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Autore: heliodor    30/07/2017    4 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Io sono una maga!

Usò la levitazione per calarsi attraverso il camino e rientrare nella fortezza. Il fuoco della torcia brillava ancora ma si era affievolito ed era appena sufficiente a mostrarle la strada. Non osava evocare un globo luminoso. Se avesse incontrato qualcuno avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni.
Riattraversò la lunga sequenza di corridoi e sale fino a trovarsi di nuovo in quella dove aveva cenato meno di un'ora prima.
Era deserta e i tavoli ancora imbanditi.
Uscendo nel corridoio vide due stregoni correre in una direzione. Non cercò di fermarli. Il suo unico pensiero era raggiungere la sua stanza e recuperare alcune cose a cui teneva molto.
Sentiva grida e ordini concitati rimbalzare sulle pareti di roccia, come fantasmi che si parlavano tra di loro.
Raggiunse la sua stanza e si precipitò al baule. Prese la borsa dove aveva già infilato una mantellina nera con cappuccio, i suoi libri compreso il compendio di Lacey e lo stemma regalatole da Vyncent. Quella era l'unica cosa dalla quale non si sarebbe mai separata.
Stava per uscire quando la porta si spalancò.
Joyce ebbe un tuffo al cuore.
Per fortuna era Roge.
"Eri qui? Ti ho cercata dappertutto" disse afferrandola per un braccio.
"Che succede?" chiese mentre la trascinava fuori dalla stanza.
"Un attacco a sorpresa" disse lui senza guardarla. "Siamo stati dei folli a pensare di poter ingannare la strega bianca. È giunta con forze superiori alle nostre. Sapeva esattamente cosa aspettarsi."
Joyce era atterrita. "Che cosa facciamo ora?"
"Non è ancora finita. Possiamo sempre attirare Nimlothien in trappola. Crede di aver già vinto e sarà questo a tradirla."
"Dove mi porti?"
"In uno dei livelli sotterranei. Lì sarai più al sicuro."
"Dobbiamo liberare Oren" disse puntando i piedi.
"Cosa?"
"Non possiamo lasciarlo qui."
Roge scosse la testa. "Non è importante. E contro gli stregoni di Nimlothien non avrebbe alcuna speranza."
La mente di Joyce lavorò in fretta. "Lui è indifeso tanto quanto me. Diamogli almeno una possibilità di cavarsela."
"Forse potrebbe esserci utile" disse Roge.
Si fermarono davanti alla porta di Oren. Era chiusa dall'esterno.
"Stai lontana" le disse.
Roge alzò il braccio e lo puntò verso la serratura. Esplose un singolo dardo magico, rompendola.
Oren balzò fuori come una furia, brandendo la gamba di una sedia come clava.
"Calmati, siamo noi" disse Roge.
Oren abbassò l'arma. "Vostra altezza. State bene?"
"Sì" rispose Roge. "Che volevi fare con quella?"
Oren si strinse nelle spalle. "Mi hanno portato via la spada."
"Lungo questo corridoio c'è una sala con un'armeria. Recupera un'arma e unisciti a quelli che difendono la fortezza."
Non era quello che aveva sperato Joyce. Non aveva liberato Oren per mandarlo incontro a morte certa.
"Il mio compito è difendere la principessa" disse Oren.
"È quello che ti sto ordinando di fare" disse Roge. "Ora trova quell'arma e fai il tuo dovere."
Oren guardò Joyce, come aspettandosi u aiuto.
Lei non aveva idea di cosa dire. "Fai attenzione" riuscì a dire prima che Roge la trascinasse via.
Usarono le scale per raggiungere il livello inferiore della fortezza. Invece che un unico anello scavato nella roccia, c'era una ragnatela di corridoi che si dipanavano in tutte le direzioni. Gli incroci formavano sale più ampie e vuote.
"Resta qui. Sarai al sicuro" disse Roge.
"Tu dove vai?"
"A difendere la fortezza. Dopo che avremo respinto l'attacco tornerò a prenderti."
Joyce attese che si fosse allontanato, quindi prese dalla borsa il mantello nero e usò la trasfigurazione per diventare Sibyl.
Adrien aveva detto che la sua gente era alloggiata nel livello inferiore della fortezza. Joyce non aveva idea di quanto fosse esteso, ma non poteva stare ad aspettare.
Evocò un globo luminoso e si mise a cercare la gente del villaggio.
 
Li trovò mezz'ora dopo. Si erano rifugiati nelle sale più interne.
Vedendola arrivare si allarmarono.
"È un'amica" disse Adrien andandole incontro.
"Siete tutti qui?" chiese Joyce.
"Non manca nessuno."
"Bene" disse guardando i visi che la fissavano nella penombra. Alcuni sembravano rassegnati al loro destino, altri erano arrabbiati o stanchi.
Quella gente aveva perso tutto e stava per perdere la vita, ed era colpa di suo fratello Roge. Era suo dovere fare qualcosa per loro.
"Quello che dovete fare" disse parlando ad alta voce. "È stringervi l'un l'altro."
Si levò un mormorio.
"Vi chiedo solo di fidarvi di me."
"Perché dovremmo?" chiese una donna.
"Tu sei una strega" disse un uomo.
"Gli stregoni non hanno mai fatto niente di buono per noi."
Joyce non era preparata a quella reazione. Non sapeva che cosa rispondere e aveva la sensazione che ogni suo tentativo di giustificare il comportamento di Roge e Wena avrebbe peggiorato la situazione. Invece disse: "Io sono una maga, non una strega."
Nella sala calò il silenzio.
"So che molti di voi avranno sentito parlare dei maghi malvagi e della magia contro natura. Io sono una di loro, ma sono qui per aiutarvi, non per farvi del male. Potete decidere di fidarvi o meno di me, ma questo non potrà migliorare la vostra situazione."
"Maga o strega per noi non fa alcuna differenza" disse una donna.
"Ma se è qui per aiutarci..." disse un uomo.
"Dovremmo ucciderla subito."
"No, non fatele niente" disse Adrien. "Se ci voleva fare del male l'avrebbe già fatto."
Alcuni, la maggioranza, annuì. Un gruppo di irriducibili rimase sulle sue, ma alla fine cedette.
Si strinsero l'un l'altro come Joyce gli aveva ordinato.
Joyce abbracciò Adrien e altre due donne. Si sentì soffocare da quell'abbraccio collettivo, ma subito le passò. Era bello stringersi a quelle persone, anche se erano sconosciuti.
Per la prima volta assaporò la sensazione di far parte di qualcosa di enorme.
Sto per fare qualcosa di stupido, si disse. Stupido e pericoloso, aggiunse.
Poteva accadere qualsiasi cosa. La più probabile era che non funzionasse e sarebbero rimasi intrappolati la sotto. Forse avrebbe funzionato ma sarebbero morti tutti nel tentativo. O forse solo lei sarebbe morta. Oppure sarebbe scomparsa nel nulla, persa chissà dove nel trasferimento da un punto all'altro.
A volte capitava di sentire leggende che riguardavano stregoni scomparsi nel nulla o annichiliti da un loro incantesimo.
Ma lei non era una strega.
Lei era una maga. La prima da chissà quanti secoli.
"Andiamo Joyce, ce la puoi fare" mormorò a occhi chiusi. Poi a voce più alta recitò la formula del richiamo.
 
Il buio rimase inalterato. La sensazione di soffocamento pure. Ciò che cambiò fu la leggera brezza che le soffiava sul viso. Rispetto al caldo opprimente della fortezza era un toccasana.
Aprì gli occhi. Era ancora in mezzo a quell'abbraccio collettivo. Ed era buio. Ma sopra di lei non vi era il soffitto di pietra della fortezza, ma le stelle.
L'abbraccio si sciolse in un grido di sollievo collettivo.
Erano all'aperto, nello spiazzo che lei aveva marchiato prima di rientrare nella fortezza.
"Ci siete tutti?" chiese.
Gli abitanti del villaggio si scambiarono delle veloci occhiate.
Joyce si sentiva stanza, ma soddisfatta. "Andiamo alle navi" disse muovendo un passo.
Fu come se qualcuno le avesse tolto la terra da sotto i piedi. Si ritrovò in ginocchio, incapace di muoversi.
Adrien e un uomo l'aiutarono.
"Sto bene" disse rialzandosi.
Ma non era vero. Le girava la testa e tutte le ossa del corpo le facevano male. Un rivolo di sangue prese a colarle dal naso. Con quell'unico incantesimo doveva aver dato fondo a gran parte delle sue energie.
Era vicina al suo limite o forse l'aveva già superato.
Il prossimo incantesimo, o quello dopo, poteva essere l'ultimo.
"Vieni, riposati" disse Adrien.
"Non ho tempo." Doveva tornare dentro e cercare suo fratello. E Oren.
Gettò una rapida occhiata alle navi ormeggiate. Due erano state consumate dal fuoco, ma le altre tre, a debita distanza, attendevano nel buio. Non c'era nessuno nel villaggio, segno che la battaglia stava impegnando tutte le forze in campo.
Era il momento giusto per impossessarsi di una delle navi e lasciare l'isola.
Si raddrizzò. La sensazione di malessere le stava passando.
Con passo malfermo seguì gli abitanti del villaggio fino al porto.
Le case erano state quasi tutte distrutte nella prima fase dell'attacco. Alcune erano state bruciate fino alle fondamenta.
Molti si lamentavano e maledivano gli stregoni per quello che era accaduto.
"Non potete restare qui" disse Joyce con voce stentata. "Gli stregoni di Malag potrebbero tornare e finire il lavoro. Dovete prendere una delle loro navi e andarvene."
Era un'idea folle ma era un villaggio di pescatori e qualcuno di loro era di sicuro esperto di navigazione. Se la sarebbero cavata.
"E tu che farai?"
Joyce stava pensando a un piano. Scelse un punto a ridosso della radura e vi appose un marchio di richiamo. "Portatemi a bordo" disse.
 
La nave era deserta. Persino i marinai erano stati reclutati per dare l'assalto alla fortezza, segno che Nimlothien aveva forze appena sufficienti per sopraffare i difensori. I mercenari che erano accampati sul molo e nelle case erano stati uccisi o dispersi, quindi non erano più un problema. Non c'erano altri nemici da fronteggiare: perché perdere tempo a presidiare le navi?
Meglio usare quelle forze per impegnare il nemico.
Mentre Adrien e i suoi compaesani prendevano possesso della nave e si preparavano a salpare, Joyce raggiunse la stiva. Trovò una zona sgombra tra le casse e vi appose un marchio. Le costò una fatica immensa pronunciare la formula.
Si sentiva sul punto di cedere alla stanchezza e stramazzare al suolo, ma resistette.
Tornò di sopra e chiamò Adrien. "Datemi un'ora di tempo, poi partite, qualuque cosa accada."
"Non ti lasciamo qui" disse il ragazzo.
"Fatelo e basta. È un ordine." Era inutile morire tutti a causa sua.
Sbarcò dalla nave e si avviò verso la montagna.
Mentre si avvicinava vide i bagliori della battaglia accendersi lungo i fianchi scoscesi. Poteva solo immaginare la resistenza che i difensori stavano opponendo alle forze della strega bianca.
Non era certo la passeggiata che Wena aveva immaginato. Ora avrebbe avuto tutta la gloria che voleva, pensò Joyce.
Si arrampicò fino al camino che permetteva all'aria di uscire dalla fortezza. Dovette usare un incantesimo di levitazione per entrare. Stanca com'era sarebbe precipitata se avesse tentato di arrampicarsi.
Stavolta non aveva una torcia con sé, né osava evocare un globo di luce. Dovette percorrere la strada a ritroso e al buio, affidandosi alla sua memoria.
Girò per quella che le sembrò un'eternità tra cunicoli, sale e corridoi che le sembravano tutti uguali.
Se si fosse persa non avrebbe mai ritrovato la strada.
Poi sentì le voci. Erano deboli e distanti, ma rimbalzando sulle pareti di roccia venivano amplificate.
Le seguì per ritrovare la strada finché non raggiunse la sala dove avevano cenato.
Stanca e debilitata, si accasciò vicino a una delle colonne. Doveva riposare.
"Ci hanno sopraffatti" disse una voce femminile.
"Raduna tutte le forze al livello inferiore. Qualcuno dica a Pen di attivare i sigilli."
"Pen è caduto."
"Allora è davvero finita" disse la voce maschile.
Joyce trovò la forza di sporgersi dal suo nascondiglio.
Roge e Wena erano fermi al centro della sala. Sembravano in attesa di qualcosa.
E quel qualcosa era una terza persona, una donna dai capelli bianchi, che stava entrando in quel momento.
Era scortata da una decina di stregoni.
Joyce si accucciò dietro la colonna cercando di rendersi il meno visibile possibile. Per fortuna la donna e le sue guardie non sembravano interessate a lei.
"Guarda che cosa abbiamo qui" disse con tono tronfio.
"Tu devi essere Nimlothien" disse Roge con sfrontatezza.
La donna si concesse un mezzo sorriso. "E tu sei il figlio di re Andew, suppongo."
Roge per tutta risposta sollevò il braccio e lo puntò verso la strega bianca. Nella sua mano brillava qualcosa.
Non fece in tempo a esplodere il dardo.
Wena fu più veloce di lui e lo colpì alla gamba con un calcio, sbilanciandolo.
Roge urlò per il dolore e la sorpresa. "Che cosa fai?" gridò all'indirizzo di Wena.
"Quello che volevo fare fin dall'inizio" rispose la ragazza. Poi, rivolgendosi alla strega bianca, aggiunse: "Ti ho portato l'erede di casa Valonde. Nei sotterranei troverai anche la ragazzina. Come stabilito."
Nimlothien annuì. "Hai fatto un buon lavoro. Malag sarà soddisfatto."
"Rispetterete il patto? Ora Valonde è nostra."
"Se vi dimostrerete degli utili vassalli, Malag ne terrà conto. La guerra è ancora lunga e c'è molto da conquistare."
"Traditrice" gridò Roge.
Due stregoni lo afferrarono per le ascelle e lo portarono via.
"Il mio lavoro è finito." Wena fece per andarsene.
Nimlothien le fece un cenno con la mano. "Non ancora. Portami la ragazzina."
"Non puoi prendertela da sola?"
"Ti ho dato un ordine."
Wena annuì e andò via.
 
Joyce uscì dal nascondiglio dopo che Wena se ne fu andata. Una parte di sé era infuriata con lei per quello che aveva fatto al fratello e si preoccupava della sua sorte. L'altra pensava che fosse una giusta punizione per ciò che lui aveva fatto a lei.
Per un attimo pensò di inseguire Nimlothien. Sarebbe stato un modo sciocco e inutile di morire. Non aveva la forza di battersi con lei. A stento riusciva a stare in piedi.
L'unico pensiero che la confortava è che non avrebbero ucciso subito Roge. Se lo volevano morto sarebbe bastato un dardo magico per finirlo. Invece l'avevano portato via.
Dove e per quale motivo era un mistero.
Doveva sopravvivere e tornare a casa per dare l'allarme.
E doveva trovare Oren. Se era ancora vivo poteva salvarlo e portarlo fuori di lì.
Ma dove poteva essere andato?
Roge gli aveva ordinato di unirsi ai difensori, quindi la cosa più logica era che, non essendo uno stregone, si fosse unito ai mercenari reclutati dal fratello.
Joyce raggiunse il corridoio. C'erano cadaveri sparsi un po' ovunque lì attorno. Alcuni indossavano i mantelli con i simboli del circolo di Valonde e dei suoi alleati, altri quelli con simboli che non aveva mai visto prima di allora. Tutti avevano i segni della battaglia. Bruciature, pose scomposte e altri orrori che decise di ignorare per non dare di stomaco.
La stanchezza e la nausea la stavano assalendo di nuovo. Si appoggiò al muro per non crollare al suolo.
Una mano le si posò sulla spalla facendola sobbalzare.
Si voltò, pronta a lanciare un dardo magico, fosse anche l'ultimo.
Oren le fece cenno di fare silenzio. Aveva una spada nella mano destra e un'altra legata in vita. Da dietro le spalle spuntava una balestra.
Per la prima volta da ore si sentì sollevata. "Sei vivo" disse con voce impastata.
Lui la trascinò fino a una sala laterale. "Che ci fai qui?"
"Sono venuta a salvarti" disse. Come al solito, aggiunse a mente.
"Non era necessario correre un simile rischio" rispose lui.
"Non ti ho sentito dire grazie."
"C'entri qualcosa con quello che sta accadendo qui?" domandò Oren.
"Secondo te, se c'entrassi qualcosa me ne andrei in giro nascondendomi?"
Oren sembrò rifletterci sopra. "Scusa per l'altra sera. Non so cosa mi è preso."
Lo so che cosa ti è preso. Sei un idiota e un testardo. E coraggioso, aggiunse.
Si era buttato in quella mischia anche sapendo di non poterne uscire vivo.
"Devo trovare la principessa."
"L'ho vista fuggire poco fa."
"Da dove?" chiese Oren.
"Da una delle torri" mentì. La sua mente annaspò alla ricerca di una scusa credibile. "Gli stregoni di Wena hanno fatto una sortita per permetterle di fuggire. È stato un massacro."
"Pazzi" disse Oren. "Tutti quanti."
Non poteva non essere d'accordo. Non poteva... non...
"Stai bene?" La voce di Oren le giungeva ovattata, come da un luogo lontanissimo. "Sibyl?"
No, non sto affatto bene. Vorrei riposare. Ho male dappertutto. E smettila di chiamarmi con quello stupido nome. Io sono Joyce... io sono...
Si sentì sollevare e galleggiare nell'aria per un tempo che le sembrò lunghissimo. Era come levitare ed essere cullati allo stesso tempo.
Poi si sentì deporre a terra con dolcezza.
Non aveva mai perso coscienza davvero, ma le era sembrato tutto un sogno.
Era buio e il viso di Oren incombeva sopra di lei.
"Tutto bene?"
Sbatté le palpebre. Deglutì. "Sì. Sto bene." Non era vero, ma si sentiva un po' meglio. Fece per rialzarsi. "Dove siamo?"
"Nei sotterranei" rispose Oren.
"Dobbiamo andarcene subito."
"Aspetteremo che la battaglia sia finita e poi usciremo. Con un po' di fortuna..."
"No, no" disse Joyce alzandosi su gambe malferme. "Dobbiamo andarcene subito, Oren. Subito. Abbracciami."
"Di nuovo?"
Lei annuì. "È l'unico modo per fuggire."
Sperava ce ne fosse un altro, ma non le venne in mente niente. Era troppo debole per arrampicarsi nel camino.
Solo il richiamo poteva farli uscire vivi da lì dentro.
"Se proprio insisti..." disse Oren sporgendosi verso di lei.
"Che carini."
La voce la fece sobbalzare.
Wena uscì dall'ombra. Non si erano accorti della sua presenza. Aveva il braccio sollevato e un dardo puntato verso di loro. "Stavolta non userai un richiamo per sfuggirmi" disse.
Joyce tacque.
Oren accennò un passo in avanti.
Il dardo lo colpì alla spalla. La forza del colpo lo mandò a sbattere con la testa contro una colonna.
"Oren" gridò Joyce.
Wena preparò un altro dardo. "È solo ferito. Per ora."
"Che vuoi?"
"La principessa era qui. Voi siete qui e lei non c'è. Dove l'avete nascosta?"
"Non so di che parli."
Puntò il dardo dritto verso di lei. "Da questa distanza non sbaglio mai."
"Ti sto dicendo la verità."
Wena si accigliò. "Chi sei? Per chi combatti?"
"Mi chiamo Sibyl" rispose per guadagnare tempo. "Non combatto per nessuno."
"Tutti combattiamo per qualcuno. O qualcosa."
Joyce tacque.
Wena sospirò rassegnata. Puntò il dardo verso Oren. "Voglio la principessa. O farò del male al tuo fidanzato."
Doveva essere per forza così irritante? "Lui non è... Noi non siamo..."
Wena le scoccò un'occhiataccia. "Ho il braccio che mi si stanca in fretta."
Joyce pensò a un modo per uscirne, ma non le venne in mente niente.
A parte una cosa.
Annullò la trasfigurazione mostrando il suo volto a Wena.
La strega si accigliò. "Bel trucco, ma non ci casco. Ho visto trasfigurazioni migliori della tua."
Joyce fece un passo in avanti. "Non c'è alcun trucco, guardami bene."
Wena si avvicinò di un passo. "In effetti... la voce è uguale. Sei una perfetta imitazione. Anche quel leggero difetto al labbro..."
Joyce impallidì. "Ma di che difetto parli?"
Wena rise. "Questo... questo cambia tutto. Magia impura... lord Malag sarà deliziato nel vederti. Potrà accusare tuo padre di aver allevato una mostruosità sotto gli occhi di tutti. Lo distruggerà davanti ai suoi stessi alleati e vassalli. La guerra è praticamente vinta. Ora sei mia prigioniera."
Wena aveva ragione. Sarebbe andata proprio in quel modo. La guerra era persa e per colpa sua.
In quel momento la terra vibrò.

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