. Ho solo bisogno di un consiglio da un punto di vista oggettivo e poi è da un po’ che non la vediamo. -. Solo a questo punto si rilassa e senza chiedermi altro torna al suo cruciverba, mentre io penso a come spiegare la situazione a mia cugina. Emma è entrata in monastero quando ero in terza media e la sua decisione ha stupito tutti in famiglia… Siamo tutti credenti, certo, ma non è cosa da tutti i giorni avere sul serio una suora tra i propri parenti! All’inizio non capivo molto, mi sembrava tutto così strano e onestamente non sapevo proprio come rapportarmi a lei in quella situazione. Le prime volte che siamo andati a farle visita mi sono sentita molto in imbarazzo, inspiegabilmente mi è sembrato di trovarmi davanti una persona del tutto nuova e ciò che mi ha sempre colpito è il suo sguardo traboccante di una felicità che io non ho mai provato e questa consapevolezza mi ha portato tutte le volte a piangere silenziosamente. Prima che entrasse in monastero non avevamo un rapporto molto stretto, eppure, quando un anno fa mi sono ritrovata in crisi, domandandomi se non avessi buttato via tre anni della mia vita in una scuola che, sì, mi piaceva, ma che mi obbligava a stare con persone con cui non mi trovavo per nulla, d’istinto le ho scritto e d’allora abbiamo cominciato a mandarci lettere abbastanza di frequente. Anche adesso, indecisa su una scelta che a molti sembrerà sciocca, mi rivolgo a lei, che mi ha sempre dato dei buoni consigli. Il pandino rosso della mamma si ferma in un parcheggio sterrato poco distante dal monastero, incastonato nelle montagne che dominano il lago di Lugano, circondato dai boschi. È un luogo che infonde una pace incredibile e, mentre cammino per la stradina che conduce all’edificio, penso che starei bene in un posto così isolato. Amo la tranquillità e il silenzio, riempito al massimo da della musica. Niente chiacchere inutili e chiassose, niente macchine…. No, le grandi città non fanno proprio per me. Entriamo dal cancello del monastero, mia mamma si avvicina alla porta e suona il campanello. Un istante dopo si apre un piccolo sportellino e il dolce viso di una suora, incorniciato dal velo nero, fa capolino e con voce sottile e amorevole parla con mia madre, la quale chiede di Emma. Io intanto continuo a guardarmi intorno, inspiegabilmente piena di serenità. Devo ammettere che qualche volta mi è passata per la mente l’idea di seguire le orme di mia cugina, in fondo potrebbe essere benissimo quella pienezza che vado cercando da tempo, quel compimento il cui pensiero mi ha tormentato tanto e che mi tormenta ancora… Ma l’idea di sposarmi, avere dei bambini, mi ha sempre riempito di felicità e speranza e poi ho ancora tempo per decidere cosa farne della mia vita e, come dice spesso proprio Emma, le vie del Signore sono infinite. Intanto la suora in portineria ci ha indicato la saletta dove aspettare Emma e, dopo aver aperto la porta che vi conduce, ci saluta con un sorriso caldo come un raggio di sole, e grato, anche se in realtà non abbiamo fatto nulla per meritarcelo. Entriamo silenziosamente nell’edificio, scambiandoci qualche parola sottovoce, per non rompere quel silenzio quasi incantato, e ci dirigiamo verso uno dei parlatoi. A chi non è abituato può fare impressione a un primo sguardo, per quanto non sia niente di speciale o mostruoso: la stanza è semplicemente divisa da un pannello in legno, con ampie feritoie, che permettono di vedere la persona dall’altra parte, di tenerla per mano e anche di scambiare un bacio sulla guancia. Niente ambienti bui e angusti, con fitte grate in metallo, dalle quali è quasi impossibile un contatto visivo! Molte persone vedono la clausura come una vita in prigione, ma in realtà è un’esistenza del tutto normale, solo dedita alla preghiera, in comunità e senza marito e figli. Un paio di anni fa io e mia mamma siamo venute qui per un ritiro con i nostri ragazzi del catechismo e la suora che ci ha parlato, rispondendo a un papà che le aveva chiesto se si sentisse in prigione, ci ha detto semplicemente che come noi vediamo loro dietro delle sbarre, così loro vedono noi: la domanda fondamentale è se siano più in prigione loro oppure noi. È una frase che mi ha colpito tantissimo e che mi torna in mente spesso… L’istintiva e triste risposta che mi sono data è che proprio noi, che ci sentiamo liberi e invincibili, siamo i più imprigionati nelle nostre e nelle altrui aspettative, in una società consumistica e che schifa l’originalità dell’uomo (originalità in quanto radici, origini, come dice Alessandro D’Avenia), il sentimento, l’istinto, nella sua connotazione più pura e umana. Invece queste suorine sono totalmente libere e felici (schifosamente felici, oserei dire) nella loro radicale scelta d’amore. Proprio mentre pondero questi pensieri, sento una porta aprirsi. Mi volto verso le sbarre e appare la figura sorridente e allo stesso tempo sorpresa di mia cugina. -Ciao! Che bella sorpresa! Cosa ci fate quassù? – chiede subito dopo averci accolto con un bacio sulla guancia ed essersi seduta davanti a noi. -Chiedilo alla tua cuginetta: ha voluto venire lei… - risponde mia madre, guardandomi accigliata, un po’ offesa perché non le ho ancora spiegato il motivo. -Davvero? Allora deve essere qualcosa di importante per venire qua di persona! – esclama Emma spostando l’attenzione su di me e osservandomi curiosa. -Diciamo che dipende dai punti di vista… - biascico abbassando gli occhi timidamente. –Però sì, ho bisogno di parlarti. Possibilmente da sola, se non ti dispiace mamma… -. Alzo gli occhi su di lei, la quale inizialmente sembra essere delusa dalla mia richiesta, ma poi mi sorride comprensiva. - Oh, no tranquilla. Aspetto qua fuori, magari vado un po’ in chiesa. Quando avete finito chiamatemi. -. La mamma ci dà un ultimo sguardo per poi uscire, chiudendo la porta dietro di sé delicatamente. Finalmente siamo sole, eppure non riesco a parlare: non è la stessa cosa scrivere a una persona e parlarle! E poi, da dove dovrei cominciare? Notando il mio imbarazzo e conoscendo la mia timidezza, Emma mi stringe una mano, attirando il mio sguardo su di lei, che mi sorride dolcemente e cerca di incoraggiarmi: -Tranquilla Clara, sono qui, ti ascolto. Non avere paura, anche se la questione ti sembra stupida. -. Almeno ha compreso subito il mio disagio… Effettivamente mi sembra un po’ sciocca tutta questa storia. Ma ormai sono qua e tanto vale mettere tutte le carte sul tavolo. Prendo un grande respiro e incomincio a esporle i miei dubbi. Le parlo del mio radicale cambiamento, avvenuto durante l’estate; di Marco, del mio rapporto con lui e della mia recente piccola rivincita; del mio amore incondizionato per il canto e di ciò che partecipare al musical significherebbe, nel bene e nel male. Per tutto il tempo la suora mi ascolta in silenzio, senza interrompermi, tenendo una mia mano fra le sue, sempre sorridendo, ogni tanto più divertita, in altri momenti più dolcemente. Quando termino di parlare il silenzio riempie nuovamente la stanza. Mia cugina sembra si stia prendendo del tempo per ponderare ciò che le ho appena raccontato per potermi dare la risposta più giusta. - Ho un disperato bisogno di un parere oggettivo, perché da sola non ne esco più! – sospiro stancamente. -Innanzitutto non devi pensare che questa cosa sia stupida. È della tua vita che si sta parlando, di ciò che ami fare di più al mondo, del tuo sogno! Da qualunque punto di vista la si guardi la questione è tutt’altro che inutile. – esordisce lei seria, per poi alleggerire il tono. – E poi non mi sembra così difficile scegliere. Scommetto che in realtà la tua decisione l’hai già presa, solo hai paura ad ammetterla e a renderla concreta. È qualcosa di nuovo e, come tutte le cose nuove, fa paura, ma nessuna paura è insuperabile. -. Adesso, sentendola parlare, mi rendo conto che ha pienamente ragione, però…. - E con Marco? Non voglio invadere lo spazio che preferisce, non voglio fargli pesare anche questo. -. - Sei davvero una ragazza dolce, Clara. Preoccuparti così per lui anche se ti ha fatto soffrire tanto… Quello spazio è anche il tuo, non dimenticarlo. Lui ama recitare, tu ami cantare e non ci si può fare niente se a scuola le due cose debbano coincidere in un solo laboratorio. In fondo, se, come dici tu, la questione con lui è chiusa, non dovrebbe importargli più di tanto averti intorno. Magari riuscireste anche a ricostruire un’amicizia… -. - La vedo dura da questo punto di vista. – ribatto scettica. - Che ne sai? Le persone riservano più sorprese di quante se ne possano immaginare. Comunque secondo me non devi rinunciare a questa opportunità solo per non fare un torto a lui. Mi pare anche l’ora che tu pensi un po’ di più a te stessa, Clara. Va bene essere altruisti, ma non fino al masochismo! Segui il tuo cuore, fidati che non sbaglia mai, e fai ciò che ami! -. Gli occhi di mia cugina mi guardano in un modo… La sua dolcezza sembra riempirmi e abbracciarmi in una calda coccola. Sono così limpidi, puri! Senza che me ne renda conto mormoro qualche parola: - Questi sì che sono Occhi di Cielo… -. Appena capisco cosa ho detto, mi porto una mano alla bocca e arrossisco per la vergogna. Emma si mette a ridere, cercando di tranquillizzarmi: - Non ti preoccupare, anzi, grazie! È il complimento più bello che mi abbiano mai fatto! -. - Dici sul serio? Sembrava così strano… Solo che i tuoi occhi sembrano fatti di gioia pura, sono contagiosi e… infiniti, sì, come il cielo. Vorrei poter avere anch’io degli occhi del genere. – confesso timidamente, sviando il mio sguardo dal suo. - Sai come si fa ad averli? – mi chiede con un sorriso furbetto. Scuoto la testa. – Devi fare in modo di essere il più felice possibile. Intendo Felice, con la F maiuscola! E per esserlo devi fare ciò che ami e amare con tutta te stessa ogni tuo gesto, ogni secondo della tua vita, ogni cellula del tuo corpo. Sembra una cosa tanto grande a dirsi, ma fidati quando ti dico che in realtà è semplicissimo. Abbandonati, cuginetta, e avrai gli Occhi di Cielo. -. La fisso interdetta, senza la più pallida idea di come rispondere. Ero venuta qui alla ricerca di una spinta per mettere una piccola crocetta su un foglio e invece me ne andrò via con molto di più, con quello che mi appare come il segreto per vivere davvero la propria vita, senza dover sopravvivere ad essa. - Allora, hai deciso cosa fare per il musical? – mi chiede Emma, tornando all’argomento originario. - Sì, penso proprio di sì… Grazie di cuore! -. - Figurati! A cosa serve se no avere una cugina suora se non per dare buoni consigli?! – mi fa un occhiolino ridendo – Se hai bisogno di qualsiasi cosa io sono sempre qui, non scappo. Continua a scrivermi, mi raccomando. Sono proprio curiosa di sapere come andrà a finire questa storia. -. - Non preoccuparti, ti terrò aggiornata. – le prometto, sorridendole grata. Dopodiché richiamo mia mamma e passiamo qualche altro momento tutte insieme, parlando del più e del meno, fino a che la campana non richiama mia cugina ai suoi doveri. Mentre ci dirigiamo al parcheggio mi accorgo di sentirmi molto più leggera rispetto a quando avevo percorso quella stessa strada a ritroso. Parlare con Emma mi ha riempita di una forza e di una determinazione nuove. Come se mi avesse letto nel pensiero, mia mamma mi si avvicina sorridente: -Parlare con la tua cuginetta è servito? Ciò che ti tormentava ha trovato soluzione? -. Sorrido tra me e me, guardando in alto, fra le fronde degli alberi. -Decisamente sì. -.
   
 
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