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Autore: La Signora dei No    09/08/2017    2 recensioni
Come si può assemblare nuovamente un cuore ridotto in mille pezzi? Tornerà mai com'era un tempo?. Livio non riesce a darsi pace, da quanto tempo lui e Federico non parlavano veramente, da quanto non riuscivano più a leggere uno negli occhi dell'altro. Come hanno fatto ad aspettare che la situazione esplodesse e li portasse a quelle urla, a quella porta sbattuta con una violenza non voluta. Come hanno fatto a non scorgere quell'insormontabile muro, che ha avuto come unico scopo quello di dividerli. Riusciranno a lottare contro i propri " demoni", uscendone vittoriosi, integri e soprattutto insieme? Non sempre i dissapori possono essere messi a tacere facilmente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
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10. Emozioni a confronto:



Il viaggio era stato estenuante nonostante Federico non avesse trovato particolarmente traffico.

Prima di mettersi in macchina, aveva avuto il timore che fare il viaggio con Star avrebbe comportato altro stress, poiché l’animale non amava molto i viaggi in macchina. In realtà il batuffolo di pelo si era comportato meglio più di quanto il padrone si fosse aspettato.

Forse anche a lui mancava Livio.

 Il moro era arrivato a Torino a un quarto alle undici, chiedendo ospitalità a sua nonna. La donna, a differenza dei genitori del ragazzo, aveva sempre parteggiato per lui, tanto che suo nipote andava spesso a trovarla durante i suoi viaggi.

Anche se non tornava volentieri nella sua città natale.

Appena entrato in casa, salutò sua nonna Adele dandole un bacio sulla fronte e abbracciandola. La signora era la persona che quasi cinquantacinque anni prima aveva dato alla luce il padre di suo nipote. Nonostante l’uomo avesse ripreso la bellezza di sua madre, non avrebbe mai la sua classe e la sua intelligenza sopraffina. Proprio per questo motivo il giovane era così legato a sua nonna.

Dopo aver dato da mangiare a Star e aver addentato un panino al volo, andò a dormire. Sul da farsi ci avrebbe pensato l’indomani mattina.

Nella stanza degli ospiti la luce del Sole ormai alto nel cielo, filtrava dalla serranda andando a creare un gioco d’ombre sul viso dell’utilizzatore del letto nella camera.

L’opposto fu svegliato dal dolce e caldo profumo proveniente dalla cucina. Consapevole del fatto che non avrebbe più ripreso sonno, Federico si stiracchiò e decise di fare colazione.

- Buongiorno nonna –

- Giorno tesoro, dormito bene? -.

- Sì, mi ero dimenticato di come si dorme bene a casa tua – prima di sedersi e iniziare a mangiare, il ragazzo diede un bacio sulla guancia alla donna.

Ogni volta che andava a trovarla, sua nonna gli preparava le frittelle e spesso le mangiava per colazione. Il primo pasto della giornata, i due lo consumarono in silenzio e tranquillità.

La casa in cui si trovavano non era la stessa nella quale suo padre era cresciuto, la quale era stata venduta molti anni prima della sua nascita. La porta d’ingresso dava su un piccolo corridoietto stretto e lungo, spesso buio data la mancanza di finestre, da dove si accedeva al soggiorno su cui si affacciavano le differenti stanze. Di fronte al corridoio c’era la cucina e alla sua destra la porta del bagno, nascosta dal muro del soggiorno. In salone, nella parte opposta cui si trovava il tavolino quadrato, vi erano le porte delle due camere, quella di sua nonna e quella degli ospiti, dalla quale si poteva accedere al balcone. La casa era arredata senza troppi fronzoli con mobili ormai con qualche anno di troppo, unica cosa che stonava alquanto in quell’abitazione fatta di bianco e marrone scuro era il divano, di un arancione troppo appariscente.

 Aveva chiesto a sua nonna, il perché tenesse un divano ormai consunto e così appariscente e l’unica risposta che aveva ottenuto, era stata che quell’oggetto era stato l’ultimo che aveva comprato il suo defunto marito e quindi non riusciva a liberarsene.

Finito di mangiare e aver sparecchiato, la signora Adele partì all’attacco.

Il pomeriggio prima, quando suo nipote l’aveva avvisata della sua visita, l’aveva sentito strano e adesso che aveva l’opportunità di capire perché non se la sarebbe lasciata sfuggire.

- Tutto bene Fede? –

- Si nonna, perché? –

- Con Livio come va? – quando suo nipote non voleva parlare con lei, quel ragazzo c’entrava sempre e per nessun motivo avrebbe evitato di aiutare il moro.

- Va – odiava dare risposte lapidarie a sua nonna, in quel momento però non gli andava di parlarne. Voleva godersi quel frammento di serenità prima della tempesta. 

- Con me ne puoi parlare sai questo, vero? –

- Si nonna, è solo che adesso non ne ho voglia. Vorrei chiederti un favore se fosse possibile - .

- Dimmi pure tesoro – rispose l’anziana signora al nipote.

- Potrei avere un abbraccio? Ti dispiace? –

- No, certo che non è un problema, fatti abbracciare - .

In quell’abbraccio, Federico si sentì a casa finalmente.

Sua nonna era sempre stata la sua roccia fin da bambino, ancora prima di potere contare su Livio. Lei era stata come una madre per lui, l’esatto contrario della persona che gli aveva donato la vita. Non che sua madre non gli volesse bene e viceversa, solo che non erano mai riusciti a capirsi fino in fondo.

Dopo alcuni minuti in cui la donna accarezzò i capelli mori del più giovane, con un ritmo
cadenzato, quasi stesse riproducendo la melodia di una ninna nanna, sciolsero l’abbraccio.

- Tesoro andrà tutto bene, me lo sento - .

- Speriamo nonna –

- Sicuramente – detto sfoderò uno dei suoi sorrisi più dolci e rassicuranti.
 
Un paio d’ore più tardi, il moro si era finalmente deciso a mandare un messaggio alla causa di tutto.

Il testo recitava: “Alle 20.00 al solito parchetto”.

Adesso l’unica cosa da fare era aspettare una risposta da Livio.
 
 
 


Dopo aver giocato per più di un’ora con sua nipote Marta, la figlia di otto anni di Silvia, e aver costantemente perso a causa dell’immensa scaltrezza della bambina, che fisicamente assomigliava in tutto e per tutto al padre, ma per quanto a intelligenza era la copia giovanile di Silvia, Livio si arrese.

- Zio ancora un’altra partita dai – disse la ragazzina dagli occhi scuri.

- Per essere nuovamente sconfitto da te? Giammai – rispose lui fingendosi oltraggiato.

- Non ci vediamo mai! Gioca un po’ con me –

- Ti prometto che da oggi in poi vi farò visita più spesso – le carezzò teneramente i capelli bruni.

- Lo giuri? –

- Lo giuro. Adesso però devo controllare una cosa importante - .

- Va bene zio, ci vediamo dopo – detto ciò, la piccola abbracciò il più grande e andò a cercare sua nonna per vedere cosa stava facendo.

Dal salone della casa, Livio tornò in camera sua alla ricerca del telefono.

Negli ultimi giorni aveva controllato spesso il suo samsung galaxy S3 bianco, ormai scassato, nella speranza di trovarvi un messaggio di Federico. Non riusciva a capacitarsi che l’altro non voleva trovare un modo per chiarire i loro problemi, salvo che non stava aspettando che lui stesso facesse il primo passo.

Prima di prendere il telefono da sopra il letto, il rosso si affacciò alla finestra della sua stanza. Fissando fuori il paesaggio, si accorse che ormai erano giunti a Novembre inoltrato, il cielo era grigio scuro e il vento muoveva le fronde degli alberi facendole sibilare.

 Quanto gli era mancato quel posto. 

Sospirando richiuse la finestra e si avvicinò al letto appena rifatto. Prendendo in mano il telefono, scorse i messaggi ricevuti, fino a quando non trovò quello tanto atteso. Il suo cuore ebbe un tremito, chissà cosa gli aveva scritto.

Livio aprì il messaggio e lo lesse: “Alle 20.00 al solito parchetto”.

Lui controllò l’ora e si accorse che erano solamente le cinque del pomeriggio, pregò che il tempo passasse in fretta.
 
 


I due ragazzi avevano concordato di incontrarsi alle altalene del piccolo parco, situato perfettamente a metà tra le loro case. Ormai era Novembre inoltrato e la sera, per le strade, tirava un leggero vento freddo.

Il rosso indossava un paio di semplici scarpe da ginnastica nere con un paio di jeans, un giubbotto di pelle nero, sciarpa e guanti abbinati.

Essendo arrivato un quarto d’ora prima del previsto, si sedette su una delle tre altalene libere. Il parco pure essendo abbastanza piccolo era ben illuminato, inoltre anni addietro vi era stata creata un’area, dove i bambini potevano giocare tranquillamente, disseminando qua e là delle panchine.

Quanto tempo avevano passato a giocare lì, ad allenarsi o fare i compiti, o più semplicemente a stare all’aria aperta dopo la scuola.

Talmente era immerso nei suoi pensieri, che non si accorse dell’arrivo del fidanzato.

Federico poggiò le proprie mani sugli occhi di Livio, dandogli un leggero bacio sui capelli. Il ragazzo seduto sull’altalena, si portò le mani dell’altro all’altezza delle labbra e le sfiorò, accarezzandole al tempo stesso. Dopo alcuni secondi, il moro ritrasse le proprie mani e si andò a sedere alla sinistra dell’altro.

Livio osservò il ragazzo con i capelli scuri come la notte. Federico che da adolescente vestiva sempre in tuta e che raramente indossava un paio di jeans, mostrando così tutto l’astio verso quel particolare indumento, indossava in quel momento un paio di pantaloni eleganti grigi, e una semplice camicia bianca con il colletto sbottonato, un impermeabile grigio e il tutto abbinato a un paio di Memphis nere.

L’ultima cosa su cui si soffermò, fu il viso pallido e stanco dell’altro. Tutto ciò lo rendeva dannatamente sexy, per non parlare dei suoi occhiali poi.

Sentendosi osservato, o per meglio dire spogliato con gli occhi, a disagio Federico iniziò a dondolarsi.

- Mi sei mancato – volente o nolente questa era la verità, Livio non l’avrebbe più nascosta.

- Anche tu -.

L’imbarazzo in quel momento si poteva tagliare con il coltello. Sembrava che quei due si stessero scoprendo per davvero per la prima volta.

- Mi dispiace di averti urlato contro ed essermene andato così –

- Non avrei dovuto accusarti di una cosa non vera e comunque avrei dovuto almeno ascoltarti -.

- Sì, io però non avrei dovuto comportarmi in quel modo –

- D’accordo, accolgo le tue scuse se tu accetti le mie! Altrimenti niente –

- Affare fatto - .

Almeno il primo passo era stato fatto, ora si doveva affrontare la parte più difficile.

-Perché hai pensato che ti stessi tradendo? – Federico nel porgli quella domanda, lo guardò dritto negli occhi.

Prima di rispondere l’altro prese un profondo respiro, ora o mai più.

- Negli ultimi anni ti sei allontanato moltissimo, non è stato un processo veloce, tanto che all’inizio non ci avevo fatto caso. Col tempo però, notando che non venivi più né agli allenamenti né alle partite, vedendo che in casa non c’eri quasi mai, ho capito di non essere più abbastanza per te. Mi sono sentito messo da parte, dimenticato. Come se invece di camminare insieme tu mi stessi lasciando indietro – il rosso dopo aver gettato fuori quelle parole tutte di un fiato, si riprese dallo sforzo.

- Io…mi dispiace di averti fatto sentire così per tutto questo tempo, non era mia intenzione.
Anche tu però hai fatto lo stesso – il moro si passò una mano tra i capelli.

- Ho agito d’impulso, avevo il terrore che tu potessi lasciarmi e allo stesso tempo non avevo il coraggio di lasciarti andare, non sarei riuscito a vivere senza di te. La sola idea di non averti accanto mi stava uccidendo -.

- Lo sai che sono un egoista, non l’avrei mai fatto. Dimentichi che il primo a innamorarsi sono stato proprio io – rispose Federico sconsolato, come avevano fatto ad arrivare a quel punto era un mistero.

- Rivelami la verità, tu sei arrabbiato con me per aver perso l’ultima partita? – sentendo quelle parole, il moro scosse la testa.

- Tu ma sei scemo? – Livio inviperito, si alzò di scatto dall’altalena e si diresse verso l’uscita del parco.

- Dai Liv torna qui! Non credi che sia inutile continuare a scappare? -.

Il ragazzo dai capelli rossi, più arrabbiato che mai, tornò indietro come una furia.

-Sono io che scappo? Sono davvero io? Quante volte ho provato a parlarti di quell’argomento, eh? Tu hai sempre liquidato il tutto con un semplice “non mi va adesso”- .

- Fino ad arrivare a rubarmi la maglia e le ginocchiere?-

- Hai frugato nel mio borsone? – Livio era incazzato nero adesso.

- Mi hai dato altra scelta? Non mi sembra. Io magari avrò evitato il discorso ma tu non hai fatto da meno – stavolta Federico si passò entrambe le mani tra i capelli.

- Sono stanco Fe, ora voglio la verità – rispose l’altro sbuffando.

- Riguardo a cosa? –

- Non fare il finto tonto - .

Sentendosi nuovamente a disagio il ragazzo dalla pelle chiarissima, ricominciò a dondolare.

- D’accordo. Inizialmente venirti a vedere, lavoro permettendo, era l’unico modo per rimanere
aggrappato a quel mondo e poter supportarti. Col tempo però tutto è diventato insopportabile –.

- Allora lo vedi che incolpi con me e con le mie alzate! – Livio lo interruppe bruscamente senza dargli il tempo di finire.

- La vuoi smettere! Quella partita l’abbiamo persa perché tutta la squadra ha sbagliato. Io per esempio ero talmente fissato sul mio ritiro che non mi sono concentrato, abbiamo sbagliato in ricezione e per di più la squadra avversaria era molto forte –.

- Davvero non mi odi per questo? –

- Per l’ultima dannata volta, no! Mettitelo in testa – Federico, girando il volto, vide Livio piangere.

- Perché stai facendo così ora? –

- Sono felice e mi sento sollevato di questa cosa, non sai quanto – il rosso asciugandosi le lacrime, si sbrigò a cambiare discorso.

- Dove sei stato in questi giorni? –

- Da Davide, tu? – il ragazzo si trovò in crisi, dire o no all’altro della sua “scappatella”, era in una situazione orribile.

- Sono stato a casa nostra e gli ultimi due giorni sono andato dai miei –

- Davvero? Com’è andata? –

- Bene, ho chiarito con i miei. La morte di Emiliano rimarrà sempre uno shock per me, ma non mi farò più condizionare da oggi in poi – Livio sorrise all’altro.

Era la prima volta che Federico lo sentiva parlare di quell’argomento così a cuore aperto.

- Sono felice per te –

- Dovresti provarci anche tu sai, magari e cose cambiano –

- Posso garantirti che non succederà, i miei sono troppo chiusi fidati. Piuttosto dovrei parlarti di una cosa… -

- Dimmi – il moro odiava quando Livio ispirava così tanta fiducia.

- Ti ricordi quando prima ti ho detto che sono stato da Davide, be una sera in preda ai nostri fantasmi siamo usciti, abbiamo bevuto e tornati a casa siamo finiti a letto insieme – Federico non notando nessuna reazione da parte dell’altro, continuò il discorso.

- Mi dispiace moltissimo, lo so che è stato meschino e orribile, l’unica cosa che posso giurarti è che non era previsto – il traditore stava sudando freddo.

- C’è stato altro oltre il sesso? – il tono di Livio era gelido.

- No! Te lo assicuro è stato uno sbandamento, a parte questo episodio, non ti ho mai tradito.

Non mi è mai passato per la testa - .

Livio si alzò dall’altalena, dove era seduto, dirigendosi verso il fidanzato. Una volta trovatosi di fronte a lui, il ragazzo con il viso puntinato di lentiggini, si sedette cavalcioni sopra a Federico, passandogli le braccia intorno al suo collo e iniziando a baciarlo. Un bacio casto che piano piano divenne sempre più appassionato e profondo. Fino a quando non fu proprio il moro ad allontanare l’altro per respirare.

Il più giovane afferrò il volto dell’altro tra le mani e lo guardò negli occhi.

- Ricordati che io sono il tuo fidanzato! Non azzardarti più a tradirmi o a non confidarti con me

– Federico per tutta risposta gli diede un bacio sulla fronte.

- E anche quando va tutto male, parlane con me - .

- Sai che ti dico io non resisto più! Vieni con me – Livio si alzò da sopra il suo compagno, lo afferrò per la mano e lo fece alzare, trascinandoselo dietro.

Dopo aver camminato per cinque minuti buoni, Federico incuriosito rivolse una domanda a chi lo stava trascinando.

- Si può sapere, dove stiamo andando? –

- A casa mia, non riconosci più la strada? – chiese lui.

- Perché ci stiamo andando? –

- Secondo te, davvero non ci arrivi? – riflettendo per un secondo, arrivò alla conclusione.

- I tuoi? Sarebbe imbarazzante se ci beccassero –

- Sono da mio fratello Dario, rientreranno domani mattina – dopo quella risposta Federico
decise di non opporsi più.

Camminarono per un quarto d’ora, arrivando finalmente a casa di Livio.

Richiusisi la porta alle loro spalle, si tolsero gli indumenti con i quali si erano coperti per proteggersi dal freddo e appoggiandoli all’attaccapanni. Mentre il moro era distratto, l’abitante della casa gli saltò addosso, facendolo cadere indietro sul pavimento dell’ingresso.

- Hey calmati un momento, io ho capito che sei impaziente però almeno prima arriviamo in camera tua – il ragazzo dagli occhi neri scansò il più piccolo e si alzò da terra aiutando poi l’altro a fare lo stesso.

- Va bene – il più alto dei due gli porse con tranquillità la mano sinistra verso l’altro che la afferrò e lo strinse. 

Salirono le scale tranquillamente, non avevano più nessuna fretta. Ora che si erano ritrovati non si sarebbero più lasciati.

Una volta in cima alle scale, si diressero nella stanza di Livio.

La camera si trovava in una sorta di semioscurità, solo la luce lunare che filtrava dalla finestra a illuminarla.

Federico chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò al possessore delle lentiggini. Gli prese la testa tra le mani e lo baciò. Il rosso, contemporaneamente gli tirò fuori la camicia dai pantaloni, iniziando così a sbottonarla. Giunti vicino al bordo del letto, i due amanti si tolsero le scarpe.

Quante volte il più grande aveva dormito in quella stanza, che li aveva visti crescere. Quanti ricordi riaffioravano nella sua mente in quel momento, come la prima volta. Non era stata nulla di meraviglioso, anzi era stata molto imbarazzante ed entrambi avevano agito goffamente. Da allora ne erano passati di anni e le cose erano migliorate, ma l’amore che entrambi provavano era rimasto tale, al massimo cresciuto con loro.

Prima di stendersi sul letto finirono di spogliarsi. Livio fece scivolare giù dalle spalle la camicia dell’altro, Federico gli tolse la felpa ed entrambi si sbottonarono a vicenda i pantaloni, sbarazzandosi di loro e rimanendo in boxer.

Nello svestirsi i due non affrettarono le cose, come se a ogni indumento corrispondesse un pezzo dell’armatura della loro anima che man mano veniva scardinata.

Entrambi si sdraiarono sul letto e Federico si prese un istante per osservare Livio nella sua splendida imperfezione. Il rosso oltre ad avere il viso puntinato dalle lentiggini, aveva il corpo tempestato di quei piccoli puntini marroncini chiaro. Questo lo aveva sempre infastidito, nonostante Federico le trovasse meravigliose.

Sentendosi osservato dagli occhi neri come la pece e scrutatori del compagno, avvampò per l’imbarazzo arrossendo e coprendosi il viso con le mani.

Federico portò la mano sinistra su quella dell’altro e la compagna ad accarezzare i suoi capelli ricci.

- Hey perché stai facendo così? Lo sai che ti osservo sempre, non imbarazzarti – gli sussurrò
usando un tono dolce e rassicurante.

- I-io lo so, ma è come se il tuo sguardo abbia qualcosa di diverso, di nuovo –

- Ti sentiresti meglio se mi togliessi gli occhiali? -

- Sì, penso di si –

- Allora perché non me li togli tu? - .

Livio, raccogliendo il suo coraggio, tolse le mani dagli occhi e li aprì. Dopo avergli tolto gli occhiali, aver chiuso le stanghette con delicatezza e averli poggiati sul comò, baciò la guancia destra dell’altro e lo abbracciò.

- Se vuoi, possiamo anche metterci giù e dormire, infondo davanti a noi abbiamo un’infinità di tempo – dopo aver inspirato il profumo del moro, che sapeva di tabacco e menta, in netto contrasto con i profumo di magnolia di cui era permeata la stanza, grazie a sua madre che li raccoglieva freschi tutti i giorni e glieli portava, tolse la testa dall’incavo del collo del fidanzato.

- Voglio farlo. Sarà amore, vero? –

- Lo è sempre stato -.

Dopo avergli risposto, Federico spinse delicatamente Livio indietro e, una volta raggiunto il cuscino, il moro diede un dolce bacio all’altro che per risposta sorrise sulle labbra del fidanzato.

Partendo da quelle labbra il più grande iniziò a disegnare una scia di baci, lungo tutto il torace del rosso, fino ad arrivare ad assaggiare la sua fisicità.

Da li divenne magia.

Livio non riuscì più a capire se loro erano ancora in camera sua o se davvero il mondo intorno a loro era scomparso. Era la prima volta che tramite i loro corpi, le loro anime erano connesse in un modo così totale e devastante. Quell’atto aveva coinvolto ogni fibra del loro essere, non solo il fisico ma anche il cuore, la mente e l’anima.

Non avevano mai avuto posizioni fisse, entrambi amavano lasciarsi sorprendere dall’altro, entrambi prendevano l’iniziativa e questo non sarebbe mai cambiato.

Terminato l’amplesso, entrambi ancora ansimanti si scambiarono un tenero bacio a stampo.

- Ti amo –

- Ti amo anch’io Fe - .

I due si addormentarono così, con Livio che tendeva l’orecchio sinistro nella zona in cui il cuore del moro batteva con regolarità, tanto da essere una ninna nanna, tenendo la mano destra sul suo torace. In quell’istante il rosso si era sentito finalmente a casa.

Federico al contempo passò il braccio destro intorno alle spalle di Livio, quello libero invece sostenne la propria testa come un cuscino.

Le loro gambe intrecciate insieme sotto il piumone blu che li copriva. 
   
 
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