X
L’Ardrir
incontrò la
durezza del fianco della nave, più resistente e duro di
quelli in legno a cui
era abituato, e rimase stordito.
Il colpo non
sortì alcun effetto: la nave non
venne sventrata come si aspettava, e il drago si ritirò
sgomento e sorpreso.
Il
contraccolpo,
però, fece ondeggiare il vascello e Krugar venne sbalzato
contro il parapetto,
così come la maggior parte della ciurma, Adam venne gettato
fuori bordo e si
ritrovò a penzolare a testa in giù, sospeso sul
nido di Ardrir.
«È
l’ultima volta che
lavoro per qualcuno» borbottò Krugar riacquistando
l’equilibrio.
«Dov’è
finito quel
damerino rompicazzo?» si domandò il pirata
accorgendosi in quel momento
dell’assenza di Adam. Dal canto suo, il cavaliere continuava
a oscillare appeso
alla corda, e non appena il timoniere iniziò la manovra di
spostamento, venne
strattonato e costretto a seguire il movimento. Il sangue gli era
affluito al
volto e si sentiva alquanto nauseato e stordito, oltre che un emerito
deficiente.
«Credo
sia caduto
fuori bordo, signore» mormorò uno dei suoi uomini
indicando la corda ancora
legata alla balaustra e tesa fino allo spasmo.
«Tiratelo
su! Porco
il cazzo!» sbraitò il capitano mentre correva
sottocoperta a recuperare la sua
spada, «E dategli un’arma: ci ha ficcato in questo
casino ed è bene che si dia
da fare per tirarcene fuori!»
Adam
sentì uno
strappo verso l’alto che gli artigliò
l’aria dai polmoni, lasciandolo senza
fiato, seguito dalla sensazione di essere trainato. Il nido si
allontanava al ritmo singhiozzato degli uomini che stavano
tirando la corda. Lo
stavano recuperando, segno che l’orco aveva preferito non
lasciarlo penzolare
come un deficiente, come il Dragoron aveva, invece, supposto.
Appena giunto
sul
ponte, iniziò a trafficare con la corda per sciogliere il
nodo.
«Tienitela!»
sbraitò
Krugar, riemergendo da sottocoperta, «E anche voi dovreste
legarvi se non
volete fare un salto di quasi tredicimila piedi! Dunabar procura altre
cazzo di
corde!»
L’orco
aveva
indossato un giustacuore di cuoio bollito, mostrando come preferisse
non ripetere
l’esperienza passata: una ferita di Ardrir gli era bastata.
Il braccio non
armato era rivestito da uno spallaccio di metallo scuro, costituito da
diverse
punte che lo facevano somigliare alla cresta di un drago. Con lo stesso
metallo
era stata forgiata Fernecar che brillava tra le sue mani.
L’Ardrir,
nel
frattempo, si era ripreso dalla sorpresa ed era pronto ad attaccare di
nuovo.
Le prime palle
di
cannone sibilarono nell’aria, ma il drago era agile e veloce,
e le schivò
facilmente. Emise un basso suono gutturale di sfida, e
frustò l’aria con la sua
lunga coda, mettendo in mostra le pinne
sull’estremità, anch’esse striate di
cremisi.
«La
pancia,
rincoglioniti! Puntate alla pancia!» sbraitava Krugar, come
un ossesso, ma i
suoi tiratori sembravano essere ciechi: non un colpo era riuscito a
sfiorare
l’Ardrir.
«Lo
stiamo solo
innervosendo» fece notare Adam.
«Non
ho bisogno di
prendere ordini da te, damerino» lo rimbeccò
l’altro, «Ho già abbattuto una
volta queste bestiacce, ed avevo solo la mia spada e la mia forza.
Sconfiggere questo sarà un gioco da ragazzi!»
Ma come
confermando
le parole del Dragoron, un poderoso colpo di coda si abbatté
sulla nave,
facendola dondolare pericolosamente.
Gli uomini
riuscirono a non precipitare fuori bordo, abituati a quel genere di
scossoni,
ma Adam non fece in tempo, e prima che potesse rendersene conto, venne
brutalmente scagliato oltre la balaustra e si ritrovò ad
attraversare l’aria
come un saltimbanco al circo. Improvvisamente, si trovò
davanti una delle
enormi ali membranose dell’Ardrir, che si era erta a difesa
del fianco
vulnerabile del drago.
«Oh
cazzo» esalò.
Il mondo
divenne improvvisamente un
caleidoscopio di azzurri e verdi, prima di diventare completamente
bianco e poi
annullarsi in un nero uniforme.
Adam rimase
stordito: percepiva il proprio corpo galleggiare nell’aria,
ma era come se non
gli appartenesse, e quelle sensazioni giungessero da un’altra
dimensione onirica.
Sentiva l’aria attorno a sé e le grida degli
uomini, distanti e ovattate,
attorno a lui si ergeva solo una coltre di buio e nebbia sfilacciata.
Improvvisamente
si
sentì afferrare e trasportare, l’aria gli frustava
il viso e gli fischiava
nelle orecchie; una presa salda e decisa lo tratteneva per la vita e un
odore
penetrante gli invase le narici.
Sbirciò
tra le
ciglia, la vista stava iniziando a snebbiarsi, e intravide la pelle
verdastra e
butterata del collo di Krugar.
«Ma
che cazz…?»
esclamò, prima di venire brutalmente scaricato sul ponte
della nave.
«Forse
è il caso che
tu vada sottocoperta» ghignò l’orco,
«Questo non sembra un posto adatto a
principessine come te»
Adam
avvampò,
rendendosi conto di quanto fosse appena successo: vedendolo penzolare
svenuto
dopo l’impatto con l’ala del drago,
l’orco si era affrettato a soccorrerlo e a
riportarlo al sicuro sulla nave, come se si fosse trattata di una
sciocca
donzella in pericolo. Aveva fatto la figura dell’idiota e si
era reso ridicolo
davanti a tutti quegli uomini che stavano rischiando la vita per lui;
probabilmente lo consideravano un inetto, ma ciò non lo
turbava affatto dal
momento che teneva in gran poca considerazione l’opinione di
quei pirati. Lo
infastidiva, però, il fatto che Krugar potesse dubitare di
lui e decidere di
non lavorare più per un tale inetto.
L’umiliazione
bruciava sul volto del Dragoron: non si sarebbe fatto mettere i piedi
in testa
e deridere da un pirata.
«È
stato un
incidente» si difese, riprendendo il solito contegno
sprezzante.
«Lo
spero per te»
replicò Krugar, «Ma sappi che se cadi di nuovo
fuori bordo, ti lascio lì!»
Il drago
pareva come
impazzito: si arrotolava e si contraeva convulsamente, battendo
freneticamente
le ali e agitando la coda, nell’affannoso tentativo
di schivare i
proiettili.
«Dobbiamo
trattenerlo» pensò ad alta voce il capitano,
«O questo continuerà a dimenarsi
come una puttana in calore»
Adam
trovò la
similitudine del pirata scurrile ma azzeccata: se il drago continuava
ad
agitarsi selvaggiamente e a sfuggire, i colpi non sarebbero mai andati
a segno.
«Preparate
gli
arpioni» fu il comando perentorio di Krugar.
«Gli
arpioni?»
domandò uno dei suoi uomini, confuso, «Quelli per
le Waahl?»
«Come
cazzo pensi di
impedire di muoversi ad un mostro di merda del genere?»
replicò l’orco
esasperato, spesso gli sembrava di avere a che fare con dei
decerebrati. Il
sottoposto umiliato corse ad eseguire gli ordini, e mentre palle di
cannone
ancora sibilavano nell’aria, gli arpioni vennero approntati.
«Lasciate
a me
quello più grosso» ordinò il capitano,
«E puntate alle ali. Vicino al limite
esterno sono più fragili»
Krugar prese
posizione, le gambe divaricate e lo stesso ghigno malefico che aveva
distorto i
tratti del suo volto quando l’arpione era puntato contro Adam.
Questa volta
il
bersaglio era meno semplice, dal momento che si muoveva in maniera
più convulsa
e veloce; avrebbe dovuto anticipare le sue mosse, ma ogni azione era
imprevedibile.
L’orco
si concesse
qualche secondo per studiare i movimenti dell’Ardrir e si
accorse che seguiva
uno schema preciso, come in una sorta di danza, con piccole
variazioni che aveva una base di fondo
sempre identica.
Aspettò
che facesse
rientrare l’ala e sparò il colpo.
L’arpione fischiò nell’aria e
squarciò l’ala
sinistra del drago. Questi rigettò il capo
all’indietro, esalando un latrato di
dolore e furia.
Inizio a
torcersi su
sé stesso, cercando di liberare l’ala ma
lacerandola ancora di più.
«Bisogna
immobilizzare anche la seconda!» latrò Krugar.
Adam spinse
via uno
degli uomini dell’orco e prese il suo posto: avrebbe
dimostrato a quel gretto
pirata che non era una donzella in pericolo da spedire sottocoperta.
Il Dragoron
era da
sempre stato uno dei migliori tiratori e nemmeno in quel caso si
smentì. La
fiocina andò a lacerare la seconda ala e il colpo fu tale
che portò via con sé
una parte del fianco molle e non rivestito di squame della bestia.
«Finalmente
qualcuno
in grado di comprendere le indicazioni» si
complimentò Krugar, «Non sei così
inutile, dopotutto.»
Adam sorrise
tronfio, ma non riuscì a pregustarsi a lungo la vittoria.
L’Ardrir si era
imbestialito: fino a quel momento aveva creduto di essere
invulnerabile, ma le
lacerazioni sulle ali e lo squarcio sul suo fianco ostentavano il
contrario; i
suoi occhi trasudavano rabbia e sete di vendetta, promettendo un
attacco
terribile.
«La
coda!» urlò uno
dei pirati, mentre con un guizzo azzurro
l’estremità caudale dell’Ardrir
colpì
l’Andromeda, destabilizzandola. Le corde che tenevano legati
gli uomini si
tesero producendo lamenti preoccupanti, ma resistettero. Un nuovo colpo
di coda
gli obbligò ad abbarbicarsi al parapetto.
«Vuole
farci
precipitare, il bastardo» digrignò i denti Krugar,
«Vedete di non far
avvicinare quella dannatissima coda alla nave o vi taglio le palle e le
do in
pasto al drago!»
Gli uomini
risposero
con grida inarticolate mentre l’Ardrir provava ad afferrare
la nave e ad
avvolgerla.
«Gliela
mozzo quella
maledetta coda!» ghignò l’orco
«Puntate un cannone contro quella bastarda!»
Un paio di
uomini
sentirono il suo ordine e ruotarono i piccoli cannoni, che si trovavano
sul
ponte, verso il drago. Nell’aria esplose il rombo assordante
della detonazione e
una delle ali più piccole della creatura venne brutalmente
strappata dal resto
del corpo, assieme ad uno schizzo di sangue verdastro.
Non era
esattamente
ciò che l'orco si era aspettato, ma risultò
altrettanto efficace: il drago ululò di
dolore ed emise un fischio basso e assordante, mentre si allontanava di
scatto,
proteggendo con il corpo la parte offesa.
«Ben
fatto!» si
complimentò, tornando accanto ad Adam sul ponte.
L’Ardrir,
però, si
sollevò verso l’alto con un grido esacerbato di
dolore e rabbia, per poi
gettarsi verso il basso, trascinandosi dietro la nave. Gli uomini
vennero
spinti gli uni contro gli altri e furono costretti ad aggrapparsi
nuovamente
alla balaustra.
Adam si
sentì per un
momento come sospeso nel vuoto, poi, una sensazione di vertigine lo
invase e
incominciò la caduta. L’aria gli venne brutalmente
strappata dai polmoni, il
cuore gli salì in gola assieme allo stomaco e al suo
contenuto, una voragine si
aprì all’altezza degli intestini e una spiacevole
sensazione di leggerezza si
impossessò delle sue membra.
«Oh
merda!» imprecò
Krugar. La creatura aveva intenzione di farli sfracellare al suolo.
«Preparate
Berta!»
gridò.
Il pirata
aveva
compreso che con quel bestione bisognava ricorrere
all’artiglieria pesante.
«Chi
sarebbe Berta?»
domandò Adam confuso.
Per tutta
risposta
una parte del ponte all’altezza della prua si
lacerò, lasciando emergere un
cannone enorme con la bocca larga due braccia: era un colosso di
metallo nero e
lucido dall’aria letale, trattenuto da pesanti catene. Adam
aveva già visto
cannoni simili, ma erano in dotazione dell’esercito imperiale
e venivano
utilizzati durante gli assedi.
«Dove
l’hai preso?»
esalò.
«Non
ti piacerebbe
saperlo» ghignò l’orco.
Sul fianco
qualcuno
aveva scritto con una grafia storta e infantile poche lettere in
stampatello:
B-E-R-T-A.
«Questo
è riservato
per le occasioni speciali» gongolò Krugar,
«Non credevo sarebbe servito, ma
questo Ardrir è un osso duro.»
La prua
puntava
direttamente contro la schiena del drago, lanciato in una caduta a
capofitto
verso il fondo delle Kal Schelas.
«Non
appena sparerò
il colpo, fate rientrare gli arpioni» ordinò,
«Ariel, tu sai cosa devi fare.»
«Sarà
divertente»
assicurò poi rivolto ad Adam, abbracciato al parapetto
d’osso come una cozza
allo scoglio.
L’orco
caracollò
fino al cannone e rovinò su di esso. Si aggrappò
all’arma come ad un’ancora di
salvezza e grazie a quella riuscì a mantenere
l’equilibrio in quella folle
discesa verso la morte.
«Soffoca
nel piombo,
figlio di puttana!» gridò e fece partire il colpo.
L’enorme
palla
tranciò l’aria come una lama di coltello e
squarciò la schiena del mostro,
trapassandolo da parte a parte. Frammenti di carne e spruzzi di sangue
verde si
dispersero in un macabro fuoco d’artificio.
Adam aveva
chiuso
gli occhi, in attesa della fine imminente, ma quando ormai stava dando
l’estremo saluto alla propria vita, si sentì
bruscamente strattonato per la
corda, la testa iniziò a girargli e di punto in bianco si
ritrovò in posizione
orizzontale.
Quasi
contemporaneamente alla detonazione, gli arpioni erano stati ritratti
con uno
scatto, e Ariel, con un enorme sforzo di braccia, aveva virato
bruscamente
la nave, facendola impennare e frenando la sua caduta, ma anche facendo
risalire il contenuto dello stomaco dell'intera ciurma.
Con un'altra
mossa
azzardata l'aveva raddrizzata e i pirati erano stati scaraventati gli
uni
contro gli altri in un intrico di gambe, braccia e corde. Ma almeno
erano vivi.
L’Ardrir
emise un
verso acuto e angosciante, di dolore e sconfitta, precipitò
nel vuoto e il
grido si disperse nell’aria, per poi estinguersi
completamente,
sostituito dalle urla di giubilo e di vittoria dei pirati.