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Autore: heliodor    02/08/2017    4 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Cambio di rotta

Il pavimento si spaccò in due, sbalzando Wena e Joyce in direzioni opposte. Una colonna si staccò e si abbatté a un passo di distanza da Joyce.
Pezzi di soffitto precipitarono seminando decine di detriti come proiettili all'impatto.
Joyce rotolò di lato e si rimise in piedi.
La terra vibrava ancora. In lontananza udiva un rombo sommesso che saliva d'intensità.
"Vekla" esclamò Wena.
La strega si era impegnata ad attivare i sigilli in assenza di Pen e aveva mantenuto la sua parola. Qualsiasi energia avessero intrappolato in quei sigilli adesso era libera e stava distruggendo la fortezza dall'interno.
Joyce sapeva di dover agire in fretta. Senza riflettere oltre si gettò verso Oren.
Wena esplose un dardo sfiorandole la gamba.
Joyce si aggrappò al corpo di Oren. Era ancora svenuto, gli occhi chiusi e le membra immobili.
Wena preparò un altro dardo. "Vieni qui piccolo mostro."
Joyce pronunciò la formula del richiamo.
Era nella stiva della nave.
Con le ultime forze trascinò Oren in un punto dove avrebbero potuto trovarlo, quindi gettò via il mantello nero e pronunciò la formula di richiamo.
La radura prese il posto delle pareti di legno della nave. Sollevò gli occhi verso la fortezza. Alte lingue di fuoco si levavano da diverse crepe che si erano aperte nel fianco della montagna. Impossibile che qualcuno sopravvivesse a quel disastro.
Forse il piano di Roge avrebbe funzionato, se Wena non li avesse traditi.
Ma era pur sempre un piano folle.
Joyce era esausta. Le dolevano tutti i muscoli e le ossa.
Con passo incerto si avviò verso la nave.
Arrivò sul molo trascinandosi a stento. La nave era ancora attraccata al pontile. Due abitanti del villaggio la videro e andarono a prenderla per portarla a bordo.
Gli eventi successivi furono confusi. Joyce si ritrovò distesa su di una branda, una coperta a proteggerla dal freddo.
Non perse mai i sensi e quando si sentì abbastanza in forze lasciò la cabina dove l'avevano sistemata e salì in coperta.
Il vento del primo mattino le schiaffeggiò il viso dandole un certo sollievo. Erano in mare aperto, diretti chissà dove. Il cielo era sgombro di nuvole e il sole stava sorgendo in quel momento.
Adrien la vide e la riconobbe, andandole incontro. "Siete ancora troppo debole" disse cercando di riportarla in cabina.
Joyce doveva sapere se Oren era stato ritrovato e curato, ma era troppo debole per reggersi in piedi e non oppose molta resistenza.
Scoprì cos'era successo a Oren un paio d'ore dopo, quando fu lui stesso a venirla a trovare nella cabina.
Aveva il fianco e la testa fasciati, ma sembrava stare bene. "Vostra altezza" disse. "Al vostro servizio."
Joyce si mise a sedere sulla branda.
"Come avete fatto ad arrivare alla nave?" le chiese Oren
Joyce aveva pensato a una scusa credibile. "Dopo la fuga dalla fortezza ho perso di vista gli altri stregoni. Credo siano stati uccisi tutti, non ricordo bene." Finse di piangere. "Ho vagato per il bosco per ore, quando mi sono accorta delle navi all'ancora e sono andata a vedere."
"Mi spiace di non aver fatto il mio dovere fino in fondo" disse lui affranto.
"Hai fatto quello che potevi" disse lei magnanima. "Ora riposati e riprenditi da quelle brutte ferite."
Oren annuì. Fece per uscire, poi sembrò ripensarci e disse: "Posso osare farvi una domanda, vostra altezza?"
"Certo."
"Nella vostra fuga avete per caso incrociato una ragazza? È alta più o meno come voi, ha lunghi capelli neri che porta sciolti e indossa un mantello scuro."
La vedo quasi tutti i giorni riflessa nello specchio, pensò. "No, mi spiace" rispose fingendosi dispiaciuta.
Oren annuì. "Col vostro permesso" disse prima di uscire.
Joyce si sentiva meglio e ne approfittò per salire di nuovo in coperta. Il sole era alto nel cielo e molti degli abitanti del villaggio avevano avuto la sua stessa idea.
Tutti erano grati per non essere morti nell'esplosione della fortezza, ma ora non avevano più un posto dove vivere.
"Non sappiamo dove andare" disse Adrien.
"Ciò che è successo è colpa del circolo di Valonde" disse Joyce a voce alta affinché tutti la sentissero. "Mio padre, il re, sarà ben lieto di offrirvi rifugio e riparo. A Valonde avrete un tetto sopra la testa e un lavoro col quale ricominciare." Era un impegno gravoso, ma era sicura che re Andew non si sarebbe tirato indietro una volta saputo cosa avevano combinato Roge e gli altri membri del circolo.
"Allora andiamo verso Valonde" disse Adrien felice.
"Verso Valonde" gli fece eco Joyce. Alla fine sarebbe tornata a casa. Londolin per il momento poteva attendere. Le bastava sapere che Vyncent era al sicuro per avere fiducia nel futuro.
Trascorse i due giorni successivi riposando e riprendendosi dalle fatiche che aveva sostenuto. A Oren disse di essere ancora scossa per quello che era successo.
Lui comprese e si impegnò a vegliare la sua cabina affinché nessuno la disturbasse.
Si era quasi ripresa del tutto quando Adrien bussò alla sua porta. "Una nave" disse il ragazzo.
Aveva esultato troppo presto. Per un attimo temette che fosse una delle navi della strega bianca che si era lanciata al loro inseguimento.
Salendo sul ponte scoprì che la nave veniva da tutt'altra direzione. Sull'albero più alto sventolava un falco su campo rosso e bianco.
Il vessillo della casa di Taloras.
La nave si avvicinò alla loro e vennero abbordati.
Soldati amati di balestre puntarono le loro armi contro gli abitanti del villaggio.
Un uomo sui quarant'anni, in uniforme rossa e bianca, salì scortato da una dozzina di stregoni. "Da dove venite? E cosa ci fate a bordo di questa nave?" chiese con modi spicci.
Joyce si fece avanti. "Sono Joyce di Valonde e questa nave mi sta riportando a casa. Siamo fuggiti dall'isola di Vanoria prima che la fortezza crollasse in mille pezzi."
"Potete dimostrare la vostra identità?" chiese il soldato.
Joyce si strinse nelle spalle. "A Valonde mi conoscono tutti."
"Non solo a Valonde" disse uno stregone di mezza età salendo a bordo. "Sono Charlez Sadorn" disse rivolgendole un leggero inchino. "Anche se appartengo al circolo di Taloras ho viaggiato in lungo e in largo per il mondo. Come potrei non conoscere la figlia minore di re Andew, colei che è nata senza poteri?"
Per una volta la sua nascita sventurata le era servita a qualcosa. "Vi ringrazio, vostra grazia."
"Sono io che ringrazio voi, vostra altezza" rispose lo stregone con un profondo inchino. "Avervi ritrovato mette fine alla nostra lunga e pericolosa missione."
"La vostra missione?"
"Re Hagar ci ha incaricati di ritrovarvi, dopo che abbiamo scoperto che eravate sparita, in modo da riportarvi a Taloras, dove potrete scambiare i voti nuziali con il principe Tharry, vostro futuro sposo."
Joyce sentì mancarle il fiato. "Che... fortuna" disse. "Ma io devo tornare prima a Valonde."
"Temo che potrete farlo solo dopo il matrimonio, magari come viaggio di nozze."
Aiuto, pensò Joyce. Come poteva uscire da quella situazione? "Vostra grazia" disse cercando le parole giuste. "Ora che mi ci fate pensare, ho degli affari urgentissimi da svolgere a Londolin." Non poteva sposarsi prima di rivedere Vyncent. Se non poteva tornare a Valonde sarebbe andata da lui. Anche a nuoto se necessario.
"Londolin? Temo che ciò sia impossibile vostra altezza."
"Vi imploro, è davvero importante per me."
"Non lo metto in dubbio, ma voi non capite..."
"Cosa?"
"Anche volendo, non potrei portarvi a Londolin. Voi non lo sapete, ma l'esercito di Malag ha attaccato quel regno e ucciso tutti gli stregoni del circolo. Non è sopravvissuto nessuno."
A quel punto, Joyce pensò bene di svenire.
 
***
 
Il castello di Berge sorgeva su di uno sperone di roccia, ben difeso su tre lati da uno strapiombo. L'unica via di accesso era una mulattiera che si arrampicava sui fianchi della montagna.
Il maniero era fatto di solida roccia di colore bruno. Due torri sorvegliavano il tozzo mastio centrale, un parallelepipedo che svettava su tutto il resto. Le mura erano spesse alcuni metri nella parte che affacciava sull'unico sentiero.
Razyan, scortato da sei stregoni, si avvicinò all'entrata.
"È il principe" gridò un soldato dall'alto delle mura. "Aprite il cancello."
Era grato di esservi tornato. Il viaggio era stato duro e stancante come niente prima di allora. Si sentiva privato da ogni forza.
Per lui la guerra non era una serie di epiche battaglie, ma una sequela infinita di viaggi, spesso sotto la pioggia battente o nel gelo pungente, verso regni e città che fino a quel momento erano solo nomi su di una mappa.
Era stato così a Negresia, dove aveva parlamentato con i Trenta Custodi della città prima di strappare da loro la promessa che avrebbero discusso di un'alleanza con Valonde. Era stato così a Lingalond, dove si era sottoposto al Prim Pashan, il rito di purificazione che prevedeva tre giorni di digiuno e tre di banchetti pantagruelici per essere ammesso alla presenza del re. Era stato così a Osirin, retto da un matriarcato, dove l'etichetta e il protocollo erano così rispettati che bastava una sola parola o un'inflessione sbagliata per offendere l'interlocutore.
Razyan era stanco.
Stanco di girare per il grande continente alla ricerca di alleati. Ormai aveva smesso di contare le volte in cui aveva trovato le porte chiuse. Nessuna ostilità palese, era ovvio, ma un rifiuto cortese da parte dei regnanti che non volevano invischiarsi in una guerra lunga e dolorosa.
I messaggi che riceveva da suo padre e dagli altri alleati non erano rassicuranti.
Si parlava di vittorie e di sconfitte, spesso di massacri e perdite dolorose, come quella di Alar Morgav, il suo vecchio maestro, deceduto nella battaglia di Falaryon mentre andava da solo all'assalto di una torre.
Eppure c'era fiducia nelle parole di suo padre. Si parlava di una battaglia risolutiva che si avvicinava sempre di più, nonostante la montagna sembrasse così alta.
Pedern, il suo assistente di campo, venne ad accoglierlo. Aveva solo ventisei anni ed era uno stregone non molto abile, ma era fedele ed efficiente.
Razyan non chiedeva altro da un luogotenente.
In sua assenza Pedern smistava i dispacci che riceveva e selezionava quelli più importanti. A volte gli chiedeva un consiglio sulla prossima missione.
"Ci sono novità?" chiese smontando da cavallo.
Pedern gli porse una pila di fogli scritti a mano. "I dispacci arrivati mentre eri via."
"Notizie da mio padre?"
"Le solite. Stanno combattendo presso Endhellond. La pioggia li ha rallentati ma contano di riprendere il viaggio verso la Corona di Smeraldo quanto prima."
La Corona di Smeraldo era il nome in codice che usavano per designare il nascondiglio di Malag. Dalle poche notizie che erano trapelate, lo stregone aveva una base lungo la costa rocciosa a nord, presso Londorith e da lì partivano i suoi attacchi. Si stava diffondendo a macchia d'olio a ovest e oriente, ma verso sud aveva la strada sbarrata dalle truppe di Valonde. Suo padre e il grosso dell'esercito stavano marciando a tappe forzate per attaccarlo. Malag si aspettava un attacco via mare. Arrivare via terra voleva dire sorprenderlo mentre aveva le difese abbassate. Si poteva vincere e porre fine alla guerra. Non era facile, ma era una possibilità.
"Mia sorella?"
"Le ultime notizie che abbiamo la segnalavano a Londolin."
Razyan si incupì.
Malag aveva attaccato a sorpresa il piccolo principato per dare l'esempio a tutti gli altri. Aveva raso al suolo il circolo uccidendo tutti gli stregoni che si erano opposti a lui. Le notizie che arrivavano erano poche e frammentarie.
"Non c'è altro?"
Pedern sospirò. "In effetti, ci sarebbe un ospite."
"Non aspettavo nessuno."
"È arrivato due giorni fa."
"Chi?"
"Il Gran Maestro Persym."
 
L'arcistregone attendeva nell'antica sala del trono del castello. Quando era stato un regno, prima di passare a Valonde, in quella sala i re e le regine dell'altopiano avevano tenuto banchetti e ricevimenti.
Era stato così tanto tempo fa che di loro si era perso anche il ricordo.
C'erano solo le pietre a testimoniare il loro antico ed effimero potere.
Sarà lo stesso per noi, pensava spesso Razyan. Passeremo e saremo dimenticati e ciò che siamo stati si perderà per sempre. Solo le pietre che avremo eretto sopravvivranno ai nostri deboli corpi.
Non appena lo vide entrare Persym gli andò incontro. "Vostra Altezza" disse esibendosi in un profondo inchino.
"Vostra grazia" rispose Razyan. "A cosa debbo la vostra visita?"
"Devo chiedervi di rientrare subito a Valonde."
"È successo qualcosa a mia madre?" domandò preoccupato.
"No, ma potrebbe accadere. Girano delle strane voci tra i membri del circolo."
"Che genere di voci?"
"Riguardano l'uso della magia contronatura. E tradimento da parte di uno dei vostri familiari."
"Vi riferite a Roge? Il suo comportamento è stato inqualificabile. Me ne occuperò io stesso quando tornerò a casa."
"Il circolo sta perdendo fiducia nella casa regnante."
"Rinsalderò i rapporti col circolo non appena tornerò a Valonde."
"Temo sarà troppo tardi. Dovete andare adesso."
Razyan inspirò una boccata d'aria. "Forse posso concedermi qualche giorno per occuparmi di questa faccenda. Partirò domani stesso."
Persym fece un profondo inchino e si congedò.
 
Il giorno dopo Razyan lasciò Berge scortato da dodici stregoni e cinquanta cavalieri. Viaggiarono per venti giorni e venti notti concedendosi poche pause. All'alba del ventunesimo giorno arrivarono alle porte di Valonde.
La città era come la ricordava. Splendida e radiosa sotto il sole di fine estate. La guerra non sembrava averla toccata più di tanto. C'erano poche navi nella rada ma non importava. Tutto il resto era al suo posto.
Persym si diresse al tempio per annunciare il suo arrivo e Razyan andò al castello per rendere gli onori alla regina.
Quando arrivò all'ingresso trovò un manipolo di soldati e stregoni ad attenderlo. In sua assenza la guardia era stata potenziata e sembrava che lì fuori si stesse radunando un piccolo esercito.
Conosceva a stento quelle facce. Erano tutti giovani stregoni che erano stati lasciati indietro perché ritenuti troppo deboli o inesperti per fare la guerra.
"Vado dalla regina" disse cercando di farsi strada.
Gli stregoni gli sbarrarono il passo. "Il castello non è accessibile."
"Sono il principe Razyan" disse ad alta voce.
"Lo sappiamo bene chi sei" disse una strega dai capelli scuri. Non aveva usato vostra altezza o vostra grazia come si addiceva al protocollo. Razyan non ci aveva mai badato troppo, ma il tono della ragazza unito alla sua sfrontatezza lo irritava.
"Levati di mezzo" disse senza tanti riguardi.
La ragazza non si mosse. "Non puoi entrare."
"Devo vedere la regina."
"La regina non è qui."
Quella frase lo colpì come uno schiaffo in pieno viso. Se sua madre non era lì dove poteva essere?
Si voltò. Dalla strada stava risalendo un corteo di stregoni nei loro mantelli. Erano più di cento. Tra di essi riconobbe Persym e altri due che marciavano alla testa del corteo.
"Ti avevo avvertito" disse Persym giungendo al suo cospetto.
"Tu sapevi tutto?"
"Dovevi venire qui di tua spontanea volontà" spiegò Persym. "In caso contrario, se loro fossero venuti a prenderti a Berge, sarebbe stato uno spargimento di sangue."
"Che sta succedendo?" domandò Razyan.
"Quello che doveva succedere" disse Persym. "Ora, Razyan, se vuoi seguirci al tempio. Ti spiegheremo quali sono le accuse dalle quali ti devi difendere."
"Accuse?" Razyan era sempre più incredulo.
Persym annuì. "C'è un processo e aspettavamo te per iniziare."
"Nessuno mi processerà. Io sono un principe."
"Non peggiorare le cose" disse Persym.
Due stregoni afferrarono le briglie del cavallo di Razyan e cercarono di trascinarlo giù.
Il principe rispose colpendoli con un dardo ciascuno.
Mezza dozzina di stregoni gli saltò addosso cercando di immobilizzarlo.
"Non fategli del male" urlò Persym. "Deve arrivare vivo dinanzi alla corte."
Razyan lottò ma fu sopraffatto e costretto a smontare da cavallo. "Lasciatemi" urlò mentre lo trascinavano via.
 
Nota
E con questo capitolo siamo arrivati più o meno a un quarto dell'intera vicenda. Eh già, ce n'è ancora tanta di strada da fare, quindi mettetevi comodi perché adesso inizia la parte più movimentata.
Spero che la storia vi stia piacendo e che le vicende personali dei personaggi siano interessanti. Giusto per curiosità, vorreste vedere in futuro più capitoli dedicati a qualcuno in particolare? La storia è Joyce-centrica come avrete certamente notato, ma ogni tanto mi concedo qualche deviazione per parlare degli altri.
Fatemi sapere che cosa ne pensate :)
 
Heliodor.


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