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Autore: DaisyCorbyn    03/08/2017    1 recensioni
[19 anni dopo] [Next generation]
Alwys ha passato i primi 11 anni della sua vita a nascondersi per la sua natura da lupo mannaro, fino a quando un giorno Ted Remus Lupin bussò alla sua porta per dirle di essere idonea per frequentare Hogwarts. Alwys così inizierà una nuova vita con i suoi amici Albus e Rose, nonostante una presenza oscura cercherà di impossessarsi del Mondo Magico.
Dal Capitolo 2:
«Mi chiamo Ted Remus Lupin, sono un professore della Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Quando un bambino con poteri magici compie 11 anni, riceve una lettera dalla scuola per poter essere ammesso. Non sempre, però, il bambino ha i genitori anch’essi dei maghi e, quando ciò accade, viene inviato un professore per spiegare alla famiglia la situazione. Tu sei stata ritenuta idonea per frequentare Hogwarts e io sono il professore che risponderà a tutte le tue domande» finì con un sorriso e si sistemò l’impermeabile.
I genitori guardarono la figlia annuendo e sorrisero dolcemente come se stessero cercando di convincerla con lo sguardo.
«No» fu l’unica parola che Alwys disse dopo essersi ripresa dal quel fiume di informazioni.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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2
Io sono cosa?!

 
 
Non aveva mai sentito le palpebre così pesanti, con fatica riuscì ad aprile mentre muoveva le dita delle mani intorpidite. I suoi occhi si aprirono su un soffitto familiare su cui si stagliavano delle stelle fluorescenti: era nella sua stanza. Di scatto si alzò, ma se ne pentì subito perché una fitta atroce le percorse la testa. La massaggiò con entrambe le mani e poi cercò di muovere la gamba sospirando di sollievo quando vide di riuscirci. Non la sentì nemmeno intorpidita, solo la sua testa era preda di un terribile mal di testa.
Appena si schiarì dal torpore di quella dormita, i ricordi di ciò che era successo apparvero nella sua mente: era stato reale? I frammenti dei ricordi erano confusi, ricordava solo i lampi di luce e i boati che facevano tremare la terra sotto i suoi piedi, e quegli occhi di un profondo blu che poi erano stati macchiati da un rosso simile al sangue.
«Damien…» sussurrò e istintivamente si toccò il braccio, avvertendo che sotto il tessuto della felpa vi era una spessa fasciatura.
«Non è stato un sogno…»
Delle voci al piano di sotto attirarono la sua attenzione e d’improvviso la voglia di abbracciare i suoi genitori la assalì. Una fitta le percorse il braccio appena lo appoggiò contro il materasso. Ricacciò le lacrime che volevano affiorare nei suoi occhi e si alzò facendo attenzione a non cadere per le vertigini. Fortunatamente la gamba non sembrava avere alcun problema. Fece gli scalini a due a due fino ad arrivare alla porta della cucina dove, però, si accorse che oltre alla voce dei suoi genitori ce n’era una che non conosceva.
«Alwys!»
Tutti si girarono verso di lei, che puntò subito lo sguardo verso il proprietario di quella voce.
«Cosa ci fai tu qui?» chiese la ragazzina alzando l’indice verso il ragazzo dai capelli tornati azzurri.
«Ti ho salvato la vita» rispose lui venendole incontro. «Come stai?»
«Non ti avvicinare! Mamma, papà, lui è pericoloso.»
Indietreggiò e guardò i suoi genitori alla ricerca di una reazione, o almeno una risposta al suo avvertimento, ma loro rimasero impassibili.
«Alwys lui non è cattivo» disse il padre sospirando e accarezzò le mani della moglie che annuì con un amaro sorriso. «Lui ci può aiutare.»
«Aiutare a fare cosa?»
Lo sguardo di Alwys era come una pallina da tennis che saltava da quello dei genitori a quello di Teddy.
«Se ti siedi possiamo parlarne…» disse lui spostandosi appena e indicando con il palmo della mano una sedia vicina a quella dei genitori.
«Voglio rimanere alzata» disse la ragazzina fulminandolo con lo sguardo.
Quel tipo era davvero singolare: i suoi capelli azzurri erano tutti dritti e indossava degli enormi occhiali neri che ingrandivano i suoi occhi nocciola. L’impermeabile giallo era tempestato di spille e toppe di stoffa colorate, alcune di loro brillavano per i brillantini poggiati su esse. Alwys pensò che in confronto i suoi occhi e i suoi capelli non erano poi così strani.
«Va bene…»
Il ragazzo guardò i due coniugi e, dopo un lungo sospiro, incominciò a parlare: «Mi chiamo Ted Remus Lupin, sono un professore della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Quando un bambino con poteri magici compie 11 anni, riceve una lettera dalla scuola per poter essere ammesso. Non sempre, però, il bambino ha i genitori anch’essi dei maghi e, quando ciò accade, viene inviato un professore per spiegare alla famiglia la situazione. Tu sei stata ritenuta idonea per frequentare Hogwarts e io sono il professore che risponderà a tutte le tue domande» finì con un sorriso e si sistemò l’impermeabile.
I genitori guardarono la figlia annuendo e sorrisero dolcemente come se stessero cercando di convincerla con lo sguardo.
«No» fu l’unica parola che Alwys disse dopo essersi ripresa dal quel fiume di informazioni.
Si girò verso le scale e si incamminò verso la sua stanza.
«Tesoro, ti prego, aspetta!»
I genitori si alzarono e le andarono incontro per bloccarla prima che salisse le scale.
«No! Non voglio avere niente a che fare con bacchette e incantesimi che fanno del male!» urlò.
Dentro di lei l’immagine di quel ragazzo scaraventato per terra che non si muoveva le appannò la mente. I rumori assordanti che le avevano fatto tremare il petto e il dolore tagliarle il respiro.
«La magia non serve solo a questo» Ted si intromise ma, invece di migliorare la situazione, non fece che peggiorare.
«E a cosa? A far comparire oggetti o a farli scomparire?» Alwys agitò le mani come se stesse lanciando un incantesimo. «Ho visto quel ragazzo cadere a terra!»
«Esistono molti tipi di incantesimi» spiegò lui sistemandosi gli occhiali. «E comunque ti stavo difendendo.»
«E perché dovevi? Non è anche lui un mago? Perché mi dovrei fidare di te?»
«Se ti calmi posso rispondere a tutte le tue domande…»
«Come posso calmarmi?» sbottò serrando i pugni lungo i fianchi. «Mamma, papà, perché lo avete fatto entrare?»
«Ad Hogwarts possono aiutarti con la tua licantropia!»
Cadde il silenzio. I genitori di Alwys sorrisero e annuirono alle parole di Ted, ma lei, nonostante quella frase piena di speranza, non ne voleva sapere nulla.
Era questo che volevano fare i suoi genitori? Liberarsi di lei perché causava solo problemi? Ma cosa ne voleva sapere lui? Su internet c’era scritto che non esisteva cura e l’unica cosa che poteva fare era convivere con ciò, ormai si era messa il cuore in pace da molto tempo. Sicuramente quel ragazzo stava usando come scusa la licantropia per portarla via dai suoi genitori. Proprio come Damien aveva tentato di fare.
«Nessuno può aiutarmi!» urlò e scoppiò a piangere per poi correre verso la sua camera.
Appena varcò la soglia si buttò sul letto affondando il viso nel cuscino ed incominciò a singhiozzare e a battere i pugni contro le coperte: perché non la lasciavano in pace? Perché non poteva tornare alla sua normale vita? Forse perché la sua vita non era mai stata normale. Tutti quegli anni passati a nascondersi, a credere di essere diversa e di essere un pericolo per le persone che le stavano attorno: veramente era arrivata una soluzione? Finalmente poteva vivere normalmente? Tutta quella speranza, però, le fece solo capire che in verità tutto ciò era solo una grossa bugia. Era impossibile che potesse esistere una soluzione che era piombata dal cielo così improvvisamente.
Sentì bussare, ma preferì non rispondere. Voleva scacciare dalla sua mente ciò che i suoi occhi avevano dovuto vedere. Voleva estirpare dalla sua mente gli occhi rossi di Damien che le avevano paralizzato il corpo. Anche lei sarebbe diventata come lui? Anche dalle due piccole mani sarebbero comparsi degli artigli che avrebbero ferito le persone a cui voleva bene?
«Si può?» era Ted.
Alwys avrebbe tanto voluto rispose “no” ma preferì tacere: sapeva che, probabilmente, non l’avrebbe ascoltata. Sentì i suoi passi farsi più vicini e poi il materasso piegarsi al peso del ragazzo.
«Hai dei capelli bellissimi» disse perdendo lo sguardo fra quella cascata di ciocche viola e nere.
«Non è vero, sono strani» rispose lei e alzò la testa quanto bastava per liberare la bocca dal cuscino.
«Stai parlando con uno che ha i capelli completamente azzurri.»
Risero tutti e due e finalmente Alwys si girò incontrando gli occhi di Ted.
«So che è il tuo lavoro, ma…. non potete aiutarmi» disse lei con decisione per poi affondare di nuovo la testa nel cuscino.
«Perché lo pensi?»
La sua voce era molto dolce: era la prima volta che un ragazzo di famiglia babbana si rifiutava di seguirlo ad Hogwarts, quindi non riusciva proprio a capire il perché di quella reazione. Ogni volta che aveva dovuto dare quella notizia aveva ricevuto in cambio sguardi di euforia e urla di gioia, non due occhi rossi per le lacrime e spalle tremanti per la paura.
«Non so come funziona il vostro mondo, come trattate i licantropi, ma è una cosa che non si può spiegare» rispose lei e si mise seduta. «Non è solo la licantropia, per quella potrei semplicemente chiudermi da qualche parte… è tutto.»
«Tutto?» chiese Ted.
«I miei occhi, i miei capelli… è come se tutto di me non andasse bene, non solo la licantropia, quindi, anche se ci fosse un metodo per guarirla, di tutto il resto che farei?»
Ted schiuse leggermente la bocca incapace di replicare a quelle parole. Alwys non gli diede nemmeno il tempo di pensare ad una risposta.
«Magari è vero che la vostra scuola è bella e adatta ai…» quasi le veniva difficile dire quella parola. «Maghi, ma non a me, perché io… sono diversa.»
«E cosa c’è di male nell’essere diversi?» chiese Ted spostandole una ciocca dal viso.
«Non è come nei film, non sei il protagonista diverso da tutti che poi riesce a far capire agli altri come vede il mondo e a vivere felice…» spostò lo sguardo e deglutì. «Nella vita reale non sei il protagonista e gli altri non apprezzeranno le parti nascoste di te, perché a nessuno importa come sei dentro, ma come se fuori.»
Ted strinse il copriletto: quelle parole, quei ragionamenti, perché erano nella testa di una bambina? Avrebbe tanto voluto abbracciarla, dirle che non era così, ma sapeva che prima doveva guadagnarsi la sua fiducia e poi sarebbe riuscito a consolare quegli occhi perennemente tristi. Quello sguardo che conosceva bene e che aveva visto riflesso nello specchio per molti anni.
«A me importa come tu sei dentro» le indicò il petto con il dito. «Cosa hai qui.»
Alwys istintivamente si portò la mano in quel punto.
«Ma io non lo so.»
«Permettimi di scoprirlo allora.»
Alwys lo guardò negli occhi, sentiva che poteva fidarsi di lui, non sapeva come spiegarlo, era come se avessero vissuto esperienze simili e potessero capirsi anche solo con uno sguardo. Lui non era un licantropo, ma sul suo volto sembrava esserci riflessa la stessa tristezza che Alwys ormai sentiva essere sua amica. Tornò a guardare il soffitto su cui suo padre aveva attaccato delle piccole stelle fluorescenti.
Così ti ricordi che anche la notte è bellissima.
Era arrivata ad odiare la notte perché era il momento in cui si trasformava. Ogni volta che il sole si nascondeva dietro le colline lei sentiva il bisogno di rincorrerlo per convincerlo a tornare su.
Guardò la porta e si alzò per dirigersi verso essa. Quando la chiuse, si girò verso Ted, che aveva seguito i suoi movimenti con uno sguardo curioso. Incominciò a sfilare la felpa dalle braccia.
«Cosa stai facendo?!»
Le guance di Ted si tinsero dello stesso colore delle fragole, visibilmente sorpreso da ciò che stava facendo la ragazzina. Appena, però, i suoi occhi notarono le cicatrici lungo le braccia della ragazzina, sul suo volto tornò un’espressione seria. Alwys rimase solo con la canottiera, gli occhi puntati verso il pavimento. Il suo petto era cosparso da spesse e bianche cicatrici, alcune erano il ricordo di graffi inflitti con forza, altre rotonde sembravano l’impronta del morso di un lupo.
«Perché le hai?» fu l’unica cosa che Ted riuscì a chiedere, mentre il suo sguardo vagava fra la pelle di quella piccola ragazzina marchiata da quegli orribili segni.
«Non ricordo cosa faccio quando sono un lupo mannaro, ogni volta che mi sveglio ho una ferita nuova, quindi ho cercato su internet[1] e a quanto pare se non ho qualcuno da mordere, mordo me stessa» sospirò e si accarezzò una cicatrice che doveva essere la più recente perché era ancora rosea e non pallida come le altre. «Ogni anno diventano sempre più profonde, questo vuol dire che anche la mia forza sta crescendo… finirò per fare del male a qualcuno» serrò le labbra e si sforzò di sorridere, ma calde lacrime le rigarono il volto.
«Tu non farai mai del male a qualcuno.»
Ted si alzò dal letto e si avvicinò a lei: le prese il volto con entrambe le mani e le asciugò le lacrime.
«Invece sì, qui potrei essere chiusa in soffitta, ma nella vostra scuola come farei?» spostò lo sguardo da quello di lui e si rimise la maglietta con qualche smorfia di dolore per la ferita al braccio.
«Mio padre era un lupo mannaro…»
Alwys spalancò gli occhi e si girò verso Ted.
«Ha frequentato anche lui Hogwarts, il preside a quell’epoca creò un passaggio nascosto per una casa nel villaggio di Hogsmeade, protetta da incantesimi per potersi trasformare senza che nessuno lo venisse a sapere.»
«Quindi potrò conoscere un lupo mannaro che non cercherà di uccidermi!» disse lei entusiasta, poi però realizzò che lui aveva usato il passato e che la sua faccia era stata attraversata da un’ombra di dolore.
«Mio padre è morto… a scuola studierai la Seconda Guerra dei Maghi, fu allora che morì.»
Ted spostò lo sguardo e si perse fra gli sgargianti colori del tappeto. I suoi capelli divennero più scuri come i suoi occhi. Alwys si morse il labbro, avrebbe dovuto capirlo.
Seconda Guerra dei Maghi, Hogwarts, licantropi: un nuovo mondo si stava aprendo davanti a lei, un mondo dove poteva essere sé stessa e dove non doveva nascondersi.
Cercò di cambiare discorso: «Dovrei comunque nascondere chi sono?»
«Questa è una scelta tua, io posso solo consigliarti, sappi però che tutti i professori lo saprebbero comunque e ti tratterebbero come una normale studentessa, posso assicurartelo» rispose e con una mano le accarezzò i capelli. «Ti proteggerò da tutti i pregiudizi delle altre persone.»
Vedere quella piccola e innocente bambina marchiata da quelle orribili cicatrici e sopravvissuta ad anni di solitudine gli fece pensare a suo padre, a quanto per lui doveva essere stato difficile ai suoi tempi, quando i pregiudizi nei confronti dei lupi mannari erano molto duri. Suo padre, l’uomo che non aveva mai conosciuto ma che era sempre presente accanto a lui, come se ogni tanto potesse sentire le sue carezze mischiate al vento che gli scostava i capelli. Si riprese da quei pensieri, si schiarì la voce e guardò Alwys attendendo una risposta.
«Io… non lo so.»
Era confusa: una parte di lei avrebbe tanto voluto partire l’indomani stesso, l’altra parte aveva paura di andare via senza i suoi genitori che l’avrebbero protetta. Ma c’era qualcosa in Ted che le gridava “fidati di me”.
«Almeno questo è un passo avanti» disse lui sorridendole.
Lei ricambiò sorridendo all’ottimismo di Ted, ma ad un tratto un lampo le attraversò la mente.
«Chi era l’uomo che prima voleva rapirmi?»
«Si chiama Damien, è un lupo mannaro anche lui. Lo incontrerai di nuovo a Hogwarts, è il custode insieme ad Hagrid» disse e agitò la mano come se volesse scacciare un brutto ricordo.
«E voi permettete che un individuo così pericoloso stia nella scuola?» Alwys strabuzzò gli occhi e aprì la bocca visibilmente scioccata.
«Non è pericoloso…» rispose Ted come se neanche lui fosse convinto di ciò. «Il Ministero della Magia gli ha affidato il compito di occuparsi di tutti i lupi mannari che hanno meno di diciassette anni.»
«E lui li tratta come ha trattato me?» Alwys era davvero stupita dalla stupidità di questo Ministero della Magia.
«Nemmeno io condivido i suoi metodi, ma diciamo che è uno dei pochi lupi mannari che non cerca di uccidere il primo mago che incontra.»
«Uccidere il primo mago che incontra?» chiese lei allontanandosi leggermente.
«No… io…» disse Ted e si schiarì la voce. «È molto difficile trovare un lupo mannaro che non cerca di attaccare un mago perché anni fa non erano visti di buon occhio e ciò li ha portati a chiudersi in loro stessi.»
«Perché non erano visti di buon occhio?» chiese Alwys e lo guardò come se Ted facesse parte di quelle persone. «Solo quando siamo trasformati siamo pericolosi.»
Era la prima volta che usava il noi e ciò non le sembrò nemmeno un po’ strano.
«Erano altri tempi, grazie a mio padre i lupi mannari hanno avuto più diritti, ma sembra che a qualcuno non importi» spiegò lui notando il dispiacere negli occhi della ragazzina.
Alwys rimase in silenzio: veramente doveva lasciare casa sua, dove aveva tutte le sue certezze, per andare in un mondo dove non ne aveva nemmeno una?
«Quasi mi dimenticavo!» esclamò Ted per poi trafficare fra le tasche dell’impermeabile. «Questa è per te.»
Le passò una busta di pergamena ingiallita dove vi era una scritta verde smeraldo che formava il suo nome e l’indirizzo di casa sua. Girò la lettera senza francobollo e osservò il sigillo di ceralacca color porpora su cui era impresso uno stemma araldico: un leone, un corvo, un tasso e un serpente attorno ad una grossa ‘H’. Con le mani tremanti la aprì e ne lesse il contenuto:


 
«Io…»
Una lettera su cui erano scritte le parole “magia” e “stregoneria” era tra le sue mani, proprio davanti a lei e poteva toccarla. Sentì la pergamena ruvida accarezzarle i polpastrelli e le lettere scure impresse negli occhi: lei era stata scelta per quella scuola. Lei era speciale.
«Diventerò una strega?» chiese continuando a fissare la lettera.
«Tu sei già una strega, Alwys.»
All’udire quella frase un sorriso le tirò le labbra. Portò la lettera al petto e la strinse con forza chiudendo gli occhi. Quando li aprì e vide Ted davanti a lei seppe con certezza che quello non era un sogno. Non sapeva se avrebbe trovato una cura per la licantropia o se non fosse riuscita a controllarla del tutto. Quello che le importava in quel momento era che finalmente era diventata la protagonista delle storie che coloravano i suoi sogni. Era diventata la protagonista della sua vita.
«Un attimo» si risvegliò bruscamente dai suoi sogni e guardò Ted. «Io non ho idea di dove posso comprare l’attrezzatura.»
Lui scoppiò a ridere e la ragazza lo guardò con uno sguardo tra l’arrabbiato e il confuso.
«Ti aiuterò io, stai tranquilla»
Era passata da un “non lo so” a chiedersi dove avrebbe comprato l’occorrente in pochissimi secondi.
«Hai altre domande?»
Lei annui: «I miei capelli e i miei occhi come saranno visti dagli altri?»
«Niente di allarmante: certo, magari ai miei c’è una spiegazione e ai tuoi no, ma tutti si abitueranno in fretta, per noi queste cose… diverse sono normali» spiegò lui pesando ogni singola parola: era riuscito a convincerla, non avrebbe distrutto quella piccola speranza proprio in quel momento.
«Hai detto che quel tipo si occupa dei lupi mannari che sono minori di diciassette anni… quindi…»
«Giuro che non è poi così male» la bloccò Ted sorridendole.
«Dovrò passare del tempo con lui?!» chiese Alwys ignorando la sua frase.
«Forse…» rispose grattandosi la nuca. «Non può farti del male, soltanto ti insegnerà qualche trucchetto se è necessario.»
«Se è necessario?»
«Se perdi troppo il controllo, se distruggi la casa ad Hogsmead… ma tu non sei il caso, tranquilla!» esclamò dandole qualche pacca sulla spalla che però non riuscì a tranquillizzarla. «Come ha detto Damien, è lui che dovrebbe pensare a te… infatti mi sa che mi sono appena cacciato nei guai…»
Alwys si morse il labbro dispiaciuta, se fosse stato necessario lei stessa avrebbe spiegato la situazione e avrebbe riempito di complimenti Ted.
«Ma capisco che sembra un tipo poco affidabile, per questo chiederò al Ministero di far decidere a te.»
«Cosa?» chiese lei molto interessata.
«Se far parte del suo branco o no.»
Alwys annuì: quante informazioni, quante cose strane le stavano capitando in poche ore. Era meglio però affrontare un problema alla volta, o si sarebbe ingarbugliata nei suoi stessi pensieri.
Andarono in cucina dove i suoi genitori la aspettavano ansiosi: sua madre si stava torturando le unghie e suo padre faceva avanti e indietro contando le mattonelle del pavimento. Appena sentirono i passi dei due alzarono di scatto la testa e si bloccarono come se stessero giocando a uno, due, tre, stella.
«Alwys, sono tuo padre e devo dirti che-»
Il padre evidentemente si era preparato un discorso, ma fu stroncato dalla frase di Alwys accompagnata dal suo sorriso.
«Non c’è bisogno che provi a convincermi, voglio andarci» disse guardando di sfuggita il sorriso di Ted.
I due genitori si guardarono e nel loro volto si dipinse un caloroso sorriso, si avvicinarono alla figlia e la abbracciarono tra i singhiozzi di felicità della madre.
«Ora che hai trovato il tuo posto non permettere a nessuno di ostacolarti.»
Il calore di quell’abbraccio non lo aveva mai provato in vita sua: anche se i genitori lo avrebbero mai ammesso, avevano dei pregiudizi nei confronti della figlia perché avere un lupo in famiglia non era una normale per loro, e molte volte, quando litigavano, la paura che la figlia potesse arrabbiarsi e fargli del male li portava a comportarsi non proprio come dei veri genitori, assecondando ogni richiesta della figlia e senza fare mai gite in famiglia per paura di attirare sguardi indiscreti. Ma ora che c’era una possibilità che la figlia imparasse a studiare come controllarsi avrebbero potuto vivere come una normale famiglia e amare Alwys con tutti i mezzi che possedevano.
«Mi occuperò io di aiutare vostra figlia a comprare il necessario, le darò anche le indicazioni per arrivare al treno, ma non potrò essere lì» spiegò Ted dopo aver tossicchiato. «Ma comunque ancora avete tutta l’estate.»
Un’estate che Alwys non voleva per niente passare chiusa a casa, perché voleva sfruttare tutto il tempo possibile per passarla con i suoi genitori. Infatti per la prima volta chiese loro di andare al mare, così cercarono un posto tranquillo con poca gente.
«È stupenda l’acqua!» gridava ogni volta che si immergeva in quella pozza blu che veniva specchiata dai suoi occhi bianchi.
Si era anche accorta che non aveva nemmeno un costume, e andare con la madre al centro commerciale per comprarlo le fece sprizzare gioia da tutti i pori. Stava facendo in un’estate tutto quello che non aveva fatto in undici anni di vita.
«Sei la figlia più bella che esista» disse il padre raggiungendola in acqua per poi toglierle un ciuffetto ribelle che si era attaccato alla sua guancia.
«Con queste cicatrici sono bruttissima» rispose lei coprendosi con le braccia e indurendo il suo sguardo.
«Invece sei bellissima perché ognuna di loro racconta un qualcosa che hai dovuto passare e che ti ha fatto diventare la splendida bambina che sei adesso» le prese il viso fra le mani e incontrò i suoi occhi bianchi. «Tu sei speciale.»
Alwys sorrise e abbracciò il padre: undici anni di attesa non erano nulla in confronto a quei giorni.
«Attenzione!» gridò la madre da uno scoglio per poi buttarsi e schizzare l’acqua addosso a loro.
«Non vale!» urlarono entrambi e si scambiarono uno sguardo come se si stessero leggendo nella mente.
«Cosa sono quegli sguardi? No, no, no!» disse lei per poi correre via inseguita dal marito e dalla figlia che le schizzavano l’acqua.
Quanto avrebbe voluto passare l’intera vita così, ma sapeva che a breve sarebbe dovuta andare via perché Hogwarts la aspettava e lei non vedeva l’ora.
 
 


 
Note:
[1] Anche io l’ho trovato su internet.
[2] Molti cognomi saranno quelli inglesi, dipende da quale mi piace di più! Potrebbero anche variare dalla traduzione vecchia a quella nuova.

 
   
 
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