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Autore: L_aura_grey    05/08/2017    1 recensioni
Peter ha cinque anni quando l'Expo Stark esplode come un fuoco d'artificio e Iron Man gli dice "Buon lavoro". Ha sempre cinque anni quando un ragno lo morde e quel che rimane della sua famiglia si tinge di rosso e rimane da solo, nelle mani dello SHIELD. Ne ha sei, quando New York si riempie di mostri e i Vendicatori la salvano. Ancora sei quando chiede a Fury di portarlo da chi è come lui, a chi appartiene. Ne ha sei quando Tony Stark sta lottando contro la consapevolezza di essere un uomo rinchiuso in una lattina che combatte contro un universo intero. Sei, quando Steve Rogers ha appena iniziato a capire come funziona questo strano mondo e decide di tornare a farne parte.
Sei, quando decide di crearsi una nuova famiglia, dopo aver perso quella vecchia.
[Stony][Superfamily]
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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1.

Un viso di metallo senza occhi e senza bocca, una luce sempre più forte che promette di spazzarlo via, il braccio alzato e il palmo aperto, finché il bagliore non ingloba tutto quanto.

A volte Peter non sogna, altre lo fa, altre ancora si risveglia così, con il ricordo del drone impresso sulle cornee, più reale della stanza in cui si trova, più dettagliato del volto di zia May o dello zio Ben, figurasi quello dei suoi genitori. Peter sa che dovrebbe avere una mamma e un papà, o almeno i suoi zii, ma tutto quello che ha visto negli ultimi mesi sono stati agenti dietro agenti che cercano di educarlo in case asettiche e lontane da qualsiasi segno di vita.

Non può usare i suoi poteri quando vuole, ma deve stare buono mentre esaminano il suo sangue e monitorano il suo corpo. Non può avere amici, ma deve fare in silenzio i suoi compiti e gli esercizi che servono a capire se il morso del ragno ha agito anche sul suo cervello. Dicono che è intelligente, che potrebbe essere un effetto delle radiazioni, ma i suoi zii avevano sempre detto che era un bambino sveglio, anche prima che potesse fare queste cose fantastiche. Ora però non sono più tanto fantastiche, perché sono il motivo per cui si trova qui, sono il motivo per cui i suoi zii sono morti e sono il motivo per cui non potrà più tornare a casa a fare la vita che faceva prima.

Peter odia i suoi nuovi poteri. Peter odia lo SHIELD. Peter odia il drone che ricorda meglio di quanto ricordi i suoi zii. Certi giorni Peter è tanto pieno d’odio da non riuscire a parlare.

Peter si ribella, passa dall’essere silenzioso e collaborativo a una creatura fatta di grida e unghie che attacca tutto ciò che gli si avvicina per cercare di calmarlo. Per questo cambiano educatore dopo educatore, sperando di trovare qualcuno con cui riesca a collaborare ed empatizzare, ma quando sembra che tutto possa finalmente procedere tranquillo Peter ha un’altra crisi e si ricomincia da capo.

Peter odia l’uomo con la bandana nera sull’occhio, che nei momenti peggiori viene a trovarlo, perché la sua voce lo spaventa e riesce sempre a rimetterlo in riga. Ha sei anni, gli dice, ma che gli piaccia o meno non ha più il tempo di fare il bambino. I poteri che scorrono nelle sue vene non glielo permettono.

Peter odia essere spostato settimana dopo settimana, ma sembra che non sia mai abbastanza sicuro. I suoi doni sono instabili, le sue conoscenze limitate, è un bersaglio troppo facile e troppo ghiotto. Peter odia essere ancora un bambino e spera di crescere il più fretta possibile. Magari dimenticherà anche i suoi zii, così la loro scomparsa non farà più male come fa adesso, anche se le ultime parole dette dallo zio Ben sembrano essere incise col fuoco nella sua mente. Forse dimenticherà anche la luce fredda del drone.

È maggio quando sta per andare a dormire e improvvisamente sente le voci degli agenti in una stanza limitrofa; sono troppo basse perché possa capire cosa dicono, ma il tono preoccupato lo fa fermare in mezzo al corridoio nel mezzo del viaggio tra il bagno e quella che al momento è la sua stanza. Il bambino si morde il labbro inferiore, prima di decidere di disobbedire a una delle regole e arrampicarsi sulla parete fino al soffitto, arrivando alla porta della cucina senza farsi vedere; lì i due agenti che si stanno occupando di lui al momento stanno ancora discutendo e in sottofondo sente la tv, anche se il volume è basso e non gli arriva niente. Invece finalmente può capire chiaramente quello che i due stanno dicendo.

-Hai sentito gli ordini della Hill, dovremmo dare la caccia a quel dio norreno come tutti gli altri.-

-E tu sai che abbiamo i nostri ordini, so che…-

-Ordini?! Vuol dire che anche a te va bene sprecare anni di allenamenti, sacrifici e studi per fare da babysitter a un bambino con le mani appiccicose? Dovremmo essere là, dovremmo...-

-Molly, so che volevi essere in California, che pensi che avresti potuto fare qualcosa per Sam, ma saresti semplicemente morta assieme a lei. Quel dio… non c’è niente di quello che abbiamo fatto che potrebbe prepararci a qualcuno lui.-

-Sarà anche così, ma ora tutti stanno correndo all’elicarro, e anche se non riusciranno a fare niente per scongiurare questa crisi, almeno ci proveranno, saranno utili a qualcosa. Mi vuoi dire che tu sei soddisfatto di stare qua, a fare nulla se non controllare che un bambino faccia i compiti?-

A rispondere è il silenzio e a quel punto Peter lascia il suo posto sopra la porta, scendendo a terra per incamminarsi lentamente verso quella che è la sua camera e raggomitolarsi dentro le coperte, chiudendo e stringendo gli occhi con forza, cercando di ricostruire l’immagine di zia May che gli sorride, mentre gli mostra il suo regalo di compleanno; un bellissimo robottino telecomandato che aveva chiamato Iron Scout e con cui aveva fatto impazzire entrambi gli zii inseguendoli per casa. Aveva provato a smontarlo per capire come funzionasse, un giorno, e May era impazzita quando lo aveva trovato, piangendo tutti i soldi spesi per quello che ora era sparso sul pavimento. Quasi non aveva creduto ai suoi occhi quando lo aveva ritrovato intero e funzionante, con Peter sorridente dietro di lui, che lo faceva andare ancora più veloce di prima. La notte, poi, lo sistemava ai piedi del suo letto in modo tale che facesse la guardia al suo sonno.

Quanto avrebbe voluto Iron Scout lì, in quel momento; aveva appena consumato le batterie per la terza volta quando Ben e May lo avevano portato via di casa di corsa e da allora non l’aveva più visto.

Il giorno dopo i due agenti dello SHIELD non lo degnano neppure di uno sguardo quando entra in cucina, totalmente concentrati sulla televisione e il notizario. Anche lui si lascia incantare dalle immagini che scorrono sullo schermo, scene di alieni ed eroi, palazzi distrutti e gente ferita. Ci sono tutti, li riconosce, il tizio che lancia le frecce, la donna dai capelli rosso sangue, Hulk, Capitan America (di cui leggeva i fumetti), ma soprattutto lui, nella sua armatura rossa e oro: Iron Man.

I Vendicatori, li chiama la donna che parla del disastro di New York.

D’un tratto Peter sa chi vendicherà i suoi zii, chi vendicherà la sua infanzia perduta. Avanza, arrivando di fianco alla donna di nome Molly e ne attira l’attenzione posando la mano sul suo braccio:

-Voglio andare con loro- afferma, serio, osservandola dal basso verso l’alto, il tono secco e sicuro: -Dì all’uomo con la benda che voglio stare con i Vendicatori.-




 

2.

Quando Fury, dopo lunghi attimi di silenzio, aveva detto sì Peter si era aspettato di tornare a New York ed essere portato nella grossa torre che al momento mostrava una grossa A sul lato. Invece ora si trova in una lunga macchina nera, apparentemente diretto in California. Un bel viaggio visto che con gli zii non aveva mai lasciato la città che non dorme mai. Il bimbo tiene i pugni sudati sulle ginocchia e gli enormi occhi nocciola inchiodati sull’uomo con la benda.

Dal viaggio iniziale in macchina, lasciando la villetta di periferia dov’era stato nascosto, e quello in aereo (mezzo che gli aveva fatto un po’ paura, vista la storia dei suoi genitori) Fury ha spiccato si e no due parole, oltre la destinazione, e perlopiù dirette al telefono. Peter si è però fatto coraggio e ha seguito l’uomo senza lamentarsi, sapendo che è l’unico modo per ottenere quello che vuole, stare con i Vendicatori.

Sono tutte persone diverse e straordinarie, come lui; forse lo comprenderanno, forse troverà una nuova famiglia e non la perderà questa volta.

In questo momento però trova solo un’enorme casa a dirupo sul mare, fatta di cemento e vetro, moderna e intimidatoria. Osserva attaccato al finestrino mentre i cancelli si aprono e la macchina avanza fino a che non sosta nell’enorme piazzale circolare. Senza dirgli una parola Fury esce dalla macchina, per poi fermarsi ad aspettare che lo faccia a sua volta.

-Forza. Prima esci prima finiamo qui.- lo sprona e dopo aver preso un respiro profondo Peter scende, avanzando titubante verso quello che pare l’ingresso. Fury è subito dietro di lui e con pochi passi lo precede, suonando il campanello. Dopo una manciata di istanti le porte si aprono da sole, facendo saltare il bambino, che però trotterella dietro all’uomo quando questi entra senza farsi problemi, scansionato dai sistemi di sicurezza dell’ingresso.

-Bentornato, signor Fury. Il signor Stark è stato messo al corrente del suo arrivo, sarà qua a momenti. Si metta pure comodo. Intanto posso chiedere chi sia il signorino?- afferma una voce che sembra uscire dalle pareti, facendo spalancare gli occhi a Peter che si affretta a nascondersi vicino alle gambe dell’adulto, soprattutto quando la voce parla di lui.

-Qualcuno che spero di affidare alle mani di Tony, prima di tornare a fare il mio lavoro.- è la secca risposta di Fury che, per quanto si muova nel salotto come fosse suo, non fa alcun cenno di sedersi.

-Affidarmi? Cos’è, ora oltre che consulente volete affidarmi un posto come baby sitter, lì allo SHIELD?- è la risposta che arriva dalle scale a chiocciola laterali al salotto, seguite poi da un uomo saltellante, intento a fare i gradini a due a due per arrivare al piano terra. Peter trattiene il fiato nel trovarsi davanti l’uomo che fino a pochi mesi prima rappresentava gran parte del suo mondo, il suo eroe, la sua ispirazione come genio e come supereroe. Lo aveva chiesto e ora è lì, il cuore che rimbalzava nel suo petto tanto forte da farlo preoccupare.

Tony Stark li osserva entrambi mentre circumnaviga il salotto per arrivare fino al divano, dove si lascia cadere con uno sbuffo. È passato quasi un mese dalla battaglia di New York e ogni traccia che sia avvenuta è quasi scomparsa dal corpo di Stark, tolte qualche piccola crosta e i movimenti un poco duri. Sembra però stato interrotto nel bel mezzo di un allenamento, la maglietta sudata e l’asciugamano sulle spalle a testimoniarlo.

-Stark, sono felice di vederti in salute; in ogni caso, questo è Peter, il primo bambino dal DNA geneticamente modificato di cui lo SHIELD è… al corrente.-

-Dici al corrente per non dire entrato in possesso, non è così?- Tony rimarca, facendo sussultare il bambino di fronte a quelle parole prive di apparente empatia.

-Il caso di Peter non ha precedenti e puoi immaginare che non siamo pronti per occuparci di una situazione come la sua, che sembra però inadatta a essere lasciata ad altre organizzazioni.-

-Lasciami tradurre anche qui: non volete che nessun altro abbia tra le mani un bambino coi superpoteri da poter plasmare come vogliono. Che cosa saprebbe fare, poi, ha la super forza, spara raggi laser, sa volare...-

-Questo non è corretto, Stark. Vogliamo che lo tenga tu.-

-... mangiare cento hot dog di fila senza stare male, o... che cosa?! Penso di aver capito  davvero male. Volete che io tenga con me un bambino di… quanto, quattro anni?-

-Sei…- interviene timidamente Peter, comunque ignorato dai due adulti, che si stanno guardando come se entrambi fossero in possesso di un ordigno nucleare e stessero cercando di capire chi l’avrebbe usato per primo.

-Lo SHIELD non è un’organizzazione adatta alla crescita di un bambino.-

-Invece io lo sarei?!- Stark ribatte in un tono più stridulo del solito.

-Tu hai risorse per proteggerlo ed educarlo, una dimora fissa dove passi il tuo tempo quando non sei in giro a essere una spina nel fianco dell’esercito, una morale che, per quanto nascosta, spero tu possa passare al ragazzo che, da parte sua, non ha niente e nessuno.-

Stark assottiglia gli occhi, cercando di capire se è questa la bomba o meno lanciata da Fury, perché di certo ha scosso le fondamenta delle sue difese: -Che vuol dire nessuno, avrà dei parenti da qualche parte, o ha già anche lui una tragica origine da supereroe?-

-Ha perso i genitori quasi tre anni fa, ha vissuto con gli ultimi parenti rimasti, gli zii, fino a quando non è entrato in possesso dei suoi poteri a causa di un incidente alla Oscorp, industria che crediamo essere anche dietro all’assassinio dei suddetti quando hanno cercato di recuperare il bambino per, evidentemente, studiare gli effetti dell’alterazione genetica.-

-Credete?- il miliardario sottolinea.

-Purtroppo non abbiamo prove sufficienti per risalire a loro, ma è ovvio che siano i colpevoli; è probabilmente l’unico esperimento che è riuscito loro ed è stato un caso, Peter rappresenta l’apice del loro lavoro e l’unico modo per capire cosa hanno fatto giusto e come replicarlo.-

-Quindi li ha alle costole.-

-E questo è il motivo per cui non possiamo limitarci semplicemente a nasconderlo in un normale ambiente, ma c’è bisogno di qualcosa di più… specifico per la sua situazione. È stato morso da un ragno modificato e per questo ora sembra essere in grado di poter arrampicarsi su qualsiasi parete, assieme ad avere sensi più acuti e dei riflessi sovraumani.-

-E quindi volete dare a un superbimbo una superbalia, non è così?- Stark alza un sopracciglio e incrocia le braccia, di nuovo dietro le sue barricate. Fury avrà anche cercato di prenderlo impreparato con la carta del crescere da solo (e diamine, se non lo sa lui cosa significa) ma questo non fa di lui un buon partito per la questione. Prendere un bambino? Lui? Ma non li guarda i notiziari? Per non parlare del fatto che distrugge casa un giorno e sì e l’altro pure.

-Come ho già detto, voglio qualcuno che sappia cosa ha davanti e lo prepari per la vità che avrà, perché non sarà affatto facile, che decida di nascondere i suoi poteri o che decida di usarli per fare qualcosa di buono.-

-Intendi dire che dovrei fargli da modello di vita.- Stark sbuffa quasi ridendo.

-Tu l’hai già salvata una volta.- una voce sottile richiama l’attenzione dei due adulti, i cui sguardi si catapultano sul bimbo che non si è mai mosso da lì ma sembra essere stato dimenticato. Peter sta guardando fuori dalla finestra, i pugni stretti ai lati e un’espressione seria, troppo seria per stare sul viso di un bambino di sei anni; -La mia vita, intendo.-

-Che cosa intendi? Stai parlando di New York? Beh, non c’è di che, ma è stato un lavoro abbastanza comunitario e relativamente disinteressato.- risponde l’adulto.

-No.- Peter dice con forza, facendo scomparire l’espressione di noia dal volto di Stark, che ora si appresta ad ascoltarlo con più attenzione : -È stato un anno fa… All’Expo Stark.-

-Tu… eri lì?- Tony domanda, di colpo più pallido.

-Io ero il bambino che ha fermato il drone, prima che lo distruggessi. Io ero quello che… beh…- continua piano, portando finalmente gli occhi su di lui per poi alzare il braccio e infine aprire il palmo della mano. Dovrebbe essere impossibile ma improvvisamente a Stark sembra davvero di riconoscerlo. Da quando è tornato dall'Afghanistan parla sempre di retaggio, ma non ha mai pensato che quel retaggio potessere essere un bambino allevato da lui. Cerca di scacciare quel pensiero, ma come sempre quando un’idea prende posto nella sua mente difficilmente la abbandona.

-Hai famiglia?- ha chiesto una volta a un uomo in una grotta e quando questi ha scoperto che era solo aveva sorriso bonariamente, un’espressione triste negli occhi; -Allora tu sei un uomo che ha tutto… e niente.-

Non aveva forse avuto ragione? Pepper gli ha insegnato cosa significa lasciar avvicinare un’altra persona quel che basta per potersi innamorare di qualcun altro al di fuori di se stessi, Rhodes il valore della fedeltà di un fratello, verso la propria famiglia e la propria casa. Dannazione, anche i Vendicatori gli hanno insegnato cosa significa essere disperati al fianco di qualcun altro, la consapevolezza che potrai anche cadere, ma non lo farai da solo.

Per quanto riguarda il retaggio, quello di cui tanto parla, con cui si riempie la bocca… quello è ancora astratto e lontano. Eppure vive nel piccolo Peter anche adesso, in questo momento, e lo farà sempre perché che lo prenda con sé o meno, vivrà nel mondo che gli lascerà.

-Dannazione- sbotta, dopo essersi accorto di essere rimasto in silenzio per troppo tempo e di aver perso questa battaglia, forse anche la guerra; il piccolo Davide ha colpito Golia in pieno.

-Tu lo sapevi. Sapevi che portandolo avresti distrutto il mio egocentrico mondo.-

-È un ragazzo sveglio.-

 






 
nda
 
grazie per essere arrivati fin qui. inizio dicendo che i personaggi non mi appartengono.

per quanto riguarda il prossimo capitolo, esperimenti esploderanno, pazienze esploderanno, persone esploderanno e infine, case esploderanno. praticamente Iron Man 3 ma condito con un pizzico di piccolo Peter.
 
stay tuned,
your Humble Narrator
l'aura grey
 
   
 
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